ORDINANZA N. 1
ANNO 2009
Commento alla decisione di
Daniele Trabucco
(per gentile concessione del Forum dei Quaderni costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria FLICK Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione del 10 dicembre 2004 con la quale è stata dichiarata ammissibile la richiesta di referendum per il distacco del Comune di San Michele al Tagliamento dalla Regione Veneto e per la sua aggregazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia, ai sensi dell’art. 132, secondo comma, Cost.; della deliberazione del Consiglio dei ministri del 4 marzo 2005 e del decreto del Presidente della Repubblica emanato il 7 marzo 2005, di indizione del relativo referendum, promosso con ricorso di Romanin Franco e di Frattolin Francesco, rispettivamente “delegato effettivo” e “delegato supplente” del Comune di San Michele al Tagliamento e rappresentanti del Comitato promotore referendario “pro Friuli” di San Michele al Tagliamento, depositato in cancelleria il 17 aprile 2008 ed iscritto al n. 7 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2008, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 19 novembre 2008 il giudice relatore Ugo De Siervo.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 17 aprile 2008, il sig. Romanin Franco, in qualità di delegato effettivo del Comune di San Michele al Tagliamento, nonché di rappresentante del comitato promotore referendario “pro Friuli”, e Frattolin Francesco, in qualità di delegato supplente del medesimo Comune e di rappresentante dello stesso comitato, hanno proposto ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti dell’Ufficio centrale per il referendum, del Consiglio dei ministri, nonché del Presidente della Repubblica in relazione agli atti di rispettiva competenza e cioè all’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione del 10 dicembre 2004 che ha dichiarato l’ammissibilità della richiesta referendaria ai sensi dell’art. 43 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 4 marzo 2005 e al decreto del Presidente della Repubblica del 7 marzo 2005, con cui è stato indetto nel Comune di San Michele al Tagliamento – per il giorno 29 maggio 2005 – il referendum per il distacco di detto Comune dalla Regione Veneto e la sua aggregazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia;
che, in ordine all’ammissibilità del conflitto sotto il profilo soggettivo, deducono i ricorrenti che nell’ambito del referendum relativo al distacco di un Comune da una Regione e la sua aggregazione ad altra Regione, ai sensi dell’art. 132, secondo comma, della Costituzione, il delegato effettivo e il delegato supplente costituirebbero i soggetti interessati a seguire la procedura di variazione territoriale, appositamente designati dal Consiglio comunale, competenti a dichiarare la volontà del corpo elettorale, allo stesso modo di quanto affermato dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo ai sottoscrittori della richiesta di referendum ex art. 75 Cost.;
che non varrebbe ad escludere tale legittimazione l’ordinanza n. 69 del 2006 con cui la Corte costituzionale ha affermato che la legislazione vigente non riconosce alcun potere al delegato comunale nella fase di proclamazione dei risultati referendari, dal momento che, nel caso in esame, l’ordinanza dell’Ufficio centrale avente ad oggetto la verifica della legittimità della richiesta referendaria si riferirebbe ad una fase antecedente allo svolgimento del referendum;
che, ad avviso dei ricorrenti, legittimati a sollevare il conflitto sarebbero altresì i rappresentanti del comitato promotore del referendum ex art. 132, secondo comma, Cost. valendo per essi le medesime considerazioni svolte dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo al comitato promotore del referendum abrogativo;
che, quanto al profilo oggettivo, i ricorrenti affermano di proporre un conflitto da menomazione a seguito di cattivo esercizio del potere, dal momento che l’Ufficio centrale per il referendum, il Governo e il Presidente della Repubblica, con gli atti di rispettiva competenza, avrebbero «determinato un’evidente menomazione delle competenze costituzionalmente garantite ai soggetti ricorrenti», in quanto avrebbero leso il «diritto di autodeterminazione della comunità locale interessata al referendum di variazione territoriale», «sia in sede di svolgimento, nonché in sede successiva, dello stesso referendum»;
che tale lesione discenderebbe dalla applicazione al procedimento in questione delle norme contenute nel titolo III della legge n. 352 del 1970, le quali sarebbero «costituzionalmente illegittime in molteplici punti»;
che, poiché rilevanti ai fini della decisione del conflitto, i ricorrenti chiedono alla Corte di sollevare avanti a sé questione di legittimità costituzionale di una serie di disposizioni legislative, e segnatamente:
– degli artt. 12, 43 e 45 della legge n. 352 del 1970 i quali istituiscono l’Ufficio centrale per il referendum attribuendogli la funzione di controllo delle richieste e delle procedure referendarie territoriali, per violazione degli artt. 5, 102, secondo comma, e 132, secondo comma, Cost.;
– dell’art. 45, secondo comma, della medesima legge «nella parte in cui non prevede l’applicazione del quorum della maggioranza dei voti validamente espressi qualora abbia partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, anziché della maggioranza degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune nel quale è indetto il referendum», per violazione degli artt. 5, 64, terzo comma, 75, quarto comma, e 132, secondo comma, Cost.;
– dell’art. 45, secondo comma, della legge n. 352 del 1970 nella parte in cui non prevede per il referendum di cui all’art. 132, secondo comma, Cost., la cancellazione dalle liste elettorali degli iscritti deceduti sino al giorno precedente alla data della votazione, anziché fino al quindicesimo giorno anteriore, per violazione degli artt. 5 e 132, secondo comma, Cost.;
– dell’art. 45 della legge n. 352 del 1970 nella parte in cui non prevede un contraddittorio avanti all’Ufficio centrale per il referendum ai fini dell’adozione del provvedimento di proclamazione dei risultati referendari, nonché nella parte in cui non prevede l’impugnazione del provvedimento di proclamazione dei risulti referendari avanti alle sezioni unite della Corte di cassazione, nonché il ricorso per revocazione, per violazione dell’art. 24, secondo comma, e dell’art. 111, settimo comma, Cost.;
– dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero), nella parte in cui non esclude, in relazione al referendum di cui all’art. 132 Cost., il voto dei cittadini italiani residenti all’estero e non esclude il conteggio di tali cittadini dal quorum previsto ai fini del suddetto referendum, ed inoltre non estende la modalità del voto per corrispondenza a tali cittadini anche per il referendum ex art. 132, secondo comma, Cost.;
– dell’art. 4, lettera d), numero 4), della legge 27 ottobre 1988, n. 470 (Anagrafe e censimento degli italiani all'estero), nella parte in cui non estende al referendum di cui all’art. 132, secondo comma, Cost. la cancellazione dall’anagrafe degli italiani residenti all’estero degli elettori italiani residenti all’estero per i quali si sia registrato il mancato recapito della cartolina-avviso trasmessa nelle ultime due consultazioni, per violazione degli artt. 5 e 132, secondo comma, Cost.;
– dell’art. 45, terzo comma, della legge n. 352 del 1970 nella parte in cui non prevede che della proclamazione dei risultati del referendum sia comunicato anche al delegato effettivo e supplente del Comune che ha chiesto lo svolgimento del referendum di cui all’art. 132, secondo comma, Cost.
Considerato che, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), questa Corte è chiamata, in via preliminare, a decidere, con ordinanza in camera di consiglio, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile sotto il profilo dell’esistenza della materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, valutando, in particolare, se sussistano i requisiti oggettivi e soggettivi di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;
che il delegato del Comune di San Michele al Tagliamento ha già sollevato, una prima volta, conflitto di attribuzione nei confronti dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione in relazione al provvedimento con cui questo aveva dichiarato respinta la proposta di referendum ex art. 132 della Costituzione, chiedendo alla Corte di sollevare avanti a sé questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 della legge 25 maggio 1970, n. 352;
che tale conflitto, è stato dichiarato inammissibile con ordinanza n. 69 del 2006 per difetto tanto dell’elemento soggettivo, quanto di quello oggettivo;
che, una seconda volta, il conflitto è stato proposto dal medesimo soggetto contro il Parlamento e l’Ufficio centrale per il referendum, chiedendosi alla Corte di sollevare avanti a sé questione di legittimità costituzionale di varie disposizioni di legge concernenti le norme che disciplinano la procedura referendaria di cui all’art. 132 Cost.;
che anche tale conflitto è stato dichiarato inammissibile con ordinanza n. 296 del 2006 per le medesime ragioni;
che analoga conclusione si impone anche in relazione all’odierno ricorso il quale – sostanzialmente analogo ai precedenti – è stato proposto a circa tre anni dallo svolgimento del referendum di cui all’art. 132, secondo comma, Cost., che ha avuto esito negativo;
che anche in questo caso difetta, innanzitutto, l’elemento soggettivo del conflitto, dal momento che, come questa Corte ha ripetutamente affermato (ordinanze n. 189 e n. 99 del 2008; n. 296 e 69 del 2006), al delegato comunale (effettivo o supplente) non può essere riconosciuta alcuna attribuzione costituzionale in relazione ai procedimenti referendari concernenti il distacco dei Comuni da una Regione e la loro aggregazione ad altra Regione, tanto meno quella di rappresentante del corpo elettorale comunale, in alcuna fase del suddetto procedimento, sia essa quella relativa alla verifica della legittimità della richiesta referendaria da parte dell’Ufficio centrale per il referendum (la quale, secondo il ricorrente, rileverebbe nel caso di specie), oppure quella concernente la proclamazione dei risultati referendari, ovvero quella ad essa successiva;
che i ricorrenti sono privi di legittimazione al conflitto anche nella qualità di rappresentanti del comitato referendario ex art. 132, secondo comma, Cost. (ordinanza n. 99 del 2008; si veda, altresì, ordinanza n. 479 del 2005);
che, anche per tali soggetti, deve essere riaffermato l’orientamento espresso da questa Corte – sia con riguardo al comitato promotore di referendum abrogativo di una legge provinciale (ordinanza n. 82 del 1978), sia con riguardo ai promotori del referendum sullo statuto regionale ai sensi dell’art. 123 Cost. (ordinanza n. 479 del 2005) – in base al quale essi «non sono equiparabili agli organi statali competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e nemmeno esercitano funzioni concorrenti con quelle attribuite a poteri dello Stato-apparato», ma «debbono invece venire assimilati ai poteri di istituzioni autonome e non sovrane, quali sono gli enti territoriali interessati»;
che il rappresentante del comitato referendario ex art. 132, secondo comma, Cost. non costituisce potere dello Stato, essendo egli estraneo a tale articolazione della Repubblica (art. 114 Cost.), e neppure è titolare di alcuna funzione concorrente con quelle proprie dei poteri dello Stato-apparato (ordinanza n. 99 del 2008);
che non sussiste, neppure, l’elemento oggettivo del conflitto;
che, infatti – analogamente a quanto avvenuto nei precedenti conflitti sollevati dal delegato del Comune di San Michele e decisi con le richiamate ordinanze n. 296 e n. 69 del 2006 – i ricorrenti, pur lamentando la menomazione delle competenze ad essi costituzionalmente garantite a seguito della lesione del «diritto di autodeterminazione della comunità locale interessata al referendum di variazione territoriale», nella sostanza non prospettano alcuna lesione di tali attribuzioni ad opera degli atti censurati;
che, piuttosto, la lesione viene fatta discendere dalle norme che regolano il procedimento referendario e in relazione alle quali si chiede alla Corte di sollevare avanti a sé questione di legittimità costituzionale;
che, pertanto, il ricorso risulta finalizzato non già a sollevare un conflitto di attribuzione, quanto ad ottenere la dichiarazione di illegittimità costituzionale di talune disposizioni legislative, attraverso una sorta di accesso diretto alla Corte costituzionale;
che, d’altra parte, la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la possibilità di proporre conflitto su atto legislativo, ove da questo «possano derivare lesioni dirette all'ordine costituzionale delle competenze», soltanto nel caso in cui manchi un giudizio nel quale possa essere sollevata la relativa questione incidentale;
che tale requisito nella specie non ricorre, dal momento che – secondo quanto affermato dalla Corte stessa nell’ordinanza n. 343 del 2003, pronunciata proprio in un conflitto sollevato dal medesimo delegato del Comune di San Michele al Tagliamento – sussiste la possibilità di prospettare questione incidentale nell’ambito del giudizio che si svolge avanti all’Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione, attesa la natura giuridica del medesimo e la funzione da questo svolta;
che, in conclusione, il ricorso in esame non presenta, neppure apparentemente, i requisiti formali e sostanziali necessari alla sua qualificazione in termini di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e, pertanto, esso risulta inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal signor Romanin Franco, in qualità di delegato effettivo del Comune di San Michele al Tagliamento, nonché di rappresentante del comitato promotore referendario “pro Friuli”, e dal signor Frattolin Francesco, in qualità di delegato supplente del medesimo Comune e di rappresentante dello stesso comitato, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2009.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2009.