SENTENZA N. 169
ANNO 2007
Commento alla decisione di
Francesca Leotta
(per gentile concessione del Forum di Quaderni
costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Franco BILE Presidente
- Francesco AMIRANTE Giudice
- Ugo DE SIERVO "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1,
commi da
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 20 febbraio 2007 il Giudice relatore Franco Gallo;
uditi gli avvocati Fabio Lorenzoni per
Ritenuto
in fatto
1. – Le Regioni Toscana,
Veneto, Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste,
1.1. – Il
comma 198 dispone che «Le amministrazioni regionali e gli enti locali di cui
all’articolo 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,
nonché gli enti del Servizio sanitario nazionale, fermo restando il
conseguimento delle economie di cui all’articolo 1, commi 98 e
107, della legge 30
dicembre 2004, n. 311, concorrono alla realizzazione degli obiettivi
di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese di
personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e
dell’IRAP, non superino per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 il
corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1 per cento. A tal fine
si considerano anche le spese per il personale a tempo determinato, con
contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio
con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni».
Secondo
il successivo comma 199, «Ai fini dell’applicazione del comma 198, le spese di
personale sono considerate al netto: a)
per l’anno 2004 delle spese per arretrati relativi ad anni precedenti per
rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro; b) per ciascuno degli anni 2006,
2007 e 2008 delle spese derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi
nazionali di lavoro intervenuti successivamente all’anno 2004».
Il comma
Il comma
201 si riferisce agli enti locali di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e dispone che tali enti «possono
altresí concorrere al conseguimento degli obiettivi di cui al comma 198
attraverso interventi diretti alla riduzione dei costi di funzionamento degli
organi istituzionali, da adottare ai sensi dell’articolo 82, comma 11, del
medesimo testo unico di cui al decreto
legislativo n. 267 del 2000, e delle altre disposizioni normative
vigenti».
Il comma
202 stabilisce che «Al finanziamento degli oneri contrattuali
del biennio 2004-2005 concorrono le economie di spesa di personale riferibili
all’anno 2005 come individuate dall’articolo 1, comma 91,
della legge 30
dicembre 2004, n. 311».
Per gli enti del Servizio sanitario
nazionale, il comma 203 prevede che «le disposizioni del comma 198
costituiscono strumento di rafforzamento dell’intesa Stato-regioni del 23 marzo
2005, attuativa dell’articolo 1, comma 173,
della legge 30
dicembre 2004, n. 311. Gli effetti di tali disposizioni nonché di
quelle previste per i medesimi enti del Servizio sanitario nazionale
dall’articolo 1, commi 98 e
107, della legge 30
dicembre 2004, n. 311, sono valutati nell’ambito del tavolo tecnico
per la verifica degli adempimenti di cui all’articolo 12 della medesima intesa,
ai fini del concorso da parte dei predetti enti al rispetto degli obblighi
comunitari ed alla realizzazione degli
obiettivi di finanza pubblica di cui all’articolo 1, comma 164,
della legge 30
dicembre 2004, n. 311».
Il comma
204, nel testo vigente al momento della proposizione dei ricorsi e sino alla
sua sostituzione ad opera dell’art. 30 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223,
convertito, con modificazioni, dalla legge, 4 agosto 2006, n. 248, dispone che
«Alla verifica del rispetto degli adempimenti previsti dal comma 198 si
procede, per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le
province, i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti e le comunità
montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti, attraverso il sistema di
monitoraggio di cui all’articolo 1, comma 30, della legge 30 dicembre 2004, n.
311, e per gli altri enti destinatari della norma attraverso apposita
certificazione, sottoscritta dall’organo di revisione contabile, da inviare al
Ministero dell’economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla chiusura
dell’esercizio finanziario di riferimento».
Il comma
205 prevede che «Per le regioni e le autonomie locali, le economie derivanti
dall’attuazione del comma 198 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini
del miglioramento dei relativi saldi».
Il comma
206 stabilisce, infine, che «Le disposizioni dei commi da
2. – Con
ricorso regolarmente notificato e depositato, iscritto al n. 28 del registro
ricorsi del 2006,
Ad avviso
della ricorrente, il comma 198, ponendo un vincolo specifico e puntuale alla
spesa per il personale, sarebbe illegittimo, perché violerebbe la competenza legislativa
regionale residuale, in materia di organizzazione amministrativa e di
ordinamento del personale sia delle Regioni, sia degli enti regionali, sia
degli enti del servizio sanitario, ivi comprese le ASL.
Né,
prosegue la ricorrente, la disposizione potrebbe giustificarsi invocando il
concorso delle Regioni e degli enti locali al rispetto degli obiettivi di
finanza pubblica, perché il legislatore statale può imporre l’osservanza di
tali obiettivi, ma deve lasciare all’autonomia dei singoli enti di decidere
come realizzare l’obiettivo stesso.
2.1. – Si
è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le
questioni siano dichiarate inammissibili o, comunque, non fondate.
La difesa
erariale rileva che i commi da
Con
riferimento al comma 198, integrato dal comma 199 e dal primo periodo del comma
204, l’Avvocatura rileva che esso lascia alle autonomie – e quindi alle Regioni
– la libertà di individuare e adottare le «misure necessarie a garantire» la
realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, valevoli per tutte le
amministrazioni e non solo per le Regioni, e afferma che correttamente le
citate disposizioni sono state qualificate come princípi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica dal comma 206. Infatti, il comma 198, come
ogni regola di coordinamento, comprime le autonomie, ma non inibisce in modo
puntuale singole spese. Né potrebbe considerarsi singola voce di spesa quella
per il personale, che assorbe la parte prevalente della spesa corrente degli
enti pubblici. E anche la incontestabile competenza regionale in materia di
organizzazione amministrativa dei propri uffici e di quelli degli enti
dipendenti dalle Regioni deve fare i conti con la limitatezza delle risorse
finanziarie della collettività nazionale, risultando altrimenti il sistema
ingestibile e inefficiente.
3. –
Ad avviso
della ricorrente, dette norme conterrebbero precetti specifici e puntuali che
non lasciano alcuna autonomia alle Regioni, nonostante la materia rientri
nell’àmbito del «coordinamento della finanza pubblica» di cui all’art. 117,
terzo comma, Cost., e cioè in una materia in cui allo Stato spetta solo il
potere di dettare i princípi fondamentali. In proposito, la ricorrente richiama
la sentenza n.
390 del 2004, con la quale
Sotto
altro profilo,
3.1. –
Anche in questo giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o infondate.
Oltre a
ribadire, in ordine alle censure relative al comma 198, integrato dal comma 199
e dal primo periodo del comma 204, quanto già affermato nell’atto di
costituzione nel giudizio iscritto al n. 28 del registro ricorsi del 2006,
l’Avvocatura rileva che le censure dei commi 202 e 205 non sono specificamente
motivate. Quanto alle censure relative al comma 204, l’Avvocatura rileva che
esso prevede solo la comunicazione di informazioni, comunicazione doverosa in
un contesto ispirato al principio di leale cooperazione, mentre, per quel che
riguarda le censure relative ai commi 200 e 201, sottolinea che questi
valorizzano le autonomie e, quindi, non essendo lesivi dell’autonomia
regionale, possono essere «accantonati».
4. – Con
ricorso regolarmente notificato e depositato, iscritto al n. 30 del registro
ricorsi del 2006,
La
ricorrente deduce, con un primo motivo, la violazione dell’art. 119, secondo
comma, Cost., dell’art. 3, lettera f),
del proprio statuto speciale e delle norme attuative delle disposizioni
statutarie in tema di autonomia finanziaria. L’esplicito riferimento, nelle
disposizioni impugnate, alla voce di spesa riguardante il personale, quale voce
da ridurre, si porrebbe, ad avviso della ricorrente, in contrasto netto e
diretto sia con la giurisprudenza della Corte costituzionale – secondo cui le
norme che fissano vincoli puntuali a singole voci di spesa dei bilanci delle
Regioni e degli enti locali non costituiscono princípi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica (sentenza n. 36 del
2004) , sia con l’art. 119, secondo comma, Cost., che, appunto, limita la
competenza statale esclusivamente alla determinazione dei princípi di
coordinamento e determina l’illegittimità di norme, quali quelle censurate, che
si spingono ben al di là di tale soglia. Risulterebbe altresí violato l’art. 3,
lettera f), dello statuto speciale,
che attribuisce alla Regione il compito di porre norme legislative di
integrazione ed attuazione, nell’ambito dei princípi individuati con legge
dello Stato, in materia di «finanze regionali e comunali». Al riguardo, la
ricorrente rileva che, in forza del combinato disposto della evocata
disposizione statutaria e degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma,
Cost., la competenza regionale nella suddetta materia si atteggia oggi, in
forza della clausola di cui all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), non
più come suppletiva rispetto alla competenza statale, ma come una competenza
garantita nell’àmbito dei princípi di coordinamento stabiliti dallo Stato. Di
qui un ulteriore profilo di illegittimità, in quanto le norme censurate
intervengono a vincolare anche la spesa delle amministrazioni comunali, in
violazione, appunto, del citato art. 3, lettera f), dello statuto.
La
ricorrente, con un secondo motivo, deduce la violazione del principio di leale
collaborazione, sotto il profilo che la previsione del tetto di spesa per il
personale per il triennio 2006-2008 non tiene conto delle misure e degli atti
già adottati in materia dalla Regione in ottemperanza a quanto disposto dalla
legge 30 dicembre 2004, n. 311, né degli impegni di spesa per il personale,
anche a tempo indeterminato, già legittimamente assunti nel corso del 2005
sulla base del quadro normativo vigente. In sostanza, la normativa censurata,
proprio perché è in grado di porre ex
ante
4.1. – Si
è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le
questioni siano dichiarate inammissibili o infondate.
La difesa
erariale afferma che le censure della ricorrente riguardano nella sostanza solo
il comma 198 (integrato dal comma 199 e dal primo periodo del comma 204) e il
comma 206, mentre i commi 200 e 201, che valorizzano le autonomie, e i commi
202, 204, secondo periodo, e 205 sarebbero stati inammissibilmente sottoposti a
scrutinio. Quanto al comma 198, l’Avvocatura rileva che esso, lasciando alle
Regioni la libertà di individuare e adottare le misure necessarie a garantire
la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per ciò che attiene alla
spesa complessiva per il personale, contiene una norma che il comma 206
qualifica correttamente come principio fondamentale del coordinamento
finanziario, a portata generale e non circoscritta alle sole Regioni.
5. – Con
ricorso regolarmente notificato e depositato, iscritto al n. 31 del registro
ricorsi del 2006,
Premesso
che dal comma 204 si desume la diretta applicabilità del comma 198 anche alle
Regioni a statuto speciale, la ricorrente richiama la giurisprudenza della
Corte costituzionale in tema di vincoli alla spesa e sottolinea che il
legislatore statale può imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di
bilancio, ma solo con disciplina di principio. Inoltre,
5.1. – Si
è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le
questioni vengano dichiarate non fondate, sulla base delle medesime
argomentazioni svolte con riferimento al comma 198 negli scritti difensivi di
cui si è già dato conto.
6. –
La
ricorrente, come già
Il comma
198, osserva la ricorrente, non sarebbe immune da censure neanche se lo si
intendesse riferito alle sole aziende sanitarie, in quanto anche in tal caso
lederebbe la competenza esclusiva provinciale in materia di personale
provinciale, che riguarda anche il personale degli enti strumentali della
Provincia; in proposito, la ricorrente ricorda che la giurisprudenza
costituzionale ha sempre riconosciuto alle Province autonome un’ampia
competenza in ordine alla spesa per il personale sanitario, affermando che alle
stesse, in considerazione del regime di autofinanziamento del sistema sanitario
provinciale, spetta anche, di massima, la determinazione ultima degli obiettivi
di spesa.
In ogni
caso, sostiene la ricorrente, la disciplina impugnata, comunque interpretata, e
a prescindere dalla irrilevante autoqualificazione di principio di
coordinamento della finanza pubblica contenuta nel comma 206, violerebbe l’autonomia
di spesa garantita ad essa Provincia dall’art. 119, primo comma, Cost.,
applicabile in base alla clausola di cui all’art. 10 della legge costituzionale
n. 3 del 2001. Il denunciato limite alle spese lederebbe, altresí, l’autonomia
riconosciuta alla Provincia autonoma in materia di contrattazione collettiva
provinciale, con riguardo al personale dipendente dagli uffici e dagli enti
sanitari della Provincia.
Per le
medesime ragioni, conclude la ricorrente, sarebbe illegittimo anche il comma
204, il quale, strumentalmente all’applicazione del comma 198, assoggetta anche
le Province autonome al monitoraggio da parte del Ministero dell’economia e
delle finanze, in contrasto con l’art. 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992,
n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e
provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).
6.1. – Si
è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le
questioni siano dichiarate non fondate.
Il
richiamo della ricorrente al comma 148, osserva la stessa Avvocatura, consente
di ritenere che la questione potrebbe essere superata proprio in occasione dei
previsti accordi annuali. Per il resto, la difesa erariale ribadisce le
osservazioni già svolte nei precedenti giudizi.
7. –
Premesso
che la qualificazione dei commi da
Ad avviso
della ricorrente, sarebbe violato anche l’art. 118 Cost., in quanto detto
vincolo incide sull’autonomia organizzativa e sulla programmazione delle
diverse attività regionali; e ciò con diretto riferimento sia alle funzioni
regionali, sia alla potestà di programmazione e organizzazione dei settori
amministrativi rientranti nella competenza regionale, per effetto della
restrizione che viene imposta alla spesa per il personale anche degli enti
locali e degli enti del servizio sanitario regionale. Tale violazione sarebbe
tanto più grave, in quanto il comma 198 ricomprende sotto un’unica voce di
spesa del personale rapporti differenti e che possono attenere anche ad
esigenze temporanee o a programmi specifici e collega la spesa relativa agli
anni dal 2006 al
Tali
considerazioni varrebbero, per la ricorrente, anche per le censure relative ai
i commi 200 e 201. Quanto al comma 200,
7.1. – Si
è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha
chiesto la dichiarazione di inammissibilità delle questioni concernenti i commi
200 e 201, trattandosi di censure proposte nei confronti di disposizioni che
valorizzano le autonomie, e, con riferimento al solo comma 201, di una
disposizione che non si applica alle Regioni.
Quanto
alle censure proposte con riguardo al comma 198, integrato dal comma 199 e dal
primo periodo del comma 204, l’Avvocatura svolge argomentazioni identiche a
quelle sviluppate nei precedenti giudizi.
8. – Con
ricorso regolarmente notificato e depositato, iscritto al n. 36 del registro
ricorsi del 2006,
8.1. – Si
è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo la
dichiarazione di inammissibilità delle questioni concernenti i commi 200
(trattandosi di disposizione facoltizzante), 201 (trattandosi di disposizione
che concerne solo gli enti locali e che li favorisce), «202» e 205 (trattandosi
di disposizioni che giovano alle autonomie), 204 e 203, secondo periodo (per i
quali non vi è doglianza specifica).
Quanto
alle censure proposte con riguardo al comma 198, integrato dal comma 199 e dal
primo periodo del comma 204, alle quali il motivo deve ritenersi circoscritto,
l’Avvocatura svolge argomentazioni identiche a quelle sviluppate nei precedenti
giudizi.
9. – Con ricorso regolarmente notificato e depositato, iscritto al n. 37
del registro ricorsi del 2006,
La ricorrente premette che il comma 148 dell’art. 1 della medesima legge
n. 266 del 2005 detta una specifica disciplina, secondo la quale le autonomie
speciali concordano con il Ministero dell’economia e delle finanze il livello
delle spese correnti e in conto capitale, nonché dei relativi pagamenti. In
particolare, per quanto riguarda la spesa per il personale, la citata
disposizione fa riferimento ad un accordo stipulato in sede di Conferenza
unificata, il quale, al punto 12, include nel sistema dell’accordo sul patto di
stabilità la spesa per il personale degli enti strumentali e, per quanto
riguarda
Illegittima sarebbe, poi, la previsione dell’applicazione degli stessi vincoli agli enti locali della Regione, sia per l’illegittimità intrinseca della regola, sia per la violazione della potestà normativa primaria in materia di ordinamento degli enti locali, che l’art. 4, numero 4, dello statuto riconosce ad essa ricorrente.
9. 1. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, riportandosi alle argomentazioni svolte nell’atto di costituzione nel giudizio promosso dalla Provincia autonoma di Trento e iscritto al n. 40 del registro ricorsi del 2006.
10. – Con ricorso regolarmente notificato e depositato, iscritto al n. 38
del registro ricorsi del 2006,
Il comma 198, osserva la ricorrente, si porrebbe in contrasto con il principio secondo cui, fermi i vincoli complessivi di spesa volti al risanamento della finanza pubblica, è inammissibile la previsione da parte dello Stato di limiti di spesa specifici e puntuali nei riguardi delle Regioni, dal momento che, come affermato dalla Corte costituzionale, ciò rappresenterebbe una indebita invasione dell’area riservata dall’art. 119 Cost. alle autonomie regionali, alle quali la legge statale può prescrivere criteri e obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica), ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi. Se poi si considera che la materia specifica dell’intervento previsto dalla norma censurata è costituita dal dimensionamento del personale e, dunque, dall’organizzazione regionale (e degli enti regionali), risulterebbe violato anche l’art. 117, quarto comma, Cost., rientrando detta materia nella competenza esclusiva residuale delle Regioni.
Per le medesime ragioni sarebbero illegittimi il comma 202, il quale pone anche un vincolo di destinazione alle risorse regionali, di per sé illegittimo, e il comma 203, che direttamente richiama il comma 198.
10.1 - Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, riportandosi alle argomentazioni svolte nell’atto di costituzione nei giudizi introdotti con il ricorso della Regione Emilia-Romagna, iscritto al n. 39 del registro del 2006, e con quello della Regione Friuli-Venezia Giulia, iscritto al n. 41 del registro del 2006. La difesa erariale rileva, comunque, che nel ricorso viene menzionato il comma 202, senza che nei confronti dello stesso risulti formulata alcuna specifica doglianza e conclude, quindi, chiedendo il rigetto del ricorso e la dichiarazione di inammissibilità della questione concernente il comma 202.
11. – Con ricorso regolarmente notificato e depositato, iscritto al n. 39
del registro ricorsi del 2006,
Le censure relative al comma 198 sono identiche a quelle svolte dalla Regione Liguria, con l’unica precisazione che la illegittimità derivata da quella del comma 198 viene limitata al comma 203.
Quanto alla denunciata
illegittimità costituzionale del comma 206, che qualifica le disposizioni dei
commi da
11.1. – Si è costituito
in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, riportandosi alle argomentazioni svolte
nell’atto di costituzione nel giudizio introdotto con ricorso della Regione
Friuli-Venezia Giulia, iscritto al n. 41 del registro ricorsi del 2006, e
chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate. La difesa erariale
precisa che
12. – Con ricorso regolarmente notificato e depositato, iscritto al n. 40
del registro ricorsi del 2006,
La ricorrente svolge argomentazioni identiche a quelle proposte dalla
Regione Trentino-Alto Adige, nel ricorso iscritto al n. 37 del registro ricorsi
del 2006. Con riferimento alle competenze legislative provinciali in materia di
enti locali, la ricorrente ne denuncia la lesione ad opera delle norme
impugnate, in riferimento all’art. 80 dello Statuto (a norma del quale le
Province hanno competenza legislativa, nei limiti stabiliti dall’art.
La ricorrente conclude affermando che l’illegittimità del comma 198, ove
ritenuto riferibile anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province
autonome, comporterebbe l’illegittimità dei commi 199, 200, 201, 202 e
12.1.– Si
è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha
chiesto che le questioni siano dichiarate non fondate.
La difesa
erariale svolge considerazioni analoghe a quelle formulate nei precedenti
giudizi in ordine alla effettiva natura di principio fondamentale di
coordinamento della finanza pubblica della disposizione di cui al comma 198 ed
al rapporto di questo con il comma 148.
13. – Con ricorso regolarmente notificato e depositato, iscritto al n. 41
del registro ricorsi del 2006,
Illegittima sarebbe poi la previsione dell’applicazione dei vincoli di
cui al comma 198 agli enti locali della Regione, sia per l’illegittimità
intrinseca della regola, sia perché tali enti partecipano del sistema
provinciale in cui sono inseriti. Sotto quest’ultimo profilo, risulterebbe altresí
violato l’art. 4, numero 1-bis, dello statuto, che assegna alla potestà
primaria la disciplina dell’ordinamento degli enti locali, anche in connessione
con il successivo art.
13.1.– Si
è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha
chiesto che le questioni siano dichiarate non fondate.
Il comma
206, non impugnato dalla ricorrente, stabilisce che le disposizioni di cui ai
commi da
14. – In
prossimità dell’udienza, sia le ricorrenti che il Presidente del Consiglio dei
ministri hanno depositato memorie.
15. –
15.1. –
Il Presidente del Consiglio dei ministri nega che, con il comma 198 dell’art. 1
della legge n. 266 del 2005, il legislatore statale abbia inteso provvedere in
tema di ordinamento degli uffici regionali o di stato giuridico dei dipendenti
regionali, e che abbia considerato le A.S.L. enti pubblici nazionali. Rinvia,
per il resto, alla memoria depositata nel giudizio promosso con il ricorso
della Regione Emilia-Romagna, precisando, quanto alle censure concernenti il
comma 202, che quest’ultimo reca una norma «innocua e solo contabile». Ad
avviso dell’Avvocatura generale, infatti, ai sensi dell’art. 1, comma 91, della
legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004), gli oneri contrattuali
dei quali si tratta «sono posti a carico dei rispettivi bilanci, ossia del
bilancio dell’ente datore di lavoro». La ricorrente, quindi, per affermare
l’illegittimità del comma 202, avrebbe dovuto addurre e dimostrare che le
economie di spesa realizzate nel 2005, cui si riferisce il comma censurato,
erano di importo superiore a quello degli oneri relativi al biennio 2003-2004;
circostanza, questa, che – conclude la difesa erariale – non risulta essersi
verificata.
16. –
Sotto
altro profilo, la ricorrente sottolinea che, in considerazione dell’oggetto
della spesa alla quale si riferiscono i limiti imposti ("personale degli enti
locali” e "servizio sanitario”), risulterebbe violata la competenza regionale
esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e di stato giuridico dei
propri dipendenti. In sostanza, il vincolo imposto, risolvendosi nell’obbligo
di licenziare parte del personale e nell’impossibilità di assumerne di nuovo,
realizzerebbe un’invasione evidente dell’autonomia organizzativa degli enti
territoriali e del servizio sanitario, in violazione degli artt. 117, 118 e 119
Cost.
Da
ultimo, la ricorrente rileva, con specifico riguardo al comma 204, che questo
introdurrebbe un’ulteriore indebita forma di controllo sugli enti locali.
16.1. –
Il Presidente del Consiglio dei ministri, nella propria memoria, eccepisce
l’inammissibilità anche della questione relativa al comma 204, non rinvenendosi
nel ricorso censure specifiche. Nel merito, l’Avvocatura rileva, quanto alla
dedotta irrazionalità del comma 198, che le misure adottate dalla Regione
Veneto nel 2005 potrebbero avere soddisfatto, preventivamente e senza ulteriori
interventi, la sollecitazione del legislatore nazionale, con conseguente
carenza di interesse sul punto.
17. –
Sotto
altro profilo, la ricorrente osserva che le norme censurate non realizzano
finalità di finanza pubblica, ma introducono misure tipicamente organizzatorie
afferenti a materia riservata alla competenza provinciale; misure che
sarebbero, perciò, illegittime alla luce della giurisprudenza costituzionale in
materia di vincoli alla spesa delle Regioni e degli enti locali.
17.1. –
Il Presidente del Consiglio dei ministri rileva che il monitoraggio previsto
dal comma 204 non è lesivo della attribuzioni provinciali, concretizzandosi
nell’acquisizione, a fini conoscitivi, di alcuni dati relativi alla spesa per
il personale della Provincia e degli altri enti locali dalla stessa
disposizione considerati. Quanto al fatto che il comma 204 richiama il comma
198, l’Avvocatura generale dello Stato rileva che occorre procedere ad un
coordinamento delle due disposizioni, nel senso che deve presumersi, salvo
dimostrazione del contrario, che il contenimento della spesa per il personale
previsto dal comma 198 sia stato considerato in sede di "concordamento” ai
sensi del comma 148 ovvero di "accordo” ai sensi dell’art. 78 dello statuto
speciale; in ogni caso, osserva l’Avvocatura, la doglianza proposta non
considera il comma 610 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 ed è, quindi,
formulata in modo incompleto ed inammissibile. Per il resto, la difesa erariale
rileva che le questioni relative agli altri commi sembrano volte ad ottenere un
chiarimento interpretativo dalla Corte e che la lamentata lesione in materia di
contrattazione collettiva avrebbe dovuto essere dedotta nei confronti del non
impugnato comma 200, mentre il comma 198 non presuppone un inadempimento dei
contratti collettivi provinciali.
18. –
18.1. –
Il Presidente del Consiglio dei ministri ribadisce le conclusioni già formulate
nell’atto di costituzione.
19. –
Secondo
la ricorrente, il comma 198 riguarda una singola voce di spesa, che non diviene
una spesa complessiva per il solo fatto della sua rilevante entità e del numero
delle unità di personale.
Da
ultimo, la ricorrente precisa che i commi 198 e 204 violano gli artt. 2 e 4 del
d.lgs. n. 266 del 1992, perché vincolano
20. –
Nel
merito, la ricorrente contesta, innanzitutto, l’affermazione dell’Avvocatura
dello Stato, secondo cui, in relazione al comma 202, non sarebbe stata
formulata alcuna censura, rilevando che, alla pagina 7 del ricorso, è precisato
che «l’illegittimità del comma 198 determina l’illegittimità del comma 202, che
risulta anche autonomamente illegittimo in quanto pone un vincolo di
destinazione alle risorse regionali»; contesta, altresí, l’assunto della difesa
erariale, secondo cui le spese per il personale non costituirebbero una
specifica voce di spesa, svolgendo le medesime argomentazioni prospettate dalla
Regione Trentino-Alto Adige.
21. –
Con
particolare riferimento alle censure relative al comma 206, la ricorrente
rileva che la difesa erariale ha rinviato, nel proprio atto di costituzione,
alle difese svolte nel giudizio introdotto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia;
e poiché detta Regione non ha impugnato il comma 206, difetta ogni replica alle
censure stesse.
21.1. –
Nella propria memoria, la difesa erariale rileva che la materia del
coordinamento della finanza pubblica si differenzia dalle altre indicate nel
terzo comma dell’art. 117 Cost., perché per essa non è logicamente possibile
una ripartizione tra competenza statale e competenza regionale. Secondo
l’Avvocatura generale dello Stato, il Parlamento, quando coordina, esercita una
funzione non scindibile, intrinsecamente e necessariamente unitaria, sicché non
residua spazio per i coordinati legislatori regionali, i quali non sono
chiamati essi pure a coordinare. Del resto, prosegue l’Avvocatura generale,
qualsiasi coordinamento si esaurisce senza residui nella indicazione di
princípi, più o meno stringenti a seconda delle esigenze del coordinamento
stesso. Ne consegue, per la stessa Avvocatura, che la previsione di detta
funzione nel terzo comma dell’art. 117 Cost. ha soltanto il significato che «il
coordinamento deve essere esercitato mediante la determinazione di
principi-regole generali, la cui incisività deve essere commisurata a quanto il
Parlamento stesso, nella sua discrezionalità politica, reputa rispondente ad
esigenze unitarie». Pertanto, per la difesa erariale, «il sindacato di
costituzionalità su tali principi dovrebbe essere portato non già sul carattere
più o meno dettagliato di ciascuna singola disposizione, ma sulla sussistenza o
meno delle esigenze unitarie che hanno giustificato l’insieme dei principi-regole».
Ciò
premesso, l’Avvocatura dello Stato, da un lato, afferma, che il legislatore
statale ha, nella specie, correttamente esercitato la funzione di coordinamento
della finanza pubblica e, dall’altro, nega che il comma 198 possa definirsi
quale disposizione di dettaglio, data la rilevanza della spese per il personale
sul totale della spesa delle amministrazioni pubbliche. L’Avvocatura osserva
che la ricorrente, del resto, non censura il comma 200, riguardante la
contrattazione collettiva integrativa, i cui oneri sono a carico dello Stato.
Il comma 198 sarebbe, in ogni caso, rispettoso delle autonomie, dal momento che
esso lascia spazio all’adozione delle misure necessarie a garantire il
conseguimento degli obiettivi generali di finanza pubblica e richiede a dette
autonomie un contributo ridotto nel contenimento della spesa per il personale,
nel quadro di una manovra coinvolgente l’intero settore pubblico. L’Avvocatura
sottolinea anche che il comma
Quanto
alle censure relative al comma 203, la difesa erariale osserva che tale
disposizione si limita a stabilire che il comma 198 costituisce rafforzamento
dell’intesa ivi menzionata, la quale viene, pertanto, confermata.
22. –
22.1. –
Il Presidente del Consiglio dei ministri svolge argomentazioni identiche a
quelle illustrate nella memoria depositata nel giudizio promosso dalla
Provincia autonoma di Bolzano, di cui al punto 17.1.
23. –
23.1. –
Il Presidente del Consiglio dei ministri richiama la memoria depositata nel
giudizio promosso con il ricorso della Regione Emilia-Romagna, precisando,
quanto all’evocato art. 48 dello statuto speciale, che questo non si discosta
dal parametro offerto dall’art. 119, secondo comma, Cost., e che la competenza
primaria attribuita alla Regione dall’art. 4, numero 1-bis, dello
statuto è fuori discussione e non è contrastata o contraddetta dalle
disposizioni censurate.
24. – Il
Presidente del Consiglio ha depositato altresí memoria nei giudizi promossi con
i ricorsi della Regione Valle d’Aosta, della Regione Siciliana e della Regione
Piemonte.
24.1. –
Nella prima memoria, la difesa erariale ribadisce l’inammissibilità delle
questioni relative a disposizioni diverse dai commi 198, 199, 203 e 206, per
carenza di specifiche censure; nel merito, precisa che il richiamo della
ricorrente alla competenza statutaria di cui all’art. 3, lettera f), non sottrae affatto
24.2. –
Nel giudizio promosso dalla Regione Siciliana, l’Avvocatura precisa che la
doglianza relativa al comma 198 risulta formulata in modo incompleto, dal
momento che essa non coinvolge il comma 610, e che non è comunque in
discussione lo stato giuridico ed economico degli impiegati e dei funzionari
della Regione, posto che il contenimento della spesa per il personale può
essere ottenuto senza toccare detto stato.
24.3. –
Nel giudizio promosso dalla Regione Piemonte, l’Avvocatura ribadisce
l’eccezione di inammissibilità della questione relativa al comma 201,
riferibile solo agli enti locali e per di più volto ad accrescere l’autonomia
degli stessi. Nel merito, contesta l’affermazione della ricorrente, secondo cui
il comma 198 non terrebbe conto di eventuali esigenze temporanee o di programmi
specifici, osservando che il citato comma non vieta rapporti a tempo
determinato o flessibili, ma pone un limite quantitativo alle spese di
personale, con un criterio generale indipendente dalla tipologia dei rapporti.
Quanto alla denunciata violazione dell’art. 118 Cost., la difesa erariale
rileva che qualsiasi limite di spesa determina la necessità di adeguamenti e
che l’assunto della ricorrente, se condiviso, condurrebbe a negare in radice
ogni intervento di coordinamento della finanza nel settore pubblico.
Considerato in diritto
1. – I
giudizi di legittimità costituzionale di cui in epigrafe sono stati promossi da
sei Regioni a statuto ordinario (Toscana, Veneto, Piemonte, Campania, Liguria,
Emilia-Romagna), da quattro Regioni a statuto speciale (Valle d’Aosta/Vallée
d’Aoste, Regione Siciliana, Trentino-Alto Adige/Südtirol, Friuli-Venezia
Giulia) e dalle Province autonome di Trento e Bolzano. Essi hanno per oggetto
vari commi dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2006), tra i quali, per quanto qui interessa, i commi da
1.1. – Le
ricorrenti Regioni a statuto ordinario censurano il comma
1.2. – Le
Regioni a statuto speciale e le Province autonome ricorrenti assumono che il
comma 198 si applica anche nei loro confronti e censurano tale comma per violazione,
oltre che degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., anche delle norme
statutarie che attribuiscono loro potestà legislativa in materia di ordinamento
finanziario, di organizzazione degli uffici, di ordinamento degli enti locali.
Le medesime ricorrenti prospettano un ulteriore profilo di illegittimità
costituzionale del comma 198, perché questo, nel fissare limiti alla spesa per
il personale svincolati da qualsiasi accordo con lo Stato, si porrebbe in
insanabile contrasto con il comma 148 dello stesso art. 1, il quale dispone,
invece, che – per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome – la
determinazione del livello delle spese correnti, ivi comprese quelle per il
personale, è oggetto, per lo stesso triennio suindicato, di specifici accordi
con il Ministero dell’economia e delle finanze. Tale dedotta incompatibilità
tra le due norme si risolverebbe, pertanto, in vizio di irragionevolezza del
comma 198.
In
particolare,
1.3. – Le
Regioni Veneto, Valle d’Aosta, Campania, Trentino-Alto Adige e
1.4. – Le
Regioni Veneto, Valle d’Aosta, Piemonte, Campania, Trentino-Alto Adige e
1.5. – Le
Regioni Veneto, Valle d’Aosta, Piemonte, Campania, Trentino-Alto Adige e
La sola
Regione Piemonte si duole anche della mancata estensione alle Regioni della
possibilità prevista per gli enti locali di utilizzare, ai fini della riduzione
imposta dal comma 198, misure di contenimento dei costi di funzionamento degli
organi istituzionali.
1.6. – Le
Regioni Toscana, Veneto, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Liguria e
1.7. – Le
Regioni Veneto, Valle d’Aosta, Campania, Liguria, Emilia-Romagna e
1.8. – Le
Regioni Veneto, Valle d’Aosta, Campania, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia
Giulia,
In
particolare, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome ricorrenti
censurano detto comma perché esso renderebbe loro applicabile la disciplina dei
commi 198 e seguenti.
1.9. – Le
Regioni Veneto, Valle d’Aosta e Campania censurano, per le stesse ragioni e in
riferimento agli stessi parametri fatti valere quanto al comma 198,
anche il comma 205, il
quale stabilisce che «Per le regioni e le autonomie locali, le economie
derivanti dall’attuazione del comma 198 restano acquisite ai bilanci degli enti
ai fini del miglioramento dei relativi saldi».
1.10. –
Infine, le Regioni Veneto, Valle d’Aosta, Piemonte e Campania
censurano, per le
stesse ragioni e in riferimento agli stessi parametri fatti valere quanto al
comma 198, il comma 206, il quale stabilisce che «Le disposizioni dei commi da
2. – La trattazione delle indicate questioni di legittimità costituzionale viene qui separata da quella delle altre, promosse con i medesimi ricorsi, per le quali è opportuno procedere ad un esame distinto. I giudizi, cosí separati e delimitati nell’oggetto, vanno riuniti per essere congiuntamente trattati e decisi in considerazione della rilevata parziale identità delle norme censurate e delle questioni prospettate.
3. – Va preliminarmente rilevato, con riferimento alle censure proposte dalle Regioni Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, che le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la violazione di competenze degli enti locali.
4. –
Tale
richiesta non può essere accolta, in quanto, come riconosciuto dalla stessa
ricorrente, l’invocato ius superveniens
non ha fatto venire meno l’efficacia del comma 198 per l’anno 2006. Conseguentemente
non viene meno neanche la necessità di una decisione di questa Corte sulle
proposte questioni.
5. –
L’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l’inammissibilità delle questioni
relative ai commi 200, 201, 202, 204, assumendo che tali disposizioni sarebbero
inidonee a ledere le competenze regionali in quanto attribuiscono mere facoltà
alle Regioni (commi 200 e 201) o sono «innocue» (comma 202) ovvero
costituiscono espressione del principio di leale collaborazione (comma 204).
Le
eccezioni vanno respinte, perché la dedotta mancanza di lesività delle
disposizioni censurate attiene esclusivamente al merito delle questioni e non
alla loro ammissibilità.
6. –
L’Avvocatura generale dello Stato eccepisce altresí l’inammissibilità, per
mancanza di specifiche censure, delle questioni concernenti i commi 202, nei
giudizi proposti dalle Regioni Veneto, Valle d’Aosta, Campania e Liguria; 203,
secondo periodo, e 204, nei giudizi proposti dalle Regioni Veneto e Campania, e
205, nei giudizi proposti dalle Regioni Veneto, Valle d’Aosta e Campania.
Anche
queste eccezioni vanno respinte, perché non sussiste il prospettato difetto di
motivazione, avendo le ricorrenti espressamente esteso a detti commi le censure
prospettate per il comma 198.
7. – Nel
merito, tutte le ricorrenti censurano il comma 198, il quale dispone che «Le
amministrazioni regionali e gli enti locali di cui all’articolo 2, commi 1 e 2,
del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché gli enti del Servizio
sanitario nazionale, fermo restando il conseguimento delle economie di cui
all’articolo 1, commi 98 e 107, della legge 30
dicembre 2004, n. 311, concorrono alla realizzazione degli obiettivi
di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese di
personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e
dell’IRAP, non superino per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 il
corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1 per cento. A tal fine
si considerano anche le spese per il personale a tempo determinato, con
contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio
con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni».
Alla
disamina delle questioni concernenti il suddetto comma 198 occorre procedere
con riferimento, dapprima, alle censure proposte dalle Regioni a statuto
ordinario e, successivamente, a quelle proposte dalle Regioni a statuto
speciale e dalle Province autonome.
8. – Le
questioni di legittimità costituzionale del comma 198 promosse dalle ricorrenti
Regioni a statuto ordinario non sono fondate.
Nella
giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidato l’orientamento per il quale
il legislatore statale, con una «disciplina di principio», può legittimamente
«imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse
ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli
alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in
limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti» (sentenze n. 417 del
2005 e n. 36
del 2004). Perché detti vincoli possano considerarsi rispettosi
dell’autonomia delle Regioni e degli enti locali, essi debbono riguardare
l’entità del disavanzo di parte corrente oppure – ma solo «in via transitoria
ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica
perseguiti dal legislatore statale» – la crescita della spesa corrente degli
enti autonomi. In altri termini, la legge statale può stabilire solo un «limite
complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle
risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenze n. 88 del
2006, n. 449
e n. 417 del
2005, n. 36
del 2004).
Da tali
pronunce può desumersi che, perché norme statali che fissano limiti alla spesa
delle Regioni e degli enti locali possano qualificarsi princípi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica, è necessario che esse soddisfino i
seguenti requisiti: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di
riequilibrio della finanza pubblica, intesi anche nel senso di un transitorio
contenimento complessivo, sebbene non generale, della spesa corrente; in
secondo luogo, che non prevedano strumenti o modalità per il perseguimento dei
suddetti obiettivi.
Contrariamente
a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la disposizione censurata risponde a detti
requisiti.
Con il
comma 198, il legislatore ha infatti perseguito l’obiettivo di contenere entro
limiti prefissati una delle più frequenti e rilevanti cause del disavanzo
pubblico, costituita dalla spesa complessiva per il personale (sentenza n. 4 del
2004). Tale obiettivo, pur non riguardando la generalità della spesa
corrente, ha tuttavia rilevanza strategica ai fini dell’attuazione del patto di
stabilità interno, e concerne non una minuta voce di spesa, bensì un rilevante
aggregato della spesa di parte corrente, nel quale confluisce il complesso
degli oneri relativi al personale, ivi compresi, ai sensi dell’ultima parte del
comma 198, quelli per il personale «a tempo determinato, con contratto di
collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme
di rapporto di lavoro flessibile o con convenzione». Il carattere della
transitorietà del contenimento complessivo, richiesto dalla citata
giurisprudenza di questa Corte, risulta poi dal fatto che detto contenimento è
destinato ad operare per un periodo determinato (triennio 2006-2008), periodo
successivamente ridotto al solo anno
La norma
censurata risponde anche al secondo requisito, in quanto non prescrive ai suoi
destinatari alcuna modalità per il conseguimento dell’obiettivo di contenimento
della spesa per il personale, ma lascia libere le Regioni di individuare le
misure a tal fine necessarie. Essa ha, pertanto, un contenuto diverso da quello
delle disposizioni di precedenti leggi finanziarie dichiarate illegittime da
questa Corte con le sentenze richiamate dalle ricorrenti a sostegno delle loro censure.
A differenza del comma 198, dette disposizioni stabilivano, infatti, limiti
puntuali a specifiche voci di spesa quali quelle per viaggi aerei (sentenza n. 449 del
2005), per assunzioni a tempo indeterminato (sentenze n. 88 del
2006 e n.
390 del 2004), per studi e incarichi di consulenza, missioni all’estero,
rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni, acquisti di beni e servizi (sentenza n. 417 del
2005).
In
conclusione, la disposizione di cui al comma 198, rispondendo ai suddetti
requisiti, va qualificata come principio fondamentale di coordinamento della
finanza pubblica. Devono, pertanto, essere dichiarate non fondate le questioni
concernenti il comma
8.1. –
Non fondate sono le ulteriori censure
proposte dalle Regioni Liguria, Campania ed Emilia-Romagna con riguardo al comma 198, sotto il
profilo della sua incidenza su una materia – quella della organizzazione degli
uffici regionali e degli enti regionali – di competenza legislativa residuale
delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. Come si è appena
osservato, il comma 198 pone, infatti, un principio fondamentale di
coordinamento della finanza pubblica, la cui fissazione è riservata allo Stato
ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. Né rileva in contrario che la
disposizione denunciata possa avere influenza sull’organizzazione degli uffici
regionali e degli enti da essi dipendenti, risolvendosi detta influenza in una
mera circostanza di fatto, come tale non incidente sul piano della legittimità
costituzionale (sentenze
n. 95 del 2007, n. 417 del 2005,
n. 353 del 2004,
n. 36 del 2004).
8.2. –
Non fondate sono anche le censure proposte dalla Regione Piemonte in
riferimento agli artt. 3 e 97 Cost. e dalla Regione Veneto in riferimento al
solo art. 3 Cost., con le quali viene dedotta la irrazionalità della misura di
contenimento della spesa prevista dal comma 198, sotto il profilo che tale
misura si applicherebbe in modo indifferenziato a tutto il personale, senza
distinzioni tra i diversi rapporti di lavoro. Le ricorrenti muovono
dall’erroneo presupposto interpretativo secondo cui ad esse non sarebbe
consentito calibrare le misure necessarie al conseguimento di detto obiettivo
adeguandole alle peculiarità dei vari tipi di rapporto di lavoro. Al contrario,
proprio l’accertata natura di principio fondamentale della norma censurata
consente alle Regioni di provvedere esse stesse, in piena autonomia, a
differenziare le misure necessarie al raggiungimento dell’indicato obiettivo,
tenendo conto delle diverse esigenze dei vari settori dell’amministrazione
regionale. Il suddetto comma 198 è immune, pertanto, dal denunciato vizio di
irragionevolezza.
9. –
Dalla riconosciuta natura di principio fondamentale di coordinamento della
finanza pubblica della disposizione di cui al comma 198 discende la non
fondatezza anche delle questioni promosse dalle ricorrenti Regioni a statuto
ordinario riguardo ai commi 199, 203,
204 e 205, che, secondo tali ricorrenti, conterrebbero anch’essi norme di
dettaglio lesive della loro autonomia finanziaria. La natura di princípi
fondamentali di tali norme deriva, infatti, dal rilievo che esse si limitano o
a integrare il contenuto del comma 198 (commi 199, 203 e 204), o a concorrere
al raggiungimento dell’ulteriore obiettivo del «miglioramento dei […] saldi
(comma 205)», e cioè di un obiettivo ancor più generale di quello perseguito
dal comma 198.
9.1. –
Quanto al comma 199, censurato
dalle Regioni Veneto e Campania in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e
119 Cost., la sua natura integrativa del comma 198 è del tutto evidente, perché
esso si limita a determinare le modalità di computo della spesa per il
personale oggetto della riduzione, prevedendo che «le spese di personale sono
considerate al netto: a) per l’anno
2004 delle spese per arretrati relativi ad anni precedenti per rinnovo dei
contratti collettivi nazionali di lavoro; b)
per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 delle spese derivanti dai rinnovi dei
contratti collettivi nazionali di lavoro intervenuti successivamente all’anno
2004».
9.2. –
Quanto al comma 203, censurato
dalle Regioni Veneto, Campania, Liguria ed Emilia-Romagna per violazione degli
artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., la sua menzionata natura integrativa
risulta dal fatto che esso, nel riferirsi al contenimento della spesa per il
personale del servizio sanitario nazionale, qualifica espressamente il comma
198 come «strumento di rafforzamento dell’intesa Stato-Regioni del 23
marzo 2005».
9.3. –
Quanto al comma 204 – nel testo anteriore alla sostituzione
operata dall’art. 30 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, quale convertito
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 –,
censurato dalle Regioni Veneto e Campania in riferimento agli artt. 117, terzo
comma, e 119 Cost., anch’esso si salda al comma
Il comma
204 non solo integra il contenuto del comma 198, consentendo il controllo sulla
sua effettiva applicazione, ma è anche norma di coordinamento informativo
statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e
locale. Ne consegue che esso non lede le attribuzioni delle Regioni a statuto
ordinario, sia perché partecipa della natura di principio fondamentale di
coordinamento della finanza pubblica propria della disposizione del comma 198,
sia perché è espressione della competenza legislativa esclusiva dello Stato di
cui all’art. 117, secondo comma, lettera r),
Cost., appunto in materia di «coordinamento informativo statistico e
informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale».
9.4.
– Quanto al comma 205, censurato
dalle Regioni Veneto e Campania in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e
119 Cost., esso, prevedendo che «le economie derivanti dall’attuazione del
comma 198 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento dei
relativi saldi», collega l’obiettivo di cui al comma 198 con quello più
generale, anch’esso di finanza pubblica, della riduzione dei disavanzi. Pertanto,
la disposizione censurata costituisce essa stessa un ulteriore principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, la cui formulazione è
riservata alla competenza legislativa dello Stato.
10. – Le Regioni Veneto, Piemonte
e Campania censurano anche i commi 200
e 201, perché essi, in violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119
Cost., conterrebbero norme di dettaglio
lesive della loro autonomia finanziaria.
Le questioni non sono fondate, in quanto le norme impugnate, al
fine dell’attuazione del principio di cui al comma 198, si limitano ad
attribuire una mera facoltà ai loro destinatari e, quindi, sono prive di
attitudine lesiva delle competenze delle Regioni. Entrambe, infatti, abilitano
le Regioni e gli enti locali ad adottare alcune misure di riduzione della
spesa. In particolare, il comma 200 stabilisce che «gli Enti destinatari del
comma 198, nella loro autonomia, possono fare riferimento, quali indicazioni di
principio […], alle misure della presente legge riguardanti il contenimento della
spesa per la contrattazione integrativa e i limiti all’utilizzo di personale a
tempo determinato, nonché alle altre specifiche misure in materia di
personale». Il comma
11.
– Le Regioni Veneto e Toscana promuovono questione di legittimità dell’art. 1, comma 202, della legge n. 266 del
2005, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. Ad avviso delle
ricorrenti, tale disposizione non conterrebbe un principio di coordinamento
della finanza pubblica, ma una norma di dettaglio, come tale lesiva della loro
autonomia finanziaria.
La
questione è fondata.
Il
comma 202, prevedendo che «Al finanziamento degli oneri contrattuali del
biennio 2004-2005 concorrono le economie di spesa di personale riferibili
all’anno 2005 come individuate dall’articolo 1, comma 91,
della legge 30
dicembre 2004, n. 311», non è correlato al comma 198 ed impone una
puntuale modalità di utilizzo di risorse proprie delle Regioni, cosí da
risolversi in una specifica prescrizione di destinazione di dette risorse. Va,
pertanto, dichiarata la illegittimità costituzionale del censurato comma 202,
perché esso, non ponendo un principio fondamentale di coordinamento della
finanza pubblica, esula dalla competenza legislativa riservata allo Stato
dall’art. 117, terzo comma, Cost. e lede l’autonomia finanziaria garantita alle
Regioni dall’art. 119 Cost.
12. – Le Regioni Veneto,
Piemonte, Campania ed Emilia-Romagna censurano in via autonoma anche il comma
Le questioni sono in parte non fondate e in parte inammissibili.
Nella giurisprudenza di questa
Corte è costante l’orientamento secondo cui, ai fini del giudizio di
legittimità costituzionale, la qualificazione legislativa non vale ad
attribuire alle norme una natura diversa da quella ad esse propria, quale risulta
dalla loro oggettiva sostanza (ex
plurimis, sentenze
n. 447 del 2006 e n. 482 del 1995).
Ciò comporta, con riferimento al caso di specie, che la natura dei commi da
Quanto ai commi 198, 199, 203, 204, 205, le relative questioni sono state dichiarate da questa Corte non fondate, in considerazione del fatto che essi esprimono princípi fondamentali (punti 8 e 9). Ne consegue l’infondatezza delle questioni relative al comma 206, nella parte in cui esso richiama detti commi.
Quanto ai commi 200 e 201, le relative questioni sono state dichiarate non fondate, perché riguardanti disposizioni prive di efficacia vincolante e di attitudine lesiva (punto 10). Non sussiste, quindi, alcun interesse delle ricorrenti a censurare una norma che, come il comma 206, attribuisce natura di principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica a disposizioni che hanno un siffatto contenuto non lesivo. Di qui, l’inammissibilità, per carenza di interesse, delle questioni riferite al comma 206, nella parte in cui esso richiama detti commi.
Quanto infine al comma 202, la sua accertata incostituzionalità comporta il venir meno delle questioni relative al comma 206 nella parte in cui si riferisce a detto comma e, conseguentemente, l’inammissibilità delle stesse questioni per mancanza di oggetto.
13. – Esaurita la trattazione delle questioni promosse dalle Regioni a statuto ordinario, occorre ora procedere all’esame di quelle sollevate dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome.
Tutti gli enti ad autonomia speciale ricorrenti censurano il comma 198 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, deducendone il contrasto con le norme statutarie indicate al punto 1.2., con gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. (in relazione all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001) e con il principio di ragionevolezza per incompatibilità con la disposizione di cui al comma 148.
L’art. 1 della legge n. 266 del 2005 è censurato, oltre che con riguardo
al comma 198, dalla Regione Valle d’Aosta con riferimento ai commi da
13.1. – Quanto alla denunciata violazione del principio di ragionevolezza, le ricorrenti muovono dalla premessa interpretativa che il comma 198 è direttamente applicabile nei loro confronti, perché il comma 204, nel testo in vigore al momento della proposizione dei ricorsi – prima della sua sostituzione ad opera dell’art. 30 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006 –, stabiliva espressamente che il monitoraggio necessario alla «verifica del rispetto degli adempimenti previsti dal comma 198» riguardava anche «le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano». Le ricorrenti affermano altresì che ad esse è applicabile anche il comma 148, il quale rimette ad accordi – da stipulare entro il 31 marzo di ciascun anno – tra il Ministero dell’economia e delle finanze, da un lato, e le Regioni a statuto speciale e le Province autonome, dall’altro, la determinazione del livello delle spese correnti e in conto capitale, fissando come parametro degli accordi stessi la «coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica […], anche con riferimento, per quanto riguarda le spese di personale, a quanto previsto ai punti 7 e 12 dell’accordo sottoscritto tra Governo, regioni e autonomie locali in sede di Conferenza unificata il 28 luglio 2005». Secondo le ricorrenti, la contemporanea vigenza delle suddette norme, disciplinanti in modo diverso la stessa fattispecie, creerebbe un’antinomia non risolvibile in base ai comuni canoni ermeneutici e tale da comportare la violazione del principio di ragionevolezza, di cui all’art. 3 Cost.
Tali censure non sono fondate, perché il comma 198, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, non è a queste direttamente applicabile e, quindi, non collide con il comma 148. Quest’ultimo comma infatti, nel prevedere espressamente che «le disposizioni stabilite per le regioni a statuto ordinario» si applicano solo nel caso di mancato raggiungimento dei suddetti accordi, indica chiaramente che l’obiettivo di contenimento delle spese per il personale deve essere realizzato dagli enti ad autonomia speciale in via prioritaria mediante lo strumento degli accordi da esso stesso previsto. Per esplicita previsione del comma 148, il comma 198 è, quindi, applicabile in via sussidiaria e transitoria solo qualora gli accordi medesimi non siano raggiunti (sentenza n. 82 del 2007).
Non può opporsi a questa ricostruzione della disciplina normativa la considerazione che il riferimento fatto dal comma 148 alla stipula di accordi «in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica» va interpretato nel senso che detti accordi non debbono, comunque, discostarsi dal limite complessivo fissato dal comma 198 e sono, quindi, vincolati nel loro contenuto da tale disposizione. L’espressione «in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica» va, infatti, intesa – sia letteralmente che sistematicamente – nel senso che il livello della spesa concordato non può porsi in radicale contraddizione con gli altri obiettivi di finanza pubblica, ma non certo nel senso che esso debba coincidere con quello fissato dal comma 198. Ai fini della stipulazione degli accordi previsti dal comma 148, l’obiettivo del contenimento della spesa indicato dal comma 198 costituisce, dunque, per le Regioni e le Province ad autonomia speciale, solo un generico parametro di «coerenza», cui le parti contraenti debbono attenersi ai fini della determinazione del livello delle spese correnti e in conto capitale.
In tale contesto, diversamente da quanto sostenuto dalle ricorrenti, il comma 204 deve essere perciò inteso, per gli enti ad autonomia speciale, nel senso che gli «adempimenti previsti dal comma 198» – espressamente richiamati dallo stesso comma 204 per circoscrivere l’oggetto del monitoraggio – sono esclusivamente quelli diretti a realizzare l’obiettivo del contenimento della spesa definito con l’accordo di cui al comma 148. Ne consegue che il richiamo al comma 198, contenuto nel comma 204, per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome, ha il significato di riferire il monitoraggio ivi previsto al rispetto delle misure concordate con il Ministero dell’economia e delle finanze negli accordi stipulati ai sensi del comma 148 e non quello di rendere direttamente applicabile a tali enti il comma 198.
In conclusione, derivando il limite di spesa per gli enti ad autonomia speciale dagli accordi di cui al comma 148 e non dalla diretta applicazione del comma 198, la denunciata antinomia fra le due norme non sussiste.
13.2 – Anche le questioni relative ai commi 199, 200, 201, 203, 204, 205 e al comma 206, nella parte in cui qualifica le disposizioni di cui ai commi ora citati come princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, non sono fondate. Infatti, tali disposizioni, in quanto strettamente connesse a quella di cui al comma 198, non trovano, al pari di questa, diretta applicazione agli enti ad autonomia speciale nel caso in cui siano intervenuti gli accordi previsti dal comma 148.
13.3. – Si deve, peraltro, precisare che, anche nel caso in cui gli accordi previsti dal comma 148 non dovessero intervenire e trovasse, quindi, applicazione in via sussidiaria e transitoria il comma 198 e con questo i commi citati al punto precedente, dette questioni sarebbero ugualmente in parte non fondate e in parte inammissibili, per le medesime ragioni sopra esposte. Quanto alla denunciata violazione degli artt. 117 e 119 Cost., valgono le stesse ragioni di non fondatezza già esposte con riferimento alle analoghe questioni sollevate dalle Regioni a statuto ordinario (punti 9., 9.1., 9.2., 9.3., 9.4., 10., 12.). Quanto alla denunciata violazione dei parametri statutari, va rilevato che essi non attribuiscono agli enti ad autonomia speciale ricorrenti competenze legislative che possano essere lese da princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica attinenti alla spesa, come quello posto dal legislatore statale con il comma 198. Questa Corte ha, infatti, chiarito che tali princípi «devono ritenersi applicabili anche alle autonomie speciali, in considerazione dell’obbligo generale di partecipazione di tutte le Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all’azione di risanamento della finanza pubblica » (sentenza n. 82 del 2007, nonché sentenze, da questa richiamate, n. 417 del 2005; n. 353, n. 345 e n. 36 del 2004; n. 416 del 1995; in senso analogo, anche la sentenza n. 267 del 2006).
13.4. – Le questioni promosse dagli enti ad autonomia speciale in relazione al comma 202 sono assorbite dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale di tale norma (punto 11.).
13.5. – La questione promossa dalla Regione Valle d’Aosta in relazione al comma 206, nella parte in cui questo qualifica come principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica la disposizione di cui al comma 202, è inammissibile per carenza di oggetto, per le stesse ragioni indicate al punto 12.
per questi motivi
riservata a separate pronunce la decisione delle restanti questioni di legittimità costituzionale della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), sollevate con i ricorsi indicati in epigrafe,
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità
costituzionale del comma 202 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005;
2) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dei commi 198, 199,
200, 201, 203, 204 e 205 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 promosse, con
i ricorsi indicati in epigrafe: in riferimento agli artt. 117 e 119 della
Costituzione, dalle Regioni Toscana, Veneto, Piemonte, Campania, Liguria,
Emilia-Romagna; in riferimento agli artt. 3, 97, 114, 118 Cost., dalla Regione
Piemonte; in riferimento all’art. 3 Cost., al principio di leale collaborazione
e all’art. 3, lettera f), dello
statuto speciale per
3) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dei commi 198 e 204
dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 promosse, con i ricorsi indicati in
epigrafe: in riferimento all’art. 14, lettere p) e q), dello statuto
speciale per
4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dei commi 198, 199, 200, 201 e 204 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 promosse, in riferimento all’art. 4 e al titolo VI dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, agli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), dalla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dei commi 198, 199, 200, 201, 203 e 204 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 promosse, in riferimento all’art. 119 Cost., agli artt. 80 e 81 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, agli artt. 2 e 4 del decreto legislativo n. 266 del 1992 e agli artt. 10, 17 e 18 del decreto legislativo n. 268 del 1992, dalla Provincia autonoma di Trento, con il ricorso indicato in epigrafe;
6) dichiara non fondate le
questioni di legittimità costituzionale del comma 206 dell’art. 1 della legge
n. 266 del 2005, nella parte in cui qualifica come princípi fondamentali del
coordinamento della finanza pubblica le disposizioni di cui ai commi 198, 199,
203, 204 e 205 dello stesso articolo, promosse, con i ricorsi indicati in
epigrafe: in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost., dalle Regioni Veneto,
Valle d’Aosta, Piemonte, Campania; in riferimento agli artt. 3, 97, 114, 118
Cost., dalla Regione Piemonte; in riferimento all’art. 3 Cost., al principio di
leale collaborazione e all’art. 3, lettera f),
dello statuto speciale per
7) dichiara inammissibili
le questioni di legittimità costituzionale del comma 206 dell’art. 1 della
legge n. 266 del 2005, nella parte in cui qualifica come princípi fondamentali
del coordinamento della finanza pubblica le disposizioni di cui ai commi 200,
201 e 202 dello stesso articolo, promosse, con i ricorsi indicati in epigrafe:
in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost., dalle Regioni Veneto, Valle d’Aosta,
Piemonte, Campania; in riferimento agli artt. 3, 97, 114, 118 Cost., dalla
Regione Piemonte; in riferimento all’art. 3 Cost., al principio di leale
collaborazione e all’art. 3, lettera f),
dello statuto speciale per
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 18 aprile 2007.
F.to:
Maria
Depositata
in