Sentenza n. 233 del 2004

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SENTENZA N. 233

ANNO 2004

 

Commento alla decisione di

Ilenia Ruggiu

 

Trasporti a Bologna e leale collaborazione: metro pesante… per una Metro leggera

(per gentile concessione del Forum di Quaderni costituzionali)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

- Valerio              ONIDA                      Presidente

- Carlo                 MEZZANOTTE        Giudice

- Fernanda           CONTRI                    "

- Guido                NEPPI MODONA    "

- Piero Alberto    CAPOTOSTI             "

- Annibale           MARINI                    "

- Franco               BILE                          "

- Giovanni Maria FLICK                       "

- Francesco          AMIRANTE              "

- Ugo                   DE SIERVO              "

- Romano            VACCARELLA        "

- Paolo                 MADDALENA         "

- Alfonso             QUARANTA            "

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della deliberazione del CIPE del 1° agosto 2003, n. 67 (Primo programma delle opere strategiche – Legge n. 443/2001 – Metro leggero automatico di Bologna), promosso con ricorso della Regione Emilia–Romagna, notificato il 19 dicembre 2003, depositato in cancelleria il 24 successivo ed iscritto al n. 37 del registro conflitti 2003.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 6 luglio 2004 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – La Regione Emilia Romagna, con ricorso notificato il 19 dicembre 2003, depositato il successivo 24 dicembre e iscritto al n. 37 del registro conflitti del 2003, ha sollevato conflitto di attribuzione in relazione alla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica – CIPE del 1° agosto 2003, n. 67 (Primo programma delle opere strategiche – Legge n. 443/2001 – Metro leggero automatico di Bologna), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 258, Serie generale, del 6 novembre 2003, per violazione degli artt. 117, 118 e 136 (in relazione al giudicato costituzionale di cui alla sentenza n. 303 del 2003) della Costituzione; dell’art. 1, comma 2, lettera c), della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive); dell'art. 3, comma 6, lettera b), del d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190 (Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale), nonché del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.

2. – In via preliminare la Regione evidenzia come il ricorso non sia rivolto a contrastare la realizzazione di un sistema di trasporto rapido collettivo per l’area di Bologna, ma si riferisca agli "atti con i quali lo Stato ha unilateralmente proceduto alla ideazione, localizzazione e persino approvazione del progetto preliminare di una specifica opera denominata Metro leggero automatico di Bologna". Ciò in quanto non solo la Regione non sarebbe stata coinvolta nell’approvazione del Programma delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale unilateralmente adottato il 21 dicembre 2001, ma la impugnata deliberazione del CIPE sarebbe stata assunta avendo invitato alla relativa riunione il Presidente della Regione meno di ventiquattro ore prima e nonostante la Regione avesse già provveduto a manifestare il proprio dissenso.

3. – La Regione ricorrente sottolinea come l’opera in questione si collochi tra le infrastrutture di interesse strategico contemplate dalla legge n. 443 del 2001 e dal decreto legislativo n. 190 del 2002.

La Regione Emilia-Romagna richiama, al riguardo, la sentenza n. 303 del 2003 di questa Corte, con la quale si sarebbe individuata, come elemento essenziale per il rispetto delle competenze costituzionali delle Regioni, nella materia de qua, la previsione di una intesa tra Stato e Regioni alla quale sia subordinata l’operatività della disciplina relativa a questo tipo di opere; si sarebbe inoltre stabilito che l’intesa delle Regioni interessate avrebbe potuto sopraggiungere successivamente alla unilaterale individuazione delle opere da parte del CIPE effettuata con deliberazione del 21 dicembre 2001, ma che in tal caso la Regione non sarebbe stata vincolata sino al raggiungimento dell’intesa stessa.

Ancora, nella già citata decisione della Corte costituzionale sarebbe stato stabilito che l’intesa sul progetto preliminare dell’opera strategica, in effetti contemplata dall’art. 3, comma 5, del d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190, deve essere considerata quale elemento cui è subordinata l’efficacia stessa del progetto preliminare dell’opera contenuta nel menzionato programma.

La ricorrente, in punto di fatto, evidenzia come – per quanto riguarda la Regione Emilia-Romagna – nessuna intesa sarebbe ancora intervenuta sulla individuazione delle infrastrutture di interesse strategico insistenti sul proprio territorio, con la conseguenza che "nessun atto ulteriore della procedura" potrebbe essere legittimamente compiuto.

Nel caso in questione, invece, la procedura sarebbe andata avanti con l’approvazione del "progetto preliminare di un’opera attuativa di un programma ancora inefficace". Ciò che non potrebbe non condurre alla illegittimità dell’atto in questione, rappresentando peraltro quest’ultimo una "evidente violazione delle prerogative costituzionali della Regione Emilia-Romagna".

4. – La ricorrente lamenta inoltre la violazione delle proprie prerogative costituzionali anche a causa della tardiva convocazione del Presidente della Regione, in violazione dell’art. 1, comma 2, lettera c), della legge n. 443 del 2001, nonché del principio di leale collaborazione. La disposizione citata, infatti, prescriverebbe la integrazione del CIPE da parte dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome interessate in occasione della approvazione del progetto preliminare e definitivo delle opere.

In punto di fatto, nel ricorso si afferma che, fissata per la data del 1° agosto 2003 la riunione del CIPE, solo il giorno precedente sarebbe stata spedita al Presidente della Regione Emilia-Romagna una nota con l’invito a parteciparvi, prevedendosi inoltre la possibilità della partecipazione di un componente della Giunta regionale, in sostituzione del Presidente e su delega apposita da parte di quest’ultimo.

Tale ultima previsione, secondo la Regione – oltre ad essere illegittima in quanto non contemplata dall’art. 1 della legge n. 443 del 2001 ed in esplicito contrasto con l’art. 1, comma 5, del regolamento del CIPE – sarebbe "evidente segno dell’imbarazzo" causato dalla consapevolezza della convocazione tardiva. Comunque, il preavviso dato a meno di ventiquattro ore dalla riunione renderebbe senz’altro illegittima la deliberazione impugnata, adottata nella relativa seduta. Al riguardo, andrebbero considerate, secondo la ricorrente, anche le disposizioni del regolamento del CIPE che prescrivono la convocazione delle riunioni almeno cinque giorni prima, la preparazione delle stesse da parte delle apposite commissioni, nonché la partecipazione a queste ultime del Presidente della Regione interessata o di un suo delegato.

5. – Da ultimo, la Regione lamenta la violazione delle proprie prerogative costituzionali a causa dell’approvazione dell’atto impugnato da parte del CIPE, nonostante la Regione avesse già formalmente manifestato il proprio dissenso in merito, nonché a causa della mancata attivazione delle procedure volte al superamento del dissenso stesso.

La ricorrente, al riguardo, evidenzia come la Giunta regionale, con delibera n. 848 del 14 maggio 2003, avesse manifestato "l’impossibilità per la Regione Emilia-Romagna di esprimere una valutazione positiva ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo n. 190 del 2002", precisando inoltre la propria disponibilità a "considerare ogni proposta tecnica di soluzione adeguata". Nel ricorso si lamenta la mancanza – in seguito a tale presa di posizione da parte della Regione – di una nuova fase interlocutoria formale, o comunque della attivazione della specifica procedura di composizione del dissenso contemplata dall’art. 3 del d.lgs. n. 190 del 2002.

Viceversa, la delibera oggetto del presente giudizio si limiterebbe a dare atto del dissenso regionale (pur fraintendendone il senso, secondo la ricorrente), senza tuttavia trarne le doverose conseguenze, e dunque approvando il progetto il questione. La Regione, infatti, avrebbe affermato "l’inaccettabilità, allo stato attuale, del progetto per una pluralità di ragioni"; in particolare, sarebbero stati svolti rilievi critici in relazione ai profili dei "percorsi previsti", della "stima della domanda potenziale" (ritenuta decisamente sopravvalutata), della "analisi e valutazione economica del progetto", dei "parcheggi di interscambio", nonché in relazione a quello denominato "infrastruttura", lamentandosi la distanza eccessiva tra le fermate. La delibera impugnata, viceversa, secondo la ricorrente si limiterebbe ad affermare che quest’ultima si sarebbe "espressa sfavorevolmente sulla localizzazione della linea 2", nonché che avrebbe "fatto proprie le osservazioni formulate dalla Provincia di Bologna in ordine ad alcuni profili di carattere ambientale".

In base alle argomentazioni esposte, la Regione Emilia-Romagna chiede che venga dichiarato che non spetta allo Stato, e per esso al CIPE, di approvare, in assenza dell’intesa con la Regione stessa sul Programma delle infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare nel territorio della Regione e nonostante l’espresso motivato dissenso di quest’ultima, il progetto preliminare della linea 1 della metropolitana ad automazione integrale di Bologna; conseguentemente, nel ricorso si chiede di annullare la impugnata delibera del CIPE.

6. – Si è costituito, con atto depositato il 7 gennaio 2004, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso della Regione sia considerato inammissibile o, comunque, infondato nel merito.

L’inammissibilità del ricorso discenderebbe dalla sua tardività. Ciò in quanto, "avendo la Regione partecipato alla delibera CIPE attraverso il proprio Assessore", il termine per la proposizione del conflitto decorrerebbe dalla data della delibera e non dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. In secondo luogo, la difesa erariale osserva che, "successivamente alla suddetta delibera è intervenuta la formale intesa tra lo Stato e la Regione ricorrente, sottoscritta il 19 dicembre 2003, determinandosi perciò la sostanziale acquiescenza al provvedimento CIPE impugnato".

Nel merito, l’Avvocatura dello Stato sostiene che la deliberazione del CIPE possa essere legittimamente adottata anche in mancanza dell’intesa, "ancorché la sua definitiva efficacia sia subordinata al riconoscimento, da parte della Regione, del preminente interesse statale dell’opera". Ciò, in applicazione del principio di sussidiarietà.

La doglianza regionale concernente il "ridotto preavviso" della riunione del CIPE, inoltre, non assumerebbe "particolare rilevanza": ciò in quanto, comunque, la Regione avrebbe avuto la possibilità di partecipare, "come in effetti si è verificato".

Quanto al mancato consenso della Regione, la difesa erariale ritiene puntualmente rispettato il disposto della legge n. 443 del 2001 e del d.lgs. n. 190 del 2002: ciò in quanto il CIPE avrebbe "stralciato dal progetto tutte le parti dell’opera sulle quali era stato manifestato dalla Regione un dissenso riguardo alla localizzazione". Gli "ulteriori motivi di dissenso", invece, sarebbero stati "superati" dalla proposta avanzata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sulla quale "non è stato formalmente rilevato un dissenso regionale".

7. – In data 9 aprile 2004 la Regione Emilia-Romagna ha depositato una istanza di sospensione cautelare dell’atto impugnato, a causa del progredire delle attività ministeriali di attuazione della deliberazione impugnata, malgrado alcune proposte della Regione di riaprire la procedura concertativa.

In data 27 maggio il Presidente del Consiglio ha depositato una memoria con la quale, ribadita l’inammissibilità del ricorso, afferma l’infondatezza della istanza cautelare presentata dalla Regione Emilia Romagna.

Con ordinanza n. 195 del 2004 – pronunciata all’esito della camera di consiglio del 9 giugno 2004, nella quale sono stati sentiti i difensori delle parti – respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso, questa Corte ha rigettato l’istanza di sospensione della deliberazione impugnata, proposta dalla Regione Emilia-Romagna, per l’"assenza del periculum in mora", a causa della inidoneità dell’atto impugnato a produrre effetti pregiudizievoli irreversibili, anche "alla luce della già avvenuta fissazione della trattazione del merito del ricorso".

8. – La Regione Emilia Romagna, in prossimità dell’udienza pubblica, ha depositato una memoria insistendo per l’accoglimento del ricorso.

In particolare, la ricorrente ribadisce di aver manifestato, in numerose occasioni, il proprio dissenso in relazione al progetto dell’opera in questione. Ciò, nella prospettazione della Regione, avrebbe dovuto necessariamente condurre ad attivare le formali procedure concertative previste dalla legge per il superamento del dissenso.

Sempre ad avviso della ricorrente, anche a volersi attenere al verbale della riunione CIPE (la cui completezza peraltro è espressamente contestata dalla ricorrente) – l’asserito silenzio dell’assessore regionale nel corso della predetta riunione non sarebbe stato affatto sufficiente a legittimare gli organi statali a ritenere superato un motivato dissenso espresso dalla Giunta tramite formale delibera; infatti, l’intesa richiesta per l’opera in questione, da raggiungere in base al principio di lealtà, non potrebbe che consistere in una "positiva manifestazione di volontà dell’organo regionale" legittimato, non potendo l’intesa della Regione "formarsi … all’insaputa di essa, in contrasto con le sue palesi determinazioni ed al di fuori di procedure legittime ed ispirate al principio di leale collaborazione".

Considerato in diritto

1. – La Regione Emilia-Romagna ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri in relazione alla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica – CIPE del 1° agosto 2003, n.67 (Primo programma delle opere strategiche – Legge n. 443/2001 – Metro leggero automatico di Bologna), per violazione degli artt. 117, 118 e 136 della Costituzione; dell’art. 1, comma 2, lettera c), della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive); dell'art. 3, comma 6, lettera b), del d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190 (Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale), nonché del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Di conseguenza ne ha richiesto l’annullamento.

2. – In via preliminare, quanto alle eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dall’Avvocatura dello Stato, questa Corte – con l’ordinanza n. 195 del 2004, che ha rigettato l’istanza della Regione ricorrente di sospensione della deliberazione impugnata – si è già pronunziata nel senso della infondatezza. Non occorre, quindi, soffermarsi su di esse.

3. – Il ricorso è fondato.

Questa Corte nella sentenza n. 303 del 2003 ha affermato che l’attrazione al livello statale di funzioni amministrative in forza dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione di cui all’art. 118, primo comma, Cost., nelle materie di competenza concorrente, comporta anche che tali funzioni possano essere organizzate e regolate solo dalla legge statale. La medesima decisione ha affermato anche che "i principi di sussidiarietà e di adeguatezza", in forza dei quali si verifica la ascesa della funzione normativa sulla base del meccanismo appena richiamato, "convivono con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità, e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata".

Pertanto, "per giudicare se una legge statale che occupi questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca invece applicazione dei principi di sussidiarietà ed adeguatezza, diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un’intesa fra lo Stato e le Regioni interessate, alla quale sia subordinata l’operatività della disciplina".

In applicazione di questo principio, questa Corte, nella medesima sentenza, ha anche chiarito che non può essere riconosciuta "efficacia vincolante a quel programma su cui le Regioni interessate non abbiano raggiunto un’intesa per la parte che le riguarda, come nel caso della deliberazione CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121".

Inoltre, sempre nella sentenza n. 303 del 2003, nel giudicare sulla legittimità costituzionale dell’art. 3 del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed in particolare della disposizione di cui al quinto comma, relativa alla procedura di approvazione da parte del CIPE del progetto preliminare dell’infrastruttura, la Corte ha condiviso la scelta legislativa di coinvolgere pienamente la Regione interessata tramite la partecipazione alla riunione del CIPE ed il necessario "consenso, ai fini dell’intesa sulla localizzazione, dei Presidenti delle Regioni e Province autonome interessate". Così pure, ha ritenuto idonea ad assicurare alle Regioni una adeguata possibilità di rappresentare la propria posizione, nel rispetto del principio di leale collaborazione, la previsione, di cui al comma 6 dell’art. 3, delle due diverse procedure conseguenti al possibile dissenso regionale, rispettivamente ove l’infrastruttura abbia carattere interregionale o internazionale, ovvero risulti di concorrente interesse regionale.

In quest’ultimo caso il maggior interesse della Regione nella realizzazione dell’opera è tutelato al punto che ad essa è consentito di paralizzare l’approvazione del progetto o la localizzazione dell’opera (art. 3, comma 6, lettera b, del d.lgs. n. 190 del 2002).

4. – Rispetto a questi due livelli di necessario consenso della Regione, nella vicenda concernente la approvazione del progetto della metropolitana di Bologna, il primo appare conseguito e reso manifesto attraverso alcuni atti regionali ed in particolare tramite l’atto bilaterale costituito dalla "Intesa generale quadro con la Regione Emilia Romagna", adottata il 19 dicembre 2003 (peraltro in data successiva alla deliberazione oggetto del presente giudizio) e sottoscritta dal Presidente del Consiglio dei ministri, dai Ministri rispettivamente delle infrastrutture e dei trasporti, dell’ambiente e della tutela del territorio, per gli affari regionali, nonché dal Presidente della Regione Emilia-Romagna. La metropolitana di Bologna è infatti esplicitamente contemplata tra le opere che il Ministero e la Regione individuano consensualmente come di "preminente interesse strategico", la cui realizzazione dovrà seguire le procedure disciplinate dal d.lgs. n. 190 del 2002.

Invece, la deliberazione del CIPE del 1° agosto 2003, che approva "ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 del decreto legislativo n. 190 del 2002 […] con le prescrizioni proposte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il progetto preliminare della linea 1 della metropolitana ad automazione integrale di Bologna", è stata adottata senza che si sia manifestato il necessario consenso della Regione interessata: la Giunta regionale con l’apposita delibera n. 848/2003 del 14 maggio 2003 aveva espressamente manifestato l’impossibilità "di esprimere una valutazione positiva, ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo n. 190 del 2002, in merito al "Progetto preliminare di metropolitana leggera automatica di Bologna" comprendente la linea 1 e la linea 2 nonché le infrastrutture connesse …", nelle stesse premesse della deliberazione impugnata (pur ritenute reticenti dalla ricorrente) si dà atto dell’esistenza di un dissenso della Regione, che peraltro si supera opponendo semplicemente l’affermazione che il Ministero per le infrastrutture "ritiene di non condividere le osservazioni stesse". D’altra parte, nel precedente sintetico verbale della seduta del CIPE del 1° agosto 2003 (la cui completezza viene contestata dalla ricorrente, con particolare riferimento alla mancata attestazione del fatto che l’Assessore regionale intervenuto avrebbe ribadito la opposizione formulata dalla Giunta regionale con la deliberazione del 14 maggio 2003) si dà solo fuggevolmente atto di un dissenso della Regione, senza peraltro alcuna considerazione della necessità legislativa di conseguire il consenso regionale "ai fini della intesa sulla localizzazione".

Né può essere condivisa la opinione espressa dall’Avvocatura dello Stato che il CIPE avrebbe "stralciato dal progetto tutte le parti dell’opera sulle quali era stato manifestato dalla Regione un dissenso riguardo alla localizzazione", dal momento che lo stralcio ha riguardato una sola delle due linee originariamente progettate, mentre i rilievi regionali riguardavano, tra l’altro, la localizzazione di entrambe. Del resto, ove lo stralcio avesse consentito ex se di superare tutte le ragioni di dissenso della Regione, non sarebbero stati necessari i successivi tentativi ministeriali di riaprire sedi di confronto tecnico con la Regione o la stessa previsione nella "Intesa generale quadro con la Regione Emilia Romagna", adottata il 19 dicembre 2003, di voler operare per "superare le divergenze che si sono verificate per la realizzazione di questa infrastruttura".

In realtà, l’art. 3 del d.lgs. n. 190 del 2002 disciplina analiticamente la procedura di elaborazione ed adozione del progetto preliminare delle infrastrutture strategiche di rilevante interesse nazionale e, in questo ambito, prevede puntualmente il ruolo ed i poteri delle Regioni e delle Province autonome, nonché le eventuali procedure alternative in caso di loro motivato dissenso. La stessa intesa quadro è chiarissima nello stabilire che, in riferimento ad alcune specifiche opere, tra cui la metropolitana di Bologna, "le Parti concordano che, in caso di motivato dissenso sui singoli progetti da parte della Regione, si proceda come previsto all’art. 3, comma 6, lettera b) del d.lgs. n. 190 del 2002, escluso in ogni caso il rinvio alle procedure di cui alla lettera a)".

Il mancato rispetto dell’art. 3 del d.lgs. n. 190 del 2002 costituisce quindi sicura violazione del principio di leale collaborazione, la cui osservanza è tanto più necessaria in un ambito come quello di una procedura che integra l’esercizio in sussidiarietà da parte di organi statali di rilevanti poteri in materie di competenza regionale.

Pertanto, va dichiarato che non spetta allo Stato, e per esso al Comitato interministeriale per la programmazione economica, approvare il progetto in assenza del consenso, della Regione Emilia-Romagna, ovvero senza il rispetto delle procedure per il superamento del dissenso regionale. Conseguentemente, occorre annullare la deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica – CIPE del 1° agosto 2003 (Primo programma delle opere strategiche – Legge n. 443/2001 – Metro leggero automatico di Bologna).

Rimane assorbito ogni altro profilo di censura.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta allo Stato, e per esso al Comitato interministeriale per la programmazione economica – CIPE, approvare il progetto preliminare della linea 1 della metropolitana ad automazione integrale di Bologna in assenza del consenso, ai fini dell’intesa sulla localizzazione, della Regione Emilia-Romagna, ovvero senza il rispetto delle procedure per il superamento del dissenso regionale previste dall’art. 3, comma 6, lettera b), del d.lgs. n. 190 del 2002, e conseguentemente annulla la deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica – CIPE del 1° agosto 2003, n. 67 (Primo programma delle opere strategiche – Legge n. 443/2001 – Metro leggero automatico di Bologna).

     Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2004.

Valerio ONIDA, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2004.