Ordinanza n. 192 del 2004

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ORDINANZA N. 192

 

ANNO 2004

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai Signori:

 

-         Valerio                                      ONIDA                                  Presidente

 

-         Carlo                                         MEZZANOTTE                    Giudice

 

-         Fernanda                                  CONTRI                                     "

 

-         Guido                                       NEPPI MODONA                     "

 

-         Piero Alberto                            CAPOTOSTI                              "

 

-         Annibale                                   MARINI                                     "

 

-         Franco                                      BILE                                           "

 

-         Giovanni Maria             FLICK                                                    "

 

-         Francesco                                 AMIRANTE                               "

 

-         Ugo                                          DE SIERVO                               "

 

-         Romano                                    VACCARELLA                        "

 

-         Paolo                                        MADDALENA                          "

 

-         Alfio                                         FINOCCHIARO                        "

 

-         Alfonso                                    QUARANTA                             "

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2935 e 2941 del codice civile promosso con ordinanza del 9 dicembre 2002 dal Tribunale di Termini Imerese nel procedimento civile tra Rabbeni Antonino Ignazio ed altra contro Puglisi Salvatore ed altri, iscritta al n. 153 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2003.

 

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 28 aprile 2004 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

 

Ritenuto che il Tribunale di Termini Imerese, in composizione monocratica, nel decidere sulla domanda proposta, con atto di citazione del 16 marzo 1999, da Antonino Ignazio Rabbeni e Antonietta La Bianca nei confronti del notaio Salvatore Puglisi e di Biagio Cuccia, per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni subiti, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2935 e 2941 del codice civile, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

 

che a fondamento della pretesa gli attori hanno dedotto di avere acquistato dal Cuccia, con atto pubblico del 30 maggio 1988, rogato dal notaio Puglisi, un appartamento; di avere appreso solo l’11 luglio 1996 che l’appartamento era gravato da altra ipoteca iscritta a favore del Banco di Sicilia il 9 gennaio 1988 per lire 110 milioni a seguito di sovvenzione ipotecaria concessa dal Banco di Sicilia a Biagio Cuccia e Sebastiana Brucato con atto notarile dello stesso dr. Puglisi del 31 dicembre 1987; di aver saputo dell’ipoteca in seguito alle procedure per la rivendita dell’appartamento stesso, rivendita che non si era conclusa proprio a seguito della scoperta della nuova iscrizione ipotecaria;

 

che gli attori hanno evidenziato la responsabilità contrattuale del notaio Puglisi – per non aver accertato, nonostante il mandato ricevuto, che gli immobili oggetto della compravendita non fossero gravati di altri pesi oltre a quello espressamente dichiarato e regolato nel contratto – e del venditore Biagio Cuccia, per avere egli taciuto il vincolo ipotecario iscritto il 9 gennaio 1988 e quindi per essersi reso inadempiente all’obbligo di vendere i beni liberi da ipoteche o trascrizioni pregiudizievoli;

 

che il notaio Puglisi, nel costituirsi chiedeva la declaratoria di cessazione della materia del contendere (in quanto il Banco di Sicilia aveva consentito a restringere l’ipoteca su altri beni del Cuccia, così liberando gli immobili di proprietà degli attori) e comunque la declaratoria di prescrizione dell’azione di risarcimento;

 

che il Tribunale ha dichiarato che non poteva essere dichiarata la cessazione della materia del contendere perché la successiva cancellazione dell’ipoteca iscritta il 9 gennaio 1988 non aveva comportato il venir meno ex tunc dei danni nel frattempo prodotti e quindi la pretesa risarcitoria degli attori trovava piena attualità e concretezza; ma ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione dell’azione di risarcimento, poiché l’azione per responsabilità contrattuale si prescrive in dieci anni;

 

che secondo l’art. 2935 del cod. civ. il termine per la prescrizione inizia a decorrere “dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”, restando viceversa irrilevante l’impossibilità di mero fatto di esercitare il diritto stesso, quand’anche essa dipenda dall’incolpevole ignoranza del titolare del diritto medesimo circa la sua esistenza, come nel caso sottoposto all’attenzione del giudice a quo;

 

che questa interpretazione, non altrimenti superabile, non evidenziandosi dati testuali o sistematici sui quali fondare un avviso contrario potrebbe non essere conforme alla Costituzione laddove esclude la rilevanza dell’ignoranza incolpevole dell’esistenza del diritto da parte del suo titolare quale causa impeditiva del decorso della prescrizione;

 

che, inoltre, l’interpretazione in parola sembrerebbe non conforme all’art. 24 della Costituzione (in quanto non si comprende come possano agire in giudizio coloro che ignorano di essere titolari di un diritto nonostante il diritto esista e possa essere giuridicamente fatto valere e l’art. 2935 del cod .civ. si tradurrebbe così sostanzialmente in una norma sanzionatoria per il titolare del diritto per la sua inerzia solo oggettivamente considerata, senza alcun riguardo per la sua connotazione soggettiva) ed all’art. 3 della Costituzione, in quanto, sempre tenendo presente l’ignoranza incolpevole del titolare del diritto, non appare giustificata la disparità di trattamento, sotto il profilo del decorso del termine di prescrizione, rispetto ai “titolari” coscienti del diritto, per i quali il diritto stesso è venuto ad esistenza nel mondo giuridico attraverso fatti palesi e percepibili;

 

che due situazioni completamente diverse – la piena consapevolezza dei propri diritti, da un lato, l’incolpevole ignoranza degli stessi, dall’altro – sarebbero soggette ad identica disciplina;

 

che alternativamente, ma analogamente, la stessa questione si pone in relazione all’art. 2941 del cod. civ., laddove non comprende fra le cause di sospensione della prescrizione l’ignoranza incolpevole del titolare del diritto, salvo il limitatissimo caso dell’avere il debitore occultato l’esistenza del diritto (art. 2941, n. 8, del cod. civ.);

 

che tale norma, come tutti gli altri casi di sospensione del termine, è di natura eccezionale in quanto derogatoria rispetto al principio generale della prescrizione dei diritti in ragione del trascorrere del tempo, e quindi non è suscettibile di applicazione analogica al caso dell’ignoranza incolpevole del titolare del diritto;

 

che la duplice questione di costituzionalità è rilevante ai fini del giudizio a quo in quanto l’eccezione di prescrizione è stata validamente presentata nella comparsa di risposta e richiamata in sede di precisazione delle conclusioni;

 

che tale eccezione non necessita di formule sacramentali, ed è pertanto sufficiente, per ritenerla ritualmente proposta, che risulti la chiara volontà della parte di avvalersene, volontà che può anche essere espressa in modo sintetico, e che in questo senso è la giurisprudenza della Corte di cassazione;

 

che a fronte di tale eccezione di prescrizione, il giudice rimettente dovrebbe fare applicazione dell’art. 2935 del cod. civ., dal momento che il termine di prescrizione decennale decorre dalla data di stipulazione dell’atto pubblico (30 maggio 1988), e non risultano atti interruttivi della prescrizione sino all’atto di citazione notificato al notaio Puglisi il 20 marzo 1999;

 

che la mancata conoscenza del diritto non dipese d’altra parte dal fatto doloso del notaio (art. 2941 n. 8, del cod. civ.) ma solo da un suo comportamento colposo, senza che rilevi la circostanza che un vero e proprio dolo appaia configurabile a carico dell’altro convenuto, il venditore del bene, e perciò presumibilmente consapevole dell’ipoteca iscritta l’8 gennaio 1988, discendendo la sua responsabilità dal contratto di vendita, mentre quella del notaio dal contratto di opera professionale, con la conseguenza che entrambi sono, come afferma anche la Corte di cassazione, solidalmente tenuti al risarcimento del danno, senza che la responsabilità del notaio sia sussidiaria rispetto a quella della parte contrattuale;

 

che, in virtù di quanto esposto, dovrebbe accogliersi l’eccezione del convenuto notaio Pugliesi e rigettarsi la domanda proposta nei suoi riguardi;

 

che, viceversa, ove fosse riconosciuta l’illegittimità costituzionale dell’art. 2935 del cod. civ. per come costantemente interpretato dalla Corte di cassazione, oppure dell’art. 2941 del cod. civ., il termine di prescrizione decorrerebbe dal luglio 1996 (o resterebbe sospeso, con effetti identici, fino a quella data), da quando cioè gli attori ebbero conoscenza del fatto generatore del loro diritto, non potendo, infatti ravvisarsi una negligenza degli attori in ordine all’accertamento dell’esistenza dell’ipoteca iscritta il 9 gennaio 1988, per il loro ragionevole affidamento nell’adempimento da parte del notaio dei propri doveri professionali;

 

che tale affidamento è meritevole di particolare tutela per essere l’obbligato un esercente la professione notarile, quindi un soggetto in cui i consociati ripongono specifica ed indiscussa stima e fiducia, alla luce della sua competenza giuridica, della sua qualifica di pubblico ufficiale e della massima efficacia formale, sostanziale e probatoria degli atti da lui compiuti, con la conseguenza che sarebbe inoltre paradossale e contraddittorio pretendere che i contraenti, in questo caso gli attori, verifichino attraverso le visure catastali ed ipotecarie se il notaio abbia adempiuto il proprio incarico, ossia svolgano, alla fin fine, proprio l’attività demandata al notaio;

 

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità o comunque di infondatezza della questione, per non essere pertinente il richiamo al parametro dell’art. 24 della Costituzione, in quanto le norme censurate riguardano la disciplina sostanziale dei diritti e non la tutela processuale dei medesimi e perché, con riferimento all’art, 3 della Costituzione, non viene argomentata un’ipotetica disparità di trattamento fra chi versi in una situazione di impossibilità di fatto e chi invece si trovi nell’impossibilità giuridica di far valere il proprio diritto, ponendosi invece a raffronto due situazioni di fatto – rispettivamente di consapevolezza e di ignoranza del proprio diritto da parte del creditore – entrambe irrilevanti ai fini della disciplina recata dalla norma censurata;

 

che, per quanto riguarda l’art. 2941, n. 8, del cod. civ., il comportamento del debitore che occulta dolosamente il debito non può costituire un valido tertium comparationis che faccia apparire illegittima l’asserita “omissione” nell’ambito della stessa ipotesi, circa il rilievo dell’incolpevole ignoranza del diritto da parte del creditore, in quanto tutte le circostanze previste dall’art. 2941 del cod. civ. prendono in considerazione casi di sospensione in ragione di determinate relazioni intercorrenti tra le parti del rapporto, e non con riguardo esclusivo alle condizioni soggettive del titolare del diritto;

 

che attiene pertanto alle scelte discrezionali del legislatore, non irragionevoli in relazione alle esigenze della certezza dei diritti e della stabilità delle situazioni giuridiche, la non attribuzione di rilievo allo stato soggettivo di incolpevole ignoranza del creditore;

 

che, secondo la difesa erariale, l’ordinanza del giudice a quo si caratterizza anche per contraddizioni motivazionali in ordine al comportamento effettivamente ascrivibile al notaio nonché all’individuazione del momento di decorrenza della prescrizione.

 

Considerato che il Tribunale di Termini Imerese ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2935 del cod. civ. laddove non prevede l’ignoranza incolpevole dell’esistenza del diritto da parte del titolare quale fatto impeditivo del decorso della prescrizione, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, in quanto non appare giustificata la disparità di trattamento, sotto il profilo del decorso del termine di prescrizione, tra i soggetti inconsapevoli, senza colpa, di essere titolari del diritto rispetto ai titolari coscienti del diritto, e per violazione dell’art. 24 della Costituzione, in quanto coloro che ignorano di essere titolari di un diritto nonostante il diritto esista e possa essere giuridicamente fatto valere non possono di fatto agire in giudizio; nonché, alternativamente, ma analogamente, dell’art. 2941 del cod. civ., in riferimento agli stessi parametri costituzionali, laddove non comprende quale causa di sospensione della prescrizione l’ignoranza incolpevole del titolare del diritto, salvo il limitatissimo caso dell’avere il debitore dolosamente nascosto l’esistenza del diritto;

 

che, pertanto, poiché il giudice a quo, onde porre rimedio alla denunciata violazione dei parametri costituzionali – anche a voler prescindere dal fatto che difetta ogni motivazione in ordine all’assenza di dolo del notaio, ai sensi dell’art. 2941 n. 8 del cod. civ.– non ha concentrato il quesito sull’una o sull’altra delle questioni alternativamente proposte, le questioni stesse risultano prospettate in modo ancipite e devono essere quindi dichiarate manifestamente inammissibili (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 128 del 2003; n. 366 e n. 297 del 2002; n. 227 e n. 327 del 2001).

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2935 e 2941 del codice civile, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Termini Imerese con l’ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 21 giugno 2004.

 

Valerio ONIDA, Presidente

 

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2004.