SENTENZA N. 98
ANNO 2004
Commento alla decisione di
Paolo Di Marzio
(per gentile concessione della Rivista telematica Judicium, Il processo civile in Italia e in Europa)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Paolo MADDALENA
- Alfonso QUARANTA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza del 1° aprile 2003 dalla Corte di cassazione nel procedimento civile vertente tra Simone Giampaolo e la Prefettura di Firenze, iscritta al n. 497 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 2004 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto in fattoLa Corte di cassazione, con ordinanza del 18 dicembre 2002, depositata il 1° aprile 2003, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui non consente l’utilizzo del servizio postale per la proposizione del ricorso in opposizione contro l’ordinanza-ingiunzione.
Premette il giudice a quo che la sentenza – avverso la quale è stato proposto ricorso per cassazione – con la quale il Giudice di pace di Firenze ha dichiarato l’inammissibilità di un’opposizione ad un’ordinanza-ingiunzione proposta a mezzo del servizio postale è coerente con il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui il ricorso in opposizione contro le ordinanze-ingiunzione che irrogano sanzioni amministrative non può essere inoltrato al giudice competente con plico postale, ma deve essere depositato presso la cancelleria, con consegna a mani del cancelliere. E ciò in quanto il deposito di atti può essere effettuato a mezzo del servizio postale solo quando vi sia una norma che espressamente preveda tale modalità di presentazione.
Ritiene, peraltro, il medesimo giudice che la mancanza, nella specie, di una disposizione che consenta all’ingiunto di provvedere al deposito del ricorso mediante invio per posta, in plico raccomandato, si ponga in contrasto con i principi sanciti negli artt. 3 e 24 della Costituzione, sulla scorta delle medesime considerazioni in virtù delle quali la Corte costituzionale, nella sentenza n. 520 del 2002, è pervenuta alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 22, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), in tema di deposito del ricorso alle commissioni tributarie.
Al riguardo il rimettente sottolinea che il modello procedimentale adottato dal legislatore in tema di opposizione all’ordinanza-ingiunzione è estremamente semplificato e che, in particolare, l’attività successiva al deposito del ricorso, indirizzata alla instaurazione del contraddittorio, è interamente devoluta alla cancelleria, che provvede a notificare alle parti il ricorso con il decreto di fissazione dell’udienza. Rispetto ad una struttura processuale così agile, la previsione della consegna brevi manu quale unica modalità di presentazione del ricorso stesso rappresenterebbe «un formalismo non solo inutile ed anacronistico, ma anche estremamente gravoso per l’opponente».
Si tratterebbe, in definitiva, di un modello procedimentale molto più simile a quello previsto per il ricorso per cassazione (nel quale è consentito il deposito del ricorso a mezzo del servizio postale) che a quello proprio del processo del lavoro (nel quale tale possibilità non è data), cosicché la diversità di disciplina rispetto al primo, in parte qua, risulterebbe, anche sotto tale aspetto, priva di ragionevolezza, tanto più che – per la natura stessa delle materie oggetto del procedimento in questione – l’ufficio competente a decidere sull’opposizione è spesso situato in un luogo diverso, e talvolta assai distante, da quello di residenza del ricorrente.
Considerato in diritto