Sentenza n. 222 del 2003

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SENTENZA N.222

ANNO 2003

Commento alla decisione di

 

Filippo Benelli

 

L’Ambiente tra “smaterializzazione” della materia e sussidiarietà legislativa

per gentile concessione del Forum di Quaderni costituzionali

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

- Riccardo

CHIEPPA

Presidente

- Gustavo

ZAGREBELSKY

Giudice

- Valerio

ONIDA

"

- Carlo

MEZZANOTTE

"

- Fernanda

CONTRI      

"

- Guido

NEPPI MODONA

"

- Piero Alberto

CAPOTOSTI

"

- Annibale

MARINI

"

- Franco

BILE

"

- Giovanni Maria

FLICK

"

- Francesco

AMIRANTE

"

- Ugo

DE SIERVO

"

- Romano

VACCARELLA

"

- Paolo

MADDALENA

"

- Alfio

FINOCCHIARO

"

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 12 (Norme sulla detenzione e sul commercio di animali esotici), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 30 settembre 2002, depositato in Cancelleria l’8 ottobre successivo ed iscritto al n. 67 del registro ricorsi 2002.

Visto l’atto di costituzione della Regione Marche;

udito nell’udienza pubblica del 6 maggio 2003 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick;

uditi l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche.

Ritenuto in fatto

 

 1. — Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale in via principale della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 12 (Norme sulla detenzione e sul commercio di animali esotici), assumendo la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere q) e s), della Costituzione, nonché — per la parte in cui la legge impugnata può ricondursi alla competenza concorrente della Regione in materia di tutela della salute — dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione (parametro evocato solo implicitamente), in riferimento ai principi fondamentali posti dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).

La legge regionale impugnata detta norme sulla detenzione e sul commercio di animali esotici, prevedendo, in particolare: la formazione, da parte della Giunta regionale, sulla base delle indicazioni fornite da una Commissione tecnico-scientifica, di un elenco — aggiornato annualmente e pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione — che individua le specie o, se necessario, i generi e le famiglie di animali esotici da assoggettare alla disciplina stabilita dalla legge medesima; l’obbligo dei possessori di animali esotici di comunicare al sindaco la detenzione, morte o alienazione degli esemplari, nonché le eventuali nascite; l’assoggettamento del commercio di detti animali ad autorizzazione, rilasciata dal comune in cui l’attività è svolta; l’obbligo, per chi esercita il commercio, di osservare determinate norme di carattere igienico-sanitario e di sicurezza degli animali e delle persone; l’attribuzione di compiti di vigilanza al dipartimento di prevenzione dell’Azienda USL e, per quanto di competenza, al Corpo forestale dello Stato.

            Ad avviso del ricorrente, la materia regolata dalla legge impugnata formerebbe oggetto della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, nonché dei regolamenti (CE) n. 338/97 del 9 dicembre 1996 e n. 1808/2001 del 30 agosto 2001, relativi alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio; essa troverebbe, altresì, la sua disciplina nazionale nella legge 19 dicembre 1975, n. 874, di ratifica della Convenzione di Washington, e nella legge 7 febbraio 1992, n. 150, di attuazione della stessa Convenzione, la quale ultima, in particolare, attribuisce al Ministero dell’ambiente ed al Corpo forestale dello Stato determinate competenze in ordine alle attività di controllo delle specie animali.

            Su tale premessa, il ricorrente assume che la legge censurata sarebbe nel suo complesso illegittima, in quanto esorbitante dai limiti della competenza legislativa della Regione. La disciplina del commercio e della detenzione di fauna alloctona o esotica rientrerebbe, infatti, sia nell’ambito della materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, oggetto di competenza statale esclusiva ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.; sia nel campo della profilassi internazionale, che la lettera q) dello stesso art. 117 parimenti riserva alla competenza legislativa statale.

            La legge impugnata, inoltre, nella parte in cui può essere considerata espressione della competenza regionale in materia di tutela della salute e della sicurezza sanitaria, conterrebbe disposizioni non rispettose dei principi fondamentali «comunque risultanti dalla legislazione statale già in vigore», che vincolano la potestà legislativa concorrente della regione. La materia inerente alla Convenzione di Washington ed ai regolamenti comunitari, in tema di protezione della fauna attraverso il controllo del commercio, verrebbe infatti riservata dal d.lgs. n. 112 del 1998 alla competenza statale, «ulteriormente affermata» dall’art. IX della stessa Convenzione e dall’art. 13 del regolamento (CE) 338/97, che individuano come autorità amministrativa di gestione il Ministero dell’ambiente, il quale, con proprio decreto 8 gennaio 2002, ha istituito il previsto registro degli esemplari di flora e fauna.

            Sottolineando come la normativa statale di settore costituisca strumento unitario per l’adempimento di obblighi internazionali e comunitari, il ricorrente assume, conclusivamente, che le previsioni della legge regionale impugnata si risolverebbero in un «aggravamento burocratico», ponendo i presupposti per una conflittualità nella regolamentazione delle medesime fattispecie concrete ed impedendo la tempestiva verifica delle devianze; ovvero determinerebbero una violazione sostanziale dei predetti obblighi internazionali e comunitari, per mancata integrazione con il quadro unitario di riferimento.

            2. — Nel giudizio si è costituita la Regione Marche, chiedendo che la Corte dichiari il ricorso infondato.

            Quanto all’asserita violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., la resistente osserva come questa Corte abbia escluso, con la sentenza n. 407 del 2002, che possa identificarsi una materia in senso tecnico, qualificabile come tutela dell’ambiente, intesa quale sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze. Di conseguenza, nessuna censura potrebbe essere prospettata sotto tale profilo nei confronti della legge impugnata, la quale interverrebbe nella materia in questione sulla base della competenza regionale in tema di commercio, caccia, pesca e agricoltura, e quindi «con quel titolo di legittimazione “trasversale” che deriva dalla qualificazione dell’ambiente come valore».

            Riguardo, poi, alla dedotta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera q), Cost., la legge regionale non inciderebbe affatto sulla materia della profilassi internazionale, restando ad essa estranea la disciplina delle importazioni e delle esportazioni, e comunque delle relazioni commerciali tra Stati, che continuerebbero ad essere regolate, sotto l’aspetto considerato, dalle leggi statali n. 874 del 1975 e n. 150 del 1992.

            Quanto, infine, alla presunta violazione dei principi fondamentali in materia di tutela della salute e della sicurezza sanitaria posti dal d.lgs. n. 112 del 1998, la resistente rileva come, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, i «principi fondamentali», limitativi della competenza regionale concorrente, debbano riguardare «il modo di esercizio della potestà legislativa regionale e non comportare l’inclusione o l’esclusione di singoli settori dalla materia o dall’ambito di essa». Non potrebbe, pertanto, essere elevata a «principio fondamentale», come preteso dalla difesa erariale, una norma — quale quella che riserva allo Stato la materia inerente alla Convenzione di Washington ed ai regolamenti comunitari in tema di protezione della fauna attraverso il controllo del commercio — che, lungi dall’avere una «precisa dimensione prescrittiva», si limita ad effettuare un «ritaglio di competenze».

            3. — Nell’imminenza dell’udienza ha depositato memoria la sola Regione Marche, insistendo nella richiesta di rigetto del ricorso.

            Per quanto attiene alla prima censura, la resistente — dopo aver ribadito come, alla luce della già richiamata sentenza n. 407 del 2002 di questa Corte, l’ambiente configuri «una sorta di materia “trasversale”, in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale» — assume che la legge impugnata regolerebbe la materia con esclusivo riferimento all’ambito della competenza regionale, circoscritta dai compiti di rilievo nazionale, di competenza statale: intento, questo, chiaramente testimoniato dai rinvii e dalle “clausole di salvezza” della normativa statale rinvenibili negli artt. 2, 6, 7, 8, comma 3, 9 e 13.

            La necessaria concorrenza delle due competenze, statale e regionale, nella disciplina relativa agli animali esotici, sarebbe d’altra parte confermata dalla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, a fronte dell’incidenza di tale disciplina su materie «ontologicamente» di competenza regionale in base al nuovo testo dell’art. 117 Cost., quali il commercio estero (che il terzo comma del citato articolo include fra le materie di legislazione concorrente), l’agricoltura, la caccia e la pesca (che, ai sensi del quarto comma, rientrano fra le materie di competenza residuale ed esclusiva delle Regioni).

            La resistente sottolinea, ancora, come la legge impugnata sostituisca, abrogandola, una precedente legge della Regione Marche sul medesimo oggetto (la legge 10 ottobre 1994, n. 40): legge mai contestata dallo Stato — al pari di quelle, di analogo contenuto, adottate da altre Regioni — ancorché essa dettasse un disciplina più restrittiva di quella attualmente censurata, richiedendo, per la detenzione degli animali esotici, un’autorizzazione preventiva, oggi surrogata da una semplice comunicazione.

            Ribadita, quanto alla seconda censura, la totale estraneità della legge impugnata alla materia delle dogane e della profilassi internazionale, la resistente osserva, infine, con riferimento alla terza censura, come l’art. 69 del d.lgs. n. 112 del 1998 — evocato dal ricorrente quale norma interposta — non annoveri la disciplina della detenzione di animali esotici tra i compiti di rilievo nazionale per la tutela dell’ambiente; mentre, relativamente alla riserva allo Stato, risultante dalla lettera b) del citato art. 69, dell’indicazione delle specie della fauna e della flora terrestre minacciate di estinzione, dovrebbe considerarsi ormai «pacifica» — alla luce dell’art. 117, quinto comma, lettera b), Cost. e della giurisprudenza di questa Corte — la competenza delle regioni ad attuare, nell’ambito locale, sia la normativa comunitaria che le convenzioni internazionali.

Considerato in diritto

 

            1. — Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale in via principale — in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere q) ed s), e terzo comma, della Costituzione, nonché ai principi fondamentali ricavabili dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 — della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 12, recante «Norme sulla detenzione e sul commercio di animali esotici».

            La legge impugnata — dopo aver demandato alla Giunta regionale di predisporre, sulla base delle indicazioni di un’apposita Commissione tecnico-scientifica (regolata dall’art. 2), l’elenco delle specie, ovvero dei generi e delle famiglie di animali da assoggettare alla disciplina della legge stessa (art. 1) — prevede, in particolare, l’obbligo dei detentori di dare comunicazione al sindaco della detenzione, morte e alienazione degli esemplari, nonché delle eventuali nascite (art. 3); l’assoggettamento del commercio di animali esotici ad autorizzazione, rilasciata dal comune in cui l’attività è svolta (art. 4); l’obbligo dell’esercente il commercio di osservare una serie di prescrizioni, con finalità igienico-sanitarie e di sicurezza degli animali e delle persone (art. 5, 6 e 7); lo svolgimento di compiti di vigilanza da parte dell’Azienda USL, nonché, «per quanto di competenza», da parte del Corpo forestale dello Stato (art. 8).

            Il ricorrente muove dalla premessa che la materia disciplinata dalla legge regionale impugnata formi oggetto della Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973 (c.d. CITES, dalle iniziali della denominazione in inglese) — Convenzione ratificata con legge 19 dicembre 1975, n. 874 ed attuata con successiva legge 7 febbraio 1992, n. 150 — nonché dei regolamenti (CE) n. 338/97 e n. 1808/2001, concernenti la protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio.

            In tale prospettiva, la legge regionale censurata risulterebbe illegittima nel suo complesso, in quanto inciderebbe su materie di competenza legislativa statale esclusiva, quali quelle della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) e della profilassi internazionale (art. 117, secondo comma, lettera q, Cost.).

            Inoltre, per la parte in cui potrebbe essere ricondotta alla competenza regionale concorrente in materia di tutela della salute e della sicurezza sanitaria, la legge stessa conterrebbe disposizioni non rispettose dei principi fondamentali risultanti dalla legislazione statale, posto che la materia inerente alla Convenzione di Washington ed ai regolamenti comunitari in tema di protezione della fauna attraverso il controllo del commercio verrebbe riservata dal d.lgs. n. 112 del 1998 alla competenza statale, «ulteriormente affermata» dall’art. IX della predetta Convenzione e dall’art. 13 del regolamento (CE) 338/97.

            La normativa statale di settore, d’altra parte, in quanto «strumento unitario» per l’adempimento di obblighi internazionali e comunitari, non potrebbe essere «vulnerata» dalla normativa regionale, la quale o si risolverebbe in un «aggravamento burocratico», creando le premesse per una regolamentazione conflittuale della medesima fattispecie; o, peggio, porrebbe i presupposti per una violazione sostanziale degli anzidetti obblighi.

            2. — Le prime due censure — inerenti all’asserita invasione, da parte della Regione, di aree che apparterrebbero alla legislazione statale esclusiva ai sensi delle lettere s) e q) dell’art. 117, secondo comma, Cost. — non sono fondate.

            Al riguardo, giova rilevare in limine — con riferimento alla premessa fondante tali censure — come la legge regionale impugnata presenti, in realtà, un campo di applicazione ed una finalità concettualmente ben distinti da quelli della Convenzione di Washington e dei regolamenti comunitari n. 338/97 e n. 1808/2001, in materia di protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio.

            L’obiettivo fondamentale della CITES e dei regolamenti comunitari è, infatti, quello di salvaguardare determinate specie animali e vegetali minacciate di estinzione, analiticamente elencate in «appendici» della Convenzione e in «allegati» del regolamento n. 338/97, vietando o limitando drasticamente il commercio degli esemplari, nonché delle loro parti o prodotti, così da eliminare il motivo principale della cattura o dell’abbattimento, rappresentato dallo scopo di lucro.

            Per contro, la legge regionale censurata — la quale si occupa, peraltro, esclusivamente della fauna e non anche della flora — reca una definizione generale del concetto di «animali esotici», valevole ai fini della sua applicazione, che prescinde del tutto da riferimenti al pericolo di estinzione, per connettersi invece, in via esclusiva, al carattere «non autoctono» della specie. In base all’art. 1, comma 2, della legge, infatti, per animali esotici debbono intendersi «le specie di mammiferi, uccelli, pesci, rettili, anfibi ed invertebrati non autoctoni nel territorio nazionale o che non hanno colonizzato il territorio medesimo in seguito a fenomeni di espansione naturale».

            La differenza ora evidenziata è sintomatica della diversa finalità della normativa regionale: la circostanza, infatti, che la definizione degli «animali esotici» sia collegata non alla minaccia di estinzione — nella quale precipuamente si radica la prospettiva di tutela dell’ambiente, sotto l’aspetto della garanzia della sopravvivenza delle specie faunistiche — quanto piuttosto al carattere «non autoctono» della singola specie, lascia intendere come la legge regionale persegua, almeno in via primaria, obiettivi di tutela igienico-sanitaria e di sicurezza veterinaria, in rapporto a possibili pericoli di diffusione di malattie e di aggressione alle persone. Tale conclusione è d’altra parte confermata da una serie di puntuali indici normativi: e così, la Commissione tecnico-scientifica con funzioni consultive, di cui all’art. 2 della legge regionale, è istituita presso «la struttura regionale competente in materia di sanità veterinaria»; la domanda di autorizzazione al commercio di animali esotici deve essere inoltrata al comune «tramite il servizio veterinario del dipartimento di prevenzione dell’Azienda USL» (art. 4, comma 2); gli accertamenti prodromici al rilascio dell’autorizzazione e la vigilanza generale sulle specie di animali esotici — affidati (in via, rispettivamente, esclusiva e prioritaria) allo stesso dipartimento di prevenzione dell’Azienda USL — risultano finalizzati in modo preminente (anche se non esclusivo, venendo in rilievo altresì il «benessere degli animali») ad assicurare il rispetto di esigenze di carattere «igienico-sanitario» e di salvaguardia dell’incolumità delle persone (artt. 5, comma 1, e 8, comma 2).

            Si deve inoltre osservare — avuto riguardo all’area di concreta sovrapposizione della sfera applicativa dei due corpi normativi — come la legge regionale impugnata non deroghi comunque, in alcun modo, alla disciplina comunitaria e statale in materia di protezione della fauna attraverso il controllo del commercio, ma ne presupponga, al contrario, la piena operatività. Si tratta, in altre parole, di una disciplina aggiuntiva, e non già, per alcuna parte, sostitutiva o modificativa.

            Tale ulteriore conclusione appare irrefutabile alla luce — oltre che di un complesso di specifiche disposizioni della legge regionale che evocano, direttamente o indirettamente, l’anzidetta disciplina comunitaria e statale (cfr. art. 2, comma 3, lettera b; art. 3, comma 2, ultima parte; art. 4, comma 4, ultima parte; l’art. 9, comma 1) — anche della disposizione generale di cui all’art. 13, comma 6, della legge stessa, in forza della quale «resta fermo quanto stabilito dalla normativa comunitaria e statale vigente in materia».

            3. — Scendendo quindi, sulla scorta di tali rilievi preliminari, all’esame delle singole censure, deve osservarsi, quanto alla prima, come questa Corte — a conferma di una giurisprudenza formatasi anteriormente alla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione — abbia negato che, anche alla luce del nuovo testo dell’art. 117 Cost., possa identificarsi la tutela dell’ambiente come una «materia» in senso tecnico, di competenza statale tale da escludere ogni intervento regionale, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze. L’ambiente si presenta, in altre parole, come un valore «trasversale», spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale, senza che ne resti esclusa la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (cfr. sentenze n. 407 e 536 del 2002).

            In tale ottica — anche a riconoscere che la legge regionale impugnata interferisca comunque nella materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema — deve escludersi che tale interferenza implichi un vulnus del parametro costituzionale evocato, trovando il suo titolo di legittimazione nelle competenze regionali in materia igienico-sanitaria e di sicurezza veterinaria (riconducibili al paradigma della tutela della salute, ex art. 117, terzo comma, Cost.): e ciò tanto più ove si consideri che si tratta di intervento che non attenua, ma semmai rafforza — stante il rimarcato carattere aggiuntivo, e non sostitutivo, delle prescrizioni della legge regionale — le cautele predisposte dalla normativa statale, così da non poterne pregiudicare in alcun modo gli obiettivi.

            4. — Quanto, poi, alla seconda censura, appare pienamente condivisibile l’assunto della difesa regionale, per cui le tematiche della «profilassi internazionale» restano completamente estranee alla legge impugnata.

            Essa, infatti, non solo non si occupa in alcun modo dei profili inerenti all’importazione od esportazione degli animali, regolando esclusivamente aspetti legati alla presenza di questi ultimi all’interno del territorio regionale; ma presuppone anzi — come attesta, in particolare, la disposizione di cui all’art. 3, comma 2, ultima parte, in forza della quale la comunicazione della detenzione dei singoli esemplari deve essere corredata dalla documentazione atta «a dimostrarne la legittima provenienza, rilasciata ai sensi della normativa comunitaria e statale vigente» — che gli animali abbiano fatto ingresso «legittimo» nel territorio nazionale, in rapporto alla disciplina restrittiva dettata dalla normativa richiamata.

            5. — Per contro, è inammissibile la terza censura, relativa all’asserita violazione dei principi fondamentali posti dalla legislazione statale in materia di tutela della salute e della sicurezza sanitaria: principi che il ricorrente identifica segnatamente nella riserva allo Stato, «ai sensi» del d.lgs. n. 112 del 1998, della materia inerente alla Convenzione di Washington ed ai regolamenti comunitari in materia di protezione della fauna attraverso il controllo del commercio.

            A prescindere, invero, dalla genericità del riferimento al d.lgs. n. 112 del 1998, non accompagnato dall’indicazione delle singole disposizioni che porrebbero il principio in assunto violato; ed a prescindere, altresì, dalla impossibilità, eccepita dalla Regione resistente, di qualificare come «principi fondamentali» quelli racchiusi in norme statali che — prive di contenuto prescrittivo, atto ad orientare il modo di esercizio della potestà legislativa regionale — si limitino a sancire l’inclusione o l’esclusione di determinati settori nell’ambito di una materia di competenza regionale concorrente; è assorbente il rilievo che il ricorrente — nel limitare la censura alla parte della legge impugnata che «costituisce espressione della competenza regionale in materia di tutela della salute e della sicurezza sanitaria», e, all’interno di questa, alle «disposizioni che non risultano rispettose» del «principio fondamentale» dianzi indicato — non ha specificato quali siano, in concreto, le disposizioni in rapporto alle quali sarebbe riscontrabile il supposto vulnus. Circostanza, questa, che rende inammissibile la doglianza, per l’impossibilità di identificarne l’esatto oggetto.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 12 (Norme sulla detenzione e sul commercio di animali esotici), sollevata, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere q) ed s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;

            2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 12 (Norme sulla detenzione e sul commercio di animali esotici), sollevata con il medesimo ricorso in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione ed ai principi fondamentali posti dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).

            Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2003.