ORDINANZA N. 94
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 16 della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), promosso con ordinanza emessa il 12 gennaio 2000 dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna sul ricorso proposto da Sergio Rinaldi contro il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica e altri, iscritta al n. 716 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visti gli atti di costituzione di Anna Bergamaschi e altri nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 15 gennaio 2002 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;
uditi l’avvocato Renato Recca per Anna Bergamaschi e altri e l’avvocato dello Stato Alessandro De Stefano per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che con ordinanza del 12 gennaio 2000 il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 16 della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione;
che, secondo quanto risulta dall’esposizione dell’ordinanza di rimessione, nel giudizio principale il ricorrente, dipendente universitario con la qualifica (dal 1966) di tecnico laureato, ha impugnato un provvedimento dell’amministrazione universitaria con il quale veniva rigettata una sua istanza rivolta a ottenere il riconoscimento – con relativa annotazione sullo stato di servizio – della equiparazione allo status di ricercatore confermato di pari anzianità; detta impugnativa - precisa il TAR - si basa sull’assunto del ricorrente secondo cui la legge n. 341 del 1990, determinando una piena equiparazione delle mansioni affidate ai tecnici laureati in possesso dei requisiti di cui all’art. 50 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonchè sperimentazione organizzativa e didattica), a quelle dei ricercatori, avrebbe ridefinito lo status giuridico della categoria dei tecnici laureati, con relativo allineamento retributivo, e si traduce pertanto, in via principale, nella richiesta di annullamento del provvedimento dell’amministrazione universitaria per violazione di legge (n. 341 del 1990) e, in subordine, nell’eccezione di incostituzionalità della citata legge n. 341 del 1990, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, giacchè all’anzidetta assimilazione delle funzioni, da essa disposta, non corrisponde l’equiparazione del trattamento giuridico ed economico delle due categorie;
che il TAR per l’Emilia-Romagna, con una ordinanza dell’11 febbraio 1997 (r.o. 687/1997), nel negare di poter accogliere, alla stregua della normativa vigente, il ricorso nel merito, aveva sollevato, in relazione agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 16 della legge n. 341 del 1990, sulla base del triplice argomento - che lo stesso TAR richiama in sintesi nell’ordinanza ora in esame – secondo cui (a) non essendo individuabili, alla stregua della disciplina contenuta nella legge n. 341 del 1990, compiti dei ricercatori che siano tali da delineare una sostanziale distinzione rispetto alla categoria dei tecnici laureati (in possesso del requisito del triennio di attività scientifica e didattica entro la data del 1° agosto 1980, a norma dell’art. 50 del d.P.R. n. 382 del 1980), non sarebbe di conseguenza possibile giustificare, secondo il canone della ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), nè la persistente differenziazione tra la categoria dei ricercatori e quella dei tecnici laureati, quanto al rispettivo status giuridico ed economico, nè, viceversa, la assimilazione piena tra i tecnici laureati in possesso dei requisiti di cui all'art. 50 del d.P.R. n. 382 del 1980, e i tecnici laureati sprovvisti dei medesimi requisiti; (b) la suddetta mancata equiparazione si porrebbe altresì in contrasto con il principio della retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato (art. 36 della Costituzione); (c) l’impossibilità per i tecnici laureati di conseguire il medesimo trattamento economico e giuridico dei ricercatori, unitamente alla gratuità degli incarichi, avrebbe potuto indurre gli interessati a non prestare il loro – necessario - consenso, determinando la pratica inoperatività della normativa e frustrando l’efficienza dell’organizzazione universitaria, in contrasto con il principio di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 della Costituzione);
che, investita della anzidetta questione, la Corte costituzionale aveva disposto (ordinanza n. 28 del 1999) la restituzione degli atti al TAR rimettente, per la valutazione della persistente rilevanza della questione alla luce dello ius superveniens, costituito dalla legge 14 gennaio 1999, n. 4 (Disposizioni riguardanti il settore universitario e della ricerca scientifica, nonchè il servizio di mensa nelle scuole);
che il TAR per l’Emilia-Romagna afferma che la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità già precedentemente sollevata "permangono inalterate", sempre in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, anche in presenza dell’accennato nuovo intervento legislativo, poichè la legge n. 4 del 1999 – osserva il rimettente – si limita (art. 1, comma 10) a prevedere l’inquadramento per concorso, nel ruolo dei ricercatori, dei tecnici laureati, "facendo salve" le disposizioni di cui all’art. 16 della legge n. 341 del 1990 per i tecnici laureati che abbiano maturato il più volte ricordato requisito del triennio di attività scientifica e didattica, a norma dell’art. 50 del d.P.R. n. 382 del 1980, anche se in epoca successiva alla data del 1° agosto 1980, in tal modo confermandosi la diversità di status giuridico ed economico tra le due categorie, superabile solo con apposito concorso riservato, e confermandosi altresì la possibilità di affidare, con il consenso degli interessati, compiti didattici ai tecnici laureati in possesso del citato requisito, salva l’estensione – che non rileva ai fini della questione - di questa possibilità anche a coloro che abbiano maturato il triennio successivamente al termine originariamente previsto;
che nel giudizio costituzionale così nuovamente promosso é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, che, con una memoria depositata, ha concluso per l’infondatezza della questione;
che si sono costituiti in giudizio, con atti di identico contenuto, Andrea Baruffaldi, Fulvia Basaglia, Anna Bergamaschi, Annarosa Bernicchia, Michele Carotenuto, Sergio Varotto, Gian Carlo Caulini, Fabrizio Venturi, Gabriele Proietti, Giorgio Bastianoni e Roberto Coli, tutti tecnici laureati dipendenti presso diverse università e tutti in possesso del requisito dello svolgimento triennale di attività scientifica e didattica a norma dell’art. 50 del d.P.R. n. 382 del 1980, intervenuti ad adiuvandum nel giudizio pendente dinanzi al TAR per l’Emilia-Romagna rimettente;
che nelle memorie di costituzione in giudizio la difesa delle parti private ha insistito per l’accoglimento della questione sollevata, rilevando che: (a) il combinato disposto degli artt. 12 e 16 della legge n. 341 del 1990 avrebbe determinato una "sostanziale equiparazione" tra la figura dei ricercatori universitari e quella dei tecnici laureati (in possesso del più volte ricordato requisito del triennio), in ragione dell’attribuzione agli uni come agli altri dei medesimi compiti, tra cui in particolare gli affidamenti e le supplenze di corsi di insegnamento; (b) non sarebbero perciò individuabili mansioni dei ricercatori che possano giustificare una differenziazione rispetto ai tecnici laureati; (c) a tale equivalenza di compiti non corrisponde però nè lo stesso status nè lo stesso trattamento economico, e ciò costituirebbe violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione, anche sotto il profilo dell’immotivato livellamento verso il basso dei tecnici laureati in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge, retribuiti allo stesso modo di coloro che ne sono privi; (d) il mancato riconoscimento del trattamento dei ricercatori comporterebbe infine la violazione dell’art. 97 della Costituzione, in quanto la legge n. 341, oltre a sanare situazioni di fatto consolidatesi nel tempo nell’ambito universitario, ha contestualmente delineato misure organizzative in vista del migliore funzionamento dell’attività didattica, in particolare richiedendo il consenso dei tecnici laureati interessati per l’affidamento di corsi o di moduli di insegnamento, consenso che é prevedibile venga negato una volta che all’aggravio di compiti e di responsabilità non segua una corrispondente retribuzione, determinandosi in conclusione lo sviamento rispetto all’obiettivo legislativo.
Considerato, preliminarmente, che il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, richiamando le argomentazioni della precedente ordinanza di rimessione, ha effettuato, a seguito della restituzione degli atti disposta da questa Corte con l’ordinanza n. 28 del 1999, la richiesta valutazione sulla persistente rilevanza della questione, motivando plausibilmente sul punto, e che pertanto la questione nuovamente sollevata in continuità con la precedente ordinanza può avere ingresso;
che il TAR rimettente dubita, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 12 e 16 della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), che stabiliscono (a) il primo, i compiti dei ricercatori - "a integrazione di quanto previsto dagli articoli 30, 31 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382" -, nel senso che essi "adempiono ai compiti didattici in tutti i corsi di studio previsti dalla [stessa] legge" n. 341 (comma 1), guidano il processo di formazione dello studente secondo il sistema di tutorato (comma 2), ricevono in affidamento e in supplenza, con il loro consenso, corsi o moduli di insegnamento ulteriori rispetto a quelli attribuiti ai professori ovvero insegnamenti sdoppiati (commi 3, 6 e 7), possono partecipare alle commissioni di esame e possono essere relatori di tesi di laurea (comma 4), e (b) il secondo, che, nella legge n. 341 del 1990, "nelle dizioni "ricercatori" o "ricercatori confermati" si intendono comprese anche quelle [···] di "tecnici laureati in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, alla data di entrata in vigore del predetto decreto"";
che, così disponendo, le suddette norme avrebbero sostanzialmente equiparato le mansioni affidate alle due categorie, ma senza che a detta equiparazione di compiti il legislatore abbia fatto corrispondere la piena assimilazione del rispettivo status giuridico ed economico;
che di tale omissione legislativa il rimettente si duole, in riferimento ai principi di uguaglianza e ragionevolezza e di adeguatezza della retribuzione – per la disparità di trattamento economico e giuridico tra le due categorie in discorso e, all’inverso, per la ingiustificata parità tra i tecnici laureati che hanno i requisiti previsti dalla legge n. 341 del 1990 e quelli che non li hanno – e altresì in riferimento al principio di buon andamento dell’amministrazione - poichè la gratuità degli incarichi affidati ai tecnici laureati, subordinati al loro consenso, può vanificare l’intento della legge, sottraendo forze alla didattica universitaria -;
che la questione costituzionale si fonda sulla premessa secondo la quale non sarebbero individuabili, "alla luce degli artt. 12, 15 e 16 della legge n. 341 del 1990", mansioni dei ricercatori che differiscano da quelle dei tecnici laureati (in possesso dei requisiti di cui all’art. 50 del d.P.R. n 382 del 1980);
che da tale presunta identità di funzioni e compiti assegnati alle due categorie viene fatta discendere la necessità, alla stregua dei parametri costituzionali richiamati, della piena equiparazione sotto il profilo dello status giuridico e del trattamento economico;
che l’anzidetta impostazione é contraddetta dal quadro normativo complessivo concernente le due categorie, dei tecnici laureati e dei ricercatori, che il rimettente pone a raffronto;
che, in particolare, la categoria dei tecnici laureati, istituita in origine quale ruolo della ex carriera direttiva per sopperire alle esigenze funzionali delle Università, in particolare in vista della assegnazione agli istituti dotati di attrezzature scientifico-didattiche di particolare complessità, e assoggettata, quanto alla disciplina di status (accesso, progressione in carriera, trattamento giuridico), alle generali disposizioni concernenti gli impiegati civili dello Stato (artt. 1, 2 e 5 della legge 3 novembre 1961, n. 1255), é stata specificamente disciplinata dall’art. 35 del d.P.R. n. 382 del 1980, che ne ha stabilito l’assegnazione ai "laboratori dotati di attrezzature scientifiche di particolare complessità", con compiti di collaborazione con i docenti per il funzionamento del laboratorio e di direzione dell’attività del personale tecnico assegnato a quest’ultimo e con la connessa responsabilità delle attrezzature scientifiche e didattiche, é stata poi inserita – a seguito degli inquadramenti di cui al d.P.C.m. 24 settembre 1981 (Declaratoria delle qualifiche funzionali e dei profili professionali del personale non docente delle Università), adottato in applicazione della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato) - nella VIII qualifica dell’area funzionale tecnico-scientifica, che non comprende alcuna funzione didattica o di ricerca (assumendo i tecnici laureati la denominazione di "funzionari tecnici"), e infine é confluita nell’area tecnico-scientifica secondo il sistema di classificazione stabilito dall’accordo 9 agosto 2000, recante il contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al quadriennio normativo 1998-2001 e al biennio economico 1998-1999 del personale del comparto "Università", restando assoggettata, quanto agli aspetti di status, alla disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche (ad esempio, quanto all’orario di lavoro: art. 25 del sopra citato accordo);
che la categoria dei ricercatori, invece, istituita con ruolo accomunato, nella unitarietà della funzione della "docenza universitaria" (sentenza n. 990 del 1988), a quello dei professori universitari (art. 1 del d.P.R. n. 382 del 1980), e composta da personale reclutato attraverso procedure concorsuali specificamente rivolte a verificare l’attitudine alla ricerca (art. 54 del d.P.R. n. 382 del 1980 e poi, in connessione con il trasferimento all’autonomia universitaria della relativa competenza, artt. 1 e 2 della legge 3 luglio 1998, n. 210), é assegnataria in via principale di compiti di ricerca scientifica universitaria e solo in via integrativa di compiti didattici, consistenti essenzialmente in esercitazioni, nella collaborazione con gli studenti nelle ricerche per le tesi di laurea e nella partecipazione alla sperimentazione di nuove modalità didattiche [artt. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, e 32 del d.P.R. n. 382 del 1980; norma quest’ultima significativamente esclusa dall’abrogazione, nella nuova disciplina in materia di cui alla citata legge n. 210 del 1998 (art. 6)], e conseguentemente é destinataria di un trattamento giuridico coerente con la funzione primaria di ricerca, quanto a modalità di conformazione del rapporto (ad esempio, per la retribuzione: art. 2 del decreto-legge 2 marzo 1987, n. 57, convertito con modificazioni dalla legge 22 aprile 1987, n. 158; per la possibilità di optare tra il regime di tempo pieno e il tempo definito: art. 1 del citato decreto-legge n. 57 del 1987);
che nel quadro così delineato - che il TAR rimettente non prende in considerazione nel suo complesso - ai denunciati artt. 12 e 16 della legge n. 341 del 1990 non può in alcun modo riconoscersi il carattere di disposizioni che esauriscono, identificandola, la disciplina delle funzioni e dei compiti propri dei ricercatori e di quelli degli ex-tecnici laureati (funzionari tecnici, classificati da ultimo nelle categorie "D" o "EP" di cui al contratto collettivo di settore), giacchè, diversamente da quanto prospetta il giudice a quo, alla parziale coincidenza di compiti per quanto riguarda l’attività didattica, alla quale esclusivamente le norme impugnate fanno riferimento, si contrappone l’originaria e persistente differenziazione per quanto riguarda i compiti primariamente assegnati alle due categorie in esame, cioé la ricerca, propria ed esclusiva dei ricercatori, e la direzione e gestione di laboratori, propria ed esclusiva dei tecnici laureati;
che, una volta riconosciuto alle norme impugnate – come del resto testualmente esse si autoqualificano: v. il comma 1 dell’art. 12, che affida ulteriori compiti didattici ai ricercatori "a integrazione di quanto previsto" dagli artt. 30, 31 e 32 del d.P.R. n. 382 del 1980; e v. il comma 1 dell’art. 16, che include bensì i tecnici laureati nella definizione di ricercatori, ma "nella" (cioé: ai soli effetti della) stessa legge n. 341 - carattere integrativo di altre disposizioni che definiscono le due figure professionali, viene meno la premessa della sostanziale sovrapposizione tra i compiti dell’una e dell’altra categoria, da cui muove il rimettente nel sollevare la questione di costituzionalità in esame;
che, sotto questo profilo, la disciplina denunciata é riconducibile alle diverse disposizioni - di cui la legislazione in materia universitaria offre abbondanti esempi, anche recenti, proprio in relazione alle figure in discorso: legge n. 4 del 1999 citata, nonchè art. 8 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, e, specificamente per i tecnici laureati dell’area medica, art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; art. 73 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29; art. 1, comma 6, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 - di volta in volta dettate in vista di esigenze contingenti o per sanare situazioni di fatto determinate da necessità operative del settore o ancora finalizzate a riordinare e sistemare un preesistente multiforme quadro di figure, precarie e non precarie, consolidando posizioni ed effetti prodottisi nel tempo (sentenze n. 412 del 1992, n. 367 del 1992, n. 359 del 1992, n. 31 del 1992, n. 549 del 1990); una disciplina che spetta alla responsabilità del legislatore adottare, nell’ambito della sua discrezionalità e nel limite della ragionevolezza, ma che sul piano costituzionale é inidonea, appunto per questa sua caratterizzazione di normazione particolare, alla estensione e generalizzazione in ambiti diversi e ulteriori rispetto a quelli cui essa ha riguardo (tra molte, ordinanza n. 398 del 2001; sentenza n. 14 del 1999);
che tanto é sufficiente per escludere che, alla stregua dei principi di uguaglianza e ragionevolezza e, in connessione con questi, alla stregua del principio di adeguatezza e proporzione della retribuzione, la parziale assimilazione di specifici compiti didattici disposta dalle norme impugnate debba necessariamente comportare la piena e indifferenziata equiparazione di status e di trattamento economico delle figure professionali dei ricercatori e dei tecnici laureati, figure che presentavano e mantengono essenziali differenziazioni, nel complesso della disciplina legislativa che riguarda ciascuna di esse;
che, ancora in relazione all’invocato art. 36 della Costituzione, all’accoglimento della prospettazione del TAR ostano altresì (a) in generale, la considerazione che il rapporto di proporzionalità, secondo il parametro costituzionale, deve essere effettuato con riguardo alla complessiva configurazione normativa dell’attività lavorativa, configurazione che, come detto sopra, non coincide nel caso dei tecnici laureati e dei ricercatori, e (b) in particolare, la considerazione che la garanzia apprestata dall’art. 36 della Costituzione non esclude di per sè la legittimità della previsione di prestazioni volontariamente rese senza corrispondente attribuzione di un compenso (sentenza n. 22 del 1996);
che, infine, il profilo della violazione dell’art. 97 della Costituzione, per l’asserita possibile vanificazione degli obiettivi legislativi di efficienza organizzativa, derivante dalla mancata corresponsione di un corrispettivo rapportato alle incombenze affidate e dunque dalla – possibile – mancata prestazione del necessario consenso da parte degli interessati, é anch’esso privo di fondamento, poichè é sufficiente osservare che il principio di buon andamento dell’amministrazione non può essere richiamato per conseguire automaticamente miglioramenti economici e retributivi di categoria (sentenze n. 273 del 1997, n. 15 del 1995, n. 146 del 1994);
che la questione sollevata deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata, sotto ogni profilo dedotto.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 16 della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2002.