ORDINANZA N.286
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3, 4, 8, 11, 36 e 45 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonchè riordino della disciplina dei tributi locali),nonchè dello stesso decreto legislativo nella sua interezza, e successive modifiche, promossi con ordinanze emesse il 14 settembre 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Modena, il 24 luglio 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza, il 23 novembre 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Imperia, il 18 ottobre 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza, il 2 ottobre 2000 dalla Commissione tributaria regionale di Milano ed il 12 febbraio 2001 dalla Commissione tributaria provinciale di Arezzo, rispettivamente iscritte ai numeri 827 e 855 del registro ordinanze 2000 e ai numeri 44, 148, 152 e 241 del registro ordinanze 2001, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, numeri 3, 5, 10, e 14 dell’anno 2001.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 luglio 2001 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 14 settembre 2000, la Commissione tributaria provinciale di Modena ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 8 e 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonchè riordino della disciplina dei tributi locali), nella parte in cui non consentono di dedurre dalla base imponibile le spese sostenute per i dipendenti e per i collaboratori e quelle per interessi passivi, non discriminano i lavoratori autonomi dagli imprenditori e viceversa discriminano i lavoratori autonomi dai lavoratori dipendenti, discriminano i lavoratori autonomi di cui al primo comma dell’art. 49 del testo unico delle imposte sui redditi dagli altri lavoratori autonomi di cui alle altre ipotesi dello stesso art. 49 citato e non consentono di dedurre l’IRAP ai fini delle imposte sui redditi;
che, con ordinanze emesse il 24 luglio 2000 ed il 18 ottobre 2000, la Commissione tributaria provinciale di Piacenza ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 53 e 76 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 36 e 45 del decreto legislativo n. 446 del 1997, nonchè del medesimo decreto legislativo nel suo complesso;
che il rimettente, in aggiunta ai profili già evocati dalla Commissione tributaria provinciale di Modena, assume che l’art. 36 del decreto legislativo sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. in quanto porrebbe a carico di una sola categoria di contribuenti l’onere della contribuzione al Servizio sanitario nazionale, stante la soppressione dei previgenti contributi;
che l’art. 45 del medesimo decreto legislativo violerebbe il principio di riserva di legge in materia tributaria, di cui all’art. 23 della Costituzione, facendo in concreto dipendere l’entità dell’acconto IRAP da disposizioni amministrative;
che il decreto legislativo nel suo complesso violerebbe infine l’art. 76 della Costituzione, in quanto sarebbe stato disatteso il criterio direttivo rappresentato dalla riduzione del prelievo tributario complessivo gravante sul lavoro autonomo;
che, con ordinanza emessa il 23 novembre 2000, la Commissione tributaria provinciale di Imperia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 35, 53 e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’intero decreto n. 446 del 1997, nella parte in cui non consente di dedurre dalla base imponibile le spese sostenute per i dipendenti e per i collaboratori e quelle per interessi passivi, non discrimina i lavoratori autonomi dagli imprenditori e viceversa discrimina i lavoratori autonomi dai lavoratori dipendenti, discrimina i lavoratori autonomi di cui al primo comma dell’art. 49 TUIR dagli altri lavoratori autonomi di cui alle altre ipotesi dello stesso art. 49 citato; non consente di dedurre l’IRAP ai fini delle imposte sui redditi;
che, con ordinanza emessa il 2 ottobre 2000, la Commissione tributaria regionale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 35, 53, 76 e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo n. 446 del 1997 sulla base di argomenti non dissimili da quelli addotti dagli altri rimettenti;
che, con ordinanza emessa il 12 febbraio 2001, la Commissione tributaria provinciale di Arezzo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale "della legge istitutiva dell’IRAP", in quanto lesiva del principio di eguaglianza ed in contrasto con il criterio direttivo rappresentato dalla riduzione del carico fiscale gravante sul lavoro autonomo;
che in tutti i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo nel senso dell’inammissibilità o infondatezza delle questioni, con espresso richiamo alle difese svolte in riferimento ad analoghe questioni già sollevate da altri giudici.
Considerato che tutti i giudizi hanno ad oggetto, sotto profili e con riferimento a parametri in buona parte coincidenti, questioni di legittimità costituzionale di singole norme del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonchè riordino della disciplina dei tributi locali), ovvero dell’intero testo normativo, e vanno pertanto riuniti, stante l’evidente connessione, per essere congiuntamente decisi;
che va preliminarmente dichiarata, in conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte, la manifesta inammissibilità delle questioni sollevate, con riferimento all’intero decreto legislativo n. 446 del 1997, dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza, con entrambe le ordinanze, dalla Commissione tributaria provinciale di Imperia, dalla Commissione tributaria regionale di Milano e dalla Commissione tributaria provinciale di Arezzo, e ciò in quanto il rimettente – salvo il caso in cui argomenti che il vulnus derivi da un intero corpo normativo – é tenuto ad individuare, a pena appunto di inammissibilità, la norma o la parte di essa la cui presenza nell’ordinamento determinerebbe la lamentata lesione della Costituzione (sentenza n. 156 del 2001, ordinanze n. 208 del 2000 e n. 185 del 1996);
che va altresì dichiarata la manifesta inammissibilità della questione, sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Modena e dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza, con entrambe le ordinanze, riguardante l’art. 1 del decreto legislativo, nella parte in cui prevede l’indeducibilità dell’IRAP dalla base imponibile delle imposte sui redditi, trattandosi di questione attinente al regime giuridico ed alla fase applicativa delle imposte sui redditi e perciò irrilevante nei giudizi a quibus, aventi ad oggetto controversie in tema di rimborso dell’acconto IRAP (sentenza n. 156 del 2001);
che del pari manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, é la questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 del decreto legislativo, sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza, con entrambe le ordinanze, in riferimento all’art. 23 della Costituzione, atteso che l’eventuale caducazione della norma denunciata comporterebbe il venir meno della possibilità di riduzione dell’acconto ma non certo la restituzione dell’acconto già versato, costituente l’oggetto dei giudizi a quibus;
che le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 8, 11 e 36 del decreto legislativo n. 446 del 1997, sollevate, con riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalle Commissioni tributarie provinciali di Modena e Piacenza, sono in tutto identiche a quelle già dichiarate non fondate da questa Corte con la citata sentenza n. 156 del 2001;
che in tale sentenza si osserva che le norme denunciate, nell’individuare, non irragionevolmente, quale indice di capacità contributiva il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate, non si pongono in contrasto con l’art. 53 della Costituzione, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte "secondo la quale rientra nella discrezionalità del legislatore, con il solo limite della non arbitrarietà, la determinazione dei singoli fatti espressivi della capacità contributiva che, quale idoneità del soggetto all’obbligazione di imposta, può essere desunta da qualsiasi indice che sia rivelatore di ricchezza e non solamente dal reddito individuale (sentenze n. 111 del 1997, n. 21 del 1996, n. 143 del 1995, n. 159 del 1985)";
che é altresì "pienamente conforme ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva" l’assoggettamento all’imposta in esame del valore aggiunto prodotto da ogni tipo di attività autonomamente organizzata, sia essa di carattere imprenditoriale o professionale, "identica essendo, in entrambi i casi, l’idoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova ricchezza prodotta";
che nessuna ingiustificata disparità di trattamento può d’altro canto ravvisarsi nella inclusione tra i soggetti passivi dell’imposta dei lavoratori autonomi, in quanto esercenti attività autonomamente organizzate, e non anche dei lavoratori dipendenti, "la cui attività é per definizione priva del connotato rappresentato dall’autonoma organizzazione";
che l’assoggettamento all’IRAP dei soli soggetti che svolgono un’attività di lavoro autonomo per professione abituale, ancorchè non esclusiva, trova poi fondamento in una non irragionevole presunzione circa la mancanza del requisito dell’autonoma organizzazione nelle diverse ipotesi, previste dai commi 2 e 3 dell’art. 49 del testo unico delle imposte sui redditi, di lavoro autonomo occasionale o comunque non abituale;
che la circostanza, infine, che i contributi per il Servizio sanitario nazionale siano stati soppressi a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 446 del 1997 e che il servizio sanitario sia ora finanziato anche dalla nuova imposta non esclude che il prelievo operato dall’IRAP si inquadri nella fiscalità generale e che nessuna identificazione sia perciò richiesta tra i soggetti passivi dell’imposta ed i beneficiari dei servizi pubblici al cui finanziamento il gettito é, in parte, destinato;
che le questioni vanno perciò dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
a) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonchè riordino della disciplina dei tributi locali), sollevate, con le ordinanze in epigrafe, dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza, in riferimento all’art. 76 della Costituzione; dalla Commissione tributaria provinciale di Imperia, in riferimento agli articoli 3, 23, 35, 53 e 76 della Costituzione; dalla Commissione tributaria regionale di Milano, in riferimento agli articoli 3, 35, 53, 76 e 77 della Costituzione; dalla Commissione tributaria provinciale di Arezzo, in riferimento agli articoli 3 e 76 della Costituzione;
b) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sollevate, con le ordinanze in epigrafe, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Modena e dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza;
c) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sollevata, con le ordinanze in epigrafe, in riferimento all’art. 23 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza;
d) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 2, 3, 4, 8 e 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Modena e della questione di legittimità costituzionale degli articoli 2, 3, 4 e 36 del medesimo decreto legislativo sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2001.