ORDINANZA N. 81
ANNO 2001REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) e «di tutte le norme che regolano gli organi di giurisdizione tributaria e, in particolare, degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6» dello stesso decreto legislativo, promosso con ordinanza emessa il 14 giugno 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Verbania sui ricorsi riuniti proposti da Graniti e Marmi di Baveno s.r.l. contro l’Ufficio delle entrate di Verbania, iscritta al n. 586 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 2001 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.
Ritenuto che nel corso di un giudizio per l'annullamento di avvisi di accertamento e di rettifica di dichiarazione di redditi ai fini IRPEG e ILOR per l'anno 1993, la Commissione tributaria provinciale di Verbania, con ordinanza del 14 giugno 2000, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) in riferimento all'art. 111, secondo comma, della Costituzione;
che la disposizione denunciata, là dove attribuisce al Ministro delle finanze il potere di determinare il trattamento economico dei giudici tributari e quello di provvedere al pagamento dei relativi compensi mensili, si porrebbe in contrasto con la disposizione costituzionale evocata, violando sia il principio della terzietà e dell'imparzialità del giudice, sia quello della parità delle parti;
che la descritta situazione, secondo l’ordinanza di rimessione, potrebbe essere causa di astensione e ricusazione ex art. 51, numero 3, cod. proc. civ., disposizione quest'ultima applicabile anche ai giudici tributari in virtù del rinvio contenuto nell'art. 6 del d. lgs. n. 545 del 1992;
che in via subordinata l’ordinanza di rimessione denuncia «tutte le norme che regolano gli organi della giurisdizione tributaria, in particolare, gli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6» del citato decreto legislativo, in riferimento al medesimo parametro costituzionale;
che nel giudizio dinanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità e, comunque, per la manifesta infondatezza della questione.
Considerato che la Commissione rimettente ha sollevato questione di legittimità costituzionale preliminarmente dell’art. 13 del decreto legislativo n. 545 del 1992 in riferimento all'art. 111, secondo comma, della Costituzione, là dove è attribuito al Ministro delle finanze il potere di determinare il trattamento economico dei giudici tributari e quello di provvedere al pagamento dei relativi compensi mensili, in quanto ciò si porrebbe in contrasto sia con il principio della terzietà e dell'imparzialità del giudice, sia con quello della parità delle parti;
che la questione principale è inammissibile, poiché la sua rilevanza è stata affermata in modo apodittico senza alcuna illustrazione degli elementi di fatto oggetto della controversia, onde consentire alla Corte le valutazioni di sua competenza (ex plurimis: ordinanza n. 8 del 2000) e, ancor più, senza alcuna motivazione sulla influenza che la sollecitata decisione di questa Corte avrebbe nel giudizio a quo;
che, infine, anche la questione sollevata in via subordinata dalla Commissione rimettente e riguardante «tutte le norme che regolano gli organi di giurisdizione tributaria e, in particolare, gli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6» del d. lgs. n. 545 del 1992 è inammissibile, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in quanto le disposizioni del testo impugnato hanno oggetti eterogenei carenti di quella reciproca, intima connessione che consente di introdurre validamente un giudizio di legittimità costituzionale (sentenza n. 263 del 1994);
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13 e «di tutte le norme che regolano gli organi di giurisdizione tributaria e, in particolare, degli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6» del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevate, in riferimento all’art. 111 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Verbania con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Fernando SANTOSUOSSO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2001.