SENTENZA N.214
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 03, comma 1, del decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente), convertito dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, e dell’art. 25, comma 1, della legge regionale dell’Emilia Romagna 19 aprile 1995, n. 44 (Riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell’Agenzia regionale per la prevenzione e l’ambiente – ARPA – dell’Emilia Romagna), promosso con ordinanza emessa l’11 febbraio 1997 dal T.A.R. per l’Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, iscritta al n. 461 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visto l’atto di costituzione di Allevato Francesco ed altra, nonchè l’atto di intervento della Regione Emilia Romagna;
udito nell’udienza pubblica del 24 marzo 1998 il Giudice relatore Valerio Onida;
udito l’avvocato Franco G. Scoca per Allevato Francesco ed altra.
Ritenuto in fatto
1.– Il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia–Romagna, sezione di Parma, con ordinanza emessa l'11 febbraio 1997, pervenuta a questa Corte il 17 giugno 1997, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 35 e 97 della Costituzione, dell'art. 03, comma 1, del decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, nonchè dell'art. 25, comma 1, della legge regionale dell'Emilia–Romagna 19 aprile 1995, n. 44 (Riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia regionale per la prevenzione e l'ambiente – ARPA – dell'Emilia–Romagna).
La prima disposizione stabilisce che le Regioni istituiscono le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, "attribuendo ad esse o alle loro articolazioni territoriali le funzioni, il personale, i beni mobili e immobili, le attrezzature e la dotazione finanziaria dei presidî multizonali di prevenzione, nonchè il personale, l'attrezzatura e la dotazione finanziaria dei servizi delle unità sanitarie locali adibiti alle attività di cui all'articolo 01", cioé alle attività tecnico-scientifiche per la protezione dell'ambiente demandate all'Agenzia nazionale e alle agenzie regionali di nuova istituzione. La disposizione impugnata della legge regionale n. 44 del 1995 stabilisce a sua volta che "sono assegnate all'ARPA, fin dalla sua costituzione, le dotazioni organiche in essere alla data del 1° gennaio 1994 dei settori chimici, fisici e biotossicologici dei PMP [presidî multizonali di prevenzione], indicate nell'Allegato 2", nel quale si elencano le dotazioni organiche dei PMP al 1° gennaio 1994, da ripartire tra ARPA e aziende USL.
Il Tribunale remittente premette che i provvedimenti impugnati, di assegnazione e trasferimento del ricorrente dall'Azienda USL presso cui prestava servizio, in qualità di dirigente sanitario di laboratorio di analisi chimico-cliniche e microbiologia, all'Agenzia regionale per la prevenzione e l'ambiente, appaiono conformi all'art. 25 della legge regionale n. 44 del 1995, che prevede l'assegnazione all'ARPA delle intere dotazioni organiche del settore biotossicologico dei soppressi presidî multizonali di prevenzione, senza possibilità di alcuna valutazione in sede amministrativa delle funzioni già svolte dal relativo personale, e senza che si possano trarre indicazioni diverse dall'art. 03 del decreto legge n.496 del 1993 (introdotto dalla legge di conversione n. 61 del 1994), che pure prevede una indiscriminata attribuzione alle agenzie regionali del personale dei PMP. Proprio questa conclusione induce il giudice a quo a sollevare sia, d'ufficio, questione di legittimità costituzionale di detto art. 03 del decreto legge n. 496 del 1993, sia, in accoglimento dell'istanza del ricorrente (ma senza riferimento al parametro dell'art. 117 Cost., invocato invece dal ricorrente), analoga questione relativamente all'art. 25 della legge regionale n. 44 del 1995.
Il remittente ricorda che con la legge 23 dicembre 1978, n. 833, furono attribuite alle USL funzioni in materia di igiene e sanità pubblica nonchè di salvaguardia dell'igiene dell'ambiente e dei luoghi di lavoro, e fu prevista la istituzione dei presidî multizonali di prevenzione; che in relazione a ciò la legislazione dell'Emilia–Romagna aveva previsto una articolazione operativa dei predetti presidî in quattro settori di attività, fra i quali quello biotossicologico svolgeva attività a prevalente carattere igienico-sanitario, e solo marginalmente a carattere ambientale; che l'art. 7 del d. lgs. n. 502 del 1992 ha previsto la istituzione dei dipartimenti di prevenzione delle USL, ai quali attribuisce le funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro, igiene degli alimenti, sanità animale; che, a seguito del referendum svoltosi nel giugno 1993, sono state abrogate le disposizioni che affidavano alle USL i controlli ambientali, dopo di che il legislatore nazionale, con il decreto legge n. 496 del 1993, ha affidato questa materia alla Agenzia nazionale e a quelle regionali per la protezione dell'ambiente, restando ferme le competenze delle USL in materia di igiene e sanità pubblica, igiene degli alimenti, prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro, servizi veterinari.
Secondo il giudice a quo, l'art. 03 del decreto legge n. 496 del 1993 sarebbe incorso in una contraddizione, disponendo l'attribuzione alle agenzie regionali del personale dei presidî multizonali, senza distinguere fra addetti alle attività trasferite e addetti ad attività rimaste di competenza delle USL, e precisamente dei dipartimenti di prevenzione costituiti presso queste ultime. Nella stessa contraddizione sarebbe incorso l'art. 25 della legge regionale n. 44 del 1995, che, nonostante il riparto delle competenze fra Agenzia regionale e dipartimenti di prevenzione, ha disposto l'assegnazione all'ARPA di tutto il personale del settore biotossicologico dei presidî multizonali.
Il remittente denuncia la "mancanza di simmetria tra funzioni e personale oggetto di trasferimento", che non sembrerebbe "rispondere a criteri di logica e razionalità". Infatti si avrebbe una identica disciplina per situazioni di servizio del tutto differenziate quanto a funzioni esercitate e a correlati profili professionali; una parallela mancanza di considerazione della inscindibilità del nesso fra profili professionali e contenuti delle funzioni da attribuire, tenuto conto che la valorizzazione delle professionalità risponde sia ad esigenze di buon andamento degli uffici che ad esigenze di tutela del lavoro; una immotivata sottrazione al Servizio sanitario nazionale di dotazioni di personale adibito a compiti ad esso spettanti, sottrazione non coerente con il principio di buona organizzazione degli uffici. Tali aspetti di illogicità integrerebbero i profili di violazione degli artt. 3, 35 e 97 della Costituzione.
2.– Si sono costituiti, con unico atto, il ricorrente e una associazione intervenuta ad adiuvandum nel giudizio principale, chiedendo l'accoglimento della proposta questione di legittimità costituzionale.
Le parti ricordano che il personale, già appartenente al reparto medico dei laboratori provinciali di igiene e profilassi, poi confluito nei presidî multizonali di prevenzione delle USL, e denominato settore biotossicologico, ha sempre svolto prevalentemente attività igienico-sanitaria e solo marginalmente attività di tipo ambientale; e condividono le censure mosse dal Tribunale remittente, sostenendo che la legge nazionale, se ha inteso trasferire alle agenzie regionali tutto il personale dei soppressi presidî multizonali, incorre in illogicità e introduce una ingiusta disparità di trattamento, poichè il personale, in particolare quello medico con competenze in igiene e sanità pubblica, che non svolgeva in modo prevalente attività di carattere ambientale, avrebbe dovuto rimanere presso i dipartimenti di prevenzione delle USL. A loro volta sarebbero illogiche, contraddittorie, e produrrebbero una disparità di trattamento, le norme della legge regionale che hanno assegnato all'ARPA, fin dalla sua costituzione, le dotazioni organiche e il personale del settore biotossicologico dei presidî multizonali, pur essendo le competenze in materia di igiene e sanità pubblica rimaste in capo ai dipartimenti di prevenzione delle USL.
Le parti richiamano poi la disciplina dettata dalla legge della Regione Toscana 18 aprile 1995, n. 66, che avrebbe fatto ricorso ad una soluzione di compromesso per superare la contraddittorietà della legge statale, in particolare prevedendo l'assegnazione all'agenzia regionale del solo 50 % del personale del settore biotossicologico dei presidî multizonali, il trasferimento di altro personale delle USL solo quando avesse svolto in via esclusiva o prevalente compiti rientranti nelle competenze della nuova agenzia, e, per altro personale, la dipendenza solo funzionale dall'agenzia limitatamente allo svolgimento dei compiti che comportano integrazioni operative con il dipartimento provinciale dell'Agenzia medesima.
3.– Non vi é intervento del Presidente del Consiglio dei ministri. Ha invece spiegato intervento il Presidente della Giunta regionale dell'Emilia–Romagna, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. Nelle deduzioni presentate con separato atto, l'interveniente sostiene anzitutto che il giudice a quo avrebbe erroneamente interpretato l'art. 25, comma 1, della legge regionale n. 44 del 1995 ritenendo che con esso sarebbe stata disposta la indiscriminata assegnazione all'Agenzia di tutto il personale del settore biotossicologico. Ad avviso del Presidente della Regione, mentre l'art. 13 della legge regionale prevede in via generale l'assegnazione e il successivo trasferimento all'ARPA del personale dei presidî multizonali di prevenzione adibito alle attività e ai compiti assegnati all'ARPA stessa, dunque ripartendo il personale in relazione alle esigenze organizzative, così come viste dal legislatore regionale, l'art. 25 disporrebbe solo in via transitoria l'assegnazione all'ARPA di una parte delle dotazioni organiche dei presidî multizonali, ripartite dunque fra USL e Agenzia in coerenza con l'assegnazione a quest'ultima di una parte delle funzioni dei presidî, e non già l'assegnazione in via permanente all'ARPA di tutto il personale del settore biotossicologico.
In secondo luogo, l'interveniente sostiene che, anche se la questione stesse nei termini prospettati dal giudice a quo, essa sarebbe ugualmente infondata: dovendosi modificare l'assetto organizzativo preesistente al referendum del 1993 – nel quale, mentre in ogni USL vi era un settore competente per la materia dell'igiene e salute pubblica, solo presso alcune USL vi erano i presidî multizonali di prevenzione, svolgenti compiti non per la singola USL, ma per una vasta area subregionale – il legislatore statale e regionale ben poteva fare la scelta di impiegare, per la costituzione del nuovo organismo competente in materia ambientale, le componenti ritenute più opportune, o anche le intere dotazioni, dei preesistenti presidî multizonali. Nè si é attribuito all'Agenzia personale dotato di competenze estranee ed inutilizzabili per l'Agenzia medesima: onde la censura di violazione dell'art. 97 della Costituzione si rivelerebbe in sostanza una petizione di principio.
Si tratterebbe di una scelta discrezionale, non irrazionale, del legislatore in ordine alla preferibile utilizzazione delle risorse a disposizione della pubblica amministrazione.
Essendo infondato il profilo relativo all'art. 97 della Costituzione, risulterebbe estraneo alla questione il riferimento all'art. 3; e quanto all'art. 35, la censura sarebbe priva di fondamento, in quanto la riconduzione delle risorse proprie delle specialità biotossicologiche agli strumenti di tutela dell'ambiente non mortificherebbe in alcun modo la professionalità degli operatori, indirizzata anzi ad una finalità di tutela sociale particolarmente essenziale ed elevata.
Considerato in diritto
1.– La questione sollevata, sostanzialmente unica, investe sia la norma statale contenuta nell'art. 03, comma 1, del decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente), come convertito dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, sia la norma contenuta nell'art. 25, comma 1, della legge regionale dell'Emilia–Romagna 19 aprile 1995, n. 44 (Riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia regionale per la prevenzione e l'ambiente – ARPA – dell'Emilia–Romagna): la prima, in quanto prevede l'attribuzione, con legge regionale, alle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente del personale dei presidî multizonali di prevenzione, già istituiti ai sensi dell'art. 22 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; la seconda, in quanto dispone l'assegnazione all'Agenzia della Regione Emilia–Romagna, fin dalla sua costituzione, delle dotazioni organiche, in essere al 1° gennaio 1994, del settore biotossicologico dei presidî multizonali di prevenzione.
Entrambe le disposizioni sarebbero viziate per la "mancanza di simmetria" tra funzioni trasferite all'Agenzia regionale per la prevenzione e l'ambiente e personale attribuito alla stessa, essendo stato trasferito il personale dei presidî multizonali di prevenzione, in particolare del settore biotossicologico degli stessi, senza distinguere fra addetti alle attività trasferite e addetti in prevalenza ad attività rimaste di competenza del Servizio sanitario nazionale, e precisamente dei dipartimenti di prevenzione delle USL, istituiti a norma dell'art. 7 del d. lgs. n. 502 del 1992. Con ciò risulterebbero violati l'art. 3 della Costituzione, per il trattamento con identica disciplina di situazioni differenziate quanto a funzioni esercitate; l'art. 35, per la mancata considerazione del nesso fra profili professionali e contenuti delle funzioni; l'art. 97, per la immotivata sottrazione al Servizio sanitario nazionale di personale adibito a compiti propri del Servizio medesimo.
2.– La questione é infondata.
La legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale aveva concentrato nelle strutture di detto Servizio le funzioni di prevenzione, comprese quelle rivolte all'obiettivo della promozione e della salvaguardia "della salubrità e dell'igiene dell'ambiente naturale di vita e di lavoro" (art. 2, primo comma, numero 5), consistenti nella identificazione ed eliminazione "delle cause degli inquinamenti dell'atmosfera, delle acque e del suolo" (art. 2, secondo comma, lettera h). In questo quadro, aveva previsto fra l'altro la istituzione presso talune USL, individuate dalla legge regionale, di "presidî e servizi multizonali per il controllo e la tutela dell'igiene ambientale e per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali" (art. 22, primo comma, lettera a); e il trasferimento al patrimonio dei Comuni, con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali, dei beni mobili e immobili e delle attrezzature dei laboratori di igiene e profilassi, già appartenenti alle Province (art. 66, primo comma, lettera a), nonchè il passaggio nei ruoli nominativi del Servizio sanitario del relativo personale (art. 68, primo comma).
In coerenza con tali disposizioni, la legge regionale dell'Emilia–Romagna 7 settembre 1981, n. 33, nel disciplinare l'articolazione dei presidî multizonali di prevenzione in quattro settori, aveva previsto che il settore biotossicologico svolgesse "specifici compiti di supporto tecnico per l'esercizio dell'attività di prevenzione e di controllo" relativa, fra l'altro, "all'igiene ambientale con particolare riferimento all'analisi microbiologica" (art. 4, quinto comma).
A seguito dell'esito abrogativo del referendum indetto con d.P.R. 25 febbraio 1993, e tendente precisamente a sottrarre alle strutture del Servizio sanitario nazionale le funzioni di controllo ambientale, risultarono soppresse le parti della legge n. 833 del 1978 che riferivano al Servizio sanitario i compiti di tutela dell'igiene ambientale e di accertamento ed eliminazione dei fattori di deterioramento degli "ambienti di vita", nonchè, specificamente, la disposizione che includeva fra i beni e le attrezzature destinati alle USL quelli degli ex laboratori provinciali di igiene e profilassi (cfr. art. 1, comma 1, del d.P.R. 5 giugno 1993, n. 177, di dichiarazione del risultato abrogativo del referendum).
Considerato tale esito abrogativo, e nel dichiarato intento di "evitare soluzioni di continuità in materia di controlli ambientali" (cfr. le premesse del provvedimento governativo), il decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496, interamente riformulato dalla legge di conversione 21 gennaio 1994, n. 61, ha previsto la istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e delle corrispondenti agenzie regionali, destinate a svolgere le attività (rispettivamente di interesse nazionale e di interesse regionale) "tecnico-scientifiche connesse all'esercizio delle funzioni pubbliche per la protezione dell'ambiente" (cfr. art. 1 e art. 03, con riferimento all'art. 01); e in particolare ha stabilito che le leggi regionali istitutive delle agenzie regionali attribuissero ad esse o alle loro articolazioni territoriali "le funzioni, il personale, i beni mobili e immobili, le attrezzature e la dotazione finanziaria dei presidî multizonali di prevenzione", nonchè "il personale, l'attrezzatura e la dotazione finanziaria dei servizi delle unità sanitarie locali adibiti alle attività" rientranti nei compiti delle agenzie (art. 03, comma 1, primo periodo).
Tale disegno organizzativo si inquadra nella scelta di affidare alle Regioni la "organica ricomposizione in capo alle Province delle funzioni amministrative in materia ambientale" di cui all'art. 14 della legge n. 142 del 1990 (art. 02, comma 1); le agenzie regionali a loro volta devono essere organizzate "in settori tecnici corrispondenti alle principali aree di intervento e articolate in dipartimenti provinciali o subprovinciali e in servizi territoriali" (art. 03, comma 3), e "le strutture tecniche provinciali" dell'agenzia regionale "sono poste alle dipendenze funzionali delle Province, secondo criteri stabiliti in base ad apposite convenzioni stipulate con le Regioni" (art. 02, comma 2). Solo in via transitoria, "al fine di assicurare la continuità di esercizio delle funzioni di tutela ambientale", fu previsto che i presidî multizonali di prevenzione continuassero a svolgere, fino all'emanazione delle leggi regionali istitutive delle agenzie, le attività tecniche esercitate, a supporto degli enti pubblici istituzionalmente competenti (art. 5); a loro volta le Province, in attesa delle leggi regionali, avrebbero esercitato le funzioni amministrative di autorizzazione e di controllo per la salvaguardia dell'igiene dell'ambiente "avvalendosi dei presidî multizonali di prevenzione e dei competenti servizi delle unità sanitarie locali" (art. 02, comma 3).
E' palese, e non irragionevole, la logica cui tali previsioni si ispirano: muovendo dalla scelta, effettuata dal referendum, di scorporare le funzioni di controllo ambientale da quelle di prevenzione già affidate alle USL, e nella consapevolezza che le attività tecniche, come le analisi di laboratorio, potevano essere, e di fatto erano, svolte promiscuamente al servizio sia dei controlli ambientali, sia dei controlli propriamente sanitari, che restavano invece di competenza delle strutture del Servizio sanitario nazionale, il legislatore statale ha voluto evitare che si producesse a livello locale una duplicazione di strutture tecniche o uno smembramento di quelle esistenti, con relativo aggravio di personale e di spesa (infatti le agenzie regionali debbono essere istituite "senza oneri aggiuntivi per le Regioni": art. 03, comma 2, primo periodo). Così si é disposto il passaggio ai nuovi organismi, ma con dipendenza funzionale dalle Province per quanto riguarda le articolazioni di livello corrispondente, delle principali strutture tecniche preesistenti a livello locale, vale a dire gli ex laboratori provinciali di igiene e profilassi, poi confluiti nei presidî multizonali di prevenzione, e conseguentemente il passaggio alle agenzie regionali del relativo personale.
Nè si é trascurata l'esigenza di non sguarnire di supporti tecnici le strutture del Servizio sanitario nazionale, tuttora competenti per i controlli di tipo sanitario (e così sull'igiene degli alimenti o dei luoghi di lavoro): si é prevista infatti, come si é detto, l'organizzazione delle agenzie regionali "in settori tecnici corrispondenti alle principali aree di intervento e articolate in dipartimenti provinciali o subprovinciali e in servizi territoriali", al fine, fra l'altro, "di coordinamento con l'attività di prevenzione sanitaria" (art. 03, comma 3); si é affidato alle Regioni il compito di definire l'organizzazione e la dotazione tecnica, di personale e finanziaria delle agenzie, "con l'osservanza, per quanto riguarda l'aspetto sanitario, delle disposizioni contenute nell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502" (che ha previsto i dipartimenti di prevenzione delle USL, cui sono attribuiti i compiti relativi ai controlli sanitari), e di fissare "le modalità di integrazione e di coordinamento che evitino sovrapposizioni di funzioni e di attività con i servizi delle unità sanitarie locali" (art. 03, comma 4).
3.– La legge regionale dell'Emilia–Romagna n. 44 del 1995, emanata in attuazione dell'art. 03 del decreto legge n. 496 del 1993, ha seguito a sua volta la logica che si é visto inerire alle scelte del legislatore nazionale, sviluppandone e specificandone coerentemente le previsioni.
Essa ha disciplinato le funzioni dell'Agenzia regionale per la prevenzione e l'ambiente (ARPA) in conformità ai principi della legge statale (art. 5), configurandola più precisamente come "ente strumentale della Regione Emilia–Romagna preposto all'esercizio delle funzioni tecniche per la prevenzione collettiva e per i controlli ambientali, nonchè all'erogazione di prestazioni analitiche di rilievo sia ambientale sia sanitario" (art. 4, comma 1); ha conseguentemente soppresso i presidî multizonali di prevenzione (art. 24, comma 1), prevedendo l'assegnazione e il successivo trasferimento all'Agenzia "del personale, dei beni, del patrimonio, delle attrezzature, della relativa dotazione finanziaria" dei presidî medesimi, nonchè dei servizi delle unità sanitarie locali adibiti alle attività e ai compiti assegnati all'Agenzia (art. 13, comma 1), sulla base di un preciso "riparto delle competenze già delle unità sanitarie locali in materia di prevenzione collettiva e controlli ambientali tra aziende unità sanitarie locali e ARPA", indicato nell'Allegato 1. In tale riparto, mentre le funzioni di controllo sanitario spettano alle USL, all'ARPA é passata, oltre alle competenze in materia di prevenzione e controllo ambientale, grandi rischi industriali, inquinamento acustico negli ambienti di vita, la "rete laboratoristica per la tutela dell'ambiente e per l'esercizio delle funzioni di sanità pubblica": é dunque chiaramente previsto che la rete di laboratori, lungi dall'essere smembrata e ripartita, sia trasferita all'Agenzia, mantenendo intatti i suoi compiti tecnici.
Particolare cura pone la legge regionale nel disciplinare le modalità di coordinamento e cooperazione fra ARPA e altri enti istituzionali operanti in materie affini o connesse, e in particolare le modalità di svolgimento da parte dell'ARPA di attività tecniche al servizio proprio delle unità sanitarie locali, competenti in tema di controlli sanitari.
Si é già detto che l'Agenzia é configurata come organismo preposto, fra l'altro, "all'erogazione di prestazioni analitiche di rilievo sia ambientale sia sanitario" (art. 4, comma 1). Coerentemente, si prevede che l'Agenzia assicuri ai dipartimenti di prevenzione delle aziende unità sanitarie locali "attività di consulenza e supporto tecnico-scientifico e analitico sulla base di apposite convenzioni ed accordi di programma" (art. 3, comma 2), e che le USL possono stipulare ulteriori accordi con l'ARPA per prestazioni aggiuntive ed altre attività inerenti alle proprie funzioni istituzionali (art. 3, comma 5).
Si precisa che "l'ARPA e i dipartimenti di prevenzione delle aziende unità sanitarie locali svolgono le proprie attività in maniera coordinata e integrata", e che "le strutture laboratoristiche ed operative dell'Agenzia svolgono funzioni di supporto tecnico-specialistico nei confronti sia degli enti locali sia delle aziende unità sanitarie locali" (art. 4, comma 4).
Si stabilisce che i servizi in cui si organizzano (oltre che in dipartimenti tecnici) le sezioni provinciali dell'ARPA "sono articolati territorialmente, di norma, in coincidenza con i distretti delle aziende unità sanitarie locali" (art. 15, comma 5), e che l'assetto organizzativo dell'Agenzia deve essere tale che siano "comunque assicurate, a livello decentrato, tra l'altro, le attività analitiche necessarie allo svolgimento delle funzioni di controllo e vigilanza degli enti locali e delle aziende unità sanitarie locali" (art. 15, comma 8).
Proprio al fine di "garantire il necessario coordinamento tecnico delle attività delle sezioni provinciali dell'ARPA", fra l'altro, "con i dipartimenti di prevenzione delle aziende unità sanitarie locali", é costituito un comitato provinciale di coordinamento, di cui fanno parte i responsabili dei dipartimenti di prevenzione delle aziende unità sanitarie locali della Provincia (art. 16, commi 1 e 2).
Ancora, si ribadisce che l'ARPA e i dipartimenti di prevenzione delle aziende unità sanitarie locali "esercitano in modo integrato e coordinato le funzioni e le attività di controllo ambientale e di prevenzione collettiva che rivestono valenza sia ambientale sia sanitaria", stabilendo che, per un esercizio coordinato e integrato delle funzioni e per evitare "sovrapposizioni e disfunzioni", le sezioni provinciali dell'ARPA e i dipartimenti di prevenzione delle USL "istituiscono forme, sedi, strumenti e gruppi di lavoro permanenti sulle principali attività di comune interesse" (art. 17, commi 1 e 4).
Sono dunque perfettamente coerenti con il descritto assetto organizzativo, nel cui ambito i laboratori dei soppressi presidî multizonali di prevenzione sono trasferiti alla neo-istituita Agenzia, conservando peraltro i loro compiti, da svolgere, oltre che al servizio delle funzioni proprie dell'Agenzia medesima, anche di quelle di altri enti e in particolare delle USL, le disposizioni dell'art. 25 della legge regionale, che prevedono l'assegnazione all'ARPA, fin dalla sua costituzione, delle "dotazioni organiche in essere alla data del 1° gennaio 1994 dei settori chimici, fisici e biotossicologici dei PMP" (comma 1), con esclusione cioé delle sole dotazioni del settore impiantistico-antinfortunistico; e l'assegnazione e il successivo trasferimento all'ARPA, fin dalla sua costituzione, del personale degli indicati settori dei presidî stessi.
4.– Nell'ambito dell'indicata logica di riorganizzazione degli apparati e di integrazione delle funzioni, diretta fra l'altro ad evitare duplicazioni di strutture tecniche – logica non in contrasto, ma anzi conforme al principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione –, deve riconoscersi la piena discrezionalità del legislatore nel definire i criteri per la collocazione delle strutture tecniche presso i soggetti amministrativi competenti, e per la ripartizione e l'assegnazione del relativo personale.
Le considerazioni ora svolte valgono altresì a smentire che le disposizioni denunciate siano in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo della ragionevolezza che sotto quello della lamentata disparità di trattamento.
Quanto infine alla lamentata violazione dell'art. 35, basterà, per escluderla, osservare che il rispetto della professionalità degli addetti alle strutture tecniche non é certo contraddetto dal loro trasferimento, che consegue alla nuova collocazione delle strutture stesse, quando resti ferma, come nel caso, la tipologia generale delle prestazioni richieste a tali strutture, anche se le medesime prestazioni vengano svolte al servizio di funzioni amministrative di controllo facenti ora capo, parzialmente, ad enti diversi da quelli di precedente appartenenza del personale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 03, comma 1, del decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente), come convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, e dell'art. 25, comma 1, della legge regionale dell'Emilia–Romagna 19 aprile 1995, n. 44 (Riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia regionale per la prevenzione e l'ambiente – ARPA – dell'Emilia–Romagna), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 35 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia–Romagna, sezione di Parma, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1° giugno 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Valerio ONIDA
Depositata in cancelleria il 19 giugno 1998.