SENTENZA N. 463
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
˗ Dott. Renato GRANATA, Presidente
˗ Prof. Giuliano VASSALLI
˗ Prof. Francesco GUIZZI
˗ Prof. Cesare MIRABELLI
˗ Prof. Fernando SANTOSUOSSO
˗ Avv. Massimo VARI
˗ Dott. Cesare RUPERTO
˗ Dott. Riccardo CHIEPPA
˗ Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
˗ Prof. Valerio ONIDA
˗ Prof. Carlo MEZZANOTTE
˗ Prof. Guido NEPPI MODONA
˗ Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 6, 28, 48, 49 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), promossi con ordinanza emessa il 13 marzo 1996 dalla Corte d'appello di Milano nel procedimento civile vertente tra la SATRIS s.p.a. ed il Ministero delle poste e telecomunicazioni e con ordinanza emessa il 9 luglio 1996 dalla Corte d'appello di Trento nel procedimento civile vertente tra Andrea Di Francia e l'Ente Poste Italiane, iscritte rispettivamente ai nn. 747 e 1270 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 34 e 47, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Udito nella camera di consiglio del 23 aprile 1997 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto in fatto
1. -- Nel corso di un giudizio diretto ad ottenere dal Ministero delle poste e telecomunicazioni il risarcimento del danno causato dal ritardo nella rinnovazione di un assegno postale localizzato, la Corte d'appello di Milano, con ordinanza emessa il 13 marzo 1996 (reg. ord. n. 747 del 1996), ha sollevato, in riferimento agli artt. 43, 3 e 28 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, 28, 48, 49 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni).
Le disposizioni denunciate stabiliscono che l'Amministrazione non incontra alcuna responsabilità per i servizi postali, di bancoposta e delle telecomunicazioni fuori dei casi e dei limiti espressamente stabiliti dalla legge (art. 6); prevedono, inoltre, in caso di perdita o manomissione di corrispondenza raccomandata o assicurata, il pagamento, entro limiti predeterminati, di una indennità (artt. 28, 48 e 49), oltre alla quale l'Amministrazione non e' tenuta ad altro risarcimento (art. 93).
La Corte d'appello di Milano ritiene che, nel caso sottoposto al suo giudizio, si sia verificato un danno da imputare a colpa dell'Amministrazione, la quale, a seguito del trafugamento di un assegno postale localizzato, aveva provveduto con ritardo al rinnovo del titolo, richiesto dall'interessato. Tuttavia solo la dichiarazione di illegittimità costituzionale dei limiti stabiliti dalla legge alla responsabilità dell'Amministrazione delle poste consentirebbe di pronunciare condanna al risarcimento del danno secondo la regola generale, dettata dal codice civile, sulla responsabilità del debitore.
Il giudice rimettente richiama i principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale, in particolare con la sentenza n. 303 del 1988, per considerare ingiustificata la sostanziale immunità dell'Amministrazione delle poste per inadempimenti relativi ad un rapporto di natura contrattuale; le norme che determinano tale situazione sarebbero in contrasto con l'art. 43 della Costituzione, che ha istituito uno stretto collegamento tra la nozione di servizio pubblico e la nozione di impresa.
L'esonero da responsabilità anche per il servizio di bancoposta determinerebbe, inoltre, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, una irrazionale ed ingiustificata disparità di trattamento tra l'utente che si serve del servizio bancario fornito da un istituto di credito, al quale si applica la disciplina comune sulla responsabilità per inesatto inadempimento, e chi invece si rivolge, per una analoga prestazione, all'Amministrazione postale. Sarebbe, infine, in contrasto con l'art. 28 della Costituzione l'irrazionale ed ingiustificata esclusione della responsabilità dell'Amministrazione per fatti colposi dei propri dipendenti, quando questi cagionano un danno all'utente, il quale si e' servito del bancoposta per estinguere una propria obbligazione e deve, a sua volta, risarcire ai terzi, in base alla disciplina comune, i danni derivanti dal cattivo funzionamento del bancoposta.
2. -- Nel corso di un giudizio promosso per ottenere dall'Ente poste italiane, succeduto all'Amministrazione delle poste e telecomunicazioni, il risarcimento del danno per il mancato recapito di un plico postale contenente due domande di partecipazione ad un concorso a posti di professore universitario di ruolo, la Corte d'appello di Trento, con ordinanza emessa il 9 luglio 1996 (reg. ord. n. 1270 del 1996), ha sollevato, in riferimento agli artt. 43, 3 e 28 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, nella parte in cui escludono, in caso di mancato recapito della corrispondenza raccomandata, l'obbligo del risarcimento del danno da parte dell'Amministrazione delle poste e telecomunicazioni, oltre al pagamento dell'indennità determinata in base all'art. 28 delle stesse disposizioni legislative e pari a dieci volte il diritto fisso di raccomandazione.
Il giudice rimettente richiama le sentenze che hanno dichiarato la illegittimità costituzionale delle disposizioni ora nuovamente denunciate, nella parte in cui esse disponevano che l'Amministrazione postale non era tenuta al risarcimento dei danni, oltre all'indennità commisurata al diritto di raccomandazione, in caso di perdita o manomissione di raccomandate con le quali fossero stati spediti vaglia cambiari emessi in commutazione di titoli di spesa dello Stato (sentenza n. 303 del 1988), e nella parte in cui le stesse disposizioni non eccettuavano dalla limitazione di responsabilità i danni derivanti da sottrazione dolosa del contenuto di corrispondenza raccomandata ad opera di dipendenti dell'Amministrazione (sentenza n. 74 del 1992).
L'immunità da responsabilità, stabilita dalle disposizioni denunciate, costituirebbe un retaggio storico la cui conservazione non sarebbe giustificata nell'attuale ordinamento, nel quale il servizio postale non può essere considerato un bene patrimoniale dell'erario, ma si configura, invece, secondo il modello delineato dall'art. 43 della Costituzione, come una impresa gestita dallo Stato in regime di monopolio con la quale lo Stato stesso partecipa all'attività economica.
Ad avviso del giudice rimettente, questa considerazione sarebbe sufficiente per eliminare definitivamente, nei confronti della generalità degli utenti, le limitazioni di responsabilità dell'Amministrazione postale, le quali comporterebbero una irrazionale disparità di trattamento degli utenti di servizi al pubblico e determinerebbero una ingiustificata irresponsabilità dell'Amministrazione, tanto più che e' in atto una tendenza ad accentuare il carattere privatistico ed imprenditoriale dei servizi postali.
Considerato in diritto
1. -- Le questioni di legittimità costituzionale riguardano l'esclusione o le limitazioni di responsabilità dell'Amministrazione delle poste per i servizi postali e di bancoposta.
La Corte d'appello di Milano ritiene che gli artt. 6, 28, 48, 49 e 93 del codice postale e delle telecomunicazioni (testo unico approvato con d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156) possano essere in contrasto con gli artt. 43, 3 e 28 della Costituzione. Il sostanziale esonero da responsabilità per i servizi di bancoposta non sarebbe giustificato, trattandosi di un servizio pubblico organizzato come impresa, del tutto analogo a quello fornito dagli istituti di credito soggetti alla disciplina comune in materia di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni. La disparità di trattamento tra utenti di analoghi servizi, a seconda che siano erogati dall'Amministrazione delle poste o da istituti di credito, sarebbe ingiustificata; come pure sarebbe irrazionale ed ingiustificato escludere la responsabilità dell'Amministrazione per fatti colposi dei propri dipendenti, che cagionano un danno all'utente, il quale e' invece tenuto a risarcire a sua volta i terzi secondo la disciplina comune.
La Corte d'appello di Trento ritiene che gli artt. 6, 28, 48 e 93 dello stesso codice postale possano essere in contrasto con gli artt. 43, 3 e 28 della Costituzione.
L'immunità da responsabilità della quale beneficerebbe l'Amministrazione delle poste, per il mancato recapito della corrispondenza raccomandata, costituirebbe un ingiustificato privilegio per un servizio organizzato come impresa gestita dallo Stato e che rappresenta una forma di partecipazione all'attività economica. Sarebbe, inoltre, irragionevole la disparità di trattamento tra utenti di servizi al pubblico ed ingiustificata la irresponsabilità dell'Amministrazione postale, mentre si tende ad accentuare il carattere privatistico ed imprenditoriale di tali servizi.
2. -- Le questioni di legittimità costituzionale investono disposizioni in gran parte coincidenti, inerenti alla disciplina dei servizi postale e di bancoposta, e fanno riferimento agli stessi parametri costituzionali; possono, quindi, essere riunite e decise con un'unica pronuncia.
3. -- Le disposizioni che limitano la responsabilità dell'Amministrazione delle poste, per i danni cagionati agli utenti dei servizi erogati, sono state più volte sottoposte a verifica di legittimità costituzionale.
La giurisprudenza costituzionale ha già considerato superata la concezione puramente amministrativa del servizio postale, organizzato e gestito in forma di impresa ed improntato, quindi, a criteri di economicità. E' venuta, dunque, meno la possibilità di collegare le limitazioni di responsabilità alla necessità di garantire la discrezionalità dell'Amministrazione, trattandosi dell'organizzazione di un pubblico servizio che, gestito in regime di monopolio, configura una forma di partecipazione dello Stato all'attività economica (sentenza n. 303 del 1988).
La qualificazione del rapporto, tra Amministrazione che organizza e gestisce il servizio postale ed utenti, come contrattuale, soggetto al regime del diritto privato, non e' tuttavia premessa sufficiente per affermare che la responsabilità dell'Amministrazione debba comprendere il pieno risarcimento del danno, secondo la regola generale stabilita dall'art. 1218 del codice civile.
E' sempre possibile, difatti, delineare una disciplina speciale, ispirata a criteri più restrittivi di quella ordinaria, in rapporto alla complessità tecnica della gestione ed all'esigenza del contenimento dei costi. Ciò e' valso a giustificare, tenendo conto del basso prezzo di un servizio non destinato al trasporto di oggetti di valore (sentenza n. 50 del 1992), l'esclusione del risarcimento dei danni, oltre la misura dell'indennità commisurata al diritto di raccomandazione, in caso di perdita di lettera raccomandata. Mentre, in caso di illecito impossessamento del contenuto della corrispondenza operato dagli agenti postali, l'esonero da responsabilità per la violazione dell'obbligo, nascente dal contratto ma non correlato alla controprestazione dell'utente, di evitare un pregiudizio ai beni del creditore, determina una deroga senza giustificazione al principio, stabilito dall'art. 28 della Costituzione, della responsabilità dell'Amministrazione, concorrente con quella dei suoi dipendenti (sentenza n. 74 del 1992).
Il rapporto tra Amministrazione delle poste ed utenti dei servizi offerti al pubblico si estrinseca in atti che perdono il carattere autoritativo ed assumono connotazioni contrattuali. La progressiva assimilazione alla disciplina di diritto comune e' ancor più accentuata nella prospettiva della trasformazione, già attuata, dell'Amministrazione postale in ente pubblico economico ed in quella, prevista ed in corso di realizzazione, di società per azioni (art. 1 del decreto-legge 1° dicembre 1993, n. 487, convertito nella legge 29 gennaio 1994, n. 71; art. 2, comma 27, della legge 23 dicembre 1996, n. 662). Risultano così confermati la natura contrattuale dei rapporti relativi ai servizi resi al pubblico ed il carattere di corrispettivo, non più qualificabile come tassa, del pagamento richiesto per essi.
Nella disciplina della responsabilità per inadempimento inerente ai servizi postali, viene dunque meno la giustificazione del rilievo un tempo attribuito ai profili soggettivi, attinenti all'Amministrazione, all'ente o alla società che li organizza e fornisce, mentre diventano decisivi i profili oggettivi, relativi alle caratteristiche proprie di ciascun servizio: i soli idonei a giustificare una disciplina speciale che ragionevolmente limiti, senza tuttavia vanificarla, la responsabilità per l'esecuzione delle prestazioni contrattualmente dovute da chi fornisce i servizi stessi.
4. -- Sulla base di tali premesse e' da ritenere fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'appello di Milano, che riguarda la norma che esclude la responsabilità dell'Amministrazione postale per il danno cagionato dal colpevole ritardo nel rinnovo, richiesto dall'interessato, di assegni postali localizzati.
L'art. 6 del d.P.R. n. 156 del 1973 prevede che non vi sia alcuna responsabilità dell'Amministrazione per i servizi di bancoposta, fuori dei casi e dei limiti stabiliti dalla legge, ed e' alla regola generale di esclusione della responsabilità che occorre fare riferimento, in assenza di qualsiasi altra disposizione che preveda una sia pur limitata responsabilità per il colpevole ritardo nel rinnovo dei titoli di credito in questione.
Negli aspetti generali i servizi di bancoposta (emissione e pagamento di titoli di credito, riscossione di crediti, conti correnti e buoni postali fruttiferi) non si discostano sostanzialmente, per struttura e funzione, dagli analoghi servizi propri dell'attività bancaria.
I relativi contratti, pur nella loro particolare regolamentazione, non hanno caratteristiche tali da presentare elementi di differenziazione idonei a giustificare l'esclusione generalizzata di qualsiasi responsabilità per il colpevole inadempimento da parte dell'Amministrazione postale, in assenza di una disciplina specificamente e ragionevolmente derogatoria.
In particolare gli assegni postali localizzati, quali disciplinati dal codice postale e dal relativo regolamento (d.P.R. 1° giugno 1989, n. 256), costituiscono titoli di credito per i quali e' già verificata la provvista di fondi corrispondenti; possono essere riscossi solo presso l'ufficio postale di destinazione; in ragione delle caratteristiche ad essi proprie, in caso di smarrimento o sottrazione prima del recapito al beneficiario, possono essere rinnovati subito dopo il periodo di validità dell'assegno. Non rispecchia, pertanto, esigenze ancorate alla oggettiva configurazione ed organizzazione di questo servizio, e quindi al canone di ragionevolezza, la assoluta esclusione di qualsiasi responsabilità per il colpevole ed ingiustificato ritardo dell'Amministrazione nel rinnovo di tali titoli.
Deve essere, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, nella parte in cui dispone che l'Amministrazione non e' tenuta al risarcimento dei danni in caso di colpevole ritardo nella rinnovazione di assegno postale localizzato, smarrito, distrutto o sottratto durante la trasmissione all'ufficio di pagamento designato dal traente.
5. -- Sulla base delle medesime premesse in precedenza enunciate e', viceversa, da ritenere infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d'appello di Trento in relazione alla norma che limita la responsabilità dell'Amministrazione per il servizio postale, escludendo l'obbligo del risarcimento, oltre l'indennità commisurata a dieci volte il diritto di raccomandazione, nel caso di mancato recapito di corrispondenza raccomandata.
Il servizio postale, difatti, ha caratteristiche del tutto peculiari, essendo diretto a rendere effettiva, per tutti, la possibilità di corrispondenza, garantendone la libertà e la segretezza. Tale servizio e' esercitato in necessario collegamento con quello degli altri paesi aderenti all'Unione postale universale, secondo una disciplina che rispecchia, nella determinazione dei limiti della responsabilità, principi comuni. In particolare e' predeterminata la corresponsione di una indennità, indipendentemente dalla prova del danno ma anche come limite al risarcimento, in caso di perdita della corrispondenza raccomandata.
Non vi e', dunque, una esclusione di responsabilità ma la predeterminazione dell'indennizzo in rapporto ad un danno non prevedibile da parte del debitore e che viene tipicamente commisurato al prezzo di un servizio non destinato al trasporto di valori. Per quest'ultimo, invece, e' richiesta l'assicurazione obbligatoria, che implica la dichiarazione del valore del contenuto della corrispondenza e, sollecitando una adeguata diligenza, determina l'assunzione di responsabilità dell'Amministrazione per l'importo corrispondente al valore reale o dichiarato.
Non e' pertanto ingiustificato il limite della responsabilità ad una somma determinata, nel contesto di una ragionevole limitazione dei costi e dei prezzi per i diversi servizi, offerti alla scelta degli utenti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi, a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nella parte in cui dispone che l'Amministrazione non e' tenuta al risarcimento dei danni in caso di colpevole ritardo nella rinnovazione di assegno postale localizzato, smarrito, distrutto o sottratto durante la trasmissione all'ufficio di pagamento designato dal traente;
b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 28 e 43 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Trento con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/12/97.
Renato GRANATA, Presidente
Cesare MIRABELLI, Relatore
Depositata in cancelleria il 30/12/97.