Sentenza n. 8 del 1995

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SENTENZA N. 8

 

ANNO 1995

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

-        Prof. Gabriele PESCATORE

 

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-        Avv. Mauro FERRI

 

-        Prof. Luigi MENGONI

 

-        Prof. Enzo CHELI

 

-        Dott. Renato GRANATA

 

-        Prof. Giuliano VASSALLI

 

-        Prof. Francesco GUIZZI

 

-        Prof. Cesare MIRABELLI

 

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

-        Avv. Massimo VARI

 

-        Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, delle richieste di referendum popolare per l'abrogazione delle seguenti norme:

 

1) art. 15, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole "qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura superi l'8 per cento della tiratura complessiva dei giornali in Italia"; art. 15, comma 1, lettera c), "di più di due concessioni di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura complessiva sia inferiore a quella prevista dalla lett. b); della legge 6 agosto 1990, n. 223 pubblicata in G.U. 9 agosto 1990, n. 185 S.O., recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", iscritto al n. 79 del registro referendum;

 

2) art. 8, comma 3, secondo periodo limitatamente alle parole "Per le opere di durata programmata superiore a quarantacinque minuti è consentita una ulteriore interruzione per ogni atto o tempo. E' consentita una ulteriore interruzione se la durata programmata dell'opera supera di almeno venti minuti due o più atti o tempi di quarantacinque minuti ciascuno" della legge 6 agosto 1990, n. 223 pubblicata in G.U. 9 agosto 1990, n. 185 S.O., recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", iscritto al n. 80 del registro referen dum;

 

3) art. 15, comma 7, primo periodo limitatamente alle parole "tre reti televisive nazionali, o" della legge 6 agosto 1990, n. 223 pubblicata in G.U. 9 agosto 1990, n. 185 S.O., recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", iscritto al n. 81 del registro referendum.

 

Vista l'ordinanza del 30 novembre 1994 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittime le suddette richieste e la successiva ordinanza del 13 dicembre 1994 con la quale l'Ufficio Centrale per il referendum ha modificato il quesito della prima richiesta;

 

udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 il Giudice relatore Renato Granata;

 

udito l'avv. Massimo Luciani per i presentatori Riccardo Guido, Stefano Semenzato, Roberto Di Giovan Paolo e Giampiero Rasimelli.

 

Ritenuto in fatto

 

1. L'Ufficio Centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione in applicazione della legge 25 maggio 1970 n. 352, e successive modificazioni, ha esaminato le tre richieste di referendum popolare presentate il 15 aprile 1994 da Guido Riccardo ed altri cittadini elettori sui seguenti quesiti:

 

1) "Volete voi che sia abrogato l'art. 15 comma 1 lettera b) limitatamente alle parole "qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura superi l'8 per cento della tiratura complessiva dei giornali in Italia"; l'art. 15, comma 1, lettera c) "di più di due concessioni per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura complessiva sia inferiore a quella prevista dalla lett. b)"; assieme all'art. 15, comma 4, limitatamente alle parole "sia" e "televisiva che" della legge 6 agosto 1990, n. 223 pubblicata in G.U. 9 agosto 1990, n. 185 S.O., recante il titolo "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato"?".

 

2) "Volete voi che sia abrogato l'art. 8, comma 3, secondo periodo limitatamente alle parole "Per le opere di durata programmata superiore a quarantacinque minuti è consentita una ulteriore interruzione per ogni atto o tempo. E' consentita una ulteriore interruzione se la durata programmata dell'opera supera di almeno venti minuti due o più atti o tempi di quarantacinque minuti ciascuno" della legge 6 agosto 1990, n. 223 pubblicata in G.U. 9 agosto 1990, n. 185 S.O. recante il titolo "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato"?".

 

3) "Volete voi che sia abrogato l'art. 15, comma 7, primo periodo limitatamente alle parole "tre reti televisive nazionali, o" della legge 6 agosto 1990, n. 223 pubblicata in G.U. 9 agosto 1990, n. 185 S.O., recante il titolo "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato"?".

 

2. L'Ufficio centrale, verificati i risultati delle operazioni di riscontro delle richieste ed accertata la regolarità delle stesse, ne ha dichiarata la legittimità con ordinanza del 1° dicembre 1994.

 

3. Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza, il Presidente di questa Corte ha fissato, per la conseguente deliberazione, il giorno 9 gennaio 1995, dandone comunicazione, a sua volta, ai presentatori della richiesta e al Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 33, comma 2, della legge 25 maggio 1970 n.352.

 

4. Successivamente con ordinanza del 14 dicembre 1994, rilevato che nelle more questa Corte, con sentenza n.420 del 7 dicembre 1994, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, comma 4, legge n.223/90 nella parte relativa alla radiodiffusione televisiva, ha riformulato il quesito del referendum iscritto al n.79 Reg. ref. disponendo che sia eliminato il periodo < < assieme all'art. 15, comma 4, limitatamente alle parole "sia" e "televisiva">>. Sicchè il quesito referendario, di cui sopra sub 1), è risultato così modificato: "Volete voi che sia abrogato l'art. 15 comma 1 lettera b) limitatamente alle parole "qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura superi l'8 per cento della tiratura complessiva dei giornali in Italia"; l'art. 15, comma 1, lettera c) "di più di due concessioni per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura complessiva sia inferiore a quella prevista dalla lett. b)"?

 

5. Si sono costituiti i promotori delle suddette richieste referendarie sostenendone l'ammissibilita'.

 

Considerato in diritto

 

1. La prima richiesta di referendum abrogativo (n. 79 Reg. ref.) investe il primo comma dell'art. 15 della legge 6 agosto 1990 n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato). Tale disposizione fa divieto di essere titolare: a) di una concessione per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura annua abbia superato nell'anno solare precedente il 16 per cento della tiratura complessiva dei giornali quotidiani in Italia; b) di più di una concessione per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura superi l'8 per cento della tiratura complessiva dei giornali in Italia; c) di più di due concessioni per radiodiffusione televisiva in ambito nazionale qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura complessiva sia inferiore a quella prevista dalla lettera b).

 

Il quesito referendario - lasciando inalterato il limite sub a) - incide sui due successivi limiti sub b) e sub c). In particolare viene chiesta l'abrogazione, nella lettera b), dell'inciso "qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura superi l'8 per cento della tiratura complessiva dei giornali in Italia" e pertanto il limite medesimo diventerebbe assoluto ed invalicabile (non diversamente da quello che era - prima della sentenza n.420/94 cit. - la prescrizione contenuta nel quarto comma del medesimo art. 15); ossia in nessun caso sarebbe possibile essere titolare di più di una concessione per la radiodiffusione televisiva nazionale; inoltre viene chiesta l'abrogazione di tutta la lettera c).

 

Fuori dal quesito referendario - per effetto della ordinanza del 14 dicembre 1994 dell'Ufficio centrale per il referendum della Corte di cassazione - e' il successivo quarto comma, che la Corte ha recentemente emendato con sentenza n.420 del 1994 dichiarandone l'illegittimità costituzionale nella parte relativa alla radiodiffusione televisiva (tale disposizione - originariamente anch'essa investita dal quesito referendario - prevedeva come limite alle concentrazioni il divieto della titolarita' di piu' del 25% delle emittenti nazionali previste dal piano di assegnazione delle frequenze e comunque di piu' di tre emittenti.

 

2. La seconda richiesta di referendum abrogativo (n. 80 Reg. ref.) investe il terzo comma dell'art. 8 della medesima legge n. 223/90, disposizione questa che - nel dettare le modalità di trasmissione dei messaggi pubblicitari durante le trasmissioni televisive - prescrive in generale che l'inserimento dei messaggi pubblicitari durante la trasmissione di opere teatrali, cinematografiche, liriche e musicali può avvenire unicamente negli intervalli abitualmente effettuati nelle sale teatrali e cinematografiche; consente pero', in via di eccezione, che per le opere di durata programmata superiore a quarantacinque minuti si abbia una ulteriore interruzione per ogni atto o tempo; e' poi consentita una ulteriore interruzione se la durata programmata dell'opera supera di almeno venti minuti due o più atti o tempi di quarantacinque minuti ciascuno.

 

Il quesito referendario tende alla rimozione della consentita eccezione alla regola generale mediante l'abrogazione dell'inciso "Per le opere di durata programmata superiore a quarantacinque minuti è consentita una ulteriore interruzione per ogni atto o tempo. E' consentita una ulteriore interruzione se la durata programmata dell'opera supera di almeno venti minuti due o più atti o tempi di quarantacinque minuti ciascuno.".

 

3. La terza richiesta di referendum abrogativo (n. 81 Reg. ref.) investe il settimo comma dell'art. 15 della stessa legge n. 223/90. Tale di sposizione concerne la raccolta della pubblicità ed in particolare detta una prescrizione diretta ad evitare l'insorgenza di posizioni dominanti nell'ambito delle imprese concessionarie di pubblicità ove queste si trovino ad essere controllate dai concessionari privati, dalla concessionaria pubblica o dai titolari di autorizzazione ex art. 38 legge n. 103/75. Tali imprese di pubblicità non possono raccogliere pubblicità per più di tre reti televisive nazionali, o due reti nazionali e tre reti locali o una rete nazionale e sei locali.

 

Il quesito referendario mira all'abrogazione dell'inciso "tre reti televisive nazionali, o", inciso che si vuole enucleare dalla disposizione suddetta.

 

4. Le tre richieste di referendum abrogativo investono in modo diretto (la prima, consentendo la titolarità di una sola rete nazionale in capo al medesimo soggetto privato) o indiretto (la seconda e la terza, incidendo in senso riduttivo sul quantum di pubblicità fruibile) aspetti finalisticamente complementari del disegno anticoncentrazionistico delineato dalla legge n.223/90, in atto vigente - come implicitamente presupposto dall'Ufficio centrale per il referendum ed esplicitamente affermato da questa Corte nella sentenza n.420 del 1994 - pure in costanza della disciplina-ponte dettata dal decreto legge n.323/93, convertito in legge n.422/93.

 

I giudizi relativi di ammissibilita' possono quindi essere riuniti e decisi con un'unica sentenza pur restando separate le singole proposte referendarie.

 

5. Tutte le richieste suddette sono ammissibili.

 

5.1. Nessuna tra le disposizioni oggetto delle iniziative referendarie rientra tra le categorie di leggi sottratte a referendum dall'art. 75, comma 2, Cost., ne' ad esse sono strettamente collegate. Deve in particolare considerarsi che tali disposizioni non concretano la fattispecie di "norme la cui esistenza ed il cui contenuto siano imposti da obblighi assunti dallo Stato italiano per effetto di trattati internazionali che non lascino alcuno spazio per scelte discrezionali riguardanti l'attuazione, sì che l'abrogazione di esse comporti necessariamente una responsabilità dello Stato italiano nei confronti degli altri contraenti per violazione del trattato" (sent. n. 28 del 1993); si ha invece che esse - sia nella formulazione vigente, che in quella eventualmente emendata in caso di esito favorevole della votazione referendaria - rientrano nella discrezionalita' del legislatore nazionale nel dare attuazione alla direttiva del Consiglio delle Comunita' Europee del 89/552/CEE del 3 ottobre 1989 e sono compatibili con le prescrizioni della Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera del 5 maggio 1989 (resa esecutiva con legge 5 ottobre 1991 n.327).

 

5.2. Tutti i tre quesiti referendari rispondono al requisito della chiarezza, omogeneita' ed univocita' richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte (v. ex plurimis, sent. n.1 del 1994).                                                                        

 

In particolare il primo quesito referendario concernente il primo comma dell'art. 15 - nel lasciare inalterato il limite sub a) - incide sui due successivi limiti sub b) e sub c) nel senso che in caso di esito favorevole all'abrogazione il limite sub b) risulterebbe privo della condizione "qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura superi l'8 per cento della tiratura complessiva dei giornali in Italia" e pertanto diventerebbe un limite assoluto ed invalicabile (non diversamente da quello che era - prima della dichiarazione di incostituzionalita' pronunciata con la sentenza n.420 del 1994 - la prescrizione contenuta nel successivo quarto comma del medesimo art. 15); ossia in nessun caso sarebbe possibile essere titolare di più di una concessione per la radiodiffusione televisiva nazionale. Inoltre coerentemente il limite sub c) risulterebbe del tutto abrogato in quanto ridondante. In ordine a questa preclusione alla titolarità di più di una concessione - di univoco significato e chiara comprensibilita' - l'elettore e' chiamato a votare.

 

5.3. Nè può ravvisarsi una ragione di incoerenza del quesito referendario per incompletezza, tale da comportare difetto di chiarezza, sul rilievo che esso non comprende anche la disposizione dell'art. 31, comma 6, nella parte in cui - nel quadro delle sanzioni amministrative previste per la violazione della legge 223/90 - presuppone la possibilità del rilascio ad un medesimo soggetto privato di più concessioni televisive in ambito nazionale. A parte, invero, il profilo relativo alla applicabilità dell'art. 31, comma 6, anche nel contesto della normativa transitoria introdotta con il d.l. 323/93 citato, l'indicato suo collegamento implicito con l'art. 15, comma 1, della legge 223/90 non rende la disposizione non inclusa nel quesito < < indissolubilmente legata a quella che si vorrebbe sopprimere>> (sent. n. 1 del 1994). Ciò perchè l'art. 31, comma 6, presuppone la articolata disciplina dettata con l'art. 15, comma 1, unicamente al fine di individuare il proprio ambito di applicazione ad effetti solo indirettamente concorrenti con quelli perseguiti da quest'ultima disposizione. Sicchè la mancata inclusione nel quesito referendario della parte dell'art. 31, comma 6, richiamante la ipotesi di titolarità di più reti televisive nazionali in capo ad un medesimo concessionario privato, non fa venire meno la univocità e la chiarezza del quesito, con tutta evidenza ed immediatezza rivolto a limitare ad una sola le concessioni televisive nazionali assentibili in favore di uno stesso soggetto privato, e soltanto proietta sull'art. 31, comma 6, citato - nella prospettiva di un esito positivo della iniziativa referendaria - la eventualità di un mero restringimento della sua area di applicabilità.

 

5.4. Analogamente chiari, omogenei ed univoci sono gli altri due quesiti. Ed infatti, da una parte, la seconda proposta di referendum mira ed eliminare la prevista eccezione alla regola, contenuta del citato terzo comma dell'art. 8, di limitare l'inserimento dei messaggi pubblicitari nelle opere suddette e quindi tende a rendere piu' rigorosa la regola stessa; dall'altra il terzo quesito referendario mira parimenti a rendere piu' rigoroso il limite alla raccolta pubblicitaria perche' in caso di esito favorevole all'abrogazione la prescrizione risulterebbe formulata in termini maggiormente restrittivi nel senso che le imprese di pubblicità non potrebbero raccogliere pubblicità per più di due reti nazionali e tre reti locali o una rete nazionale e sei locali (invece che per più di tre reti televisive nazionali, o due reti nazionali e tre reti locali o una rete nazionale e sei locali).

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

dichiara ammissibili le richieste di referendum popolare per l'abrogazione:

 

- dell'art. 15, comma 1, lettera b) limitatamente alle parole "qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura superi l'8 per cento della tiratura complessiva dei giornali in Italia"; l'art. 15, comma 1, lettera c) "di più di due concessioni per radiodiffusione televi siva in ambito nazionale, qualora si abbia il controllo di imprese editrici di quotidiani la cui tiratura complessiva sia inferiore a quella prevista dalla lett. b)" della legge 6 agosto 1990, n. 223, recante il titolo "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato";

 

- dell'art. 8, comma 3, secondo periodo limitatamente alle parole "Per le opere di durata programmata superiore a quarantacinque minuti è consentita una ulteriore interruzione per ogni atto o tempo. E' consentita una ulteriore interruzione se la durata programmata dell'opera supera di almeno venti minuti due o più atti o tempi di quarantacinque minuti ciascuno" della legge 6 agosto 1990, n. 223 recante il titolo "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato";

 

- dell'art. 15, comma 7, primo periodo limitatamente alle parole "tre reti televisive nazionali, o" della legge 6 agosto 1990, n. 223, recante il titolo "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato";

 

richieste dichiarate legittime con ordinanza del 1° dicembre 1994, modificata dall'ordinanza del 14 dicembre 1994, dell'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di Cassazione.

 

Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 gennaio 1995.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 12 gennaio 1995.