SENTENZA N. 11
ANNO 1979
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Leonetto AMADEI, Presidente
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18, terzo comma, del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (t.u. leggi di pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 25 novembre 1974 dal pretore di Firenze nel procedimento penale a carico di Rampella Calogero, iscritta al n. 449 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 306 del 19 novembre 1975.
Udito nell'udienza pubblica del 7 marzo 1979 il Giudice relatore Virgilio Andrioli.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza 25 novembre 1974 il pretore di Firenze ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 18, comma terzo, r.d. 18 giugno 1931, n. 773, così come modificato dalla sentenza 10 giugno 1970, n. 90 della Corte costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 17, 21 e 27 Cost., sul riflesso che la incriminazione di coloro, i quali siano al giorno del mancato preavviso della riunione in luogo pubblico in cui han preso la parola, per un verso contrasterebbe con l'art. 21, comma primo, e, per altro verso, non riceverebbe giustificazione da altri principi costituzionali. Invero - prosegue il giudice a quo - , se si dimostrasse l'accordo con i promotori, gli oratori risponderebbero come correi dei promotori non già come oratori, laddove, se l'accordo non fosse dimostrato, l'incriminazione degli oratori in quanto tali contrasterebbe con l'art. 27, comma primo. La differenziazione, poi, tra oratori e partecipi alla riunione che si limitano ad assistervi, deriverebbe proprio dalla manifestazione del proprio pensiero, che é tutelata dall'art. 21, comma primo; donde la violazione dell'art. 3. Né - sempre a giudizio del pretore di Firenze - la incriminazione degli oratori, consci del mancato preavviso, potrebbe trarsi da quei comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica, che, a sensi dell'art. 17, comma terzo, impongono alle competenti autorità di vietare riunioni in luogo pubblico, perché ebbe la stessa Corte ad avvertire, nella sentenza 90/1970, che una cosa é l'onere, che sui promotori grava, di dare preavviso della progettata riunione in luogo pubblico e altra cosa é la comprovata sussistenza di motivi di sicurezza o di pubblica incolumità che impongono - ne abbiano le autorità ricevuto preavviso oppur no - di vietarle.
Sebbene la ordinanza, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 306 del 19 novembre 1975, sia stata, a seguito di reiterate sollecitazioni della Cancelleria della Corte, ritualmente notificata e comunicata, nessuno si é costituito, né ha spiegato intervento la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - Successivamente all'ordinanza del pretore di Firenze, la Corte, con sent. 51/1975, ha ritenuto infondata la questione di costituzionalità della norma di diritto impugnata perché il pretore di Bolzano che, con ordinanza 25 novembre 1972, ebbe a riproporla, non aveva addotto nuovi argomenti né prospettato la questione sotto nuovi profili. Siffatto apprezzamento non può ripetersi per il pretore di Firenze il quale, ampliando l'area dei parametri di costituzionalità, prospetta nuove argomentazioni, che la Corte non può non assoggettare ad esame.
2. - Nella sent. 90/1970 si giudicò fondata la questione di costituzionalità dell'art. 18, comma terzo, che commina pena contravvenzionale per coloro che prendono la parola in riunioni in luogo pubblico, non precedute da preavviso, e, per contro, si reputò infondata la questione di costituzionalità della stessa norma riferita a chi in dette riunioni prenda la parola pur essendo conscio del mancato preavviso; sulla base della duplice premessa si dichiarò l'illegittimità dell'art. 18, comma terzo, t.u.p.s. nella parte in cui non limita la previsione punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza della omissione del preavviso.
Tale essendo la struttura logico-giuridica del precedente del 1970, sembra chiaro che, se più non possono essere incriminati coloro che prendono la parola in riunione in luogo pubblico non essendo a conoscenza del mancato preavviso, permane per la Corte integro il compito di verificare se sia, oppur no, fondata la questione di costituzionalità dell'art. 18, comma terzo, in quanto se ne assumano destinatari coloro che, pur essendo a conoscenza del mancato preavviso, prendano la parola in riunioni in luogo pubblico.
3. - L'attenta considerazione degli argomenti esposti nella ordinanza di rimessione e il riesame della materia, non priva di difficoltà come quella che coinvolge il coordinamento tra interessi costituzionalmente garantiti, inducono la Corte a sancire l'illegittimità dell'art. 18, comma terzo, anche se destinatari ne siano coloro che abbiano preso la parola in riunioni in luogo pubblico pur essendo a conoscenza del mancato preavviso alle competenti autorità.
La circostanza che la posizione di costoro non si confonda con la condizione dei partecipi che non hanno preso la parola non giova da sola a porre i primi sullo stesso piano dei promotori, che non assolsero al dovere del preventivo preavviso: pertanto, fondata é la censura di violazione dell'art. 3, voltaché l'indiscussa disparità tra partecipi silenti e oratori si é utilizzata per affermare l'affinità tra promotori e oratori.
D'altro canto é estranea alla fattispecie, descritta nel testo anche originario dell'art. 18, comma terzo, la considerazione di pur comprovati motivi di sicurezza o di pubblica incolumità (beni, garantiti dall'art. 17, ad insidiare i quali potrebbe indirizzarsi il comportamento di coloro che prendono la parola in riunioni non precedute da preavviso) perché, come riunioni, pur precedute da preavviso, ben possono attentare alla sicurezza o alla pubblica incolumità, così riunioni, non precedute da preavviso, possono svolgersi senza che ne siano in alcun modo pregiudicate la sicurezza o la incolumità pubblica.
La presunzione o la supposizione, infine, di accordo con i promotori, non solleciti di dar preavviso della riunione, cui conferirebbe sostanza la conoscenza, negli oratori non promotori, del mancato preavviso, non equivale di per se stessa a piena prova e, pertanto, non giova, vuoi sul piano normativo vuoi nell'area dell'istruzione probatoria, ad equiparare gli oratori consci del mancato preavviso ai promotori negligenti, senza negar rispetto all'art. 27, comma secondo.
Il raffronto tra gli artt. 3, 17 e 27, lungi dal giustificare la sussunzione, nell'art. 18, comma terzo, del comportamento degli oratori consci del mancato preavviso, evidenzia la violazione di tali precetti costituzionali. Parimenti l'incriminazione dei soli oratori in questione implica violazione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, garantito dall'art. 21, comma primo.
Ne consegue la illegittimità, senza residuo, dell'art. 18, comma terzo, (secondo periodo) t.u.p.s.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 18, comma terzo (secondo periodo) r.d. 18 giugno 1931, n. 773, nella parte in cui prevede la incriminazione contravvenzionale di coloro che prendono la parola in riunione in luogo pubblico essendo a conoscenza della omissione di preavviso previsto nel primo comma.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1979.
Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 10 maggio 1979.