SENTENZA N. 7
ANNO 1967
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 9 della legge 30 dicembre 1962, n. 1859, concernente "Istituzione e regolamento della scuola media statale", promosso con ordinanza emessa il 16 luglio 1965 dal Pretore di Campobasso nel procedimento penale a carico di Mastrangelo Rocco ed altri, iscritta al n. 188 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 del 30 ottobre 1965.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udita nell'udienza pubblica del 6 dicembre 1966 la relazione del Giudice Luigi Oggioni;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Gastone Dallari, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso del procedimento penale, promosso su denuncia del Provveditore agli studi di Campobasso, a carico di Mastrangelo Rocco ed altri residenti in Baranello, imputati del reato di cui all'art. 731 del Codice penale, in relazione all'art. 8 della legge 30 dicembre 1962, n. 1859, per avere omesso di adempiere all'obbligo scolastico post-elementare (scuola secondaria di primo grado) nei confronti dei figli minori sottoposti alla loro autorità, il Pretore di Campobasso, con ordinanza del 16 luglio 1965, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 9 della citata legge del 1962 in relazione agli artt. 34, secondo comma, e 3 della Costituzione.
Il Pretore, rilevato che le norme impugnate prevedono solo l'esonero delle tasse e contributi scolastici (intendendo per tali tutti quegli adempimenti pecuniari che le leggi vigenti impongono per la immatricolazione, per la frequenza dei corsi, rilascio dei certificati e diplomi di studio) ne prospetta l'insufficienza rispetto all'ampiezza del concetto di gratuità della istruzione obbligatoria di cui all'art. 34 della Costituzione, nonché il contrasto col principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.
Il riconoscimento di questi vizi, secondo il Pretore, renderebbe possibile ravvisare nell'onere finanziario non indifferente gravante sugli imputati, relativamente all'acquisto dei libri e del materiale didattico ed all'accesso alla scuola (lontana dalle rispettive abitazioni, nella maggior parte dei casi, tre o quattro Km. di strada mulattiera) quei giusti motivi che l'art. 731 del Codice penale prevede quale causa di esclusione dal reato.
Ciò premesso ai fini della rilevanza della questione, il Pretore precisa che il principio della gratuità non sarebbe integralmente rispettato dall'art. 4 impugnato, data la necessità dell'erogazione a carico degli obbligati dalle suddette spese, indispensabili per poter godere del diritto alla istruzione, così come riconosciuto dallo stesso legislatore che, appunto, con il successivo art. 9 della legge in esame, autorizza soltanto i Patronati scolastici, al fine di agevolare l'adempimento dell'obbligo, ad intervenire, secondo i casi, a favore degli utenti di disagiate condizioni economiche, specie in relazione all'acquisto dei libri e del materiale scolastico ed al trasporto degli alunni. In forza dell'art. 4 impugnato, secondo l'ordinanza, si realizzerebbe la gratuità in riferimento alle tre classi della scuola media d'obbligo solo per quanto riguarda il costo di produzione del servizio pubblico dell'istruzione, che, dato l'esonero delle tasse e contributi, resta esclusivamente a carico dello Stato, ma non per questo riguarda il "costo di utilizzazione del servizio stesso". Il che non corrisponderebbe al dettato costituzionale che invece, afferma il Pretore di Campobasso, "sembra voglia sollevare il cittadino dal costo di utilizzazione del servizio" come sarebbe dimostrato anche dal fatto che, in materia di istruzione elementare, le spese per l'acquisto dei libri sono state effettivamente poste a carico dello Stato ed é stata attuata la dislocazione periferica delle scuole in modo da renderle agevolmente accessibili da parte di tutti gli utenti.
Il Pretore prospetta poi un ulteriore motivo di illegittimità della norma in questione, che contrasterebbe anche con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, creando una disparità di trattamento fra i cittadini che versano nella stessa situazione giuridica per essere obbligati all'istruzione elementare e all'istruzione media inferiore, entrambe obbligatorie ed entrambe gratuite, a norma della Costituzione.
Analoghe censure dovrebbero muoversi all'art. 9 impugnato, perché, affidando gli interventi alla discrezionalità dei Patronati scolastici, comprometterebbe la effettiva gratuità dell'istruzione anche nei confronti dei meno abbienti, e comunque contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione perché, prevedendo facilitazioni solo per gli alunni di disagiate condizioni e non per gli altri, porrebbe una discriminazione fra cittadini nella medesima situazione giuridica, ed aventi quindi diritto al medesimo trattamento.
L'ordinanza, regolarmente notificata al Presidente del Consiglio ed al Pubblico Ministero il 19 luglio ed il 10 settembre 1965 all'imputato, é stata comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento ed é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 del 30 ottobre 1965.
Nel giudizio così proposto avanti a questa Corte, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso come per legge dalla Avvocatura dello Stato, che ha depositato le sue deduzioni in cancelleria il 18 novembre 1965.
Osserva l'Avvocatura che la tesi sostenuta nell'ordinanza di rinvio sarebbe viziata da una inesatta visione del concetto di gratuità. L'onerosità o la gratuità delle prestazioni, invero, anche nel campo di quelle offerte dalla pubblica Amministrazione, sarebbe in funzione del pagamento o meno di un corrispettivo diretto del servizio o del bene prestato, onde nella specie, essendo l'insegnamento medio impartito a cura dello Stato senza la pretesa della relativa tassa (cioè del corrispettivo pecuniario richiesto al cittadino per usufruire di un pubblico servizio) dovrebbe senz'altro ritenersi realizzato il principio della gratuità.
Il dispendio ulteriore sostenuto dall'utente, che il Pretore definisce inerente alla "utilizzazione" del servizio, non costituirebbe quindi una contro-prestazione da farsi all'Amministrazione per il godimento del servizio stesso, ma rappresenterebbe un onere che grava sui cittadini in relazione all'obbligo scolastico. Diversamente, soggiunge l'Avvocatura, dovrebbe porsi a carico dello Stato anche le spese di vestiario, di illuminazione o di mancato guadagno per l'attività lavorativa cui eventualmente avrebbe potuto dedicarsi lo studente. E ciò senza dire che l'esclusione, oltre che delle tasse per l'iscrizione, anche di contributi per la "frequenza" scolastica, disposta dall'art. 4 impugnato, starebbe a dimostrare che il legislatore avrebbe garantito espressamente la gratuità della "utilizzazione" del servizio, in cui appunto, secondo l'Avvocatura, si identificherebbe la frequenza, puntualmente osservando così il precetto costituzionale.
Né varrebbe richiamarsi a quanto realizzato nel campo della istruzione elementare, poiché, per quanto riguarda l'accollo allo Stato delle spese dei libri, si tratterebbe di una disposizione limitata al solo triennio 1962-1965, che non farebbe parte organica del sistema come applicazione del precetto costituzionale di gratuità dell'istruzione, mentre l'organizzazione periferica delle scuole non varrebbe a costituire il diritto al rimborso delle spese di trasporto a favore di quegli utenti che, per avventura, si trovassero in posizione da cui l'accesso riuscisse malagevole o dispendioso.
Infine l'Avvocatura osserva che, a norma dell'art. 731 del Codice penale sono punite solo le contravvenzioni all'obbligo scolastico senza "giusto motivo", per cui sarebbe evidente che la legislazione ordinaria non ignora le situazioni di particolare disagio, escludendo ogni sanzione nel caso di inadempimento dell'obbligo che appaia al giudice determinato da fondate ragioni.
Conclude pertanto l'Avvocatura chiedendo dichiararsi inammissibile o comunque infondata la questione sollevata dal Pretore di Campobasso.
L'Avvocatura dello Stato ha poi depositato nei termini una memoria illustrativa, con cui sviluppa e ribadisce le argomentazioni già svolte nelle prime difese.
In particolare, pur riconoscendo che la gratuità della scuola dell'obbligo e l'assistenza scolastica tendono ad assicurare l'eguaglianza nei rapporti etico-sociali, l'Avvocatura insiste nell'affermare che il servizio pubblico dell'istruzione cui lo Stato é tenuto a norma dell'art. 33, secondo comma, della Costituzione, si compendierebbe unicamente nella istituzione di scuole e palestre e nella organizzazione del relativo personale, per cui gli oneri accessori (acquisto dei libri, trasporto, ecc.) resterebbero a carico degli obbligati.
L'art. 34 della Costituzione, pertanto, si riferirebbe al servizio dell'istruzione così concepito, e non garantirebbe quindi l'esenzione dai detti oneri accessori.
L'assistenza poi garantita ai capaci e meritevoli dall'art. 34, terzo comma, della Costituzione, non rientrerebbe nella prestazione del servizio, attuando non già il principio della gratuità, bensì quello generalissimo di libertà ed eguaglianza di cui all'articolo 3, secondo comma, della Costituzione.
D'altra parte, secondo l'Avvocatura, l'art. 30 della Costituzione, stabilisce fra l'altro il dovere dei genitori di istruire i figli, porrebbe a loro carico i relativi oneri, ed i principi solidaristici dovrebbero pertanto intervenire solo nel caso in cui i genitori non abbiano i mezzi necessari.
Esposti poi i motivi che consigliarono il legislatore del 1962 a istituire la scuola media d'obbligo, tendente al fine di porre tutti i giovani di una determinata età in condizioni di eguaglianza attraverso un periodo di istruzione eguale per tutti, diversamente da quanto accadeva con la legislazione precedente, osserva altresì l'Avvocatura che la Costituzione, nel garantire con l'art. 34, secondo comma, l'istruzione gratuita, non richiede l'acquisizione di titoli o diplomi, limitandosi ad esigere l'osservanza dell'obbligo scolastico, per cui la gratuità non potrebbe neppure ritenersi un elemento tendente a garantire un proficuo risultato dell'obbligo scolastico. Anche sotto questo aspetto il secondo comma dell'art. 34 si differenzierebbe dal terzo che considera invece il caso degli alunni meritevoli cui si vuole assicurare il diritto alla prosecuzione degli studi.
La distribuzione gratuita dei libri di testo e le altre provvidenze adottate in pratica dal legislatore ordinario, non costituirebbero, quindi, una prestazione dell'Amministrazione diretta a realizzare la gratuità dell'istruzione, ma tenderebbero invece a concretare altri precetti costituzionali come quello che assicura ai meritevoli la possibilità di raggiungere i più elevati gradi di studio (art. 34, terzo comma) o quello che garantisce la eguaglianza dei cittadini (art. 3 della Costituzione).
La diversità di trattamento fra gli alunni delle scuole medie e quelli delle elementari, lamentato nell'ordinanza di rinvio non sussisterebbe, poi, perché la diversità delle provvidenze adottate a favore della totalità degli studenti, anche se in misura variabile, sarebbe comunque aderente al mutare della posizione scolastica dei soggetti, per il decorso degli studi, il che escluderebbe una disparità di trattamento nel solo senso costituzionalmente rilevante, della violazione di una posizione di eguaglianza.
Non sussisterebbe neppure l'altra discriminazione lamentata nell'ordinanza in relazione alla previsione degli interventi dei Patronati solo a favore dei non abbienti. Infatti, queste prestazioni, costituendo attuazione non della gratuità, ma dei citati principi di cui agli artt. 3 e 34, ultimo comma, della Costituzione, e restando comunque estranee al concetto del pubblico servizio dell'istruzione come sopra delineato, perseguirebbero finalità etico-sociali da realizzare progressivamente, in relazione alla valutazione discrezionale delle possibilità economiche dello Stato.
Del resto, aggiunge l'Avvocatura, anche a voler ammettere che il Costituente abbia in realtà voluto estendere il carattere della gratuità nel senso inteso nell'ordinanza di rinvio, tratterebbesi pur sempre di una disposizione programmatica, attuabile progressivamente in armonia con le esigenze generali della collettività.
L'Avvocatura insiste pertanto nelle già prese conclusioni.
Considerato in diritto
1. - L'Avvocatura dello Stato, nelle "osservazioni" conclusive, indica come motivo assorbente di non fondatezza della questione di legittimità costituzionale, il carattere meramente programmatico della norma sulla gratuità dell'istruzione inferiore, per cui, anche ad accedere ad un concetto estensivo della gratuità, l'attuazione ne sarebbe rimandata ad un futuro e graduale sviluppo, del tutto condizionato al verificarsi di eventi, specie economici, che lo consentano.
La Corte non ritiene esatta la individuazione della natura della norma, come norma soltanto indicativa di una tendenza verso un futuro da realizzare, se ed in quanto possibile: bensì trae dalla chiara, incisiva formulazione della norma la conseguenza della sua precettività, nel senso dell'affermazione di un principio immanente che, pur necessitando di essere poi articolato in norme di attuazione, di queste vincola -a priori - il contenuto. Nella specie, sono appunto le "norme generali sull'istruzione" previste dall'art. 33 della Costituzione che debbono tradurre in atto quel precetto generale e conformarvisi.
2. - così definita la natura della norma costituzionale in esame, occorre precisarne il contenuto e la portata, ai fini dell'accertamento di legittimità degli artt. 4 e 9 della legge 30 dicembre 1962.
É opportuno, anzitutto, considerare qual era, al momento della emanazione della Costituzione, la situazione normativa del l'ordinamento scolastico.
Per quanto riguarda la legislazione generale sulla obbligatorietà e gratuità della scuola, si era pervenuti al R.D. 15 febbraio 1928, n. 577, sulla istruzione elementare e post-elementare, che aveva sviluppato e aggiornato precedenti remoti e meno remoti che andavano dalla legge Casati del 1859 sulla obbligatorietà e gratuità della scuola elementare (intesa la gratuità come onere dei Comuni condizionato alle loro "facoltà" e "secondo i bisogni dei loro abitanti") alla legge Orlando del 1904 che estendendo l'obbligo ai dodici anni "dava facoltà ai Comuni di iscrivere in bilancio un fondo per aiutare le famiglie povere con la refezione e con libri di testo".
Il predetto decreto del 1928 aveva ribadito per tutti i Comuni e senza più le precedenti riserve, il principio generale della gratuità insieme al principio della obbligatorietà della istruzione, estesa al limite dei quattordici anni di età.
Inoltre, il Codice civile del 1942 aveva, dal suo canto, nell'art. 147 indicato l'educazione e l'istruzione come doveri primari dei genitori verso la prole.
D'altro lato, dopo che il sorgere dei Patronati scolastici era avvenuto sino dal 1877 in forma embrionale e con intenti caritativi, la legge 4 giugno 1911, n. 487, aveva dato luogo alla formale istituzione in ogni Comune del Patronato per l'assistenza agli alunni della scuola elementare, mediante refezioni, sussidi, distribuzione di libri e di altri oggetti scolastici.
Tale essendo lo stato della legislazione precedente, la Costituzione sopravvenne a confermarne, e con analoga formulazione, i principi generali della obbligatorietà e gratuità della istruzione inferiore, meglio inquadrandoli sistematicamente, e con più elevata significazione, sotto il titolo dei "rapporti etico-sociali".
Componenti del rinnovato sistema risultano: l'espresso riconoscimento che l'istruzione é diritto e dovere dei genitori (articolo 30); l'obbligo della Repubblica di disporre misure economiche e "provvidenze" onde agevolare l'adempimento dei doveri della famiglia (art. 31); la rimozione di ogni ostacolo o discriminazione, affinché la scuola sia accessibile a tutti (art. 34, prima parte) e ciò con lo stesso significato di quanto proclamato dal Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ratificata con legge n. 848 del 1945 nel senso che "il diritto all'istruzione non può essere rifiutato ad alcuno"; infine le provvidenze (borse di studio, assegni) atte a favorire l'accesso ai gradi più alti degli studi da parte degli scolari capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi (art. 34, secondo e terzo capoverso).
3. - Ciò premesso, onde accertare se i citati artt. 4 e 9 della legge 30 dicembre 1962 attuino il precetto costituzionale o ne divergano in tutto o in parte o non ne raggiungano lo scopo, é necessario determinare il significato del termine "istruzione" nonché il contenuto ed i limiti della corrispondente gratuità.
Al riguardo, non é da disconoscere la distinzione tra i concetti di insegnamento, di istruzione e di educazione, comprendendo nel primo l'attività del docente diretta ad impartire cognizioni ai discenti nei vari rami del sapere, nel secondo l'effetto intellettivo di tale attività e nel terzo l'effetto finale complessivo e formativo della persona in tutti i suoi aspetti. Ma tale distinzione, pur rispecchiando nel suo aspetto concettuale una posizione di progressività graduale, procedente da premessa a risultati, non può avere incidenza decisiva nella concreta questione in esame così da pervenire ad assegnare al termine istruzione, quale espresso nella norma costituzionale ed interpretato dalla Corte agli effetti della gratuità della prestazione, un significato diverso e più ampio di quello proprio dell'insegnamento, così da ricomprendere in quest’ultimo, come prestazione d'obbligo ad esso inerente in senso proprio, anche altre prestazioni che si collegano all'insegnamento e lo coadiuvano ma non ne costituiscono i tratti essenziali, come la fornitura di libri di testo, di materiale di cancelleria, nonché di mezzi di trasporto.
Invero, queste due ultime voci riguardano prestazioni collaterali d'ordine meramente materiale e strumentale; mentre, per quanto riguarda i libri di testo, pur avendo questi una qualificazione ben più alta per l'ausilio che offrono a raffermare nella memoria dei discenti la lezione impartita dall'insegnante, non può dirsi che la loro provvista rientri strettamente e propriamente nell'ambito del pubblico servizio scolastico e della correlativa prestazione amministrativa.
L'interesse pubblico al soddisfacimento di bisogni individuali di importanza collettiva, evidentissimo nel caso in cui si tratti di perseguire finalità etico-sociali mediante la cultura del cittadino, importa l'assunzione del servizio da parte dello Stato e la sua organizzazione. É questo l'elemento primario, che caratterizza e domina la prestazione, la concreta, ed insieme la esaurisce (salvo quanto si dirà in seguito) mediante la messa a disposizione degli ambienti scolastici, del corpo insegnante e di tutto ciò che direttamente inerisce a tali elementi organizzativi. In questa prestazione in cui é predominante e caratteristica la prestazione di attività, mentre la prestazione di beni é poi un mezzo per raggiungere lo scopo, é concentrato tutto quanto richiesto, nel settore, pel razionale adempimento di questo compito dello Stato accanto all'adempimento degli altri molteplici compiti, e che é concentrato su di un oggetto che é o deve essere ben definito nella sua predominante essenzialità.
Il precetto costituzionale, che esige come gratuita la prestazione, trova nella legge n. 1859 del 1962 la sua corrispondente attuazione appunto nella norma dell'art. 4 che sulla premessa dell'apprestamento, senza onere per gli utenti, dell'ambiente di studio e del corpo insegnante, stabilisce l'esonero dal pagamento di tasse e dal versamento di qualsiasi contributo per l'iscrizione e la frequenza nella scuola media: norma stabilita in coerenza dall'art. 1 della stessa legge, dove l'art. 34 della Costituzione é espressamente richiamato con l'affermare che l'istruzione post-elementare é "impartita" gratuitamente, nel che, per l'uso del verbo impartire, é da ravvisarsi una esatta interpretazione dei limiti della gratuità, rapportata all'organizzazione dell'insegnamento, come sopra inteso.
Tutto ciò a prescindere dal definire se l'esonero dal pagamento di tasse ed altro debba qualificarsi come esonero da una controprestazione, il che é contrastato in dottrina poiché non esisterebbe, nel caso, la figura tecnico-giuridica della controprestazione di fronte ad una prestazione-quella dello Stato - che ha soltanto la sua causa nell'interesse pubblico: ovvero debba qualificarsi come esonero da tasse, quale elemento accessorio al rapporto principale. Ciò che soprattutto importa rilevare é che nell'un caso o nell'altro, é il requisito della gratuità che trova qui modo e spazio per la sua effettuazione.
D'altra parte, il diritto all'istruzione non é inteso nel sistema della Costituzione, come un diritto che sia esclusivamente tale e sia perciò svincolato dall'adempimento di corrispondenti doveri da parte dei genitori. Invero, l'art. 30 addita, a proposito dell'istruzione, nella sua formula composita, il binomio dovere-diritto come operante nel campo di quei rapporti etico-sociali (tale é il titolo sotto cui la norma é ricondotta) che trovano nella famiglia il loro fondamentale ambiente e movente.
Rimane, quindi, e deve rimanere nel vasto campo dell'istruzione in genere un margine di attività (e sono quelle suindicate unite da un legame di accessorietà e di ausiliarità a quelle essenziali) affinché il cennato dovere, ispirato soprattutto a inalienabili principi e imperativi morali, sia adempiuto, anche se in parte oneroso, dai genitori.
Che, poi, si tratti di onerosità il cui peso economico possa essere soggettivamente sentito in misura variabile, é ovvio, ma a temperarne la conseguenza sono appunto previste dall'art. 31 della Costituzione le "provvidenze" atte ad agevolare con misure economiche i compiti della famiglia, con particolare riguardo alle famiglie più bisognevoli di ausilio.
4. - Ora, sono soprattutto le agevolazioni mediante l'opera dei Patronati scolastici, previste dall'art. 9 della legge del 1962, a cui si riferisce l'ordinanza di rinvio, a dimostrare che il problema della gratuità, esattamente inteso, non é in questo modo eluso ma osservato.
Già fin dalla legge 4 marzo 1958, n. 261, si é dato ai Patronati una struttura organica, riconoscendo ad essi personalità giuridica di diritto pubblico e segnandone i compiti attinenti alla fornitura gratuita di libri, oggetti di cancelleria, indumenti, medicinali, refezioni agli alunni bisognosi frequentanti la scuola d'obbligo.
Nell'anno 1962 sono intervenute due leggi: la n. 17 del 26 gennaio per l'aumento, nell'esercizio 1961-62, dei contributi ai Patronati e per lo stanziamento di somme pel trasporto degli alunni in scuole dislocate; la n. 1073 del 24 luglio, sul piano triennale di sviluppo della scuola, recante nuovo aumento del contributo statale ai Patronati per l'assistenza agli alunni bisognosi con particolare riguardo a quelli appartenenti a famiglie numerose, nonché lo stanziamento di notevoli somme pel trasporto degli alunni e per l'assegnazione di borse di studio. Con legge 31 ottobre 1966, n. 942, si é da ultimo disposto il finanziamento del piano quinquennale di sviluppo della scuola, provvedendosi al trasporto gratuito degli alunni della scuola dell'obbligo per superare difficoltà di accesso, servizio da affidarsi anche ai Patronati scolastici, nonché per la concessione di buoni-libro agli alunni delle scuole medie di disagiate condizioni economiche con servizio di distribuzione da affidarsi anche questo ai Patronati.
Deve, quindi, darsi atto del graduale sviluppo in senso concreto di quanto delineato nell'art. 9 della legge n. 1859 del 1962.
L'intervento dei Patronati scolastici é inquadrato nel piano di sviluppo non come attività largamente discrezionale, paternalistica o di mera beneficenza ma come intervento imposto dai fini propri dell'istituto: con un solo limite, segnato dalle possibilità economiche generali e particolari.
Che gli stanziamenti disposti non riescano a soddisfare totalitariamente le molteplici e variabili esigenze individuali del caso, non é da escludere: ma, nel sistema delle agevolazioni all'adempimento dei compiti delle famiglie e con particolare riguardo alle più meritevoli di ausilio, mediante misure economiche ed altre provvidenze di cui all'art. 31 della Costituzione, le norme su elencate, a partire da quella dell'art. 9 della legge del 1962, sono rispondenti, anche nella loro letterale formulazione, alla Costituzione. La quale poi nell'art. 34 allarga l'ambito delle provvidenze con la norma dei due ultimi commi dell'art. 34, diretti al fine di favorire il raggiungimento dei gradi più alti degli studi da parte dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi. Il che, in corrispondenza alla elevatezza del fine, rende ancora più complesso il problema del dilatarsi dell'onere a carico dello Stato e del suo assolvimento, in relazione agli altri oneri concomitanti.
5. - D'altra parte la obbligatorietà dell'adempimento del dovere di istruzione da parte dei genitori non é prevista come incondizionato comando, valevole indifferentemente per ogni caso e ciò é dimostrato dal richiamo che l'art. 8, ultimo capoverso, della legge del 1962 fa, pel caso di inadempienza, alle sanzioni dell'art. 731 del Codice penale in quanto l'ipotesi contravvenzionale ivi indicata viene a perdere carattere di illegittimità ove sia dimostrata, come l'articolo dispone, l'esistenza, da valutarsi dal giudice caso per caso, di "giusti motivi" ossia di cause che dimostrino inattuabile quell'adempimento per forza maggiore o stato di necessità. Ciò spiega che quando le "agevolazioni" previste dall'art. 31 della Costituzione mediante misure economiche e provvidenze in genere, non riescano, in via contingente, a coprire tutta l'area delle situazioni di infinita variabilità, si dà luogo ad un ragionevole contemperamento tra esercizio di un diritto e adempimento di un dovere.
6. - Né il fatto che la sopraggiunta legge 10 agosto 1964 ha disposto la fornitura gratuita dei libri di testo a tutti gli alunni delle scuole elementari, sia statali, sia autorizzate a rilasciare titoli di studio riconosciuti dallo Stato, può dirsi aver causato l'illegittimità costituzionale della precedente legge del 1962 per la mancata estensione dello stesso beneficio agli alunni della scuola media inferiore, con violazione - dato il trattamento differenziato - del principio dell'eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge.
Trattasi di una provvidenza settoriale, indirizzata a beneficio di soggetti, posti in particolare situazione scolastica, come tale considerata con provvedimento autonomo e subordinata ad una valutazione della possibilità di attuazione, offerta sia dalle condizioni di bilancio, sia dall'indirizzo di politica generale, entrambi riservati al razionale giudizio e alle determinazioni del legislatore.
Il principio generale di eguaglianza va qui considerato unicamente in relazione al significato, al contenuto ed ai limiti della norma sulla gratuità dell'istruzione, quali si sono sopra delineati: il che risulta rispettato dalla legge del 1962 e non intaccato - ex post - da successive norme particolari aventi ambito delimitato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 9 della legge 30 dicembre 1962, n. 1859, concernente "Istituzione e regolamento della scuola media statale", in relazione agli artt. 34, secondo comma, e 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 febbraio 1967.
Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI
Depositata in cancelleria il 4 febbraio 1967.