SENTENZA N. 52
ANNO 1965
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. NICOLA JAEGER
Dott. ANTONIO MANCA
Prof. ALDO SANDULLI
Prof. GIUSEPPE BRANCA
Prof. MICHELE FRAGALI
Prof. COSTANTINO MORTATI
Prof. GIUSEPPE CHIARELLI
Dott. GIUSEPPE VERZÌ
Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI
Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 392, primo comma, del Codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 4 marzo 1965 dal Pretore di Imola nel procedimento penale a carico di Venieri Angelo, iscritta al n. 44 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 109 del 30 aprile 1965.
Udita nell'udienza pubblica del 16 giugno 1965 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza emessa il 4 marzo 1965 nel procedimento penale a carico di Venieri Angelo, il Pretore di Imola ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 392, prima parte, del Codice di procedura penale in riferimento all'inciso "in quanto sono applicabili" e in relazione agli artt. 304 bis, ter e quater dello stesso Codice, perché in contrasto con l'art. 24 della Costituzione, ritenendo la questione stessa rilevante ai fini della definizione del procedimento.
Osserva il Pretore nell'ordinanza che la Corte costituzionale, con sentenza n. 11 del 4 febbraio 1965, ha dichiarato non fondata la detta questione, affermando in motivazione che le disposizioni degli artt. 304 bis, ter e quater del Codice di procedura penale sono applicabili anche all'istruttoria sommaria, ed escludendo, su questa base, la sussistenza del lamentato contrasto fra la norma denunziata e il precetto costituzionale.
Ciò premesso, il giudice a quo rileva che a tale pronuncia non si sarebbero adeguati alcuni successivi giudicati della magistratura ordinaria, e che comunque si sarebbero prospettate, anche da parte delle autorità giudiziarie che si sono conformate alla sentenza della Corte costituzionale, due tesi contrastanti circa l'interpretazione della detta pronuncia: l'una le attribuisce contenuto meramente interpretativo, con la conseguenza di ritenere applicabili gli artt. 304 bis, ter e quater del Codice di procedura penale anche alle situazioni processuali anteriori alla pronuncia stessa non coperte dal giudicato; l'altra le riconoscerebbe, invece, efficacia solo dal giorno successivo alla pubblicazione, a norma degli artt. 136 della Costituzione e 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Secondo il giudice a quo sorgerebbe, pertanto, incertezza sia in ordine all'esistenza del diritto di difesa nell'istruttoria sommaria, sia in ordine alla validità degli atti di istruttoria sommaria compiuti antecedentemente alla sentenza della Corte senza l'osservanza delle disposizioni relative all'istruzione formale.
Per risolvere tali dubbi si renderebbe necessaria una nuova pronunzia della Corte, alla quale non osterebbe la già intervenuta dichiarazione di infondatezza, dati i nuovi profili che accompagnerebbero l'odierna impugnativa, inerenti alle accennate possibilità di contrastanti interpretazioni della intervenuta decisione. Ciò in conformità con quanto, in analoghe circostanze, fu ritenuto dalla Corte medesima, la quale - come si esprime il giudice a quo - avrebbe "risolto i problemi derivanti dalla mancata adesione ai principi sanciti nella motivazione di sue precedenti decisioni, trasferendo nel dispositivo della sentenza in cui si era proceduto al riesame della questione di costituzionalità i criteri di giudizio precedentemente assunti nella sola motivazione della prima decisione".
L'ordinanza é stata notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri il 10 marzo 1965 ed all'imputato il 18 successivo, comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, n. 109 del 30 aprile 1965.
Nessuno si é costituito avanti alla Corte costituzionale.
Considerato in diritto
Con la sentenza n. 11 del corrente anno questa Corte, in considerazione dell'intento ispiratore della riforma legislativa del 1955, degli orientamenti giurisprudenziali immediatamente successivi a tale riforma, dei generali, autorevolissimi convincimenti della dottrina, aveva ritenuto di dover escludere ogni contrasto tra l'art. 392, primo comma, del Codice di procedura penale e l'art. 24 della Costituzione, sul presupposto che il rinvio fatto dall'art. 392 alle disposizioni relative all'istruzione formale, "in quanto sono applicabili", consentisse l'estensione all'istruzione sommaria delle disposizioni degli artt. 304 bis, ter e quater dell'anzidetto codice, riguardanti l'esercizio del diritto di difesa nell'istruzione formale. In tal modo interpretata, la norma avrebbe potuto continuare a vivere nel sistema, in piena armonia con la Costituzione.
L'esperienza immediatamente successiva ha tuttavia rivelato che la giurisprudenza della magistratura ordinaria, la quale fin dal 1958 aveva ritenuto di doversi discostare dall'anzidetta interpretazione dell'art. 392 - che é l'unica non contrastante col precetto dell'art. 24 della Costituzione -, continua a escludere che la formulazione dell'anzidetto articolo del Codice di procedura penale, dati i particolari caratteri dell'istruzione sommaria, consenta l'estensione a quest'ultima delle garanzie del diritto di difesa introdotte nel Codice con gli artt. 304 bis, ter e quater. Interpretata e applicata in tal modo, la disposizione del primo comma dell'art. 392 continua perciò a vivere nella realtà concreta in modo incompatibile con la Costituzione, come questa Corte ha già diffusamente spiegato nella ricordata sentenza n. 11. É evidente, del resto, che, ove con l'istruzione sommaria dovesse risultare, per natura, incompatibile l'esercizio del diritto di difesa, quel tipo di istruzione sarebbe esso stesso in assoluto contrasto con l'art. 24 della Costituzione, il quale vuole assicurato il diritto di difesa "in ogni stato e grado del procedimento".
Questa Corte rimane però ferma nel convincimento della inesistenza di una naturale incompatibilità dell'istruzione sommaria con l'esercizio del diritto di difesa. Onde contrasta con l'art. 24 della Costituzione semplicemente il fatto che nel corso di tale tipo di istruzione la legge escluda l'esercizio della difesa.
Uniformandosi al precedente segnato dalla sentenza n. 26 del 1961, la Corte ritiene pertanto di dovere, nella situazione determinatasi, della quale si é fatta eco l'ordinanza che ha dato inizio al presente giudizio, dichiarare illegittimo l'art. 392, primo comma, del Codice di procedura penale, nella parte in cui, estendendo alla istruzione sommaria le norme stabilite per l'istruzione formale solo "in quanto sono applicabili", autorizza ad escludere che anche nell'istruzione sommaria debbano avere applicazione le disposizioni degli artt. 304 bis, ter, quater, poste a garanzia del diritto di difesa.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara in riferimento all'art. 24 della Costituzione, la illegittimità costituzionale dell'art. 392, primo comma, del Codice di procedura penale nella parte in cui, con l'inciso "in quanto sono applicabili", rende possibile non applicare all'istruzione sommaria le disposizioni degli artt. 304 bis, 304 ter e 304 quater dello stesso Codice.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 giugno 1965.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO.
Depositata in Cancelleria il 26 giugno 1965.