Consulta OnLine (periodico online) ISSN 1971-9892

   

GIURISPRUDENZA DELLA CORTE EDU

(concernente gli altri membri del Consiglio d’Europa)

 

req. n. 31091/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

28 novembre 2024 (Klaudia Csikos c. Ungheria)

Art. 8 e art. 10 – Violazione del diritto al rispetto della vita privata, della riservatezza della corrispondenza e della libertà di espressione in ragione dell’assenza di adeguate garanzie procedurali per una giornalista che lamentava l'intercettazione delle proprie telefonate con un conoscente stretto al fine di scoprire le sue fonti di informazione

req. n. 2669/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

26 novembre 2024 (Ferrero Quintana c. Spagna)

Art. 1 del Protocollo 12 – Non violazione del divieto generale di discriminazione in conseguenza della fissazione di un limite di età di 35 anni in un concorso pubblico per l’assunzione di agenti di polizia di primo grado, in considerazione del fatto che le mansioni di natura operativa o esecutiva da svolgersi erano tali da richiedere un’idoneità fisica particolarmente accentuata, anche in considerazione degli anni di servizio da prestare dopo l’assunzione: circostanza da cui si ricava che la differenza di trattamento in ragione dell’età può, nelle circostanze del caso, ritenersi adeguata all’obiettivo di garantire il buon funzionamento del servizio di polizia, senza eccedere quanto necessario per il conseguimento di tale legittimo e importante obiettivo. Il tutto anche alla luce dell’ampio margine di apprezzamento riconosciuto agli Stati nell’ambito in questione.

Sono presenti tre opinioni concordanti.

req. n. 1718/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

26 novembre 2024 (A.P. c. Austria)

Art. 2 (procedurale e sostanziale) – Non violazione del diritto alla vita e dei connessi obblighi positivi di prevenzione e di indagine in un caso nascente dalla morte del figlio del ricorrente durante una esercitazione (“heat march”) mentre svolgeva il servizio militare obbligatorio. La Corte ha ritenuto non sufficientemente provato che gli atti o le omissioni delle autorità siano stati responsabili della sua morte e che le misure ragionevoli omesse dalle autorità avrebbero avuto una reale prospettiva di modificare il tragico esito della vicenda.

È presente un’opinione dissenziente.

req. n. 49282/19 e 50346/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

26 novembre 2024 (Kotov c. Russia)

Artt. 5, 6, 8, 10, 11 e 13 – Art. 1 del Protocollo 1 ‒ Violazione di tutti i diritti invocati (salvo il mancato esame, ritenuto non necessario, della lamentata violazione dell’Art. 13) in conseguenza, tra l’altro: della mancata motivazione da parte dei tribunali nazionali delle condanne amministrative per la partecipazione a manifestazioni pubbliche non autorizzate ma pacifiche e per l’affissione di inviti a partecipare a una di tali manifestazioni; della condanna penale sproporzionata (nonché di dubbia prevedibilità), in assenza di bilanciamento degli interessi in gioco, per ripetute violazioni della procedura stabilita per l’organizzazione e lo svolgimento di manifestazioni pubbliche; della privazione illegittima della libertà personale; dell’eccessiva durata della custodia cautelare nel procedimento penale; di carenze nella legalità del procedimento di revisione della detenzione; di limitazioni del diritto di esaminare i testimoni; di perquisizioni illegali del domicilio del ricorrente, in assenza di garanzie adeguate e di motivi pertinenti o sufficienti; del trattenimento di effetti personali del ricorrente non connessi al caso, sequestrati durante la perquisizione del suo domicilio.

req. n. 17106/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

19 novembre 2024 (Vieru c. Moldavia)

Art. 2, Art. 3 (profilo procedurale e sostanziale) e Art. 14 – Violazione di tutti i diritti invocati in un caso rispetto al quale sono emerse: sotto il profilo procedurale, la mancata conduzione di un’indagine efficace su accuse credibili di violenza domestica fisica e psicologica e sulle circostanze della morte della sorella della ricorrente  e la mancata garanzia di un processo rapido e di una punizione dell’autore di violenza domestica; sotto il profilo sostanziale, la mancata protezione della vittima di violenza domestica, con un documentato e ripetuto fallimento da parte delle autorità nazionali nel prevenire e fermare la violenza contro le donne, in un contesto giuridico nazionale rivelatosi inadeguato, senza che vi sia stato un intervento rapido delle autorità investigative né alcuna valutazione sulla natura reale e immediata del rischio di reiterazione della violenza, tenendo in debito conto né, ancora, l’adozione di misure preventive e protettive per scongiurare tale rischio; infine, sotto il profilo della violazione del principio di non discriminazione di cui all’art. 14 (in relazione agli artt. 2 e 3), si evidenzia come non sia stata confutata la tesi della ricorrente di una generale passività istituzionale e/o di una mancanza di consapevolezza della violenza domestica e della violenza di genere.

È presente un’opinione parzialmente dissenziente.

req. n. 43327/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

14 novembre 2024 (Mammadov c. Azerbaijan)

Art. 10 – Violazione della libertà di espressione in conseguenza della illegittima e sproporzionata radiazione del ricorrente dall’avvocatura per azioni asseritamente incompatibili con il patrocinio e con la deontologia forense. La Corte rileva: che le pertinenti disposizioni di diritto interno erano formulate in termini molto generali e vaghi, tali da consentire un’interpretazione ampia; che, nel caso specifico, l’interpretazione e l’applicazione del diritto interno da parte dei tribunali nazionali non ha garantito al ricorrente una protezione contro un’ingerenza arbitraria, adottata in mancanza di motivazioni pertinenti e sufficienti. La Corte rileva altresì come la misura adottata fosse la sanzione più severa possibile, cosa in grado di avere un grave effetto di dissuasione sugli avvocati, scoraggiando la denuncia di comportamenti scorretti tenuti da parte dei vertici dei loro studi legali come pure la formulazione di critiche verso la gestione della propria associazione professionale.

Quanto all’esecuzione della sentenza ex art. 46 la Corte incarica il Comitato dei ministri di sorvegliare l’adozione di misure volte, tra l’altro, al ripristino delle attività professionali del ricorrente.

req. n. 56390/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

12 novembre 2024 (M.I. c. Svizzera)

Art. 3 – Violazione del divieto di trattamenti umani e degradanti in un caso di espulsione determinata dal fatto che i tribunali nazionali svizzeri non hanno sufficientemente valutato il rischio concreto di maltrattamento  da parte della sua famiglia che avrebbe corso il ricorrente, in quanto omosessuale, in Iran e la mancanza di una disponibilità di una protezione statale contro tale maltrattamento nel Paese d’origine. I tribunali nazionali aveva giudicato che il ricorrente non corresse un rischio per la sua persona se avesse condotto la sua vita privata in modo “discreto” [discreet] al suo ritorno nello Stato d’origine. L'allontanamento in Iran senza una nuova valutazione degli aspetti di cui sopra comporterebbe per la Corte una violazione dell’Art. 3 CEDU.

req. n. 46808/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

12 novembre 2024 (R.F. e altri c. Germania)

Art. 8 – Mancata violazione degli obblighi positivi derivanti dal diritto al rispetto della vita famigliare in conseguenza del rifiuto dei giudici tedeschi di constatare che la minore ricorrente (terza ricorrente), partorita dalla seconda ricorrente, è anche figlia della prima ricorrente, che è madre genetica e partner registrato della seconda ricorrente. Il minore è nato in Germania da una procreazione medicalmente assistita vietata in tale Paese ed effettuata legalmente all'estero. La Corte ritiene che lo Stato convenuto non abbia violato i suoi obblighi, in quanto la vita familiare dei ricorrenti non è stata significativamente influenzata. Infatti, la Corte nega che un mancato rispetto della vita privata della prima ricorrente sia derivato dall’averle imposto di seguire la procedura di adozione disponibile anche per le coppie omosessuali e in assenza di particolari difficoltà nel vivere quotidianamente il suo rapporto con il minore. In merito al rispetto del diritto alla vita privata del bambino, la Corte giudica che l'adozione sia stata effettuata senza particolari difficoltà e la prima ricorrente abbia goduto in precedenza dei diritti e doveri relativi alla genitorialità del bambino in virtù della sua unione legale con il secondo ricorrente.

req. n. 37398/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

12 novembre 2024 (Associated Newspapers Limited c. Regno Unito)

Art. 10 – Violazione dalla libertà di espressione determinata dallo sproporzionato obbligo per la società ricorrente, convenuta nel settore dei media, di versare le “spese di successo” [success fees, quota di onorari subordinata al raggiungimento di un risultato favorevole da parte di un avvocato, oggi abrogate anche in Regno Unito, n.d.r.] a favore di un attore in giudizio che aveva stipulato un accordo di onorario condizionato con i suoi rappresentanti legali. La Corte fa applicazione delle conclusioni della causa MGN Limited c. Regno Unito, per le quali il pur ampio margine di apprezzamento rispetto a misure generali che perseguono interessi sociali ed economici è da considerarsi superato in questo caso.

Mancata violazione della libertà di espressione rispetto alla recuperabilità dei premi assicurativi “After the Event” (“ATE”) sostenuti dagli attori in giudizio in circostanze non sproporzionate [si tratta di un’assicurazione che copre i costi di un’eventuale condanna alle spese legali della controparte nei casi di citazione in giudizio di editori, n.d.r.]. Per la Corte infatti non esiste una regola generale sulla recuperabilità dei premi ATE simile a quella applicata alla recuperabilità delle “spese di successo”. La proporzionalità dei premi ATE deve dunque essere valutata caso per caso e, a differenza delle “spese di successo”, l'assicurazione ATE può potenzialmente offrire notevoli vantaggi ai convenuti vittoriosi che desiderano recuperare i costi sostenuti.

req. n. 20592/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

7 novembre 2024 (Bakradze c. Georgia)

Art. 14 (+ art. 10 e art. 11) – Violazione del divieto di discriminazione determinata dall’insufficiente controllo giurisdizionale della lamentata discriminazione di una ex giudice georgiana da parte dell'Alto Consiglio di Giustizia (HCJ) nei concorsi giudiziari a causa del suo ruolo di fondatrice e presidente della ONG “The Unity of Judges of Georgia” e delle sue opinioni critiche sullo stato del sistema giudiziario del paese. La ricorrente ha dimostrato un caso prima facie di discriminazione. Infatti, le circostanze specifiche dei colloqui della ricorrente sono state tali che un osservatore indipendente avrebbe potuto ragionevolmente trarre la conclusione che le sue attività legate alla ONG hanno avuto un ruolo significativo nelle decisioni di non riconferma. Le domande del colloquio sono andate oltre la verifica della sua integrità e hanno dimostrato il pregiudizio dei singoli membri dell'HCJ nei suoi confronti. I tribunali nazionali non hanno affrontato la denuncia di discriminazione con la dovuta attenzione in modo da garantire alla ricorrente una protezione reale ed effettiva da qualsiasi potenziale parzialità e discriminazione. La Corte censura il mancato spostamento dell'onere della prova sull'HCJ per dissipare la percezione di parzialità e dimostrare una differenza di trattamento giustificata da una ragione obiettiva.

req. n. 56270/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

24 ottobre 2024 (Eckert c. Francia)

Art. 11 – Mancata violazione della libertà di riunione pacifica in conseguenza dell’irrogazione di un’ammenda per la partecipazione a una manifestazione vietata nell’ambito del movimento di protesta dei “gilet gialli”. La Corte nota in primo luogo che la sanzione era prevista da un atto avente natura legislativa e che le autorità nazionali potevano legittimamente ritenere che vi fosse un grave rischio di violenza e di danni e dunque un’esigenza sociale imperativa alla base della limitazione. Inoltre, l’assenza di dichiarazione preventiva da parte degli organizzatori della manifestazione non è giustificabile nel caso di specie, mentre il divieto è stato limitato nello spazio e nel tempo e quindi non contrario all’articolo 11. Per la Corte vi è stata ponderazione degli interessi in gioco, nel rispetto dei criteri stabiliti dalla Corte stessa, e le misure punitive non sono state quindi ritenute sproporzionate.

req. n.  39446/16 e 106 altri

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

22 ottobre 2024 (Kobaliya e altri c. Russia)

Art. 8, Art. 10 e Art. 11 – Violazione della libertà di espressione e della libertà di associazione determinata dall’applicazione estesa della legislazione sugli “agenti stranieri” alle organizzazioni dei media e ai giornalisti sulla base di criteri vaghi e imprevedibili circa la nozione di “agente straniero” che portano a un’applicazione arbitraria di tale legislazione.

La Corte osserva l’assenza di ragioni “pertinenti e sufficienti” per la qualificazione dei richiedenti come “agenti stranieri” e la mancanza di una “pressante necessità sociale” per gli onerosi requisiti di qualificazione secondo i criteri della legge per tutte le comunicazioni pubbliche, anche per l’effetto stigmatizzante dell’etichetta obbligatoria di “agente straniero” che scoraggia il discorso pubblico e l'impegno civico. La Corte ritiene sproporzionate ed eccessive le multe previste per il mancato rispetto delle norme di qualificazione o ‘etichettatura’ come “agente straniero”, in specie la sanzione estrema dello scioglimento a carico delle ONG per le presunte violazioni. La legislazione in oggetto appare dunque incompatibile con il pluralismo e “non necessario in una società democratica”.

La Corte rinviene anche una violazione del diritto al rispetto della vita privata in conseguenza delle molteplici e ingiustificate ripercussioni sulla vita privata e professionale dei singoli ricorrenti a seguito della loro designazione come “agenti stranieri”. La pubblicazione dei dati personali dei richiedenti sul sito web del Ministero della Giustizia non risponde ad alcun interesse pubblico e l'obbligo di presentare relazioni frequenti e dettagliate sulle entrate e sulle spese personali eccede quanto potrebbe essere considerato necessario per garantire la trasparenza. La Corte censura anche le ampie e ingiustificate restrizioni all’esercizio di alcune professioni, tra cui l’insegnamento ai minori e la scrittura per i giovani.

req. n. 49363/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

17 ottobre 2024 (Central Unitaria de Traballadores/as c. Spagna)

Art. 11 – Mancata violazione della libertà di riunione in conseguenza del divieto di una manifestazione organizzata dal sindacato ricorrente per il 1° maggio 2020, durante le prime fasi della pandemia di COVID-19. La Corte giudica l’interferenza come non generalizzata né basata sui contenuti della manifestazione, oltre che “prevista dalla legge” e funzionale a obiettivi legittimi di tutela della salute e dei diritti e delle libertà altrui. La pandemia di COVID-19 deve inoltre essere qualificata come una circostanza eccezionale e imprevedibile e l’interferenza deve considerarsi come imposta nel contesto di una pressante esigenza sociale di tutela della salute individuale e pubblica e in circostanze particolari. Le decisioni delle autorità nazionali sono state basate su una valutazione accettabile dei fatti e su ragioni pertinenti e sufficienti, con un equo bilanciamento degli interessi in gioco, in una materia in cui oltretutto spetta agli Stati un ampio margine di apprezzamento rispetto agli interessi in conflitto. Tale ampio margine di discrezionalità non è stato dunque oltrepassato attraverso l’interferenza in questione, da ritenersi invece “necessaria in una società democratica”.

Vi è un’opinione dissenziente.

req. n.  50527/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

17 ottobre 2024 (Amerisoc Center S.R.L. c. Lussemburgo)

Art. 1 P.1 – Violazione del diritto di proprietà determinata dalla mancanza di un mezzo di ricorso che consenta di contestare efficacemente il sequestro di beni bancari depositati su conti lussemburghesi a seguito di una richiesta di assistenza giudiziaria internazionale. La Corte censura come i giudici nazionali non abbiano valutato la proporzionalità di una misura che, per la sua natura e la sua portata, appariva a priori significativa e severa e che si è protratta per sei anni.  La Corte censura la mancanza di una ragionevole possibilità per la ricorrente di far valere il proprio punto di vista nel contesto di un procedimento in contraddittorio e determina dunque che la misura è stata sproporzionata.

req. n. 13337/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

15 ottobre 2024 (H.T. c. Germania e Grecia)

Art. 3, Art. 5 § 3 e § 4   Violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti in un caso di espulsione  e allontanamento immediato di un richiedente asilo siriano dalla Germania alla Grecia nell'ambito di un accordo amministrativo tra i due paesi, a causa del mancato esame della domanda di asilo prima dell’allontanamento. La Corte rinviene poi un’insufficiente base, all'epoca dei fatti, per una presunzione generale di accesso a un’adeguata procedura di asilo in Grecia, procedura che protegga dal respingimento arbitrario e dall’ esposizione a trattamenti contrari all’Art. 3 CEDU. La Corte riscontra la mancata previsione di garanzie generali a tale riguardo da parte dell’accordo amministrativo, nonché l’assenza di garanzie individuali. La Corte riscontra in particolare, nel caso concreto, la mancanza di una valutazione del rischio individualizzata da parte delle autorità tedesche prima dell’allontanamento, avvenuto in modo frettoloso e senza previo accesso a un avvocato. 

Art. 3 (sostanziale) – La riconosciuta violazione dell’Art. 3 sotto al profilo sostanziale è conseguente al trattamento degradante subito dal ricorrente per via della detenzione, dopo l’allontanamento dalla Germania, per due mesi e diciassette giorni in una stazione di polizia greca senza il rispetto delle condizioni e la garanzia dei servizi essenziali [“amenities”] richiesti per i periodi di detenzione prolungati.

La Corte riscontra anche una violazione dell’Art. 5 § 4 CEDU sotto il profilo della verifica della base legale della detenzione.

La Corte non rinviene invece una violazione dell’Art. 5 § 1 CEDU in quanto la durata della detenzione complessiva in Grecia in attesa dell’espulsione (due mesi e ventitré giorni) è da ritenersi giustificata.

req. n.  31970/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

10 ottobre 2024 (Validity Foundation in rappresentanza di T.J. c. Ungheria)

Art. 2 e Art. 34 – La Corte afferma in primo luogo la legittimazione di un’organizzazione non governativa a presentare ricorso per conto di una persona con grave disabilità intellettiva deceduta in una casa di cura gestita dallo Stato.

La Corte rinviene poi una violazione dell’Art. 2 CEDU sotto ai profili sia sostanziale che procedurale per ragioni inerenti al trattamento della defunta, sotto il controllo esclusivo dello Stato, e per la mancata dimostrazione del rispetto del livello di protezione richiesto per evitare il deterioramento della sua salute e la sua morte prematura. La Corte censura l’inadeguatezza delle condizioni di vita e delle cure mediche e terapeutiche, nonché l’uso eccessivo di mezzi di contenzione e, ancora, la mancanza di indagini efficaci, la mancata sottoposizione del caso della deceduta a un attento esame e in generale l’assenza di reazioni adeguate ivi inclusa un’azione di risarcimento.

req. n. 39090/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

8 ottobre 2024 (M.A. e Z.R. c. Cipro)

Art. 3, Art. 4 P.4 e Art. 13 – Violazione del divieto di trattamenti degradanti sotto al profilo procedurale determinata dall’espulsione e dal trasferimento sommario in Libano di cittadini siriani intercettati in mare dalle autorità cipriote e senza previo esame delle loro richieste d’asilo e in violazione delle stesse misure previste dal diritto nazionale. La Corte censura la mancata valutazione da parte delle autorità cipriote del rischio di mancato accesso a una procedura di asilo effettiva in Libano, delle condizioni di vita dei richiedenti in tale Paese e del rischio di espulsione arbitraria in Siria.

La Corte rinviene anche una violazione dell’Art. 3 CEDU sotto al profilo sostanziale, in quanto i richiedenti sono stati tenuti in mare a bordo della loro barca di legno per due giorni senza poter sbarcare in un contesto caratterizzato - secondo le accuse dei ricorrenti non confutate dal governo - da inadeguata fornitura di cibo e acqua, esposizione al calore e mancanza di accesso alle strutture igieniche e dunque tale da dover essere considerato, nelle particolari circostanze, come un trattamento degradante.

La Corte rinviene poi una violazione del divieto di espulsione collettiva in conseguenza del trasferimento forzato in Libano, anche per la mancanza di documentazione specifica per ciascun migrante e di trascrizioni di colloqui e moduli richiesti dall’Accordo bilaterale con il Libano. Lo Stato non ha fornito nessuna informazione sul fatto che i richiedenti siano stati informati dei loro diritti o delle modalità di impugnazione della decisione di allontanamento, risultando così pregiudicato l’accesso all’assistenza legale. Si riscontra l’assenza di decisioni di allontanamento individuali scritte, non imputabile alla condotta dei richiedenti stessi.

La Corte censura infine la mancanza di un ricorso interno effettivo, con effetto sospensivo automatico.

req. n. 15541/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (GC)

17 settembre 2024 (Pindo Mulla c. Spagna)

Art. 8 e Art. 9 – Violazione del diritto al rispetto della vita privata determinato dal trattamento medico sotto forma di trasfusioni di sangue somministrato a una testimone di Geova, durante un intervento chirurgico d'urgenza, nonostante il suo espresso rifiuto di sottoporsi a trasfusioni di sangue di qualsiasi tipo. La Corte ritiene che in principio i pazienti adulti siano sempre liberi di decidere in merito a interventi chirurgici o trattamenti medici, con conseguente necessità di solide salvaguardie legali e istituzionali nel processo decisionale. La Grande Camera compie dunque una delucidazione dei requisiti procedurali applicabili: la decisione di rifiutare un trattamento salvavita deve essere chiara, specifica e inequivocabile e rappresentare la posizione attuale del paziente sulla questione. In caso di dubbio, gli operatori sanitari hanno il dovere di compiere ogni ragionevole sforzo per determinare la volontà del paziente. Tuttavia, in caso di emergenza, nonostante gli sforzi per dissipare i dubbi, esistono ragionevoli motivi per dubitare della decisione di un individuo di rifiutare un trattamento salvavita, procedere con tale trattamento non può essere considerato un mancato rispetto della sua autonomia personale. In situazioni di pericolo di vita, il diritto alla vita riveste pari importanza del diritto dell'individuo di decidere autonomamente in merito alle cure mediche. La Corte rileva però come manchi un consenso europeo sulle modalità per conciliare questi due diritti, tenendo conto della volontà precedentemente espressa dal paziente. Da questo punto di vista, il principio di conferire un effetto giuridico vincolante al testamento biologico e alle relative modalità formali e pratiche resta nell'ambito del margine di apprezzamento dello Stato. La Corte rileva altresì la necessità di un sistema di direttive mediche anticipate su cui i pazienti facciano affidamento perché le garanzie funzionino efficacemente. Da tale punto di vista, il quadro nazionale spagnolo è ben sviluppato, e conforme alla Convenzione di Oviedo, al fine di garantire il rispetto dell'autonomia del paziente nel sistema sanitario nazionale. Tuttavia, nella pratica, le carenze del processo decisionale nel caso di specie non hanno garantito un sufficiente rispetto dell'autonomia del ricorrente, vista la mancata fornitura al giudice preposto d’ufficio alla decisione (essendo la ricorrente temporaneamente incosciente) di un'adeguata base fattuale che egli potesse poi porre alla base della propria decisione relativa al rifiuto delle cure del ricorrente, rifiuto pur registrato per iscritto in varie forme e in vari momenti. La mancanza di informazioni essenziali e accurate ha avuto un effetto determinante sul processo decisionale del giudice preposto alla decisione, con una mancata considerazione della capacità decisionale della ricorrente, tutte carenze non colmate dalle Corti superiori.

req. n. 24622/22

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

29 agosto 2024 (Pasquinelli e altri c. San Marino)

Art. 8 – Mancata violazione del diritto alla vita privata nel caso della misure imposte, in ambito lavorativo, agli operatori sanitari e socio-sanitari san-marinesi e italiani presso l’azienda ospedaliera san-marinese per essersi rifiutati di vaccinarsi contro il Covid-19. La Corte rileva come la vaccinazione prevista dalla normativa impugnata non fosse obbligatoria e come la normativa non imponesse vere sanzioni legali né portasse a conseguenze automatiche. Le misure adottate nei confronti dei lavoratori si basavano su situazioni individuali e non possono essere considerate sanzioni ‘mascherate’. La Corte distingue perciò il caso di specie dal precedente Vavřička e altri c. Repubblica Ceca [GC], dal momento che la scelta vaccinale è stata nel caso di specie sufficientemente legata all'autonomia personale e decisionale dei ricorrenti, senza un obbligo generalizzato di vaccinarsi. La Corte giudica comunque l’Art. 8 applicabile al caso, ritenendo tuttavia che la limitazione riscontrata perseguisse finalità legittime di tutela della salute e dei diritti e delle libertà altrui e che le misure impugnate fossero giustificate e proporzionate rispetto a tali finalità, sicché l’ampio margine di discrezionalità in materia di politica sanitaria non è stato oltrepassato.

req. n. 17389/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

27 agosto 2024 (Yasak c. Türkiye)

Art. 3 e Art. 7 – Mancata violazione dei principi nullum crimen sine lege e nulla poena sine lege in un caso di condanna per appartenenza ad un’organizzazione terroristica armata a causa delle attività segrete svolte dal ricorrente per conto dell'organizzazione gulenista turca, in qualità di quadro. La Corte distingue il caso di specie dalla propria recente giurisprudenza Yüksel Yalçınkaya c. Türkiye [GC, 2023]. Infatti, il reato ha in questo caso una base giuridica prevedibile al momento della sua commissione e vi è stato da parte dei giudici nazionali un accertamento individuale, basato su prove solide, degli elementi materiali e morali che costituiscono il reato. L’interpretazione e l’applicazione compiuta dai giudici turchi è stata dunque prevedibile e non è da rinersi un’interpretazione estensiva della disposizione penale in questione.

Per quanto riguarda la lamentata violazione dell’Art. 3, per la Corte le condizioni di detenzione del richiedente non erano inumane o degradanti.

È presente un’opinione concorrente.

req. n. 20007/22

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

27 agosto 2024 (Bielau c. Austria)

Art. 10 – Mancata violazione della libertà di espressione in un caso di irrogazione di una sanzione disciplinare a un medico praticante austriaco, cultore dell’omeopatia, per aver rilasciato dichiarazioni scientificamente insostenibili sull’inefficacia dei vaccini contro il Covid. La Corte rinviene motivi pertinenti e sufficienti e un equo bilanciamento degli interessi concorrenti nella decisione delle autorità nazionali, anche alla luce del carattere delle informazioni diffuse dal ricorrente, idonee a tratte in inganno un largo pubblico. La sanzione appare inoltre proporzionata.

È presente un’opinione dissenziente.

req. n. 42221/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

25 luglio 2024 (Ždanoka c. Lettonia(n. 2))

Art. 3 P.1 – Mancata violazione del diritto a candidarsi in libere elezioni in un caso di rimozione del nome della ricorrente dalla lista dei candidati alle elezioni parlamentari lettoni, a causa della sua passata partecipazione attiva al Partito Comunista di Lettonia e delle sue attuali attività politiche entro un partito russofono lettone. Il caso, che si colloca nel solco tracciato da Ždanoka c. Lettonia [GC, 2006], impone, secondo la Corte, un’applicazione dei principi ivi enunciati relativamente alle condizioni di legittimità delle restrizioni a candidarsi alle elezioni. Per la Corte la restrizione impugnata è sufficientemente prevedibile e quindi sotto questo profilo legittima, e persegue finalità legittime di tutela dell'indipendenza dello Stato, dell'ordine democratico e della sicurezza nazionale. La Corte constata inoltre, sul piano fattuale, un significativo cambiamento del contesto generale rispetto alla situazione entro cui si collocava la precedente Ždanoka v. Lettonia [GC], con la Lettonia (e l'Europa in generale) che non gode più della “maggiore stabilità” [“greater stability”] cui faceva riferimento la Grande Camera nella sua decisione precedente. Nel caso di specie, dopo Ždanoka c. Lettonia [GC] lo Stato convenuto aveva sempre più motivi legittimi per temere per la propria sicurezza, integrità territoriale e ordine democratico da parte di un’eventuale minaccia russa (l’etnia della ricorrente), il che richiedeva il riconoscimento di un margine di apprezzamento ancora più ampio per la protezione di tali valori. L'azione limitata del legislatore per quanto riguarda la rivalutazione periodica della restrizione impugnata, prevista dalla Grande Camera, non è ingiustificata in un contesto specifico e sensibile come l’attuale. La nuova interpretazione della restrizione impugnata da parte della Corte costituzionale lettone, alla luce degli sviluppi, incide sulla posizione giuridica delle persone che hanno messo in passato e continuano a mettere nel presente in pericolo l'indipendenza dello Stato lettone e i principi di uno Stato democratico di diritto. Inoltre, le ragioni addotte dalla Commissione elettorale centrale lettone sono state ritenute sufficienti in considerazione delle circostanze specifiche del caso e del profilo pubblico della ricorrente, nonchè del suo sostegno alle azioni della Federazione russa nella penisola di Crimea nel 2014 e seguenti. Per la Corte, i procedimenti interni hanno offerto sufficienti garanzie procedurali contro l'arbitrarietà della decisione e la ricorrente ha potuto candidarsi ed è stata eletta alle elezioni del Parlamento europeo. Non è stato dunque superato l’ampio margine di apprezzamento dello Stato.

req. n. 2327/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

25 luglio 2024 (Couso Permuy c. Spagna)

Art.  6 – Mancata violazione del diritto d’accesso a un tribunale in un caso di interruzione del procedimento penale relativo all'uccisione di un giornalista di nazionalità spagnola - fratello del ricorrente - avvenuta in Iraq, a causa del dedotto difetto di giurisdizione delle corti nazionali e a seguito di una riforma legislativa che ha limitato la giurisdizione universale dei tribunali spagnoli per i reati commessi a livello extraterritoriale. La Corte ritiene l’Art. 6 CEDU applicabile, sotto il profilo civile, in considerazione del diritto del ricorrente, in base al diritto spagnolo, di partecipare come parte civile [“private accusing party”] al procedimento penale e di ottenere un risarcimento civile dagli autori del reato, qualora fosse stato accertato un reato e fosse stata pronunciata una condanna nel caso di specie. La Corte rileva come la giurisdizione obbligatoria, ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra del 1949, non si sia mai estesa all'obbligo di uno Stato di ricercare i criminali di guerra al di fuori del proprio territorio e di rivendicare la giurisdizione per perseguirli e processarli. Non c’è dunque nessun obbligo in capo agli Stati contraenti, derivante dal diritto internazionale o dalla Convenzione, di dotarsi di una giurisdizione universale sotto al profilo civilistico, e non è irragionevole che uno Stato subordini l'esercizio della giurisdizione universale all'esistenza di determinati elementi di collegamento o legami giurisdizionali con lo Stato stesso. Il ricorrente ha potuto rivolgere le proprie doglianze ai tribunali spagnoli e vi è stato un esercizio effettivo della giurisdizione da parte delle autorità spagnole per più di dodici anni, prima dell'interruzione. Non vi sarebbe inoltre nessun indizio di arbitrarietà o manifesta irragionevolezza nella conclusione dei giudici spagnoli in merito al loro difetto di giurisdizione, con un accertamento non sproporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti, mentre l'interpretazione dei giudici nazionali corrispondeva allo scopo della nuova legge che mirava a limitare le controversie basate sulla giurisdizione universale ai casi in cui esisteva un legame sufficiente con la Spagna. Tale interpretazione rientrava nel margine di apprezzamento dello Stato, e, da ultimo, il procedimento è stato interrotto temporaneamente, ma senza escludere la possibilità di riaprirlo se i convenuti, membri dell’esercito degli Stati Uniti al tempo dei fatti, fossero rientrati nel territorio spagnolo.

req. n. 63664/19 e 4 altri

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

25 luglio 2024 (M.A. e altri C. Francia)

Art. 8 – Mancata violazione del diritto al rispetto della vita privata in un caso di criminalizzazione generale e assoluta della compravendita di atti sessuali nell'ambito di un quandro legislativo globale di lotta contro la prostituzione e la tratta di esseri umani in Francia. La Corte accerta l’interferenza con il diritto al rispetto della vita privata, ma accerta altresì la mancanza di una visione comune a livello europeo e internazionale sul modo migliore di affrontare la prostituzione e le profonde divergenze di opinione sull'uso del diritto penale in questione come strumento di lotta contro la tratta di esseri umani, con conseguente ampio margine di discrezionalità. La Corte accerta l’avvenuto esame da parte del Parlamento francese di tutti gli aspetti del sistema istituito, per inquadrare un fenomeno molto complesso che solleva questioni morali ed etiche delicate. Il quadro d’intervento legislativo si è articolato in quattro direttrici, ossia l’eliminazione di tutte le disposizioni legali che potessero incoraggiare la prostituzione, senza tuttavia vietarla; l’introduzione di una protezione per le prostitute, in particolare tramite la repressione dello sfruttamento sessuale di altre persone; la prevenzione dell'ingresso nel mondo della prostituzione; infine l’assistenza al reinserimento delle prostitute che desiderano abbandonare la prostituzione. La Corte accerta un equo bilanciamento degli interessi contrapposti da parte della disciplina introdotta, così che il margine di apprezzamento non risulta superato. La Corte aggiunge tuttavia che le autorità nazionali sono tenute a riesaminare costantemente l'approccio adottato per poterlo modificare alla luce dell'evoluzione della materia e delle conseguenze dell'applicazione della legge.

req. n. 40861/22

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

18 luglio 2024 (Hanovs c. Lettonia)

Art.  3 e Art. 8 (+ Art. 14) – Violazione degli obblighi positivi determinata dalla mancanza d’indagini efficaci e da una discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale, che hanno portato a una mancata protezione del ricorrente da un'aggressione omofobica, non assicurando l'effettivo perseguimento dell'autore. La Corte sanzione in particolare il mancato perseguimento dell'aggressione come reato motivato dall’odio, laddove vi è stata invece una semplcie condanna per cattiva condotta in un procedimento amministrativo, con un’ammenda di 70 euro per l'aggressione, senza affrontare i motivi alla base dell'odio. La sanzione è stata dunque manifestamente sproporzionata, per difetto, rispetto alla gravità dell'atto. Per la Corte, il ricorso a tali procedimenti amministrativi ha banalizzato l'incidente e l'assenza di una risposta solida ha favorito un senso di impunità per i reati motivati dall’odio verso le minoranze.

req. n. 41373/21 e 48801/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

16 luglio 2024 (Meli e Swinkels Family Brewers N.V. c. Albania)

Art.  6 § 1 – Violazione del diritto a un equo processo e mancata violazione del diritto di accesso a un tribunale in un caso relativo a un ricorso presso la Corte costituzionale albanese.

La Corte non rinviene una violazione del diritto a un equo processo in conseguenza del rigetto dei rispettivi ricorsi costituzionali dei ricorrenti a seguito di una parità dei voti espressi dal collegio giudicante o del mancato raggiungimento della maggioranza di cinque giudici, requisiti necessari nell’ordinamento albanese per dichiarare una violazione costituzionale. Per la Corte, né la parità di voti né il requisito della maggioranza qualificata costituiscono di per sé una violazione dell'Art. 6 CEDU. Le disposizioni giuridiche pertinenti, modificate a seguito della sentenza della Corte EDU Marini c. Albania, sono ora sufficientemente chiare, per quanto riguarda l'esito dei ricorsi che si concludono con una parità di voti o con qualsiasi votazione che non produca una maggioranza di cinque giudici. Nel caso di specie vi è poi stato un esame adeguato del merito e una determinazione finale sulle richieste dei ricorrenti.

La Corte rinviene però una violazione dell’equo processo determinata dalla mancanza di una motivazione adeguata, perchè la Corte costituzionale non ha fornito in concreto ragioni e motivi sostanziali a sostegno del respingemento delle richieste dei ricorrenti.

req. n. 16206/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

9 luglio 2024 (Savinovskikh e Altri c. Russia)

Art. 8 e Art. 34 – Riconosciuta violazione del diritto alla vita familiare in conseguenza della cessazione dell'affidamento di due minori a una persona transessuale, a causa di una diagnosi di “transessualismo” e del cambiamento d’identità di genere. La Corte censura il mancato esame approfondito dell'intera situazione familiare da parte delle autorità russe, che nella loro decisione hanno fatto affidamento prevalentemente sull'impossibilità giuridica di accettare coppie dello stesso sesso come genitori affidatari, nonché sulle tradizioni e sulla mentalità della società russa, senza considerare le conclusioni delle autorità preposte all’istruttoria del caso di specie. La Corte censura inoltre l’assenza di un esame individuale da parte di esperti o di uno studio scientifico di supporto sull'impatto del cambiamento di identità di genere sulla salute psicologica e sullo sviluppo dei bambini, con la conseguente mancanza di una valutazione equilibrata e ragionevole degli interessi rilevanti nel caso.

Per quanto riguarda la legittimazione ad agire, si riconosce che la ricorrente era legittimata ad agire per conto dei bambini in quanto, al momento della presentazione della domanda, i servizi sociali che tutelavano gli interessi dei minori ai sensi del diritto nazionale erano all'origine dell'interferenza arbitraria.

È presente un’opinione parzialmente dissenziente (in relazione al fatto che la Corte non ha ritenuto di accertare la violazione anche dell’Art. 14 CEDU).

req. n. 20958/14 e 38334/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (GC)

25 giugno 2024 (Ucraina c. Russia (re Crimea))

Art. 33, Art. 2, Art. 3, Art. 5, Art. 6, Art. 7, Art. 8, Art. 9. Art. 10, Art. 11, Art. 1P.1, Art. 2 P.1, Art. 2 P.4, Art. 14, Art. 18, Art. 38, Art. 46 – La Corte riscontra la violazione di plurimi diritti nel ricorso interstatale dell’Ucraina contro la Russia e rispetto alle pratiche amministrative della Russia, avvenute prevalentemente in Crimea.

La Corte riscontra la violazione del diritto alla vita sotto al profilo sostanziale e procedurale a causa della pratica amministrativa di sparizioni forzate e mancanza di indagini efficaci su accuse credibili di tale pratica. Al riguardo, l'esame da parte della Corte non si è limitato alle sole persone irreperibili ed è stata confermata l’applicabilità dell'Art. 2 indipendentemente dal rilascio della maggior parte delle persone rapite.

La Corte riscontra poi una violazione dell’Art. 3 sotto al profilo sostanziale e procedurale a causa della pratica amministrativa di maltrattamenti nei confronti di soldati ucraini, ma anche “ucraini etnici”, tatari di Crimea e giornalisti e per i maltrattamenti nei confronti di "prigionieri politici ucraini" sia in Crimea che nella Federazione Russa e per la mancanza di indagini efficaci al riguardo. La Corte ha poi accertato le condizioni degradanti di detenzione dei "prigionieri politici ucraini" nel centro SIZO di Simferopol, in Crimea, riconducendole a un problema sistemico derivante da carenze generali nell'organizzazione e nel funzionamento del sistema carcerario della Crimea.

Si riscontra una violazione del diritto alla legalità di ogni forma di arresto o detenzione determinato dalla pratica amministrativa della detenzione segreta e illegale, in isolamento, di soldati ucraini, ma anche ucraini etnici, tatari di Crimea e giornalisti. Vi è secondo la Corte una prassi amministrativa in corso di privazione illegale della libertà, perseguimento e/o condanna di "prigionieri politici ucraini" sulla base dell'applicazione illegale del diritto russo in Crimea, con applicazione retroattiva del diritto penale ed estensione di disposizioni penali in modo imprevedibile da parte dei tribunali in Crimea.

Vi è una violazione del diritto a un tribunale istituito dalla legge determinata dall’applicazione generalizzata del diritto russo in Crimea dopo la sua ammissione alla Federazione russa - in violazione della Convenzione, per come interpretata alla luce del diritto internazionale umanitario - con una sostituzione generalizzata del diritto ucraino. La Corte giudica i tribunali operanti in Crimea come non "istituiti dalla legge".

Vi è inoltre una violazione del diritto alla vita privata determinata dalla prassi amministrativa che impedisce ai cittadini della Crimea di poter effettivamente rinunciare alla nuova cittadinanza russa, ma anche una violazione dei diritti alla casa e alla vita famigliare per la pratica amministrativa di effettuare incursioni e perquisizioni illegali e arbitrarie in case private e per via dei trasferimenti illegali di prigionieri dalla Crimea verso strutture penali situate in territorio russo.

Vi è una violazione della libertà di religione causata dalla pratica amministrativa di molestie illegali nei confronti di leader religiosi non conformi alla fede ortodossa russa, incursioni arbitrarie in luoghi di culto e confisca di beni religiosi, senza alcuno scopo o giustificazione legittima.

Vi è una violazione della libertà di espressione, determinata dalla pratica amministrativa di soppressione illegale di media non russi, compresa la chiusura di stazioni televisive ucraine e tatare.

Vi è una violazione della libertà di riunione pacifica e della libertà di associazione, determinata dalla pratica amministrativa di proibire illegalmente raduni pubblici e manifestazioni di sostegno all'Ucraina o alla comunità tatara di Crimea, nonché a causa dell’intimidazione e la detenzione arbitraria degli organizzatori delle manifestazioni. La Corte condanna, inoltre, la pratica amministrativa di privazione illegale della libertà, perseguimento e/o condanna di "prigionieri politici ucraini" per aver esercitato la loro libertà di espressione, di riunione pacifica e di associazione.

Vi è inoltre una violazione del diritto di proprietà determinata dalla pratica amministrativa di espropriazione illegale su larga scala (in forma di nazionalizzazioni) di proprietà appartenenti a imprese civili e private in Crimea, pratica che comporta un trasferimento definitivo della proprietà senza alcun indennizzo.

Vi è inoltre una violazione, e nella sostanza una negazione completa, del diritto all'istruzione, determinata dalla pratica amministrativa di soppressione della lingua ucraina nelle scuole e di persecuzione dei bambini di lingua ucraina a scuola.

Vi è una violazione della libertà di circolazione determinata dalla pratica amministrativa di limitare illegittimamente la libertà di circolazione tra la Crimea e l'Ucraina continentale come conseguenza della trasformazione de facto, da parte dello Stato convenuto, della linea di confine amministrativa in un confine di Stato tra la Federazione Russa e l'Ucraina.

In collegamento con i diritti violati, la Corte individua poi una generale discriminazione, priva di giustificazione oggettiva o ragionevole a danno dei tatari di Crimea.

Per quanto riguarda il fatto che le limitazioni ai diritti siano mosse da scopi non autorizzati secondo la Convenzione ai sensi dell’Art. 18, la Corte ritiene il suddetto Articolo non applicabile in combinato disposto con l'Art. 7 in considerazione del carattere inderogabile di tale disposizione (incompatibile dunque ratione materiae), ma l’Art. 18 risulta applicabile in combinato disposto con gli Artt. 5, 6, 8, 10 e 11 alle pratiche amministrative di restrizione nei confronti dei tatari di Crimea, a quella di limitare i diritti e le libertà dei "prigionieri politici ucraini" con il prevalente scopo ulteriore di punire e mettere a tacere qualsiasi opposizione politica, in nome di una politica statale costante, sviluppata e promossa pubblicamente da importanti rappresentanti delle autorità russe, di soffocare qualsiasi opposizione in loco, con abuso della legge penale.

La Corte nota, inoltre, il mancato rispetto dell'obbligo dello Stato di fornire la propria collaborazione e i mezzi necessari all’indagine e, sotto il profilo dell’esecuzione della sentenza e delle misure individuali, ritiene che lo Stato convenuto debba adottare misure, non appena possibile, per garantire il ritorno sicuro dei prigionieri interessati trasferiti dalla Crimea a strutture penali situate sul territorio della Federazione Russa. Tuttavia, la Corte ritiene che la questione della giusta soddisfazione da garantire secondo l’Art. 41 CEDU non sia ancora pronta per una decisione.

req. n. 37782/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

20 giugno 2024 (Z c. Repubblica Ceca)

Art. 3 e Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi collegati al divieto di trattamenti inumani o degradanti e al diritto alla vita privata determinata dal non aver le autorità applicato in concreto un sistema penale in grado di punire gli atti sessuali non consensuali denunciati da una vittima vulnerabile che però non si è opposta durante il compimento di tali atti.  La Corte fa applicazione dei principi generali enunciati nella sentenza M.C. c. Bulgaria e rinviene un approccio errato da parte delle autorità nell'interpretazione dei fatti e del quadro giuridico, contraddistinto dall’inadeguata considerazione da parte della giurisprudenza nazionale delle situazioni di consenso non valido a causa dell'abuso di vulnerabilità [“abus de vulnérabilité”] e della reazione psicologica delle vittime di violenza sessuale. La Corte censura, inoltre, l’interpretazione restrittiva degli elementi costitutivi del reato di stupro come definito dal codice penale, che ha portato all'archiviazione del caso da parte della polizia. La Corte rileva infine come un ricorso a un'autorità giudiziaria contro la decisione di archiviazione non fosse consentito dal diritto interno.

req. n. 58029/12 e altri

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

18 giugno 2024 (Suprun e altri c. Russia)

Art. 10 – Violazione della libertà di ricevere informazioni determinata dal rifiuto di fornire ai ricorrenti l'accesso a documenti d'archivio sulla repressione politica sovietica, di farne copie o di scattare fotografie e della successiva condanna di uno dei ricorrenti per aver raccolto informazioni rispetto alle quali era stato negato l’accesso.  Per la Corte la raccolta di informazioni era una fase preparatoria rilevante per successive ricerche e pubblicazioni scientifiche e avrebbe contribuito così al dibattito pubblico sulla repressione politica in epoca sovietica. La Corte censura la mancata dimostrazione da parte delle autorità di come la divulgazione delle informazioni in questione incidesse sulla privacy di persone presumibilmente decedute, mentre l'impatto della ricerca dei richiedenti sui sentimenti dei discendenti, se esistente, è minimo e remoto. D’altra parte, i tribunali nazionali non hanno fatto un vero tentativo di valutare l'applicabilità dell'Art. 8 CEDU al caso di specie, pur invocando aspetti del diritto alla riservatezza. Se avessero proceduto in tal senso, per la Corte sarebbe stato evidente che l’accesso era stato richiesto rispetto a dati ufficiali raccolti in un periodo storico risalente e relativi alla vita pubblica o professionale (e non personale) delle persone coinvolte. La restrizione all'accesso alle informazioni non ha dunque perseguito alcuna "pressante esigenza sociale" e non si è basata su ragioni pertinenti e sufficienti, non è dunque definibile come "necessaria in una società democratica".

req. n. 32312/23

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

13 giugno 2024 (Daniel Karsai c. Ungheria)

Art. 8 e Art. 14 – Mancata violazione del diritto al rispetto della vita privata nel caso dell’impossibilità per un malato terminale, affetto da una malattia neurodegenerativa progressiva e non curabile, di essere assistito nella morte, in virtù del divieto generalizzato ed extraterritoriale vigente in Ungheria. La Corte constata l’applicabilità dell'Art. 8 al divieto penale di suicidio assistito, in Ungheria e all'estero, che costituisce una restrizione al godimento del diritto all'autodeterminazione nella morte [“right to self-determined death”], ma rileva altresì che agli Stati è concesso un considerevole margine di apprezzamento, in quanto la maggioranza degli Stati membri ha continuato a vietare e perseguire l'assistenza al suicidio, compresa la morte assistita da  un medico [“physician-assisted dying (“PAD”)”]. Per la Corte non vi è nessuna base giuridica negli strumenti internazionali pertinenti per concludere che gli Stati membri siano stati consigliati o tenuti a fornire l'accesso alla PAD, mentre la legalizzazione della PAD comporta comunque importanti implicazioni sociali e rischi di abuso ed errore. Al contempo, cure palliative di alta qualità, compreso l'accesso a un'efficace gestione del dolore, restano essenziali per assicurare la dignità dell’individuo sofferente. La Corte osserva che il ricorrente non ha sostenuto che le cure palliative a sua disposizione fossero inadeguate o che non sarebbe stato in grado di ricevere una sedazione palliativa per alleviare la sofferenza, mentre il rifiuto di ricevere la sedazione costituisce una scelta personale legittima che non può di per sé richiedere alle autorità di fornire soluzioni alternative o di legalizzare la PAD. Le autorità nazionali non sono dunque incorse in alcun obbligo positivo derivante dall'Art. 8 in materia di cure palliative, mentre il divieto penale di suicidio assistito, compresa la sua applicazione a chiunque aiuti il richiedente a ricorrere alla PAD all'estero, non è per la Corte sproporzionato, pur dovendosi tenere conto della necessità di un continuo controllo delle misure giuridiche appropriate, tenendo conto degli sviluppi nelle società europee e degli standard internazionali pertinenti in materia di etica medica.

La Corte nega altresì la presunta discriminazione tra pazienti dipendenti da trattamenti di sostegno vitale e pazienti che non lo siano e che, di conseguenza, non possono accelerare la loro morte rifiutando tali trattamenti, in quanto tale presunta differenziazione risulta oggettivamente e ragionevolmente giustificata, in quanto il diritto di rifiutare o richiedere l'interruzione di trattamenti medici indesiderati è intrinsecamente connesso al diritto al consenso libero e informato all'intervento medico, come riconosciuto dalla Convenzione di Oviedo del Consiglio d'Europa e la maggioranza degli Stati membri ha consentito il rifiuto o la sospensione, su richiesta del paziente, degli interventi di mantenimento o di salvataggio della vita.

req. n.  55159/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

11 giugno 2024 (Kokëdhima c. Albania)

Art. 3 P.1 – In materia di elezione e candidature politiche, la Corte ritiene non vi sia stata violazione di alcun diritto politico nel caso della dichiarazione di cessazione del mandato di un deputato albanese da parte della Corte costituzionale per l’incompatibilità del mandato con il suo coinvolgimento in attività commerciali attraverso una società di cui era l'unico azionista e che traeva reddito da contratti con enti statali. La Corte giudica non vi fosse nessun problema di accessibilità delle leggi e delle prassi applicabili, mentre il ricorrente non ha adottato tutte le misure necessarie per porre fine al conflitto di interessi in corso al momento dell'assunzione del mandato, per cui la misura impugnata risulta sufficientemente prevedibile e non è arbitraria.

req. n.  32483/19 e 35049/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (GC)

11 giugno 2024 (Nealon e Hallam c. Regno Unito)

Art. 6 § 2 – Mancata violazione della presunzione di innocenza in caso di diniego di risarcimento per errore giudiziario, a seguito dell'annullamento delle condanne penali dei ricorrenti in quanto "non sicure" [“unsafe”], per non aver soddisfatto il nuovo test legale introdotto dopo la sentenza Allen c. Regno Unito [CG]. La Corte giudica che non ci sia motivo di discostarsi dalla propria conclusione nella causa Allen sull'applicabilità dell’art. 6 § 2 nei casi relativi alla questione dei costi e alle richieste di risarcimento avanzate da parte di un ex imputato a seguito di un'assoluzione. La Corte ritiene tuttavia che la distinzione tra assoluzioni e archiviazioni [“acquittals and discontinuances”] nella propria pertinente giurisprudenza non vada mantenuta, mentre il criterio di distinzione generale deve essere quello di controllare se i ragionamenti e le decisioni [“reasoning and decisions”] impugnate dei tribunali nazionali o di altre autorità in successivi procedimenti collegati equivalgano a un'imputazione di responsabilità penale. Secondo la Corte lo Stato convenuto è libero di decidere come definire l'"errore giudiziario" [“miscarriage of justice”] e di tracciare una linea politica convenzionalmente legittima per quanto riguarda l'ammissibilità al risarcimento, a seguito dell'annullamento di una condanna, purché il rifiuto dell'indennizzo non imputi la sussistenza di una responsabilità penale nei confronti del ricorrente il cui ricorso non è accolto. In questi casi non vi è margine per un diritto al risarcimento per un errore giudiziario ai sensi dell'art. 6 § 2 a seguito dell'annullamento di una condanna penale.

req. n. 36559/19 e 36570/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

6 giugno 2024 (Bersheda e Rybolovlev c. Monaco)

Art. 8 – Violazione dell’Art. 8 CEDU nel caso dell’esame dell'intero contenuto del telefono cellulare di un avvocato disposto da un giudice istruttore al di fuori dell'ambito del suo mandato. Il caso era caratterizzato dalla consegna spontanea del telefono da parte dell'avvocato per dimostrare la sua buona fede in merito allo scopo del sequestro. Le autorità avevano proceduto a una perquisizione estesa e completa del contenuto, accessibile e nascosto, del telefono utilizzato per scopi personali e professionali, inclusi i dati cancellati dal ricorrente. La Corte rinviene una violazione della privacy e della corrispondenza dell'avvocato, visto il mancato rispetto delle disposizioni che stabiliscono un regime di protezione per gli avvocati e l’autolimitazione insufficiente da parte delle autorità giudiziarie della portata dell'indagine, che è stata estesa in modo eccessivo dal giudice istruttore, con un mancato controllo delle garanzie procedurali dovute al rispetto del segreto professionale dell'avvocato. Tutto ciò è avvenuto in un quadro di rimedi giurisdizionali interni adeguati ed efficaci, in linea di principio, ma che non hanno consentito, in pratica, di porre rimedio in modo adeguato alle misure ordinate, con un’ingerenza non proporzionata alle finalità legittime perseguite.

req. n. 57246/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

4 giugno 2024 (Zouboulidis c. Grecia (no. 3))

Art. 6 § 1 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale, determinata dal fatto che la Corte Suprema Amministrativa greca (SAC) abbia dichiarato irricevibile per difetto di giurisdizione il ricorso del ricorrente contro lo Stato per i danni asseritamente causati dal rigetto da parte della Corte di cassazione ellenica di un suo precedente ricorso per motivi di diritto, rigetto che pure era stato giudicato dalla Corte EDU, nella causa Zouboulidis c. Grecia (77574/01), come una violazione dell’Art. 6 § CEDU.  Il diritto interno sulla responsabilità dello Stato è stato infatti interpretato dalla SAC nel senso di non ammettere richieste di danni causati da un errore manifesto da parte di un organo giudiziario fino all'emanazione di una legislazione specifica che disciplini tale responsabilità. Per la Corte, l'interpretazione della SAC non è in linea con la sua precedente giurisprudenza, che applicava per analogia il diritto interno vigente a tali casi in considerazione dell'assenza di una legislazione relativa ad essi. La nuova interpretazione ha fatto sì che la domanda del ricorrente non fosse ammissibile “ad infinitum” rispetto a un autentico controllo giurisdizionale e ha costituito un ostacolo insormontabile a qualsiasi futura richiesta di risarcimento da parte del ricorrente nei confronti dello Stato per i presunti errori dei tribunali civili, fino all'eventuale adozione di una legislazione specifica. La Corte condanna la limitazione del diritto del ricorrente per un periodo indeterminato, che crea incertezza giuridica a suo danno ed è contraddistinta da un onere sproporzionato, con una conseguente limitazione dell'essenza stessa del diritto di accesso a un tribunale.

req. n. 72038/17 e 25237/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

28 maggio 2024 (Pietrzak e Bychawska-Siniarska and Others c. Polonia)

Art. 8, Art. 34 – Violazione del diritto alla riservatezza determinata dall’inadeguatezza delle garanzie giuridiche contro l'arbitrarietà e l'abuso in relazione alla sorveglianza segreta, alla conservazione e all'accesso ai dati delle comunicazioni di cui alla legge polacca sulla polizia, come emendata nel 2016. 

La Corte ritiene che il riconoscere lo status di vittima dei ricorrenti nel caso di specie, pur alla luce di un esame compiuto solo in astratto, sia giustificato della natura della legislazione contestata, perché caratterizzata dalla segretezza e dall’ampia portata delle misure di sorveglianza e dalla mancanza di rimedi interni efficaci per contestarne la legittimità.

req. n. 13303/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

23 maggio 2024 (M.M. c. Francia)

Art. 3, Art. 6 § 1 – Il caso riguardava il rifiuto dei giudici francesi di aprire un’inchiesta su una denuncia penale (con richiesta di costituzione di parte civile) presentata dal ricorrente, un cittadino egiziano, contro il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, per presunte torture e atti di barbarie, mentre il presidente Sisi si trovava in visita ufficiale in Francia. Il ricorso presentato alla Corte riguardava la decisione di non indagare sulle accuse contenute nella denuncia a causa del principio di diritto pubblico-internazionale dell'immunità dei capi di Stato. La Corte ha innanzitutto osservato che nel caso di specie non vi erano caratteristiche particolari che potessero creare un legame giurisdizionale extraterritoriale [“extraterritorial jurisdictional link”] che avrebbe imposto alle autorità francesi un obbligo procedurale di indagare sulle accuse di atti di tortura avvenuti in Egitto, in accordo con la parte procedurale dell'articolo 3 della Convenzione. La Corte, come i tribunali nazionali, ritiene che il Presidente Al-Sisi godesse dell'immunità dalla giurisdizione penale quando si trovava all'estero, in virtù delle norme di diritto internazionale consuetudinario. Tale immunità, tuttavia, non comporta una totale privazione del diritto di accesso a un tribunale ai fini dell'Articolo 6 della Convenzione. La Corte non ritiene comunque che vi sia stato nulla di manifestamente irragionevole o arbitrario nella valutazione dei tribunali nazionali e ritiene che la limitazione del diritto di accesso a un tribunale ai fini dell'articolo 6 della Convenzione non sia sproporzionata rispetto allo scopo legittimo perseguito.

req. n. 20949/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

14 maggio 2024 (Mitrevska c. Macedonia del Nord)

Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi collegati al diritto alla vita privata a causa dell’impossibilità per la ricorrente, adottata da bambina, di ottenere informazioni sulle sue origini biologiche e sulla salute dei suoi genitori biologici, in quanto le informazioni relative ad un'adozione conclusa costituiscono un segreto ufficiale ai sensi del diritto interno che non può essere condiviso. La Corte censura in particolare la mancanza di un’eccezione per motivi medici che impedisca alle autorità nazionali di valutare le argomentazioni della ricorrente in merito all'asserita necessità di ottenere informazioni di carattere sanitario e la conseguente assenza di equilibrio tra gli interessi contrapposti in gioco.

req. n. 6232/20 e 22394/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

23 maggio 2024 (Saakashvili c. Georgia)

Art. 6 § 1, Art. 6 § 3 (d), Art. 7 – Mancata violazione del diritto a un equo processo, in specie rispetto al diritto a un tribunale indipendente e imparziale e sotto il profilo dell’esame dei testimoni, nel caso della condanna dell'ex Presidente della Georgia, in due distinti procedimenti penali, per fatti commessi durante la sua carica (complicità in percosse e abuso di autorità a causa dell'esercizio della clemenza presidenziale). La Corte ritiene che il Tribunale monocratico di primo grado che ha condannato il ricorrente per abuso di autorità ufficiale non mancasse di indipendenza o imparzialità (sia in senso oggettivo che funzionale), anche considerando che le funzioni impiegatizie o comunque tecniche dell'assistente giudiziario non devono essere confuse con il ruolo del giudice in senso proprio. La Corte afferma peraltro che un giudice professionale (formato [“trained”]) sia più adatto a mantenere il necessario distacco rispetto a un giudice o a un giurato ‘laico’. Secondo la Corte, invece, i diritti di difesa del ricorrente in entrambi i procedimenti non sono stati violati, in quanto l’uso delle prove da parte dei tribunali nazionali nei procedimenti penali è stato conforme alla Convenzione e le dichiarazioni dei testimoni costituiscono testimonianze dirette. Il ricorrente ha avuto poi la possibilità di confrontarsi con i testimoni chiave durante il processo e di contestare le loro dichiarazioni.

Sotto il profilo del principio “nullum crimen sine lege”, la Corte ritiene che la condanna del ricorrente per abuso di autorità per aver concesso la grazia, durante la sua presidenza, a funzionari di alto rango condannati per omicidio, potesse essere ragionevolmente prevista. La disposizione penale su cui si basava la condanna costituisce infatti un esempio della tecnica legislativa del "rinvio generale" o della "legislazione mediante rinvio" che non solleva rilievi problematici ai sensi dell'Art. 7 § 1 CEDU in quanto tale. Il ricorrente non poteva invece aspettarsi di godere dell'immunità dalla responsabilità penale individuale né in base alla disposizione penale pertinente né in base al quadro costituzionale nazionale. Alla luce della panoramica costituzionale comparata, l'aspettativa del ricorrente che una consuetudine costituzionale paneuropea lo mettesse al riparo dalla responsabilità penale per gli atti commessi nell'esercizio dei suoi poteri discrezionali mentre era in carica risulta infondata. Per la Corte si deve invece adottare un approccio deferente, in considerazione del principio di sussidiarietà, rispetto al modo in cui i tribunali nazionali hanno affrontato, applicando il concetto di pesi e contrappesi, la dimensione costituzionale dell'apparente dicotomia tra la natura assoluta del potere presidenziale di clemenza e la possibilità che tale potere diventi oggetto di abuso; la Corte ritiene che i tribunali nazionali abbiano esaminato lo stato d'animo del ricorrente durante la commissione del reato e compiuto un’interpretazione e applicazione del diritto nazionale pertinente, ragionevole e coerente con l'essenza del reato.

Vi è un’opinione parzialmente dissenziente di due giudici annessa al giudizio.

req. n. 50681/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

16 maggio 2024 (Mikyas e altri c. Belgio)

Art. 9 – Inammissibilità per manifesta infondatezza del ricorso proposto da alcune giovani mussulmane di cittadinanza belga contro il divieto di indossare il velo negli istituti scolastici pubblici della comunità fiamminga, in quanto presuntamente lesivo della libertà religiosa. La Corte nota, infatti, come il divieto sia stato deciso dalle autorità competenti per dare esecuzione all’Art. 24 § 1 (3) della Costituzione dello Stato, secondo cui l’educazione deve essere neutrale, in rapporto alle convinzioni religiose e filosofiche di studenti e famiglie. La Corte giudica inoltre, a maggioranza, che il concetto di neutralità del sistema scolastico fiammingo, inteso come divieto generale di indossare simboli visibili di credo da parte degli alunni, non sia di per sé in contrasto con l'Art. 9 della Convenzione e con i valori che ne sono alla base. A questo proposito, osserva che il divieto contestato non si limita al velo islamico, ma si applica indistintamente a qualsiasi simbolo visibile del proprio credo, al fine di proteggere gli studenti da ogni forma di pressione sociale e di proselitismo. Inoltre, le ricorrenti avevano scelto liberamente di frequentare le scuole del sistema educativo comunitario e non potevano ignorare che i relativi organi di governo erano tenuti, in base alla Costituzione, a garantire il rispetto del principio di neutralità. La restrizione contestata può quindi essere considerata proporzionata agli obiettivi perseguiti, vale a dire la tutela dei diritti e delle libertà altrui e dell'ordine pubblico, e quindi "necessaria" "in un contesto democratico". Ne consegue che i reclami ai sensi dell’articolo 9 della Convenzione sono manifestamente infondati.

req. n. 34749/16 e 79607/17 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

16 maggio 2024 (Domenjoud c. Francia)

Art. 2 P.4, Art. 15, Art. 5 – Violazione della libertà di circolazione nel caso dell’assegnazione a residenza preventiva [“assignation à résidence préventive”] imposta in via amministrativa a due ricorrenti sospettati di possibili atti di violenza durante il vertice COP 21 di Parigi, nel 2015, sulla base della legge sullo stato di emergenza dichiarato a seguito degli attentati terroristici del medesimo anno. La Corte nota, in primo luogo, come la misura non fosse direttamente connessa alla lotta contro il terrorismo, ossia la causa di adozione dello stato d’urgenza e dell’attivazione dell’Art. 15 CEDU da parte dello Stato. La misura applicata al primo ricorrente si è comunque caratterizzata per un generale rispetto del principio di proporzionalità, viste le sufficienti garanzie procedurali; il sufficiente collegamento con lo stato di emergenza nelle circostanze molto specifiche del caso (che vedevano una forte preoccupazione delle autorità per nuovi turbamenti dell’ordine pubblico a pochi giorni dagli attentati di Parigi); e viste le motivazioni pertinenti e sufficienti, sorrette da prove concrete derivanti dalla condotta e dal background dell'interessato, che indicavano un serio rischio di partecipazione a episodi di particolare violenza. Per quanto riguarda invece la misura applicata al secondo ricorrente, la Corte giudica che la sostanza dei suoi diritti procedurali non sia stata preservata, data l’assenza di una valutazione individuale e dettagliata del suo comportamento o delle sue azioni, tale da rendere possibile la concretizzazione del rischio.

Sotto il profilo dell’Art. 15 CEDU e sempre rispetto al secondo ricorrente, la Corte nota come l’assegnazione a residenza non rientrasse nella lotta al terrorismo e non potesse ritenersi una misura strettamente richiesta dalla situazione, per cui gli atti dello Stato non sono da ritenere coperti dalla deroga derivante da un pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, pericolo pur esistente all’epoca dei fatti.

Sotto il profilo dell’art. 5 CEDU, la Corte nota però come l’assegnazione a residenza non possa essere considerata una privazione della libertà, quanto piuttosto una sua mera restrizione, dato il combinato disposto di durata, effetti e modalità di esecuzione delle misure.

È presente un’opinione dissenziente.

req. n. 25259/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

14 maggio 2024 (Oleg Balan c. Repubblica di Moldavia)

Art. 8 – Violazione del diritto alla vita privata sotto al profilo degli obblighi positivi a causa del rigetto del ricorso per diffamazione presentato dal ricorrente quando era Ministro dell'Interno e rivolto contro il leader di un partito politico di opposizione per le dichiarazioni contenute in un documento pubblicato sulla pagina Facebook personale di quest'ultimo. La Corte censura il mancato equilibrio tra i diritti concorrenti di cui agli Artt. 8 e 10 CEDU, in quanto il convenuto con l’accusa di diffamazione è stato espressamente trattato, senza spiegazioni, come giornalista investigativo e "persona pubblica" [“public person”] dalle corti nazionali di vertice, con conseguente applicazione della presunzione di buona fede applicabile ai giornalisti investigativi ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU. D’altra parte, la Corte rinviene la mancata analisi degli elementi del fascicolo relativi alla tutela del diritto alla reputazione del ricorrente.

req. n.59/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

23 aprile 2024 (Aydın Sefa Akay c. Turchia)

Art. 5 § 1, Art. 8, Art. 15 – Violazione del diritto a un equo processo secondo una procedura prevista dalla legge nel caso dell’arresto e della detenzione preventiva di un giudice turco in servizio presso il Meccanismo internazionale residuale per i tribunali penali delle Nazioni Unite [“United Nations International Residual Mechanism for Criminal Tribunals”], nonostante l'immunità diplomatica conferitagli dallo Statuto del Meccanismo.

La Corte, all’unanimità, applica, mutatis mutandis, ai giudici e ai tribunali internazionali i principi enunciati nella propria giurisprudenza sull'indipendenza della magistratura interna. Inoltre, censura il ritardo dei tribunali nazionali nel valutare la rilevanza dell'immunità diplomatica del ricorrente, evidenziando come questo ritardo sia incompatibile con l'Art. 5 § 1 CEDU e tale da rendere vana qualsiasi protezione spettante in virtù dell’immunità stessa. L'interpretazione dei tribunali interni in merito all'immunità non è stata dunque né prevedibile né conforme alle esigenze di certezza del diritto di cui all'Art. 5 § 1, perché, contrariamente a quanto dichiarato dalla Corte costituzionale turca, i giudici dei tribunali internazionali non sono rappresentanti di uno Stato membro presso un organo delle Nazioni Unite e il ricorrente godeva della piena immunità diplomatica, compresa l'inviolabilità personale e l'impossibilità di essere sottoposto a qualsiasi forma di arresto o detenzione per tutta la durata del suo mandato. La Corte ricorda come lo scopo ultimo dei privilegi e dell'immunità è quello di proteggere l'indipendenza dei giudici, e quindi del Tribunale del Meccanismo ONU, nei confronti di qualsiasi Stato.

La Corte rinviene una violazione dell’Art. 8 CEDU a causa delle perquisizioni della persona e del domicilio del ricorrente non "previste dalla legge", perché il luogo di residenza del ricorrente era da considerare ai fini in questione analogo a quello di un ufficio, dato che egli lavorava per il Meccanismo ONU a distanza, appunto dalla sua residenza presso il suo paese d'origine. La residenza era dunque soggetta a una protezione rafforzata simile a quella concessa dalla giurisprudenza della Corte ex Art. 8 alle perquisizioni presso lo studio di un avvocato. I tribunali nazionali non hanno esaminato questo aspetto dell'immunità del ricorrente, mentre alcuni oggetti sequestrati sono stati successivamente utilizzati nel procedimento penale a suo carico. D’altra parte, non vi è stata nessuna revoca dell'immunità da parte del Segretario Generale dell'ONU né consenso a posteriori da parte dell'ONU o del ricorrente.

La Corte non ritiene potersi fare applicazione della deroga ex Art. 15 CEDU invocata dalla Turchia, pur concedendo che il Paese si trovava allora in uno stato di emergenza minacciante la vita della nazione. Infatti, la presunta deroga (in realtà da considerare una violazione) dell’Art. 5 § 1 e dell’Art. 8 CEDU è avvenuta tramite misure incompatibili con gli "altri obblighi derivanti dal diritto internazionale" gravanti sullo Stato convenuto, citati come requisito dallo stesso Art. 15 e per la prima volta utilizzati dalla Corte per escludere l’applicabilità dell’Articolo. Inoltre la Corte giudica che, almeno per l’Art. 5, le misure derogatorie abbiano ecceduto il limite di stretta proporzionalità gravante sullo Stato ex Art. 15.

req. n. 42917/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

23 aprile 2024 (Zăicescu e Fălticineanu c. Romania)

Art. 8 (+Art. 14), Art. 34 – Violazione dell’Art. 8, insieme all’Art. 14 CEDU, a causa della discriminazione subita dai ricorrenti nel loro diritto alla vita privata, a causa dell’assoluzione, negli anni ‘90, di due alti ufficiali militari precedentemente condannati negli anni ’50 per reati connessi all'Olocausto, nell'ambito di un procedimento d'appello straordinario non comunicato ai ricorrenti, che sono stati essi stessi vittime dell'Olocausto. I risultati e il contesto del procedimento sono ritenuti per la Corte essere stati in grado di incidere sufficientemente sul senso di identità e di autostima dei ricorrenti, causando una sofferenza emotiva che raggiunge il "livello certo" o la "soglia di gravità" richiesti [“certain level” e “threshold of severity”]. L’applicabilità dell'art. 8 discende dai principi sviluppati nella giurisprudenza in materia di dichiarazioni antisemite o di negazione dell'Olocausto, applicabili nel caso di specie, data anche la presenza di standard comuni a livello europeo ed internazionale. I procedimenti penali contro i responsabili dei crimini antisemiti riguardavano inoltre una questione di estremo interesse pubblico. La Corte nota anche come nonostante la conservazione dei fascicoli relativi alle condanne iniziali e ai nuovi procedimenti da parte dei servizi segreti, vi sia stato però un rifiuto iniziale di consentire ai ricorrenti l'accesso ai fascicoli, senza una ragionevole giustificazione e a fronte della mancata divulgazione delle sentenze di assoluzione intercorse negli anni ‘90 e delle loro motivazioni, senza considerare che questa scelta avrebbe potuto provocare nei ricorrenti sentimenti di umiliazione e vulnerabilità e causare loro un trauma psicologico. La Corte rimprovera inoltre alle autorità nazionali di non aver addotto motivazioni pertinenti e sufficienti per azioni che hanno portato alla revisione di condanne storiche, in assenza di nuove prove, reinterpretando fatti storicamente accertati e negando la responsabilità di funzionari statali per l'Olocausto, in contrasto con i principi del diritto internazionale. Le azioni delle autorità sono dunque eccessive e non possono essere giustificate come "necessarie in una società democratica".

Per quanto riguarda lo status di vittima, la Corte ritine non sia necessario stabilire un collegamento diretto tra gli atti commessi dai due ufficiali militari e i ricorrenti, in quanto i crimini in questione erano diretti contro un intero gruppo di persone e la persecuzione comunque sofferta dai ricorrenti portava questi a poter fondatamente affermare di aver sofferto personalmente di un disagio emotivo quando hanno scoperto la riapertura del procedimento penale e le successive assoluzioni, con la conseguenza che i ricorrenti possono essere visti come aventi un interesse personale nel procedimento volto a stabilire la responsabilità di alti membri delle forze armate dell'Olocausto in Romania.

La Corte ha invece ritenuto, a maggioranza, inammissibili i ricorsi sollevati ai sensi dell'Art. 3 in combinato disposto con l'Art. 14 CEDU. I maltrattamenti subiti dai ricorrenti sono infatti avvenuti nove anni prima dell'esistenza della Convenzione e 50 anni prima della sua firma da parte della Romania.

req. n. 32439/19 e altri

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

18 aprile 2024 (Leroy e Altri c. Francia)

Art. 35, Art. 3 – La Corte rileva anzitutto, ai fini della valutazione sull’ammissibilità del ricorso, come sussistesse un rimedio interno potenzialmente efficace e dunque da utilizzarsi per tentare di porre fine a condizioni di detenzione indecorose verificatesi a seguito di una protesta in prigione [“mouvement social en prison”]. In specie, si sarebbe trattato di una situazione legata a un evento unico di natura temporanea ed eccezionale, e il giudice dell'esecuzione provvisoria sarebbe stato in grado di ordinare misure urgenti suscettibili di essere attuate rapidamente e di produrre effetti in un breve lasso di tempo, contrariamente a quanto accaduto nel caso J.M.B. e altri c. Francia. Si riscontra dunque il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne da parte di otto ricorrenti.

La Corte non rinviene inoltre alcuna violazione dell’Art. 3 CEDU sotto al profilo materiale a fronte dell’intervento di squadre esterne mascherate per rafforzare la sicurezza del carcere durante la protesta e delle perquisizioni con palpazione effettuate al termine dell'azione su un ricorrente, in quanto tali elementi non hanno raggiunto la soglia di gravità fissata perché un trattamento sia qualificabile come inumano o degradante.

Invece, la Corte rinviene una violazione dell’Art 3 CEDU sotto al profilo materiale dei trattamenti degradanti a causa delle condizioni di detenzione indegne subite da due ricorrenti durante la protesta.

Non si riscontra d’altra parte una violazione dell’Art. 13 CEDU, visto che non si può negare l’efficacia del rimedio offerto dall’ordinamento interno per rimediare alle cattive condizioni di detenzione.

req. n. 39371/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

9 aprile 2024 (Duarte Agostinho e Altri c. Portogallo e 32 Altri Stati)

Art. 1, Art. 2, Art. 8, Art. 34 e Art. 35. – Inammissibilità del ricorso di sei giovani cittadini portoghesi contro il Portogallo e altri 32 Stati per le responsabilità di tali Stati rispetto alla crisi climatica e ai danni che ne deriveranno ai giovani ricorrenti e alla loro generazione.

Per quanto riguarda la pretesa giurisdizione extraterritoriale degli Stati convenuti diversi dal Portogallo, la Corte ritiene che non vi siano motivi nella Convenzione per una simile estensione tramite interpretazione giudiziaria, dovendosi perciò reputare inammissibili i ricorsi secondo l’Art. 35 CEDU §3 e 4.

Per quanto riguarda invece il ricorso contro il solo Portogallo, considerato che i ricorrenti non hanno intrapreso alcuna azione legale nel loro Stato d’appartenenza, il ricorso dei ricorrenti è dichiarato irricevibile per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne ex Art. 35 §1.

Con riguardo poi allo status di vittima, la Corte riscontra una mancanza di chiarezza in merito alla possibilità di attribuire tale status ai ricorrenti, incertezza che ricollega al mancato esaurimento delle vie di ricorso interne.

req. n. 7189/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

9 aprile 2024 (Carême c. Francia)

Art. 2, Art. 8, Art. 34 e Art. 35 – Inammissibilità del ricorso dell’ex sindaco del comune francese di Grande-Synthe, in un caso in cui il ricorrente sosteneva che la Francia non avesse adottato misure sufficienti per prevenire il cambiamento climatico e che questa mancanza avesse comportato una violazione dei suoi diritti alla vita e al rispetto della vita privata e famigliare e del domicilio. La Corte ritiene che il ricorrente non abbia attualmente legami rilevanti con Grande-Synthe ne risieda più lì o altrove in Francia, essendosi trasferito a Bruxelles dal 2019 in quanto parlamentare europeo.  Pur ammettendo in principio la rilevanza del caso alla luce degli Artt. 2 e 8 della CEDU, per come interpretati nel caso Verein KlimaSeniorinnen Schweiz e Altri [CG], la Corte ritiene dunque che nel caso di specie il ricorrente non possa rivendicare lo status di vittima ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.

req. n. 53600/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

9 aprile 2024 (Verein KlimaSeniorinnen Schweiz e Altri c Svizzera)

Art.  6 § 1, Art. 8, Art. 34, Art. 46 – Violazione dei diritti al rispetto della vita privata e famigliare e di accesso a un tribunale a causa delle inadempienze dello Stato Svizzero nella risposta alla crisi climatica. La Corte, ritiene in primo luogo che si debbano applicare criteri distinti per stabilire da un parte lo status di vittima dei singoli individui ricorrenti e, dall’altra parte, la legittimazione – il locus standi o la rappresentanza [representation] - delle associazioni portatrici d’interessi nel contesto del cambiamento climatico, alla luce della necessità di un'efficace tutela dei diritti della Convenzione che tenga conto delle caratteristiche peculiari del fenomeno senza pregiudicare l'esclusione dell'actio popularis dal sistema della Convenzione. La Corte giudica che nel caso in oggetto i criteri dello status di vittima non siano soddisfatti dai singoli richiedenti (incompatibilità ratione personae), mentre l’associazione richiedente soddisfa i criteri pertinenti (locus standi) e quindi sia legittimata ad agire per conto dei suoi membri, anche alla luce dell’importanza dell'azione collettiva e della condivisione degli oneri intergenerazionali nel contesto del cambiamento climatico. Nel merito, la Corte rinviene una violazione degli obblighi positivi collegati al diritto alla vita privata e familiare, derivante dal mancato rispetto da parte dello Stato convenuto dell'obbligo positivo di attuare misure sufficienti per combattere il cambiamento climatico. L’applicabilità dell'art. 8 viene affermata in ragione della possibilità di desumere da tale articolo un diritto degli individui a una protezione effettiva da parte delle autorità statali contro i gravi effetti negativi del cambiamento climatico sulla loro vita, salute, benessere e qualità della vita, con la necessità di sviluppare un approccio più appropriato e personalizzato per quanto riguarda le varie questioni che emergono nel contesto del cambiamento climatico non affrontate dalla giurisprudenza ambientale oggi esistente.

Tenendo conto degli effetti futuri dei cambiamenti climatici, la Corte compie una enumerazione dei requisiti che le autorità competenti devono tenere in debita considerazione, tra cui vi sono la necessità di garanzie procedurali nazionali e di misure di mitigazione da integrare con misure di adattamento volte ad alleviare le conseguenze più gravi o imminenti dei cambiamenti climatici. Si rileva d’altra parte l’esistenza di lacune critiche nel processo di attuazione del quadro normativo nazionale da parte delle autorità svizzere, come il non aver quantificato, attraverso un bilancio sul carbonio o in altro modo, le limitazioni nazionali delle emissioni di gas serra e il non aver agito in tempo utile e in modo appropriato e coerente per quanto riguarda l’elaborazione, lo sviluppo e l’attuazione del quadro legislativo e amministrativo pertinente, superando con ciò l’ampio margine di apprezzamento dello Stato.

La Corte riscontra anche una violazione del diritto di accesso a un tribunale, per la mancata volontà delle corti nazionali di esaminare a fondo le azioni intentate dall'associazione ricorrente. La Corte rileva in particolare l’assenza di motivi convincenti per il mancato esame nel merito della questione, così come il non aver le corti nazionali preso in considerazione le convincenti prove scientifiche relative al cambiamento climatico né esaminato la legittimazione giuridica [legal standing] dell'associazione ricorrente. Per la Corte EDU rileva anche la mancanza di altre vie legali o garanzie, così che l’essenza stessa del diritto di accesso a un tribunale sarebbe stata compromessa. La Corte sottolinea infatti il ruolo chiave spettante ai tribunali nazionali nelle controversie relative al cambiamento climatico e l’importanza dell'accesso alla giustizia in questo campo.

Sotto al profilo dell’esecuzione della sentenza e delle misure generali da applicare, la Corte ritiene che lo Stato convenuto debba valutare le misure specifiche da adottare con l'assistenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.

req. n. 39611/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

9 aprile 2024 (Georgia c. Russia)

Art. 33, Art. 2, Art. 3, 5 § 1, Art. 2 P.4 e Art. 2 P.1 – Si tratta di un ricorso interstatale riguardante le pratiche amministrative della Russia che derivano dalla c.d. “confinizzazione” [“borderisation”] tra le regioni secessioniste dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud e il territorio controllato dal governo georgiano e che hanno comportato molteplici violazioni della Convenzione lungo i territori della linea di confine amministrativa [“administrative boundary line” (ABL)].

La Corte rinviene una violazione dell’Art. 2 sotto i profili sostanziale e procedurale a causa della pratica amministrativa di usare la forza letale, pur non "assolutamente necessaria", contro civili di etnia georgiana che tentavano di entrare o uscire dall'Abkhazia o dall'Ossezia del Sud. Le condizioni per l'esame ai sensi dell'Art. 2 CEDU sono state soddisfatte in relazione alle vittime sopravvissute e le responsabilità dello Stato convenuto sono da confermare anche per la morte di civili di etnia georgiana che tentavano di attraversare la linea di confine amministrativa attraverso percorsi alternativi di per sé pericolosi e sempre a causa di restrizioni illegali alla libertà di movimento imposte dalle autorità de facto dell'Abkhazia o dell'Ossezia del Sud.

La Corte rinviene una violazione dell’Art. 3 CEDU sotto i profili sostanziale e procedurale a causa dei trattamenti inumani e degradanti determinati dalla prassi amministrativa relativa alle condizioni di detenzione di cittadini di etnia georgiana e a causa dei maltrattamenti subiti durante la detenzione in Abkhazia e in Ossezia del Sud, a fronte della totale assenza di indagini interne al riguardo.

La Corte rinviene inoltre una violazione dell’Art. 5 § 1 CEDU a causa dell’arresto e della detenzione illegali di cittadini di etnia georgiana in Abkhazia e Ossezia del Sud per aver "attraversato illegalmente" la linea di confine con le regioni separatiste. La Corte richiama al riguardo quanto statuito nella causa Mamasakhlisi e altri c. Georgia e Russia relativamente alle autorità e ai tribunali di fatto dell'Abkhazia, in quanto applicabile a entrambe le regioni separatiste.

La Corte rinviene una violazione dell’Art 2 P.4 a causa della pratica amministrativa di limitare illegalmente la libertà di movimento dell'etnia georgiana tra la Georgia e l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud a seguito della trasformazione de facto dell'ABL in confini di Stato.

Una violazione dell’Art 8 per quanto concerne il diritto alla vita familiare e alla casa, come anche dell’Art 1 P.1 quanto al godimento pacifico dei propri beni è stata inoltre determinata dalla pratica amministrativa di limitare illegalmente l'accesso dei cittadini di etnia georgiana alle loro case, terreni e altre proprietà, nonché ai cimiteri in Abkhazia e nell'Ossezia del Sud.

Infine, la Corte riscontra una violazione dell’Art. 2 P.1, ossia del diritto all'istruzione, a causa della prassi amministrativa consistente nel negare il diritto all'istruzione in lingua georgiana ai cittadini di etnia georgiana che vivono in Abkhazia e in Ossezia del Sud, regioni riconosciute dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale come parte integrante della Georgia; il georgiano è quindi considerato una delle lingue ufficiali in entrambe.

req. n. 49049/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

4 aprile 2024 (Zöldi c. Ungheria)

Art. 10 – Violazione della libertà di ricevere e comunicare informazioni a causa del rifiuto di una richiesta avanzata in tal senso da parte di una giornalista, che indagava sull'identità dei beneficiari di sovvenzioni di due fondazioni create dalla Banca nazionale ungherese. Secondo la Corte vi sarebbe stato un interesse pubblico significativo all’aver accesso ai dati richiesti, mentre l’interesse alla protezione dei nomi dei beneficiari delle sovvenzioni non sarebbe stato di natura e grado tali da giustificare l'applicazione dell’Art. 8 CEDU e la sua prevalenza rispetto ai diritti del richiedente di cui all'Art. 10. La Corte nota anche che l’assenza di una disposizione di legge che consenta la divulgazione dell'identità dei beneficiari di sovvenzioni in Ungheria impedisce alle autorità nazionali di effettuare una ponderazione tra i due diritti in gioco. Vi sarebbe dunque una mancanza di motivi sufficienti per giustificare la necessità dell'ingerenza e un mancato raggiungimento di un giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti in gioco.

req. n. 17131/19 e altri

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

4 aprile 2024 (Tamazount e Altri c. Francia)

Art. 6 § 1, Art. 3, Art. 8 e Art. 1 P.1 – Mancata violazione del diritto di accesso a un tribunale in conseguenza della dichiarazione d’incompetenza del Conseil d'État francese, sulla base della dottrina degli atti di governo [“actes de gouvernement”], rispetto alle domande di risarcimento presentate dai c.d. “figli degli harkis”,  per responsabilità con colpa dello Stato francese [“faute de l’État”], derivante dall'assenza di protezione delle famiglie dei propri ex ausiliari e collaboratori algerini al momento dell'indipendenza del Paese e a seguito del loro rimpatrio sistematico in Francia. La Corte ritiene l’Art. 6 § 1 applicabile nel suo aspetto civile, ma ritiene che non via sia nessun motivo per sostituire la propria valutazione a quella del Conseil d'État relativamente all'interpretazione del diritto interno, né per ritenere la posizione del giudice nazionale arbitraria o manifestamente irragionevole. Vi sarebbe stato d’altra parte un rimedio giuridico alternativo a disposizione dei ricorrenti, basato sulla responsabilità oggettiva dello Stato [“responsabilité sans faute de l’État”].

La Corte ritiene però vi sia stata una violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti e del diritto alla vita privata e al rispetto della proprietà, a causa delle condizioni di vita di alcuni ricorrenti in un campo di accoglienza per harkis in Francia, incompatibili con il rispetto della dignità umana e accompagnate da violazioni delle libertà individuali. La Corte ritiene che l’importo del risarcimento concesso al riguardo ai ricorrenti dalle autorità nazionali sita stato inadeguato e insufficiente a riparare le violazioni da essi constatate. I ricorrenti mantengono inoltre lo status di vittima ai sensi dell’Art. 34 CEDU, mentre la competenza ratione temporis della Corte è statuita partire dal 3 maggio 1974, data di entrata in vigore della Convenzione e del Protocollo n. 1 per la Francia, e fino al 31 dicembre 1975, data della fine della permanenza nel campo dei ricorrenti.

req. n. 54699/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

26 marzo 2024 (Kartal c. Turchia)

Art. 6 § 1 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale a causa della mancanza di controllo giurisdizionale sulla cessazione prematura ed ex lege, dopo una riforma legislativa del 2014, del mandato di un giudice allora in servizio in qualità di vicepresidente della Commissione d'ispezione del Consiglio superiore dei giudici e dei pubblici ministeri turco. La Corte ritiene l’Art. 6 CEDU applicabile, trattandosi di una controversia reale e seria su di un diritto civile [“civil right”] riconosciuto dall’ordinamento nazionale e idoneo ad essere fatto valere in tribunale, ossia il diritto a non subire una cessazione arbitraria del mandato. La Corte ritiene non soddisfatta la seconda condizione del test di Eskelinen, poiché l'esclusione del ricorrente dall'accesso a un tribunale non è stata giustificata da ragioni oggettive nell'interesse dello Stato, mentre la cessazione ex lege non è compatibile con uno Stato di diritto e potrebbe minacciare l'indipendenza del potere giudiziario. Vi è inoltre un’assenza di ragioni importanti che giustifichino eccezionalmente la mancanza di un controllo giurisdizionale, con conseguente lesione dell'essenza stessa del diritto di accesso a un tribunale.

req. n. 10103/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

21 marzo 2024 (Sieć Obywatelska Watchdog c. Polonia)

Art. 10 – Violazione della libertà di ricevere e comunicare informazioni a causa del rifiuto di concedere alla ONG ricorrente l’accesso all’agenda delle riunioni avute dai giudici della Corte costituzionale nell’esercizio delle loro funzioni. Per la Corte, si tratta infatti d’informazioni necessarie per l'esercizio del diritto alla libertà di espressione e richieste nell’interesse pubblico, dato il contesto politico polacco del momento. Inoltre, la Corte riscontra una mancata valutazione individuale degli interessi in gioco da parte delle corti nazionali e una mancata dimostrazione che il rifiuto perseguisse uno scopo legittimo o “necessario in una società democratica”. D’altra parte, il parallelo rifiuto di accedere ai registri di tutte le persone che sono entrate o uscite dall’edificio della Corte costituzionale durante un certo periodo di tempo non ha costituito un’interferenza, in quanto le informazioni in questione non sono considerabili come “pronte e accessibili” [“ready and accessible”].

req. n. 66375/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

19 marzo 2024 (Parıldak c. Turchia)

Art. 5 §1, lett. c), §3 e §4, Art. 10 e Art. 15 – Violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza a causa della detenzione cautelare [“détention provisoire”] illegittima di una giornalista. Violazione del diritto di cui all’Art. 5 CEDU determinata dalla mancanza di motivi plausibili per sospettare la ricorrente di aver commesso il presunto reato di appartenenza a un’organizzazione terroristica e dall’interpretazione e applicazione irragionevoli delle disposizioni legali pertinenti.

Rispetto alla deroga alla Convenzione vigente al momento della violazione, la Corte ritiene che nessuna misura derogatoria fosse concretamente applicabile alla situazione della ricorrente, in quanto l’articolo del codice di procedura penale turco pertinente non è mai stato oggetto di deroga.

Ricollegandosi alla propria giurisprudenza, la Corte ritiene invece che non vi sia una violazione del diritto di habeas corpus di cui all’Art. 5 §4 CEDU in conseguenza dei tempi di riesame della legalità della custodia cautelare da parte della Corte costituzionale durante lo stato di emergenza turco (pari a sette mesi). Tali tempi rispettano il requisito del controllo “rapido” richiesto dalla disposizione CEDU [“contrôle à «bref délai»”], tenuto conto delle circostanze di fatto che la Corte costituzionale ha dovuto affrontare.

Infine, la Corte ritiene che, sotto il profilo della violazione della libertà d’espressione, l’irregolarità della detenzione si ripercuota sulla legalità stessa dell’interferenza col diritto convenzionale.

req. n. 18382/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

12 marzo 2024 (Kanatlı c. Turchia)

Art. 9 – Violazione della libertà di coscienza in conseguenza della condanna del ricorrente, che si dichiara obiettore di coscienza, a causa del suo rifiuto di prestare servizio nella riserva nell’ambito dei suoi obblighi militari. La Corte applica l’articolo 9, in quanto il pacifismo può essere considerato come una convinzione protetta dall’articolo 9 CEDU, mentre riscontra l’assenza nel diritto interno di un servizio alternativo e di una procedura accessibile ed efficace in relazione al diritto all’obiezione di coscienza. Vi sarebbe perciò stato un mancato equilibrio tra gli interessi della società nel suo complesso e quelli degli obiettori di coscienza.

req. n. 43868/18 e 25883/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

20 febbraio 2024 (Wa Baile c. Svizzera)

Art. 14, Art. 8 e Art. 13 – Violazione del divieto di discriminazione sotto il profilo procedurale a causa della mancata indagine da parte dei tribunali nazionali svizzeri sul possibile ruolo avuto da motivi discriminatori nei controlli d’identità effettuati alla stazione ferroviaria di Zurigo su di un uomo dalla pelle scura che ha denunciato una profilazione razziale nei suoi confronti [“profilage racial”]. La Corte ritiene applicabile l’Art. 14 in congiunzione con l’Art. 8 CEDU, dal momento che è stata raggiunta la soglia di gravità necessaria perché si rientri nell’ambito della tutela del diritto al rispetto della vita privata. La Corte ritiene che il Governo svizzero non sia stato in grado di confutare la presunzione di trattamento discriminatorio durante il controllo d’identità, dovendosi invece tener conto anche dei rapporti internazionali sulle tecniche di profiling razziale da parte della polizia elvetica, confermati dalle parti intervenute, che rafforzano la presunzione di una discriminazione basata sul colore della pelle ai danni del ricorrente. Si riscontra inoltre la mancanza di un rimedio interno effettivo ai sensi dell’Art. 13 CEDU.

req. n. 48340/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

20 febbraio 2024 (Dede c. Turchia)

Art. 10 – Violazione della libertà di espressione, per quanto attiene al profilo degli obblighi positivi, in conseguenza del licenziamento di un dipendente di una banca turca, soggetto alle norme di diritto privato dell’epoca, per aver inviato un’e-mail interna dal suo profilo di posta elettronica di lavoro ai collaboratori del dipartimento delle risorse umane, criticando i metodi di gestione dell’azionista principale. Sebbene la mail contestata fosse stata ritenuta idonea a turbare la tranquillità del luogo di lavoro, la Corte rinviene la mancanza di un esame sufficientemente approfondito, da parte dei giudici nazionali, dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza della stessa Corte EDU, in specie per quanto riguarda la non pertinenza e sufficienza della motivazione e la mancanza di un giusto equilibrio tra il diritto alla libertà di espressione del ricorrente e il diritto del suo datore di lavoro di tutelare i propri  legittimi interessi.

req. n. 16915/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

20 febbraio 2024 (Danileţ c. Romania)

Art. 10  Violazione della libertà di espressione nel caso della sanzione disciplinare inflitta dal Consiglio Superiore della Magistratura rumeno [“Consiliul Superior al Magistraturii” – CSM] a un giudice per aver pubblicato due messaggi sulla sua pagina Facebook, in quanto le decisioni dei giudici nazionali sono state pronunciate in assenza di una ponderazione degli interessi in gioco secondo i criteri stabiliti dalla giurisprudenza della stessa Corte EDU. In specie, l’esistenza di un attentato alla dignità e all'onore della professione giudiziaria non è stata sufficientemente provata.

req. n. 14157/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

15 febbraio 2024 (Jarre c. Francia)

Art. 1 P.1 e Art. 6 § 1   Mancata violazione del diritto di proprietà e del diritto accesso a un tribunale in conseguenza del rifiuto di riconoscere la quota di riserva [“part réservataire”] dei ricorrenti rispetto all’eredità del padre, regolata dalla legge californiana, e da cui erano stati esclusi per effetto di un trust costituito negli Stati Uniti.  La Corte ritiene applicabile al caso di specie l’Art. 1 del P.1 ma ritiene sia stata assicurata la proporzionalità nell'applicazione immediata da parte dei giudici nazionali dell’abrogazione da parte del Consiglio costituzionale della disposizione legislativa che conferiva agli eredi francesi, esclusi da un’eredità disciplinata da una legge straniera, il diritto a un prelievo compensativo sull’eredità situata in Francia. La Corte valorizza il fatto che si sia trattato di un abrogazione per motivi d’interesse pubblico e che la mancata applicazione da parte dei giudici nazionali investiti della controversia della disposizione abrogata per incostituzionalità sia dipesa dall’effetto vincolante della decisione del Consiglio costituzionale, nel caso di specie di doverosa applicazione anche ai giudizi pendenti, mentre non è stata attivata l’eccezione collegata al concetto dell’ordine pubblico internazionale francese da parte dei giudici nazionali. La Corte giudica dunque che si sia trattato di decisioni non arbitrarie che hanno applicato il diritto vigente, nel rispetto della libertà testamentaria del defunto e senza che vi fosse un intento fraudolento o un vizio di validità del trust secondo il diritto californiano.

req. n. 19920/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

15 febbraio 2024 (Škoberne c. Slovenia)

Art. 6 § 1, Art 6 § 3 e Art. 8 – Violazione del diritto a un equo processo determinata dal rifiuto da parte del giudice a quo della richiesta del ricorrente di esaminare due coimputati come testimoni dopo la loro ammissione di colpevolezza. La richiesta di esame dei coimputati poteva essere considerata in grado di influenzare l’esito del processo o di rafforzare la posizione della difesa, mentre il ricorrente è stato privato dell’opportunità di produrre efficacemente, e quindi di avvalersi, delle prove testimoniali. La Corte giudica che i tribunali nazionali non abbiano motivato sufficientemente il rifiuto né colmato le lacune che ne sono derivate.

Nel caso in oggetto, la Corte rinviene anche una violazione del diritto alla vita privata, sub specie di diritto alla segretezza della corrispondenza, in quanto i dati delle comunicazioni del richiedente (dati sul traffico telefonico e sull’ubicazione del soggetto) sono stati conservati dai fornitori di telecomunicazioni per un periodo legale di 14 mesi per diverse finalità di interesse pubblico, ai sensi della legge slovena del tempo. La Corte sanziona un abuso da parte delle autorità di quella che definisce come una vera e propria sorveglianza sistemica, che comportava la conservazione obbligatoria e indiscriminata dei dati delle telecomunicazioni e che deve ritenersi costituire un ostacolo al godimento del diritto alla vita privata di tutti gli utenti dei servizi coinvolti. Per la Corte, l’ingerenza costituita dalla conservazione dei dati è di natura grave e richiede un esame più rigoroso da parte del giudice convenzionale nel valutare la questione dell’equo bilanciamento operato dallo Stato. I giudici di Strasburgo sottolineano in particolare l’assenza di disposizioni o meccanismi volti a garantire che la misura che imponeva la conservazione fosse limitata a quanto "necessario in una società democratica" e per conseguire gli scopi specifici elencati nel diritto interno pertinente. Invece, i dati del ricorrente sono stati conservati in modo sistematico, generale e indiscriminato, dunque secondo un regime inconciliabile con gli obblighi dello Stato di cui all’art. 8 CEDU.

req. n. 53254/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

15 febbraio 2024 (U. c. Francia)

Art. 3 – Mancata violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti a causa dell’esecuzione del provvedimento di allontanamento di un cittadino russo di origine cecena verso la Federazione Russa, alla luce della situazione generale attuale in Cecenia.  La Corte considera la valutazione a suo tempo effettuata da parte delle autorità della situazione personale del richiedente alla luce del rischio presunto e compie essa stessa un nuovo esame del rischio per il richiedente, il quale però non avrebbe dimostrato l’esistenza di motivi seri e comprovati per ritenere che esista un pericolo reale e attuale di subire un trattamento contrario all’articolo 3 in caso di allontanamento.

req. n. 16760/22 e altri

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

13 febbraio 2024 (Executief van de Moslims van België e Altri c. Belgio)

Art. 9 e Art. 14 – Mancata violazione della libertà di religione e del diritto alla sua manifestazione pubblica da parte dei decreti delle Regioni fiamminga e vallona che vietano la macellazione di animali senza previo stordimento, pur prevedendo uno stordimento reversibile per la macellazione rituale. La Corte si pronuncia nel senso di ritenere l’Art. 9 applicabile e, per la prima volta, giudica su di un bilanciamento tra la libertà di religione e il benessere degli animali. La Corte opera inoltre una distinzione tra la causa in oggetto e la precedente Cha'are Shalom Ve Tsedek c. Francia [GC] e ricorda come la Convenzione non possa essere intesa come tutelante il benessere degli animali in quanto tale, a differenza del diritto dell’UE. La protezione del benessere degli animali viene però collegata per la prima volta all’obiettivo legittimo di tutelare la “morale pubblica” [“morale publique”]. Pur in assenza di un chiaro consenso all’interno degli Stati membri, la Corte riscontra comunque la tendenza graduale verso una maggiore protezione del benessere degli animali. In un settore dove gli Stati godono di un non ristretto margine di apprezzamento, la Corte ritiene che vi sia già stata una presa in considerazione delle esigenze dell’articolo 9 nell’ambito del bilanciamento [“arbitrage”] effettuato dal legislatore e nel doppio controllo giurisdizionale della CGUE e della Corte costituzionale belga. La misura è dunque ritenuta proporzionata all’obiettivo perseguito.

req. n. 4976/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

13 febbraio 2024 (Jann-Zwicker e Jann c. Svizzera)

Art. 6 § 1 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale in un tempo ragionevole in ambito civile a causa dell’intervenuta prescrizione della domanda di risarcimento dei danni da amianto in conseguenza della presa di posizione, da parte dei giudici nazionali, nel senso che il termine di prescrizione assoluta di dieci anni decorresse dal momento dell’atto dannoso, e non dal momento in cui il ricorrente era venuto a conoscenza del danno subito. La Corte giudica che nel calcolo del termine di prescrizione si debba invece tenere conto dell’impossibilità scientificamente provata per una persona di sapere di essere affetta da una determinata malattia, anche considerando i lunghi periodi di latenza tra l'esposizione all’amianto e la manifestazione del mesotelioma causato dalla sostanza. Nelle circostanze eccezionali relative alle vittime dell’esposizione all’amianto, il modo in cui è stato determinato il dies a quo rispetto al decorso del termine assoluto di prescrizione ha limitato il diritto dei ricorrenti a vedere il proprio caso esaminato in un tribunale, fino a comprometterne l’essenza stessa. Il margine di apprezzamento è stato dunque oltrepassato e la Corte non rinviene nessuna ragione per discostarsi dal ragionamento della Corte nella precedente causa Howald Moor e altri c. Svizzera. La Corte giudica inoltre eccessiva la durata del procedimento dinanzi al Tribunale federale elvetico, a causa della sospensione del giudizio per oltre quattro anni e mezzo.

req. n. 1162/22

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

8 febbraio 2024 (Auray e Altri c. Francia)

Art. 5 §1 (Ratione materiae), Art 2 P.4, Art. 10 e Art 11 – Nel caso dell’accerchiamento dei ricorrenti da parte delle forze dell’ordine per diverse ore a margine di una manifestazione e in un contesto di violenza urbana, la Corte giudica che l’avvenuta limitazione della libertà personale non costituisca, tenuto conto della sua natura e del modo in cui è stata effettuata, una "privazione della libertà" ex Art 5 CEDU, nonostante la sua durata e i suoi effetti sui ricorrenti.

Tuttavia, la Corte rinviene una violazione della libertà di circolazione e delle libertà di riunione e di espressione, a danno dei ricorrenti, confinati a seguito dell'accerchiamento e impossibilitati a partecipare alla manifestazione. In specie, la Corte ritiene che il ricorso alla tecnica dell’accerchiamento [“kettling”] di cui si discute non fosse “previsto dalla legge” all'epoca dei fatti contestati, in assenza di un testo destinato alle forze dell’ordine che lo menzionasse. Il regime giuridico generale relativo al mantenimento dell’ordine pubblico in vigore all’epoca non definiva dunque un quadro sufficientemente preciso da costituire una garanzia contro il rischio di misure arbitrarie.

req. n. 71555/12 e 48256/13

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

23 gennaio 2024 (O.G. e Altri c. Grecia)

Art. 8 – Violazione del diritto alla tutela della vita privata causata dal prelievo di sangue condotto dalle autorità greche, in una stazione di polizia e senza previo consenso, su donne sospettate di compiere atti di prostituzione. La Corte rileva essersi trattato di un’interferenza non prevista dalla legge e condanna altresì la successiva decisione del pubblico ministero greco di rendere pubblici dati medici altamente sensibili delle persone sieropositive interessate dal controllo, insieme alla loro identità e alle loro fotografie e al motivo del procedimento penale avviato nei loro confronti. La diffusione dei dati, caricati sul sito web della polizia e successivamente diffusi dai media, ha concorso  a determinare un’interferenza non sufficientemente giustificata e sproporzionata.

req. n. 20725/20  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

18 gennaio 2024 (Allée c. Francia)

Art. 10 – Violazione della libertà di espressione a causa della condanna penale della ricorrente per pubblica diffamazione [“diffamation publique”], a seguito di accuse di molestie e di aggressioni sessuali rivolte al vicepresidente esecutivo dell'associazione nella quale era impiegata, accuse inviate per posta elettronica a sei persone. La Corte condanna l’approccio eccessivamente restrittivo dei giudici nazionali, che hanno riconosciuto il carattere pubblico dell’e-mail ai sensi della legge dello Stato, senza considerare invece la necessità, alla luce dell’Art. 10 CEDU, di fornire una tutela adeguata alle persone che denunciano atti di molestie psicologiche o sessuali di cui si considerano vittime. I giudici nazionali, rifiutando di adattare alle circostanze del caso la nozione di base “fattuale sufficiente” [“base factuelle suffisante”] e i criteri di buona fede, hanno imposto un onere della prova eccessivo alla ricorrente, pur avendo avute le sei mail inviate degli effetti limitati sulla reputazione del presunto aggressore. La Corte nota poi come, pur essendo stata la sanzione di entità modesta, la condanna penale abbia un inevitabile effetto deterrente e ciò determini l’assenza di un rapporto ragionevole di proporzionalità.

req. n. 6383/17  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

16 gennaio 2024 (al-Hawsawi c. Lituania)

Art. 1, Art. 2, Art. 3, Art. 5, Art. 6, Art. 1 P.6, Art. 8, Art 13 e Art. 46 – Violazione di plurimi diritti convenzionali nel caso di un cittadino saudita, sospetto terrorista islamista, detenuto in modo extra-giudiziale presso una base segreta della C.I.A. in Lituania, Paese al quale la Corte riconduce la giurisdizione nel caso delle violazioni in questione.

La Corte rinviene una violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti subita dal ricorrente durante il periodo di detenzione in Lituania, nel corso di una “consegna straordinaria” [“extraordinary rendition”], in specie si condanna la complicità dello Stato convenuto nel collaborare al programma della C.I.A, così consentendo alle autorità statunitensi di sottoporre il ricorrente a trattamenti inumani in territorio lituano e di trasferirlo da tale territorio nonostante il rischio reale di ulteriori trattamenti contrari all’Art. 3. Vi è inoltre stata un’indagine inefficace sulle accuse mosse dal ricorrente sulle gravi violazioni della Convenzione da lui subite.

La violazione dell’Art. 5 riguarda la stessa detenzione illegale e segreta del ricorrente nel centro di detenzione della C.I.A. su territorio lituano e l’aver lo Stato convenuto acconsentito al trasferimento del ricorrente da parte delle autorità statunitensi dal suo territorio, nonostante il rischio reale di essere sottoposto a trattamenti inumani.

La Corte riscontra un’interferenza con la vita privata e familiare del ricorrente non "conforme alla legge" e priva di giustificazione, data l’imposizione a quest’ultimo di una detenzione illegale e segreta.

La Corte rinviene poi una violazione del diritto a un equo processo in un tempo ragionevole, in correlazione alle violazioni degli Artt. 2 e 3 CEDU e dell’art. 1 P.6, a causa della consegna straordinaria alla C.I.A. nonostante il rischio reale e prevedibile di un processo palesemente iniquo davanti alla commissione militare statunitense a Guantanamo e dell’imposizione della pena di morte in capo al ricorrente.

La Corte rinviene da ultimo l’assenza di rimedi efficaci per il ricorrente, secondo quanto disposto dall’Art. 13 CEDU e in rapporto ai diritti violati, e dispone un elenco dettagliato di misure che lo Stato dovrebbe intraprendere in esecuzione della sentenza in oggetto e per fare valere i diritti del ricorrente, attualmente sotto processo davanti a una commissione militare presso la base statunitense di Guantanamo.

req. n. 3566/16  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

16 gennaio 2024 (Alkhatib e Altri c. Grecia)

Art. 2 – Violazione del diritto alla vita sotto il profilo procedurale a causa dell’indagine inadeguata e incompleta su di un passeggero gravemente ferito quando la Guardia Costiera greca ha sparato sul motore di un’imbarcazione che trasportava illegalmente dei migranti.  La Corte condanna l’incapacità da parte delle autorità nazionali, a causa delle lacunosità dell’inchiesta condotta,  di stabilire se l'uso di una forza potenzialmente letale fosse o meno giustificato nelle particolari circostanze dell'operazione di intercettazione. La Corte rinviene una violazione dell’Art. 2 anche dal punto di vista sostanziale per l’uso eccessivo della forza da parte della guardia costiera, nonostante la presumibile presenza di passeggeri nascosti a bordo dell'imbarcazione. La Corte riscontra la mancanza della vigilanza necessaria per ridurre al minimo l’uso della forza letale e il possibile rischio per la vita dei soggetti coinvolti, nonché la mancanza di un quadro normativo adeguato da parte dello Stato che disciplini l’uso della forza potenzialmente letale nelle operazioni di sorveglianza marittima. L’uso della forza nel caso di specie deve dunque ritenersi come non assolutamente necessario né strettamente proporzionato alle circostanze particolari del caso.

req. n. 1049/17   

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

14 novembre 2023 (Nika c. Albania)

Art. 2 – Violazione del diritto alla vita, sotto il profilo procedurale, a causa dell’uccisione del parente dei ricorrenti da parte di agenti dello Stato durante una protesta politica degenerata in violenza davanti all’ufficio del Primo Ministro, a seguito di un colpo d’arma da fuoco. La Corte censura la mancata conduzione da parte delle autorità di un’indagine efficace in grado di portare all’identificazione e alla punizione dei responsabili degli eventi e di stabilire la verità, a causa delle carenze generali nelle prime fasi dell’indagine, così come della mancanza di un’ indagine adeguata sulle possibili responsabilità per gli eventi da parte dei comandanti delle forze dell’ordine presenti sul campo. Sotto il profilo sostanziale dell’Art. 2, la Corte rinviene un uso ingiustificato della forza letale da parte degli agenti, causato anche da carenze del quadro giuridico vigente all’epoca dei fatti e alla disciplina dell’uso di armi potenzialmente letali in relazione alle operazioni di controllo della folla. Nel caso concreto, ossia quello  della protezione dell'ufficio del Primo Ministro, la Corte ritiene che l’Art. 2 della Convenzione non consentisse l’uso della forza letale per la sola protezione della proprietà in quanto tale, dovendosi invece definire eventuali circostanze eccezionali che potessero giustificare l'uso letale della forza a tale scopo. Il diritto nazionale pertinente all’epoca, che autorizzava l’uso di armi da fuoco per la protezione della proprietà deve perciò ritenersi carente a tale riguardo. A ciò vanno aggiunti gravi difetti nella pianificazione e nel controllo delle operazioni di polizia in relazione alla protesta.

Per quanto riguardo le misure individuali da intraprendere secondo l’Art. 46 della Convenzione, le autorità nazionali devono continuare ad adoperarsi per chiarire le circostanze della morte del parente dei ricorrenti e identificare e punire i responsabili.

req. n. 72173/17    

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

9 novembre 2023 (Legros e Altri c. Francia)

Art. 6 § 1 e Art. 1 P. 1 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale nel caso dell’applicazione generale e retroattiva di un nuovo termine, il quale limita nel tempo la possibilità di  presentare un ricorso, ai ricorsi proposti prima del citato mutamento della giurisprudenza, i quali sono stati dunque respinti dal giudice amministrativo francese, in quanto tardivi. Il mutamento giurisprudenziale in oggetto ha limitato la possibilità di impugnare, al di fuori del termine legale o regolamentare, una decisione presa dall’amministrazione, in assenza di un riferimento ai mezzi e ai termini di ricorso, solo entro un "termine ragionevole" [délai raisonnable], di norma non superiore a un anno dalla notifica o dalla conoscenza della decisione, a meno che non si dimostrino circostanze particolari. La Corte rinviene la creazione, da parte del Consiglio di Stato e a titolo di precedente (decisione "Czabaj"), di una nuova condizione di ammissibilità, basata su motivi di per sé sufficienti e che giustificano l’inversione della giurisprudenza, pur con una probabile incidenza sulla sostanza del diritto al ricorso, senza violare eccessivamente il diritto di accesso a un tribunale. Tuttavia, la Corte ritiene che l’immediata applicazione della nuova giurisprudenza ai procedimenti in corso fosse imprevedibile in principio e in concreto per i ricorrenti del caso di specie, restringendo il loro diritto d’accesso a una corte in modo tale da annullarlo nel caso concreto.

Rispetto alla violazione del diritto al godimento dei propri beni, la Corte ritiene che il ricorrente non sia stato in grado, a seguito dell’irricevibilità del ricorso, di ottenere una risposta giudiziaria al merito della controversia relativa alla violazione del diritto al rispetto in oggetto, con un conseguente sconvolgimento dell’equo bilanciamento fra i diritti convenzionali.

req. n. 63543/09 e altri   

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

7 novembre 2023 (Durdaj e Altri c. Albania)

Art. 2 – Violazione del diritto alla vita, dal punto di vista procedurale, a causa della mancanza d’efficacia del procedimento penale relativo all’esplosione presso l'impianto di smantellamento delle armi di Gërdec, che ha provocato morti e feriti gravi. L’indagine è qualificata dalla Corte come adeguata dal punto di vista dell’aver accertato le circostanze dell’incidente e dell’aver portato all’identificazione dei responsabili, inoltre ai ricorrenti è stato concesso l’accesso all’indagine nella misura necessaria a salvaguardare i loro legittimi interessi. Anche la pena detentiva e il tempo trascorso in carcere non appaiono manifestamente sproporzionati rispetto alla gravità degli atti commessi. Ai ricorrenti non è però stata data la possibilità di partecipare effettivamente al procedimento penale contro gli imputati, mentre il procedimento penale rivolto contro l’ex ministro della Difesa albanese risulta ancora in corso, dopo oltre quattordici anni, risultando dunque il procedimento afflitto da notevoli ritardi e dall’inerzia delle autorità. Per quanto riguarda il profilo sostanziale del diritto alla vita, sotto forma dell’entità della compensazione data ai feriti o ai parenti delle vittime, la Corte ritiene che i ricorrenti non abbiano esaurito le vie di ricorso interne, nel quadro di un ordinamento giuridico nazionale che si presenta come pertinente e che prevede diverse basi giuridiche per chiedere un risarcimento allo Stato.

req. n. 9602/18   

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

31 ottobre 2023 (Bild GmbH & Co. KG c. Germania)

Art. 10 – Violazione della libertà d’espressione nel caso di un’ingiunzione che ordini alla società che gestisce un sito web d’informazione di cessare la pubblicazione di un filmato a circuito chiuso di un arresto di polizia, in quanto abbia mancato di sfocare il volto di uno dei poliziotti. Nel caso di specie, l’ingiunzione riguardava due pubblicazioni, ma anche qualsiasi futura pubblicazione di filmati non modificati, indipendentemente dalla copertura che li accompagnava. La Corte rimarca come i dipendenti pubblici e i funzionari pubblici, compresi gli agenti di polizia, in assenza di accuse di cattiva condotta, non sono privati di un interesse legittimo a proteggere la loro vita privata contro, tra l'altro, la falsa rappresentazione di un abuso d’ufficio. La Corte aggiunge che, anche se non esiste una regola generale ai sensi dell’Art. 8 secondo cui gli agenti di polizia non dovrebbero essere generalmente riconoscibili nelle pubblicazioni della stampa, possono esistere circostanze in cui prevale l’interesse alla protezione della vita privata di un singolo agente. Se il bilanciamento dei diritti concorrenti degli Artt. 8 e 10 effettuato dai tribunali nazionali è sufficiente per la prima pubblicazione, esso non lo è per la seconda, così come non è estendibile quale criterio generale per qualsiasi altra pubblicazione futura. Per la Corte, particolare importanza va attribuita alla presentazione editoriale della prima pubblicazione, in quanto vi è stata una mancata valutazione, da parte del sito, della misura in cui la pubblicazione dell’immagine avrebbe potuto alimentare un dibattito pubblico. D’altra parte, il ragionamento generale secondo cui qualsiasi copertura non pixellata sarebbe illegittima anche se riflettesse le circostanze effettive dell’intervento della polizia, senza ritrarre negativamente l’agente di polizia, potrebbe portare a un inaccettabile divieto di qualsiasi futura pubblicazione non consensuale di immagini inedite di agenti di polizia che svolgono le loro funzioni, a prescindere dall’interesse pubblico rispetto all’uso della effettivo della forza da parte della polizia. Si determinerebbe dunque un’interferenza qualificabile come non necessaria in una società democratica.

req. n. 25226/18 e altri

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

24 ottobre 2023 (Pająk e Altri c. Polonia)

Art. 6 § 1, Art. 14 e Art. 8 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale nei confronti di tutti i ricorrenti a causa dell’assenza di gravi motivi in grado di giustificare l’eccezionale assenza di controllo giurisdizionale rispetto alla cessazione anticipata delle funzioni giudiziarie dei ricorrenti a seguito di decisioni unilaterali del Ministro della Giustizia, rappresentante dell'esecutivo, e del Consiglio giudiziario nazionale, organo subordinato a quest’ultimo. La Corte ritiene applicabile l’Art 6 § 1 alla luce della seconda condizione stabilita nella causa “Eskelinen”.

La Corte rinviene anche una violazione del divieto di discriminazione, in combinato disposto con il diritto al rispetto della vita privata, nei confronti delle tre ricorrenti che avevano presentato ricorso per la violazione dei relativi diritti, lamentando il carattere discriminatorio del pensionamento anticipato di cinque anni rispetto ai giudici di sesso maschile che si trovavano in una situazione analoga e, più in generale, della normativa che differenzia tra uomini e donne l'età di pensionamento dei giudici e dei rifiuti ministeriali di autorizzare le ricorrenti a continuare ad esercitare le loro funzioni oltre l’età massima stabilita per le donne. Le ricorrenti lamentavano al riguardo il danno alle rispettive carriere professionali e le ripercussioni significative sull'importo delle pensioni di anzianità, con l’impossibilità di svolgere, dopo il pensionamento, un'attività lavorativa che consenta loro di raggiungere una soddisfacente realizzazione professionale.

Due opinioni dissenzienti sono annesse al giudizio

req. n. 68958/17 e altri

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

24 ottobre 2023 (Myslihaka c. Albania)

Art. 3 P. 1 – Mancata violazione del diritto di voto da parte del divieto di voto imposto dalla legge che impedisce ai detenuti in servizio condannati per reati gravi di votare alle elezioni politiche, in quanto si tratta di una restrizione non generale o universale. Infatti, la Corte nota come l’applicazione della restrizione sia limitata a un elenco specifico di reati, che interessano quindi un numero ristretto di persone, e come sia comunque subordinata alla natura e alla gravità del reato commesso e destinata a terminare quando la pena detentiva è stata scontata. Nel caso in oggetto, considerata la gravità dei reati commessi dai richiedenti, la privazione del diritto di voto è giustificata e proporzionata, e vi è un legame discernibile e sufficiente tra i reati commessi dai richiedenti e la revoca del diritto di voto, laddove gli interessi contrapposti appaiono essere stati ben equilibrati, senza che il margine di apprezzamento sia stato oltrepassato.

req. n. 19371/22  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

24 ottobre 2023 (Stoianoglo c. Moldavia)

Art. 6 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale causato dalla mancanza di controllo giurisdizionale rispetto alla sospensione automatica di un pubblico ministero dalle proprie funzioni per più di due anni, prevista dalla legge moldava nei casi in cui sia stato avviato un procedimento penale nei confronti del pubblico ministero. La Corte ritiene applicabile al caso di specie l’Articolo 6, paragrafo 1. Ritiene peraltro soddisfatta la prima condizione dei criteri “Eskelinen”, in quanto era lo stesso diritto interno che non consentiva al ricorrente d’impugnare il provvedimento di sospensione, pur in assenza di una disposizione espressa al riguardo. Peraltro, successivamente la legislazione interna è stata modificata per dare al Consiglio superiore dei pubblici ministeri la possibilità di riesaminare l’opportunità o meno di mantenere tale provvedimento.  La Corte ritiene però non soddisfatta la seconda condizione dei criteri dettati nel caso “Eskelinen”, perché il mancato accesso del ricorrente a un tribunale non è giustificato da ragioni oggettive legate agli interessi dello Stato. Infatti, anche se il requisito dell’indipendenza di cui all’articolo 6 paragrafo 1 si applica ai giudici e ai tribunali e non ai pubblici ministeri, non è possibile tracciare una linea di demarcazione netta tra i giudici e i pubblici ministeri per quanto riguarda la necessità di protezione contro le interferenze arbitrarie nelle loro funzioni da parte delle autorità pubbliche. È dunque necessario vi sia il controllo da parte di un organo giudiziario indipendente in grado di garantire efficacemente tale protezione nel caso di misure come la destituzione. La Corte nota, del resto, come nella legislazione nazionale i pubblici ministeri siano espressamente equiparati ai giudici per quanto riguarda la loro indipendenza, deducendo che via sia stata un’insufficiente giustificazione della limitazione del diritto coinvolto nel caso di specie, dovuta al mero timore di un’influenza del pubblico ministero sospeso sul procedimento penale avviato contro di lui, con una violazione della sostanza stessa del diritto di accesso a un tribunale.

req. n. 66292/14  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

10 ottobre 2023 (Pengezov c. Bulgaria)

Art. 6 e Art. 8 CEDU – Violazione del diritto a un equo processo nel caso di un giudice sospeso dalle sue funzioni a causa di un procedimento penale avviato nei suoi confronti per reati asseritamente commessi nell'esercizio delle sue precedenti funzioni e al fine di preservare l'autorità della magistratura. La Corte infatti ritiene che la decisione discrezionale del Consiglio superiore della magistratura bulgaro (CSM) non sia stata circondata da sufficienti garanzie procedurali e sia stata invece priva di motivazioni reali circa la necessità della misura somministrata. La suprema Corte amministrativa ha poi formalmente esaminato le condizioni di legittimità della decisione del CSM, ma ha limitato il proprio riesame, senza portare avanti un'analisi indipendente dei fatti e rifiutando di controllare la giustificazione dell'incriminazione. La Corte rileva come l’incriminazione di un giudice da parte della Procura bulgara finisca per non essere soggetta a un controllo giurisdizionale indipendente, derivandone un effetto cumulativo problematico e un insufficiente spazio per il controllo da parte dell'Alta Corte.

La Corte rinviene poi una violazione del diritto alla vita privata da parte della misura controversa, in quanto essa ha avuto gravi ripercussioni sulla vita privata e professionale del ricorrente, come la privazione della sua retribuzione e l’impossibilità di esercitare un'altra attività professionale. Il ricorrente è stato lasciato nell'incertezza circa la durata della sospensione in considerazione della durata del procedimento penale e dell'assenza di mezzi di ricorso per chiedere la revoca della misura, con un rischio intrinseco per l'indipendenza del giudice in questione. La Corte rinviene dunque una mancanza di garanzie adeguate contro gli abusi e una mancanza di motivi pertinenti e sufficienti a giustificazione della compressione del diritto, per cui, nonostante il margine di apprezzamento riservato allo Stato, la misura non appare proporzionata.

req. n. 37031/21  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

10 ottobre 2023 (I.V. c. Estonia)

Art. 8 CEDU – Violazione del diritto alla vita privata in una vicenda conclusa a livello interno con il tentativo infruttuoso di un cittadino lettone di ottenere l'annullamento di una decisione di un tribunale estone in forza della quale il suo figlio biologico veniva adottato dal marito della madre. La Corte censura in particolare la mancata diligenza dei giudici nazionali nel procedimento di adozione in Estonia, in quanto hanno mancato di considerare il procedimento di accertamento  della paternità pendente  ad opera del ricorrente in Lettonia e di cui i giudici estoni erano o avrebbero dovuto essere a conoscenza. A fronte di tale profilo, la Corte censura l’avvenuto rigetto della domanda di annullamento del ricorrente solo per motivi formali. La Corte statuisce che i principi derivanti dalla giurisprudenza della Corte in materia di padri putativi che contestano la paternità legale di una persona che ha riconosciuto un figlio come proprio sono applicabili anche alla questione se un presunto padre biologico debba essere autorizzato a contestare l'adozione del suo presunto figlio da parte di un'altra persona. La Corte ritiene dipendere il mancato raggiungimento di un giusto equilibrio tra le concorrenti esigenze dalla mancata identificazione ed esame delle circostanze particolari del caso e dalla mancata valutazione dei diritti e degli interessi delle persone coinvolte nei procedimenti di adozione o di annullamento.

req. n. 11214/19  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

10 ottobre 2023 (Internationale Humanitäre Hilfsorganisation e.V. c. Germania)

Art. 11 CEDU – Mancata violazione della libertà di associazione in conseguenza della proscrizione dell'associazione ricorrente, con connesso scioglimento e confisca dei suoi beni, a causa delle considerevoli donazioni finanziarie da essa compiute a favore di società caritatevoli legate all'organizzazione terroristica “Hamas”. La Corte ritiene che la lotta contro il terrorismo internazionale attraverso la protezione del concetto di “comprensione internazionale” [“international understanding”] abbia costituito nel caso in oggetto un obiettivo legittimo di protezione dei diritti e delle libertà altrui. Ciò in quanto gli obiettivi perseguiti dal divieto di sostegno indiretto al terrorismo sono molto importanti e il margine di apprezzamento degli Stati è in tale settore più ampio. Inoltre, la proscrizione è una misura di ultima istanza, adottata dallo Stato tedesco a seguito di un'ampia valutazione di misure potenzialmente meno restrittive. Nel caso di specie è stato debitamente stabilito che l'associazione ricorrente, pur presentando le proprie attività sotto l'apparenza di aiuti umanitari, ha consapevolmente sostenuto il terrorismo internazionale, direttamente o indirettamente. La condotta dell'associazione era perciò incompatibile con i valori fondamentali della Convenzione, a fronte dell’operazione di bilanciamento completo e trasparente condotto dai giudici nazionali. La Corte valorizza i motivi pertinenti e sufficienti posti dietro la scelta della proscrizione per ritenere il margine di apprezzamento non oltrepassato in questo caso come, in generale, nei casi di incitamento alla violenza. L’interferenza è stata dunque ritenuta proporzionata e necessaria in una società democratica.

req. n. 24300/20  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

5 ottobre 2023 (Sarl Couttolenc Frères c. Francia)

Art. 1 P. 1 CEDU – Mancata violazione del divieto di privazione della proprietà  in conseguenza del trasferimento a un ente locale, in virtù della regola nota come della "proprietà reversibile" [“biens de retour”], di impianti di risalita sciistica gestiti dalla società ricorrente, la quale era stata previamente in grado di gestire commercialmente gli impianti contestati per oltre ventotto anni dall’entrata in vigore della legge francese del 9 gennaio 1985, da cui deriva la qualificazione generale del servizio di risalita come "servizio pubblico" [“service public”]. La Corte riscontra l’assenza di oneri speciali ed esorbitanti per il solo fatto di non aver ottenuto la società il pagamento di una somma corrispondente al valore di mercato dei beni trasferiti all'ente territoriale. In un contesto caratterizzato da un ampio margine di apprezzamento statale la Corte valorizza l’importanza dello scopo legittimo perseguito, ossia la continuità di un servizio pubblico nell'ambito di una politica di pianificazione territoriale e ritiene comunque proporzionata l’azione dello Stato.

req. n. 7432/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

5 ottobre 2023 (Gurbanov c. Armenia)

Art.  8 e Art. 14 CEDU – Mancata violazione del diritto alla vita privata e familiare in conseguenza dell’imposizione da parte delle autorità armene di un’attesa di trentotto giorni prima del rimpatrio della salma del figlio del ricorrente, un soldato azero, dopo la sua morte durante una sparatoria al confine tra l'Armenia e l'Azerbaigian. La Corte ritiene che l’attesa abbia perseguito lo scopo legittimo di stabilire le circostanze dell'incidente, che ha portato anche alla morte di alcuni soldati armeni, rendendosi necessari esami forensi che sono comunque stati condotti entro i tempi previsti dal diritto interno e non sono da ritenersi eccessivi o fuori luogo, date le relazioni conflittuali tra lo Stato convenuto e l'Azerbaigian. La Corte nota come il Comitato internazionale della Croce Rossa sia stato tenuto informato per tutto il periodo della necessità di varie fasi investigative e che il periodo complessivo, non irragionevole, si è mantenuto entro un equo equilibrio tra i diritti del richiedente ai sensi dell'Art. 8 e lo scopo legittimo perseguito.

La Corte statuisce inoltre che non vi sia stata violazione del divieto di discriminazione, data la giustificazione obiettiva e ragionevole per un trattamento diverso nella restituzione del corpo del figlio del ricorrente e dei corpi dei soldati armeni deceduti. La Corte dà rilievo all’esistenza di un contesto generale di ostilità e tensione tra i due Paesi, che richiede misure diverse per queste diverse situazioni, pur nel rispetto del principio di proporzionalità rispetto allo scopo perseguito, in questo caso comunque integrato. La Corte non rinviene nessuna indicazione di pregiudizio etnico nella gestione del fascicolo penale che coinvolge il figlio del ricorrente.

req. n. 15669/20   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

26 settembre 2023 (Yüksel Yalçınkaya c. Turchia)

Art. 15, Art. 7, Art. 6 § 1 e Art. 11 CEDU – Violazione del principio di legalità penale, nelle forme della duplice violazione dei principi nullum crimen sine lege e nulla poena sine lege, in conseguenza di una condanna pronunciata per l’appartenenza a un'organizzazione terroristica armata, basata in modo decisivo sull'uso dell'applicazione di messaggistica criptata ByLock e posteriore al tentato golpe del 2016, ossia durante un periodo  d’invocata deroga a taluni dei diritti convenzionali, in tempo di emergenza pubblica minacciante la vita della nazione. La Grande Camera ritiene che non siano stati debitamente accertati gli elementi materiali e psichici costitutivi del reato in modo individualizzato, seguendo invece i giudici nazionali un’interpretazione giudiziale espansiva e imprevedibile incoerente con l’essenza del reato contestato, il quale avrebbe richiesto il dolo specifico da parte dell’imputato. La Corte infatti ricorda come l’art. 7 richieda, ai fini della punizione, l'esistenza di un nesso mentale attraverso il quale si possa stabilire la responsabilità penale personale, mentre l'interpretazione dei tribunali nazionali ha attribuito la responsabilità penale in modo praticamente automatico agli utenti di ByLock. In relazione all’Art. 15, la Corte ricorda come l’art. 7 costituisca un diritto inderogabile e le sue garanzie non avrebbero potuto essere applicate in modo meno rigoroso nemmeno in relazione a reati terroristici presumibilmente commessi in circostanze che abbiano minacciato la vita della nazione, dal momento che la Convenzione richiede l’osservanza delle garanzie dell’Art. 7 anche nelle circostanze più difficili.

La Corte rinviene altresì una violazione del diritto a un equo processo, derivante dal pregiudizio per la difesa causato dalla mancata divulgazione dei dati grezzi ottenuti dal server dell'applicazione di messaggistica criptata, non controbilanciato da adeguate garanzie procedurali che assicurino l'equità complessiva del procedimento. La Corte sottolinea che le gravi difficoltà nella raccolta e nel trattamento delle prove elettroniche, sempre più utilizzate nei processi penali, non avrebbero richiesto un'applicazione più rigorosa o più indulgente delle garanzie di cui all'art. 6 § 1, tuttavia l'impossibilità per la difesa di avere accesso diretto alle prove e di verificarne in prima persona l'integrità e l'affidabilità avrebbe imposto ai tribunali nazionali di sottoporre tali questioni a un esame più approfondito. Invece, l'incapacità dei tribunali nazionali di motivare la mancata divulgazione dei dati grezzi e di affrontare le questioni relative all'uso dei dati criptati non è stata compensata da un'adeguata garanzia procedurale. L'accesso al materiale ByLock decriptato è importante per preservare i diritti della difesa, mentre le carenze che hanno compromesso la capacità di condurre una difesa efficace su un piano di parità con l'accusa sono incompatibili con l'essenza stessa dei diritti procedurali del ricorrente. D’altra parte, il mancato rispetto dei requisiti di un equo processo non era in questo caso strettamente richiesto dalle esigenze della situazione ai sensi dell’Art. 15 CEDU.

Per la Corte, la violazione della libertà di associazione deriva invece dall’estensione imprevedibile della portata del reato da parte dei tribunali nazionali quando si sono basati sulla sola appartenenza del richiedente a un sindacato e ad un'associazione considerati affiliati al partito FETÖ/PDY per corroborare la condanna, in quanto si tratterebbe di un’interferenza non strettamente richiesta dalle esigenze della situazione ex Art. 15.

La Corte rinviene un problema sistemico collegato all’orientamento giurisprudenziale sanzionato nella presente sentenza, mentre ritiene che, dal punto di vista dell’esecuzione individuale della propria decisione, la riapertura del procedimento, se richiesta, sia il modo più appropriato per porre fine alle violazioni riscontrate. In conformità all’Art. 46, lo Stato turco è invece tenuto ad adottare misure generali appropriate per affrontare il problema sistemico relativo all’approccio dei propri tribunali nazionali all’uso dell’applicazione ByLock.

Opinioni concorrenti e dissenzienti sono annesse al giudizio.

req. n. 22296/20 e 37138/20  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

14 settembre 2023 (Baret e Caballero c. Francia)

Art. 8 CEDU – Mancata violazione del diritto alla tutela della vita privata in conseguenza del divieto legale assoluto di procreazione post mortem sul territorio nazionale francese e del divieto di esportazione di gameti ed embrioni a tale scopo verso la Spagna, paese che invece autorizza tale pratica. Pur ritenendo la Corte in astratto applicabile l’Art. 8, essa rileva la mancanza di un consenso europeo sul punto, nonché l’esistenza di differenze tra il caso in oggetto e la causa Pejřilová c. Repubblica Ceca. Nel caso francese odierno, il divieto assoluto di inseminazione post mortem è infatti volto a salvaguardare interessi generali ricollegabili a considerazioni morali o etiche e lo stesso divieto di esportazione è perciò volto a prevenire il rischio di eludere il divieto di procreazione post mortem, tant’è che non si fa nessuna differenza a seconda che le richieste di procreazione medicalmente assistita riguardino l’inseminazione o l’esportazione di embrioni dopo la morte. La Corte compie sia un controllo di convenzionalità in astratto della legge che un controllo in concreto delle conseguenze della sua applicazione da parte del Consiglio di Stato. In concreto i ricorrenti del caso in oggetto avevano come unico intento quello di eludere la legge francese e non hanno indicato circostanze particolari in grado di giustificare la disapplicazione del divieto di procreazione post mortem. Per la Corte il consenso del coniuge poi deceduto o la presenza di un embrione non sono sufficienti a dimostrare da soli un'ingerenza eccessiva nel diritto al rispetto della volontà di tali due soggetti, tanto più che un embrione non di per sé è titolare di diritti sotto la Convenzione EDU, sicché si ritiene accettabile l'interpretazione della legge adottata dai tribunali nazionali, che hanno raggiunto un equo equilibrio tra interessi concorrenti, senza travalicare l’ampio margine di apprezzamento esistente in materia.

req. n. 56928/19 e altri    

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

14 settembre 2023 (Valiullina e Altri c. Lettonia)

Art. 14 + Art. 2 P.1 CEDU – Mancata discriminazione nel godimento del diritto all’istruzione, ai danni di alcuni cittadini lettoni e di alcuni residenti permanenti non cittadini parlanti la lingua russa, in conseguenza delle modifiche legislative che hanno aumentato la percentuale di materie insegnate nelle scuole pubbliche nell'unica lingua di Stato, ossia il lettone, riducendo quindi l'uso del russo come lingua di insegnamento. Secondo la Corte, gli alunni di lingua russa e lettone si troverebbero nel caso di specie in una situazione analoga e la contestata differenza di trattamento sarebbe giustificata dagli obiettivi legittimi di tutela e rafforzamento del lettone, da considerarsi come uno dei valori costituzionali fondamentali dello Stato, nonché dal bisogno di garantire l'unità del sistema educativo. La Corte dà rilievo all’importanza del contesto storico specifico dell'occupazione illegale e della successiva annessione della Lettonia all’URSS, che ha limitato in modo significativo l'uso del lettone per più di cinquant'anni, nonché delle difficili scelte [“difficult choices”] successive al ripristino dell'indipendenza. Per la Corte le modifiche legislative sarebbero comunque state attuate in modo graduale e flessibile, con sufficiente margine di adattamento alle esigenze delle persone interessate. L’ampio margine di apprezzamento dello Stato non è stato perciò superato, anche perché il precedente sistema educativo in vigore garantiva l'uso delle lingue minoritarie in proporzioni variabili, per cui la riforma ha trovato una giustificazione obiettiva e ragionevole, essendo la differenza di trattamento in base alla lingua coerente con le finalità legittime perseguite e proporzionata.

La Corte fa poi riferimento all’Art. 2 P.1 “Ratione materiae” e cita le conclusioni tratte nel “caso linguistico del Belgio”, ricordando che l’art. 2 P. 1 CEDU non include il diritto di accedere all'istruzione in una lingua particolare, ma garantisce solo il diritto all'istruzione in una delle lingue nazionali o ufficiali del paese interessato. Essendo il lettone l'unica lingua ufficiale, i ricorrenti non possono lamentarsi della diminuzione dell'uso del russo come lingua d'insegnamento nelle scuole pubbliche lettoni, considerata per se stessa.

req. n. 64371/16 and 64407/16     

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

12 settembre 2023 (Wieder e Guarnieri c. Regno Unito)

Art. 1 e Art. 8 CEDU – Con riferimento al requisito della sussistenza della giurisdizione di uno Stato contraente, la Corte ritiene che la presunta intercettazione di massa delle comunicazioni dei ricorrenti, residenti al di fuori dello Stato convenuto e ricercatori in tema di privacy e comunicazioni, rientrasse comunque nella giurisdizione territoriale di quest’ultimo, in quanto l’interferenza con la vita privata per il tramite della violazione della riservatezza delle comunicazioni si verifica quando queste vengono intercettate, fatte oggetto di perquisizione, esaminate e utilizzate e la conseguente lesione dei diritti alla vita privata del mittente e/o del destinatario avviene nel luogo in cui i summenzionati atti sono compiuti, in questo caso nel territorio dello Stato convenuto.

La Corte rinviene una violazione del diritto alla vita privata basata sulle stesse ragioni individuate nel proprio precedente “Big Brother Watch e altri c. Regno Unito [GC]”, e dunque per le carenze fondamentali presenti nel regime di intercettazione di massa, per l'assenza di un'autorizzazione indipendente, per la mancata inclusione di categorie di selezionatori [“categories of selectors”] nella richiesta di un mandato e per l'assenza di un'autorizzazione interna preventiva per i selezionatori collegati a un individuo.

req. n. 21424/16 et 45728/17   

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

7 settembre 2023 (Gauvin-Fournis e Silliau c. Francia)

Art. 8 CEDU – Mancata violazione degli obblighi positivi connessi al diritto alla vita privata in conseguenza del rifiuto da parte delle autorità nazionali di consentire a persone nate da procreazione medicalmente assistita con un donatore terzo di accedere alle informazioni che le riguardavano, in virtù della regola dell’anonimato della donazione di gameti presente nell’ordinamento francese fino alla recente riforma del settembre 2022, con la quale è entrato in vigore un nuovo sistema per accedere alle informazioni sulle proprie origini. La Corte riconosce allo Stato un ampio margine di apprezzamento per quanto riguarda i mezzi da utilizzare per garantire ai ricorrenti l’effettivo rispetto della propria vita privata, benché ridotto dal fatto che sia pur sempre in gioco un aspetto essenziale della stessa dimensione della vita privata e dal fatto che il diritto di accesso alle proprie origini sia tutelato dalla Convenzione. La Corte prende anche atto della sopravvenuta ponderazione degli interessi e dei diritti coinvolti da parte del legislatore al termine di un processo di riflessione ricco ed evolutivo sulla necessità di eliminare l'anonimato del donatore, nonché del fatto che non vi è un chiaro consenso europeo sul diritto di accesso alle proprie origini, nonostante una recente tendenza a favore dell'eliminazione dell'anonimato del donatore. Nel caso di specie, si deve ritenere che lo Stato ‒ senza superare il proprio margine di apprezzamento ‒ abbia mantenuto un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco nel respingere le richieste di accesso alle informazioni mediche non identificative di donatori terzi in base al rispetto del segreto medico, fatte salve le deroghe a favore del medico per motivi sanitari. La scelta del legislatore è stata di concedere l'accesso alle origini solo previo consenso del donatore terzo, per i richiedenti nati prima dell’entrata in vigore della nuova legge (1° settembre 2022), al fine di rispettare le situazioni sorte prima della recente riforma.

req. n. 17053/20  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

7 settembre 2023 (Bavčar c. Slovenia)

Art. 6 § 2 CEDU – Violazione della presunzione di innocenza in conseguenza di dichiarazioni rilasciate dal Ministro della Giustizia e dal Primo Ministro sloveno su un importante personaggio politico ed economico che era stato condannato in primo grado per riciclaggio di denaro e successivamente aveva presentato appello, a causa della stretta vicinanza temporale tra la condanna in primo grado, la dichiarazione del Ministro e la successiva sentenza di appello da parte della Corte Superiore. La Corte ritiene vi sia stato un effetto cumulativo delle dichiarazioni in grado di pregiudicare il processo decisionale della Corte Superiore [“Higher Court”] e di incoraggiare l’opinione pubblica a ritenere il ricorrente colpevole prima che ciò fosse provato in modo definitivo.

La Corte ritiene d’altra parte che l’interpretazione e l’applicazione del diritto interno da parte dei giudici nazionali siano state coerenti con l’essenza del reato in questione e prevedibili, con frequenti riferimenti alla stessa giurisprudenza della Corte EDU. Non rinviene dunque una lesione dell’Art. 7 CEDU.

Un’opinione concorrente e un’opinione in parte dissenziente sono annesse al giudizio.

req. n. 43651/22  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

29 agosto 2023 (Kovačević v. Bosnia-Erzegovina)

Art. 1 P.12 CEDU – Violazione del divieto di discriminazione a causa dell’impossibilità per il ricorrente, per via della combinazione di requisiti territoriali ed etnici, di votare per i candidati di sua scelta alle elezioni legislative e presidenziali a livello statale, in quanto il ricorrente stesso non era affiliato a uno dei "popoli costituenti" costituzionalmente definiti o a qualsiasi altro gruppo etnico a cui si fa riferimento nell’ordinamento della Federazione di Bosnia-Erzegovina. La Corte giudica che il caso in oggetto rappresenti un trattamento discriminatorio in base all’etnia e al luogo di residenza, stigmatizzando in particolare le disposizioni che escludono alcuni cittadini dalla Camera dei Popoli bosniaca per motivi etnici amplificando le divisioni etniche e minando il carattere democratico delle elezioni. La Corte rimarca inoltre come la riforma del sistema elettorale nazionale, oggi basato sul concetto di "popoli costituenti", fosse un obbligo a cui lo Stato si era vincolato al momento dell’adesione al Consiglio d'Europa, anche a seguito dei rilievi mossi dalla Commissione di Venezia nel 2002. I "popoli costituenti" di cui alla Costituzione bosniaca godono ancora oggi di una posizione privilegiata nell’attuale sistema politico e non possono essere inquadrati come una minoranza in pericolo rispetto alla quale lo Stato, in sintonia con la Convenzione EDU, possa cercare di riequilibrare una ipotetica situazione di fatto ineguale [“factual inequalities”]. La Corte rimarca invece come nessuno dovrebbe essere costretto a votare solo secondo le linee etniche prescritte e indipendentemente dal suo punto di vista politico.

req. n. 49255/22

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

18 luglio 2023 (Camara c. Belgio)

Art. 6 e Art. 46 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un tribunale da parte del rifiuto delle autorità nazionali di eseguire un’ordinanza immediatamente esecutiva che impone allo Stato di fornire alloggio e assistenza materiale a un richiedente protezione internazionale. La Corte rileva come la presa in carico del richiedente sia avvenuta solo a seguito del provvedimento provvisorio disposto dalla Corte europea stessa e, pur prendendo atto della difficile situazione dello Stato convenuto in relazione al significativo aumento del numero di domande di protezione internazionale e all’insufficiente capacità di accoglienza dei richiedenti, rileva anche la mancata esecuzione sistematica, da parte delle autorità nazionali, delle decisioni giudiziarie definitive relative all’accoglienza, il che comporta un pesante carico di lavoro per le autorità giudiziarie nazionali belghe e per la stessa Corte EDU. Dal punto di vista della forza vincolante e dell’attuazione delle sentenze della Corte nel caso di misure aventi carattere generale, si rileva come lo Stato convenuto sia tenuto a porre rimedio al problema sistemico della capacità delle autorità nazionali di rispettare il diritto interno in materia di diritto all’accoglienza dei richiedenti asilo, diritto interne che vede ricomprese le decisioni giudiziarie definitive aventi carattere esecutivo.

req. n. 4677/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

13 luglio 2023 (A.A. c. Svezia)

Art. 2 e Art. 3 CEDU – Mancata violazione del diritto alla vita e del divieto di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti da parte dell’espulsione di un cittadino libico in Libia dalla Svezia. La Corte ritiene che l’allontanamento di un cittadino libico dopo il rifiuto della domanda di asilo non comporti una violazione della Convenzione, in quanto la situazione della sicurezza in Libia non è tale da far sorgere una necessità generale di protezione internazionale per i richiedenti asilo. D’altra parte, la valutazione da parte delle autorità nazionali delle circostanze individuali del richiedente è accurata e fondata su motivi razionali, mentre il richiedente non ha dimostrato il rischio di essere ucciso o sottoposto a maltrattamenti al suo ritorno in Libia.

req. n. 47052/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

13 luglio 2023 (Golovin c. Ucraina)

Art. 8 e Art. 6 § 1 CEDU – Violazione del diritto alla vita privata e al diritto a un equo processo da parte della dismissione dal servizio di un giudice della Corte costituzionale ucraina, da parte del Parlamento e dopo i rivolgimenti politici del 2014, per aver partecipato a una sentenza del 2010 ritenuta discutibile, senza che fosse però offerta una chiara interpretazione della supposta "violazione del giuramento" a lui imputata e della portata dell’immunità funzionale del ricorrente. La Corte compie un’applicazione della precedente sentenza Ovcharenko e Kolos c. Ucraina, chiarendo come anche in questo caso sia dato riscontrare un controllo giurisdizionale successivo alla dismissione del ricorrente, e svolto dalla Corte Suprema, che è da ritenersi inadeguato alla tutela dei diritti convenzionali, con l’assenza di risposte elaborate su questioni cruciali relative alle garanzie offerte alla magistratura entro uno Stato di diritto.

req. n. 10934/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

11 luglio 2023 (Semenya c. Svizzera)

Art. 14, Art. 8, Art. 13 CEDU – Violazione del divieto di discriminazione in relazione alla tutela della vita privata, da parte delle insufficienti garanzie istituzionali e procedurali contro la discriminazione di una famosa atleta professionista sudafricana con differenze nello sviluppo sessuale, obbligata da un regolamento non statale dell’International Association of Athletics Federations (IAAF) a ridurre il suo livello naturale di testosterone per poter partecipare a competizioni internazionali nella categoria femminile. La Corte ritiene applicabile l’Art. 14, in quanto la ricorrente si trova in una situazione paragonabile a quella di altre atlete e viene trattata in modo diverso a causa della sua esclusione dalle competizioni sulla base dei regolamenti sportivi internazionali. La Corte rileva come l’arbitrato imposto dai regolamenti sportivi escluda il ricorso ai tribunali ordinari, a favore della Corte di Arbitrato per lo Sport (CAS), con sede in Svizzera, la quale, nonostante una motivazione molto dettagliata, non ha applicato la Convenzione e ha lasciato cadere notevoli dubbi sulla validità dei regolamenti sportivi. La Corte EDU lamenta in proposito un controllo molto limitato da parte del Tribunale federale svizzero sulla decisione arbitrale, con la mancanza di un esame completo e adeguato della pretesa di trattamento discriminatorio e di una ponderazione appropriata e adeguata di tutti gli interessi in gioco. In particolare, la Corte rileva come la mancanza di differenziazione tra sportive transgender e intersessuali non sia stata sollevata dal Tribunale federale e che una discriminazione basata sul sesso e sulle caratteristiche sessuali può essere giustificata solo da "considerazioni molto forti". Si rileva poi come dalla decisione abbia avuto origine un problema personale assai significativo per la ricorrente, ossia l'esclusione dall’esercizio della sua professione, per cui il margine di apprezzamento, comunque ridotto in questo ambito, è da ritenersi superato, in quanto la misura imposta non è stata obiettiva né proporzionata allo scopo perseguito.

Dal punto di vista del diritto a un ricorso effettivo, la Corte rileva la scarsa efficacia dei rimedi offerti dall’ordinamento nazionale per la mancanza di sufficienti garanzie istituzionali e procedurali. La Corte ritiene che la risposta del Tribunale federale  alle accuse sostanziali e credibili di discriminazione presentate dalla ricorrente sia stata inadeguata, in particolare a causa del suo potere di controllo molto limitato.

req. n. 21181/19 e 51751/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

6 luglio 2023 (Tuleya c. Polonia)

Art. 6 § 1, Art. 8 e Art. 10 CEDU – Violazione del diritto a un equo processo sotto il profilo dell’indipendenza e dell’imparzialità dei tribunali istituiti per legge di cui al § 1 dell’Art. 6, a causa della revoca dell’immunità penale del giudice ricorrente e della sua sospensione dalle funzioni giudiziarie da parte della Camera disciplinare della Corte suprema polacca. La Corte rileva in primo luogo la perdita dello status di vittima del ricorrente in relazione alla sola decisione sulla sospensione, in quanto la risoluzione della nuova Camera di responsabilità professionale (CPL) della Corte suprema ha riconosciuto la violazione dell’art. 6 § 1 in relazione al procedimento della Camera disciplinare e ha fornito una riparazione adeguata e sufficiente, con una risoluzione adottata da giudici la cui nomina alla Corte suprema era precedente alla riforma del Consiglio nazionale della magistratura (NCJ). La risoluzione rappresenta dunque uno sviluppo positivo nel contesto della crisi dello Stato di diritto polacco. Invece, circa lo status di vittima del ricorrente in relazione alla revoca dell’immunità, la Corte EDU ritiene che le conseguenze negative della decisione della Camera disciplinare non siano state risolte dalla citata risoluzione, in quanto non è stata intrapresa alcuna azione per porre fine al procedimento penale contro il ricorrente nonostante la sentenza del CPL sull’inesistenza di un reato. La Corte ritiene peraltro che l’art. 6 sia applicabile, dal punto di vista del suo profilo penalistico, ai procedimenti di immunità come quello di specie e che vi sia stata una violazione manifesta del diritto interno a causa della procedura di nomina della Camera disciplinare  da parte della NCJ riformata, che mancava di indipendenza dal legislatore e dall’esecutivo ed è dunque da ritenersi intrinsecamente carente. La Corte applica al caso in oggetto le precedenti sentenze Reczkowicz c. Polonia e Juszczyszyn c. Polonia e ribadisce come l’indipendenza e l’imparzialità della Camera disciplinare polacca siano compromesse.

Sotto il profilo della tutela della vita privata, la Corte ritiene applicabile al caso l’Art. 8 e ciò già per quanto riguarda le conseguenze sulla reputazione professionale del giudice nazionale ricorrente determinate dall’indagine preliminare sulla domanda di pronuncia pregiudiziale da lui presentata alla Corte di giustizia dell’Unione europea, oltre che sulla più grave decisione della sezione disciplinare che ha revocato l’immunità e sospeso il ricorrente dalle sue funzioni. Infatti, tutti i provvedimenti impugnati hanno inciso in misura molto significativa sulla vita privata del ricorrente, traendo origine però da interferenze da ritenersi non "conformi al diritto", come è da considerarsi già l’indagine preliminare sulla domanda di pronuncia pregiudiziale, in quanto contraria al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il quale prevale sul diritto interno. La successiva decisione di revoca dell’immunità e di sospensione è stata poi basata su di un’interpretazione imprevedibile dello stesso diritto interno da parte di un organo che non costituisce un "tribunale indipendente e imparziale istituito dalla legge".

La Corte riscontra anche una violazione della libertà di espressione nel caso delle indagini preliminari riguardanti le dichiarazioni pubbliche del ricorrente su un canale televisivo e in riunioni pubbliche, seguite poi dalla decisione sulla revoca dell’immunità e sulla sospensione. Il ricorrente ha lamentato la lesione del diritto di cui all’Art. 10 nel suo secondo ricorso. La Corte ritiene che i provvedimenti impugnati debbano essere considerati nel contesto delle successive riforme polacche che hanno portato all’indebolimento dell’indipendenza della magistratura e tenendo conto della sequenza degli eventi nella loro interezza. L’azione delle autorità culminata nella decisione della Camera disciplinare potrebbe essere considerata dunque come una sanzione dissimulata per l’esercizio della libertà di espressione del ricorrente, per cui i provvedimenti impugnati sono stati motivati dalle opinioni e dalle critiche espresse pubblicamente dal ricorrente nella sua veste professionale, con interferenze classificabili come non "previste dalla legge" e non perseguenti scopi legittimi. Peraltro, la Corte rileva come al ricorrente non siano state concesse garanzie procedurali minime nel corso delle indagini preliminari, mentre la decisione sulla revoca dell’immunità e sulla sospensione è stata presa da un organo che non costituisce un "tribunale indipendente e imparziale istituito dalla legge" ai sensi della Convenzione. Ne consegue l’assenza delle garanzie procedurali necessarie per evitare l’applicazione arbitraria del diritto sostanziale pertinente, con la conseguenza che le misure potrebbero essere caratterizzate come una strategia volta a intimidire (o addirittura a mettere a tacere) il ricorrente. Le misure impugnate mirerebbero dunque a ottenere un effetto di congelamento [“chilling effect”] sulla partecipazione dei giudici al dibattito pubblico sulle riforme legislative che riguardano la magistratura e la sua indipendenza.

req. n. 13258/18, 15500/18, 57303/18 e 9078/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

4 luglio 2023 (B.F. e Altri c. Svizzera)

Art. 8 CEDU   Violazione degli obblighi positivi derivanti dal diritto alla tutela della vita familiare, nel caso del rifiuto di domande di ricongiungimento familiare, a causa del mancato soddisfacimento della condizione di indipendenza economica, da parte di rifugiati ammessi provvisoriamente in Svizzera e che temono di essere perseguitati a causa della loro partenza illegale dal loro paese d’origine. La Corte rileva che gli Stati membri dispongono di un margine di apprezzamento nell’esigere il non ricorso all’assistenza sociale prima di concedere il ricongiungimento familiare alla categoria di rifugiati corrispondenti a quella del caso in oggetto. Tuttavia, il margine di apprezzamento che ne risulta è  considerevolmente più ristretto di quello previsto per l’introduzione di periodi di attesa per il ricongiungimento familiare verso persone prive dello status di rifugiato, ma che hanno piuttosto lo status collegato a una protezione sussidiaria o temporanea. La Corte riscontra un consenso internazionale ed europeo a non distinguere tra i diversi rifugiati della Convenzione del 1951 per quanto riguarda i requisiti per il ricongiungimento familiare e per far sì che i rifugiati beneficino di una procedura di ricongiungimento più favorevole rispetto agli altri stranieri. Tale consenso riduce il margine di apprezzamento degli Stati. Inoltre, la situazione di particolare vulnerabilità dei rifugiati in un determinato luogo deve essere adeguatamente considerata nell’applicazione di un requisito ulteriore alla loro richiesta di ricongiungimento familiare, senza contare che, per la Corte, gli ostacoli insormontabili al godimento della vita familiare nel paese d’origine assumono progressivamente maggiore importanza nella valutazione dell’equo equilibrio con il passare del tempo. Ne discende la necessità di applicare il requisito della non dipendenza dall’assistenza sociale con sufficiente flessibilità, per cui ai rifugiati non deve essere richiesto di "fare l’impossibile" per ottenere il ricongiungimento familiare, mantenendo invece un equo equilibrio tra interessi contrastanti che, nei casi in oggetto, è stato raggiunto in un solo ricorso ma non negli altri tre. La Corte non riscontra invece nessuna violazione a causa della durata del procedimento di ricongiungimento familiare.

req. n. 57292/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

4 luglio 2023 (Hurbain c. Belgio)

Art. 10 CEDU – Mancata violazione del diritto alla libertà di espressione nel caso dell’editore di un giornale a cui è stato ordinato di rendere anonima la versione archiviata in rete di un articolo legittimo pubblicato vent’anni prima, a causa del "diritto all’oblio" [right to be forgotten] riconosciuto in capo a un autista che aveva causato un incidente mortale. La Corte riconosce da un lato la necessità di preservare l’integrità degli archivi della stampa, compiendo però un chiarimento della portata del "diritto all’oblio” in rete, configurato come un diritto non autonomo ma legato al diritto al rispetto della reputazione e offrendo una definizione di criteri e regole per bilanciare i vari diritti in gioco. La Corte rileva poi che vi è stata la dovuta considerazione da parte dei giudici nazionali della natura e della gravità dei fatti giudiziari riportati nell’articolo, della mancanza di attualità, interesse storico e scientifico del fatto e della stessa circostanza che la persona interessata non fosse molto conosciuta, ossia non rivestisse funzioni pubbliche o di rilievo. Al contempo, la continua disponibilità in rete dell’articolo senza restrizioni avrebbe potuto creare un "casellario giudiziario virtuale" e parallelo a quello ufficiale in considerazione della riabilitazione della persona interessata e del notevole lasso di tempo trascorso dalla pubblicazione dell’articolo originale. D’altra parte, l’anonimizzazione non ha imposto all’editore un onere eccessivo e inattuabile, pur costituendo il mezzo più efficace per tutelare la vita privata della persona interessata. Dunque, vi è stato un bilanciamento degli interessi concorrenti da parte dei tribunali nazionali in conformità con i requisiti della Convenzione e con un’interferenza proporzionata e limitata a quanto strettamente necessario.

req. n. 11519/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

4 luglio 2023 (Glukhin c. Russia)

Art. 8 e Art. 10 CEDU – Violazione del diritto alla libertà di espressione da parte della condanna ingiustificata per illecito amministrativo di un manifestante pacifico solitario, che utilizzava una figura di cartone a grandezza naturale di un attivista politico con uno striscione, somministrata per non aver egli presentato una notifica preventiva alle autorità. La Corte riscontra la mancanza del necessario grado di tolleranza da parte delle autorità e la mancanza di "ragioni pertinenti o sufficienti". Inoltre, la Corte riscontra una violazione del diritto alla vita privata causato dal trattamento ingiustificato dei dati biometrici personali del richiedente mediante l’uso di una tecnologia di riconoscimento facciale altamente intrusiva in un procedimento per illecito amministrativo, al fine di identificarlo, localizzarlo e arrestarlo. La Corte ritiene che l’uso di tale tecnologia per identificare e arrestare manifestanti pacifici possa avere un effetto “raggelante” [chilling effect] sui diritti alla libertà di espressione e di riunione. Nell’applicazione della tecnologia di riconoscimento facciale, la Corte manifesta la previa necessità di norme dettagliate che disciplinino la portata e l’applicazione delle misure, nonché di forti garanzie contro il rischio di abusi e arbitrarietà. Tale necessità di garanzie è ancora maggiore nel caso di utilizzo di tecnologie di riconoscimento facciale dal vivo. Nel caso in oggetto la Corte riscontra del resto come l’interferenza non sia stata corrispondente al parametro di una "pressante necessità sociale" [pressing social need].

req. n. 9839/22

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

29 giugno 2023 (Bijan Balahan c. Svezia)

Art. 3 CEDU – Mancata violazione del divieto di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti in caso dell’estradizione del ricorrente dalla Svezia agli Stati Uniti. La Corte rileva in particolare la mancanza di prove che dimostrino il rischio reale di una condanna all’ergastolo senza condizionale o con un periodo minimo di 61 anni prima dell’ammissibilità alla libertà vigilata nel caso di specie e nel caso il richiedente fosse estradato negli Stati Uniti e poi ivi condannato. In particolare, non sarebbe dimostrato il rischio reale, de jure o de facto, di una condanna all’ergastolo senza condizionale, mentre la durata del potenziale periodo minimo sopra citato dipende da una serie di fattori sconosciuti allo stato attuale e potrebbe essere significativamente più breve. Dunque, la Corte rileva come già la prima fase del test di cui alla sentenza Sanchez-Sanchez c. Regno Unito [GC] non sia stata soddisfatta e ricorda come il test rigoroso per la "sproporzione grave" [gross disproportionality] ai sensi della convenzione possa venire soddisfatto solo in rare e uniche occasioni. Al contrario, una pena non può essere considerata gravemente sproporzionata per il solo fatto di essere più severa di quella che sarebbe stata inflitta in un altro Stato.

req. n. 27094/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

27 giugno 2023 (Nurcan Bayraktar c. Turchia)

Art. 8 e Art. 14 e Art. 34 CEDU –Violazione del diritto al rispetto della vita privata da parte del rifiuto dei giudici nazionali di esonerare la ricorrente, senza sottoporsi a un esame medico per certificare la sua assenza di gravidanza, dal periodo di attesa legale di trecento giorni imposto alle donne divorziate che desiderano risposarsi nel diritto turco. La Corte rileva come l’obiettivo di consentire l’accertamento biologico della paternità collegato alla previsione legale sia irrealistico in una società moderna. La questione della gravidanza di una donna è del resto strettamente legata all’intimità della sua vita privata, mentre la motivazione poggiante sulle caratteristiche biologiche specifiche delle donne riflette una visione tradizionale della sessualità femminile che non riconosce l’importanza fisica e psicologica della stessa per lo sviluppo delle donne come individui. Vista la mancanza di motivi pertinenti e sufficienti, la misura è da ritenersi non proporzionata.

Per quanto riguarda la violazione del divieto di discriminazioni ex Art. 14 CEDU, in collegamento con l’Art. 12, la Corte rileva il ristretto margine di apprezzamento in capo agli Stati nel caso di discriminazioni dirette basate sul sesso, in questo caso peraltro non giustificabili con l’obiettivo di prevenire l'incertezza sulla paternità di un nascituro. Ne consegue una differenza di trattamento non oggettivamente giustificata né necessaria.

Dal punto di vista dello status di vittima ex Art. 34 CEDU della ricorrente, la Corte rileva come l’interessata sia da ritenersi direttamente colpita dalla disposizione di legge che prevede il termine in questione per il solo fatto di appartenere alla categoria delle donne divorziate capaci di contrarre matrimonio.

req. n. 22515/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

27 giugno 2023 (Bryan e Altri c. Russia)

Art. 35 § 2 (b), Art. 34, Art. 5 § 1, Art. 5 § 1 (c) e Art. 10 CEDU – Circa la ricevibilità del ricorso ai sensi dell’Art. 35 § 2 (b), la Corte rileva che, nel caso  del fermo da parte russa di una nave battente bandiera dei Paesi Bassi e degli attivisti di Greenpeace a bordo, seppure la questione sia già stata sottoposta a un’altra procedura internazionale, ossia a una Procedura di arbitrato interstatale ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, l’oggetto e gli obiettivi delle procedure e gli stessi ricorrenti dinanzi alla Corte EDU e al Tribunale arbitrale siano sostanzialmente diversi. La Corte conferma dunque la ricevibilità del ricorso, anche considerando che, per quanto riguarda lo status di vittima ai sensi dell’Art. 34, la transazione raggiunta nell'ambito di una controversia interstatale che prevede, tra l’altro, il risarcimento dei ricorrenti, non li priva del suddetto status di vittima ai sensi della Convenzione. La Corte rileva del resto il mancato riconoscimento da parte del Governo convenuto, a livello interno e internazionale, di una violazione della Convenzione, così come il fatto che l’amnistia generale che ha comportato l’interruzione del procedimento penale nei confronti dei ricorrenti non fosse riferita alla loro situazione specifica o al riconoscimento di una violazione dei loro diritti.

Dal punto di vista sostanziale, la Corte rileva una violazione delle disposizioni di cui agli Art. 5 § 1 e Art. 5 § 1 (c) CEDU, causata già in primo luogo dall’arresto e dalla detenzione illegali dei ricorrenti a bordo di una nave russa a seguito di una protesta presso una piattaforma di trivellazione petrolifera offshore nel Mare di Pechora, all’interno della zona economica esclusiva della Federazione Russa, così come, in seguito, dall’arresto e detenzione arbitrari su territorio russo. La Corte rileva anche una violazione del diritto alla libertà di espressione, visto che la natura illegale della detenzione subita incide sulla legittimità stessa dell’ingerenza statale su tale libertà.

req. n. 36658/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

27 giugno 2023 (Zhablyanov c. Bulgaria)

Art. 10 CEDU – Mancata violazione della libertà di espressione nel caso della destituzione del vicepresidente del Parlamento bulgaro per discorsi e comportamenti che giustificano le repressioni del regime comunista. Per la Corte occorre tracciare una distinzione tra destituzione da incarichi professionali e da incarichi politici come quello ricoperto dal ricorrente, nel caso di dichiarazioni non meritevoli della maggiore tutela normalmente accordata su questioni di interesse pubblico. La Corte ritiene che la necessità del provvedimento vada valutata alla luce della storia della Bulgaria dopo la Seconda guerra mondiale e della natura totalitaria del regime comunista.  Stati che hanno vissuto le repressioni comuniste hanno una particolare responsabilità morale nel prendere le distanze da esse, esercitando, come in questo caso, una forma di rimozione da ritenersi simbolica e preventiva piuttosto che punitiva. Si è perciò trattato di una misura qualificabile come "necessaria in una società democratica”.

Sono presenti un’opinione concorrente e un’opinione dissenziente.

req. n. 1103/16  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

22 giugno 2023 (Poklikayew c. Polonia)

Art. 1 P. 7 CEDU – Violazione delle garanzie procedurali relative all'espulsione di stranieri da parte dell’avvenuta espulsione per motivi di sicurezza nazionale sulla base di informazioni classificate non comunicate al ricorrente, senza sufficienti garanzie di controbilanciamento, in quanto la vi è stata una limitazione significativa del diritto del richiedente di essere informato delle circostanze di fatto e del contenuto dei documenti alla base della decisione di espulsione. La Corte classifica come inadeguate le informazioni comunicate al richiedente sulle accuse a suo carico e sulla condotta che avrebbe messo in pericolo la sicurezza nazionale e come molto generiche le motivazioni fornite dai tribunali nazionali a sostegno di tali  conclusioni. Inoltre al richiedente non è stata concessa un’effettiva possibilità di farsi rappresentare da un avvocato. Il coinvolgimento della più alta autorità giudiziaria si configura dunque come  una salvaguardia significativa, ma insufficiente, date le scarse e poco specifiche informazioni disponibili.

req. n. 53193/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

22 giugno 2023 (Lorenzo Bragado e Altri c. Spagna)

Art. 6 § 1 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un tribunale a causa del rifiuto da parte della Corte costituzionale di un ricorso diretto per amparo, in quanto tardivo e senza esame del merito, contro la mancata prosecuzione del processo di nomina del nuovo Consiglio generale della magistratura (CGG) da parte del Parlamento. Il ricorso per amparo veniva presentato da parte dei magistrati facenti parte della lista finale dei candidati. La Corte, ritenuto l’Art. 6 applicabile, fa valere l’obbligatorietà e la specificità dell’azione che spettava al Parlamento intraprendere entro un determinato lasso di tempo, così come il fatto che si trattasse di una controversia reale e seria sulla presenza o meno di un diritto civile, in capo ai ricorrenti e ai sensi del diritto interno, di partecipare alla procedura di nomina dei membri del CGG e di avere un esame tempestivo delle loro candidature da parte del Parlamento. Il reclamo dei ricorrenti avrebbe potuto essere giudicato dalla Corte costituzionale, mentre la Corte EDU ritiene che la prima condizione del “test di Eskelinen” non sia stata in questo caso soddisfatta, in quanto vi sarebbero stati un’interpretazione e applicazione imprevedibili del diritto interno pertinente da parte della Corte costituzionale, ciò comportando l’illegittima compromissione dell’essenza stessa del diritto di accesso a un tribunale.

req. n. 24492/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

20 giugno 2023 (Alkan c. Turchia)

Art. 6 § 1 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un tribunale causato dall’impossibilità per un candidato giudice, dopo il completamento della formazione, di chiedere il controllo giurisdizionale della decisione di rifiuto della nomina. In applicazione dell’Art. 6, la Corte si esprime nel senso di un "diritto" esistente da parte dei candidati in formazione nel diritto e nella prassi nazionale a ricorrere contro la nomina o il rifiuto arbitrari. Facendo applicazione dei criteri “Eskelinen” [Vilho Eskelinen e Altri c. Finlandia], la Corte ritiene che la prima condizione del test di Eskelinen, ossia la previsione legale dell’esclusione dalla tutela giurisdizionale, sia stata soddisfatta da parte dello Stato, mentre la seconda condizione del test, ossia la giustificatezza dell’eslcusione per un determinata categoria di dipendenti pubblici, non lo sia stata. Ne discende che l’esclusione del ricorrente, il quale soddisfa i requisiti di ammissibilità previsti dalla legge, dalla fase finale del processo di nomina, senza controllo giurisdizionale, non è nell'interesse di uno Stato di diritto, dato il legame tra l'integrità del processo di nomina dei giudici e il requisito dell'indipendenza della magistratura, nonché l’importanza dell'equità procedurale nei casi che riguardano la selezione, la nomina e la carriera dei giudici. La Corte riscontra del resto l’assenza di ragioni eccezionali e convincenti che giustifichino il mancato controllo giurisdizionale.

req. n. 24492/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

20 giugno 2023 (Alkan c. Turchia)

Art. 6 § 1 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un tribunale causato dall’impossibilità per un candidato giudice, dopo il completamento della formazione, di chiedere il controllo giurisdizionale della decisione di rifiuto della nomina. In applicazione dell’Art. 6, la Corte si esprime nel senso di un "diritto" esistente da parte dei candidati in formazione nel diritto e nella prassi nazionale a ricorrere contro la nomina o il rifiuto arbitrari. Facendo applicazione dei criteri “Eskelinen” [Vilho Eskelinen e Altri c. Finlandia], la Corte ritiene che la prima condizione del test di Eskelinen, ossia la previsione legale dell’esclusione dalla tutela giurisdizionale, sia stata soddisfatta da parte dello Stato, mentre la seconda condizione del test, ossia la giustificatezza dell’eslcusione per un determinata categoria di dipendenti pubblici, non lo sia stata. Ne discende che l’esclusione del ricorrente, il quale soddisfa i requisiti di ammissibilità previsti dalla legge, dalla fase finale del processo di nomina, senza controllo giurisdizionale, non è nell'interesse di uno Stato di diritto, dato il legame tra l'integrità del processo di nomina dei giudici e il requisito dell'indipendenza della magistratura, nonché l’importanza dell'equità procedurale nei casi che riguardano la selezione, la nomina e la carriera dei giudici. La Corte riscontra del resto l’assenza di ragioni eccezionali e convincenti che giustifichino il mancato controllo giurisdizionale.

req. n. 31185/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

15 giugno 2023 (Fanouni c. Francia)

Art. 2 P. 4 CEDU – Mancata violazione della libertà di circolazione nel caso del confinamento obbligatorio nella propria residenza [Assignation à résidence] comminato in via cautelare e amministrativa a un islamista radicalizzato, con armi e munizioni sequestrate nella sua abitazione, disposta per tre mesi e due giorni sulla base allo stato di emergenza successivo agli attentati terroristici del 2015-2016. La Corte ritiene che le sufficienti garanzie procedurali contornanti la misura la caratterizzino come proporzionata.

req. n. 16757/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

13 giugno 2023 (Aktürk e Altri c.Turchia)

Art. 1 P.1 CEDU – Mancata violazione del diritto al rispetto dei propri beni da parte del rifiuto dell’amministrazione di perfezionare il contratto di vendita di un terreno agricolo, in origine di proprietà pubblica ma occupato ininterrottamente e legalmente dal de cujus dei ricorrenti a partire dal 1966, iscrivendolo a nome di questi ultimi nel registro fondiario dopo il versamento del corrispettivo richiesto dalla legge turca per l’acquisto della proprietà in casi simili. La Corte rileva in particolare che il mancato perfezionamento, ai sensi del diritto nazionale, discende dalla decisione da parte dell’amministrazione, intervenuta dopo il versamento del corrispettivo da parte dei ricorrenti, di destinare il terreno a un uso di interesse pubblico, in conseguenza di un disastro naturale. La Corte ricorda come il margine di apprezzamento dello Stato debba ritenersi in questi casi particolarmente ampio nel valutare quale sia l’interesse generale e che i ricorrenti avrebbero comunque avuto la concreta possibilità di chiedere all'amministrazione il rimborso della somma versata dal loro de cujus, senza ulteriori oneri inquadrabili come speciali ed esorbitanti.

req. n. 63029/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

6 giugno 2023 (Sarısu Pehlivan c.Turchia)

Art. 10 CEDU – Violazione della libertà di espressione determinata dalla sanzione disciplinare inflitta dal Consiglio dei giudici e dei pubblici ministeri turco a una magistrata e segretario generale dell’Unione dei giudici a causa della sua intervista sul tema del referendum sulle riforme costituzionali con riguardo all’ordinamento della magistratura. La Corte ribadisce il diritto e dovere dell'interessata di esprimere il proprio parere su tali riforme, in grado di esercitare un impatto sul sistema giudiziario e sull’indipendenza della magistratura. Si è trattato infatti di dichiarazioni relative a un dibattito su questioni d’interesse pubblico e richiedenti un elevato livello di protezione. La Corte rileva che la pena pur moderata della trattenuta dello stipendio per due giorni è da considerarsi idonea ad avere un effetto dissuasivo per l’interessata e per la magistratura nel suo complesso, e rileva altresì l’insufficienza dei motivi posti a fondamento della sanzione.

req. n. 36418/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

6 giugno 2023 (Navalnyy c. Russia (no. 3))

Art. 2 e Art. 46 CEDU – Riconosciuta violazione in conseguenza del rifiuto delle autorità nazionali di indagare in un procedimento penale sulle plausibili affermazioni relative all’avvelenamento del ricorrente con un agente chimico nervino vietato dalla Convenzione sulle armi chimiche. La Corte riscontra l’inadeguatezza dell’indagine preliminare, svolta in forma non pubblica e senza tenere conto del diritto della vittima di partecipare al procedimento. Si riscontra inoltre la mancata indagine su un possibile movente politico per il tentato omicidio, sul coinvolgimento o sulla collusione di agenti statali e sull’uso dichiarato di una sostanza vietata. Rispetto all’esecuzione delle proprie sentenze, la Corte ribadisce la necessità di indagini tempestive conformi all’Art. 2.

req. n. 10207/21 e 10209/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

6 giugno 2023 (Demirtaş e Yüksekdağ Şenoğlu c.Turchia)

Art. 5 § 4 CEDU – Violazione del diritto a una rapida decisione sulla legalità della detenzione determinata dalla mancanza di un’assistenza legale effettiva per contestare la detenzione preventiva dei ricorrenti a causa della supervisione da parte delle autorità carcerarie degli incontri con i loro avvocati. La Corte rileva l’assenza di garanzie adeguate e sufficienti contro gli abusi in assenza di norme specifiche e dettagliate, nonché l’assenza di circostanze eccezionali tali da derogare al principio essenziale della riservatezza degli incontri con gli avvocati, rilevando come le autorità nazionali non abbiano fornito prove dettagliate in grado di giustificare l’imposizione delle misure contestate ai sensi del decreto-legge adottato nel contesto dello stato di emergenza seguito al fallito colpo di Stato del 2016.

req. n. 75135/14  

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

1 giugno 2023 (Maymulakhin e Markiv c. Ucraina)

Art. 14 e Art. 8 CEDU – Violazione del divieto di discriminazione, unitamente alla mancata protezione del diritto alla vita privata, determinata dall’assenza di qualsiasi forma di riconoscimento giuridico e di protezione per una coppia dello stesso sesso, in quanto integrante una differenza ingiustificata di trattamento rispetto a coppie di sesso diverso sulla sola base dell’orientamento sessuale.

req. n. 39954/09 e 3465/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

30 maggio 2023 (Nepomnyashchiy e Altri c. Russia)

Art. 14 e Art. 8 CEDU – Violazione del divieto di discriminazione, unitamente alla mancata protezione del diritto alla vita privata, causata dal mancato rispetto da parte delle autorità nazionali dell’obbligo di rispondere adeguatamente alle dichiarazioni omofobe pronunciate da funzionari statali nei confronti di membri della comunità LGBTI. Nonostante l’esistenza di un quadro giuridico nazionale in grado, in teoria, di offrire protezione contro le dichiarazioni stigmatizzanti, le disposizioni giuridiche pertinenti non sono state applicate al caso dei ricorrenti, con conseguente mancato raggiungimento, da parte dei tribunali nazionali, di un giusto equilibrio tra i diritti concorrenti degli Artt. 8 e 10 nei procedimenti penali e con totale assenza di ogni tentativo di bilanciamento nei procedimenti civili.

req. n. 8757/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

30 maggio 2023 (Azzaqui c. i Paesi Bassi)

Art.  8 CEDU – Violazione del diritto alla vita privata determinato dalla revoca del permesso di soggiorno di un migrante stabilitosi da lungo tempo nello Stato e affetto da malattia mentale, a cui si è aggiunta l’imposizione di un divieto d'ingresso di dieci anni a causa dei reati violenti commessi, nonostante i progressi compiuti dopo anni di detenzione in una clinica. La Corte rileva la mancata considerazione della ridotta capacità d’intendere e di volere del richiedente a causa della sua malattia mentale e il mancato bilanciamento degli interessi in gioco e di tutti i fattori rilevanti nel caso di specie.

req. n. 20081/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sezione IV)

23 maggio 2023 (Buhuceanu e Altri c. Romania)

Art. 8 CEDU – Violazione degli obblighi positivi relativi al diritto alla vita privata e famigliare determinata dall’assenza di qualsiasi forma di riconoscimento giuridico e di tutela per le coppie dello stesso sesso. La Corte fa applicazione dei principi stabiliti nella causa Fedotova e altri c. Russia [G.C.] e ritiene che nel caso di specie i motivi di interesse pubblico addotti non prevalgono sugli interessi dei ricorrenti, con conseguente oltrepassamento del margine di apprezzamento.

req. n. 45581/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

15 maggio 2023 (Sanchez c. Francia)

Art. 10 CEDU – Mancata violazione della libertà di espressione nel caso di una personalità politica multata in un procedimento penale per non aver cancellato dalla sua "bacheca" Facebook, accessibile al pubblico e usata per la sua campagna elettorale, commenti islamofobici da parte di terzi, anch'essi condannati. La Corte ricorda i doveri e le responsabilità dei politici che utilizzano i social network per scopi politici ed elettorali, anche in conseguenza dell’impatto accentuato dell'hate speech che provoca danni maggiori in un periodo elettorale caratterizzato da tensioni e con la conseguente necessità di una responsabilità condivisa tra tutti gli attori coinvolti. Ciò rende auspicabile l'attuazione di un grado minimo di moderazione o di filtraggio preventivo da parte del titolare dell'account per identificare e rimuovere i commenti illeciti entro un tempo ragionevole, anche in assenza di notifica da parte della parte lesa. È stata d’altra parte una scelta deliberata del richiedente, esperto di comunicazione pubblica e conoscitore delle piattaforme digitali, di consentire l’accesso pubblico all’account. Il ricorrente non ha poi proceduta alla rimozione dei commenti nonostante fosse a conoscenza degli stessi e sebbene non si trattasse di un account con traffico potenzialmente eccessivo.  La Corte compie un’analisi di proporzionalità in funzione del livello di responsabilità della persona interessata e del suo grado di notorietà e rappresentatività. Alla luce di tale analisi, la condanna penale appare proporzionata e non imprevedibile da parte del ricorrente.

req. n. 53030/19 e 31378/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

9 maggio 2023 (Kitanovska e Barbulovski c. Macedonia del Nord)

Art. 6 § 1 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un tribunale determinato dal rigetto, da ritenersi sproporzionato, dell’opposizione contro un’ingiunzione di pagamento emessa da un notaio, perché non presentata tramite un avvocato come previsto dal diritto interno e senza che vi sia stato un esame del merito. La Corte ritiene che la violazione consegua dal fatto che quello in oggetto è un requisito di ordine generale e applicato automaticamente, senza possibilità di ottenere un’esenzione. Di conseguenza i tribunali nazionali non sono in grado di prendere in considerazione le circostanze specifiche del caso, né vi è nessuna possibilità di diritto interno per il debitore di rimediare a un vizio procedurale dopo la scadenza del termine per la presentazione dell’opposizione.

req. n. 61177/09

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

9 maggio 2023 (Korkut e Amnesty International Turchia c. Turchia)

Art. 6 § 1 e Art. 11 CEDU – Violazione del diritto a un equo processo determinata dalla sanzione amministrativa inflitta al presidente della sezione turca di Amnesty International per non aver rispettato una disposizione di legge che impone alle associazioni di dichiarare i fondi ricevuti dall’estero alle autorità prima di utilizzarli. Per la Corte le decisioni dei giudici nazionali non sono state sufficientemente motivate, mentre, sotto il profilo della libertà di associazione, si è trattato di un’interferenza non prevista da una norma legislativa sufficientemente prevedibile.

req. n. 31172/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

9 maggio 2023 (Testimoni di Geova c. Finlandia)

Art. 9 CEDU – Mancata violazione della libertà di manifestazione della propria religione da parte della normativa nazionale che vieta alla comunità religiosa dei Testimoni di Geova di raccogliere e trattare dati personali durante la predicazione porta a porta senza il consenso degli interessati. La Corte ritiene non arbitraria o irragionevole la decisione nazionale da cui origina il ricorso, in quanto frutto dell’interpretazione delle disposizioni pertinenti in materia di protezione dei dati e basata sugli orientamenti della Corte di giustizia dell’Unione europea. Per la Corte l'obbligo di consenso previsto dalla legge è una salvaguardia appropriata e necessaria, senza alcuna prova di un lamentato "effetto paralizzante" (“chilling effect). Vi è stato invece un equo bilanciamento tra gli interessi contrapposti basati sugli Artt. 9 e 8. Si è trattato dunque di un’interferenza "necessaria in una società democratica" e svoltasi all’interno del margine di discrezionalità dello Stato.

req. n. 37928/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

9 maggio 2023 (Horion c. Belgio)

Art. 3 CEDU – Violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti determinata dall’impossibilità per il ricorrente, dal gennaio 2018, di essere collocato in un’unità psichiatrica forense (“unité de psychiatrie légale), anche se la sua detenzione in carcere non era più indicata come opportuna dalle autorità nazionali. L’ammissione all’unità suddetta è stata considerata dai tribunali nazionali come una tappa essenziale per il reinserimento nella società del detenuto del caso in oggetto, che è stato recluso per un periodo molto lungo dal 1979, nonché come misura necessaria per la sua liberazione. Tuttavia, tale esigenza si è scontrata col fatto che il sostegno finanziario pubblico all’ammissione alla suddetta unità psichiatrica fosse rivolto solo a persone internate (“internées”) e non a persone condannate (“condamnées”) e in quanto tali ritenute penalmente responsabili degli atti commessi. La Corte constata dunque che nel caso concreto non residuava in realtà nessuna prospettiva realistica di rilascio, a causa di impedimenti pratici di bilancio.

req. n. 21768/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

9 maggio 2023 (Ghadamian c. Svizzera)

Art. 8 CEDU – Violazione degli obblighi positivi connessi al diritto al rispetto della vita privata a causa del rifiuto del permesso di soggiorno per pensionati a un cittadino straniero anziano che viveva in Svizzera da oltre 50 anni, ma illegalmente dal 2002, a causa di una decisione di espulsione, mai eseguita, causata dalla sua condanna per gravi reati. La Corte riscontra inizialmente l’assenza di una vita familiare tra il ricorrente e i suoi figli adulti, ma rileva anche la presenza di circostanze particolari, quali una durata totale del soggiorno estremamente lunga, con conseguente radicamento per quanto riguarda la propria vita privata, costruita durante il suo soggiorno legale a partire dall’arrivo nel 1969. Si riscontra poi come sia dubbia l’esistenza di relazioni nel Paese d’origine del ricorrente, l’Iran, nonché, quali altri fattori, l’assenza di reati gravi commessi della stesso dal 2005 e l’insufficienza degli sforzi compiuti da parte delle autorità nazionali per oltre 20 anni ai fini di espellere il ricorrente. Inoltre, la Corte rileva come l’ambito del controllo esercitato da parte del Tribunale federale elvetico sia stato del tutto insufficiente, con un peso eccessivo attribuito all’interesse pubblico rispetto al diritto alla vita privata del ricorrente.

req. n. 59832/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

4 maggio 2023 (Dieudonné e Altri c. Francia)

Art. 6 § 1 CEDU – Mancata violazione del diritto ad accedere a un tribunale in conseguenza dell’impossibilità, per i comproprietari di minoranza di un bene espropriato, di impugnare la sentenza fissante l’indennità di espropriazione. La Corte rileva infatti che gli interessi dei comproprietari come gruppo sono stati rappresentati nel procedimento dal sindacato dei comproprietari, mentre sono state le stesse autorità esproprianti a diventare comproprietari di maggioranza a seguito di precedenti acquisti bonari. Vi era inoltre la possibilità per i comproprietari divenuti minoranza di proporre un’azione per abuso di maggioranza contro la decisione dell’assemblea generale dei comproprietari di non impugnare la sentenza.

req. n.4289/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

4 maggio 2023 (A.C. e M.C. c. Francia)

Art. 3, Art. 5 § 1 e § 4 CEDU – Violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti causata dalla detenzione amministrativa di nove giorni di una madre e del figlio minorenne di sette mesi e mezzo, in vista del loro trasferimento in Spagna, in quanto le condizioni di accoglienza nel centro di detenzione sono state una fonte importante di stress e di angoscia per un bambino in tenera età, superando la soglia di gravità dell’Articolo 3, in relazione al trascorrere del tempo. Violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza a causa della detenzione amministrativa, pur di per sé regolare, ma prorogata per ventotto giorni senza una sufficiente verifica che si trattasse di una misura di ultima istanza e senza la possibilità di sostituzione con un’altra misura meno restrittiva. La Corte riscontra inoltre la mancanza di un controllo sulla legalità della proroga della detenzione amministrativa.

req. n. 36463/11 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

2 maggio 2023 (S.P. e Altri c. Russia)

Art. 3 e Art 13 CEDU – Violazione del divieto di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti determinata dalla segregazione, umiliazione e abuso dei detenuti da parte dei compagni di cella a causa del loro status inferiore nella gerarchia informale dei detenuti. La Corte rileva che si è trattato di abusi tollerati dal personale carcerario e manifestatisi nella stigmatizzazione dei ricorrenti, nella loro assegnazione a lavori umili e nella negazione dei bisogni primari, con minacce e occasionali violenze fisiche e sessuali e conseguente paura costante nel corso degli anni. La Corte rinviene la mancata adozione da parte delle autorità nazionali di misure di protezione individuali dei detenuti più deboli nelle carceri russe, che sarebbero invece necessarie per affrontare un problema classificato nella sentenza come di tipo sistemico. La Corte ritiene dunque che alla violazione dell’Art. 3 si unisca anche la violazione dell’Art 13, vista la mancanza di una possibilità di ricorso effettivo.

req. n.24108/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

2 maggio 2023 (Mestan c. Bulgaria)

Art. 10 CEDU – Violazione del diritto alla libertà di espressione, segnatamente della libertà di comunicare e ricevere informazioni, a causa della sanzione amministrativa derivante dal divieto assoluto per un politico di utilizzare una lingua non ufficiale in campagna elettorale. La Corte ritiene inoltre che i tribunali nazionali siano stati nel caso di specie privati del loro potere di esercitare un adeguato controllo giurisdizionale e che l’Art. 10, letto alla luce dell’Art. 1 P.3, deve essere inteso nel senso di garantire ai candidati di gruppi minoritari il diritto di utilizzare la loro lingua madre nelle campagne elettorali al fine di dare a queste minoranze un accesso alle elezioni pari a quello degli altri cittadini, data l’importanza del pluralismo,  della tolleranza e della tutela delle minoranze in una società democratica. Il margine di discrezionalità statale, particolarmente ampio nella politica linguistica, deve ritenersi dunque ristretto per quanto riguarda il discorso politico e le elezioni. Alla luce degli elementi sopra richiamati, il divieto in oggetto deve perciò ritenersi sproporzionato.

req. n. 38263/08

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

28 aprile 2023 (Georgia c. Russia (II))

Art. 41 CEDU – In punto di equa soddisfazione, la Corte ha deciso a favore della concessione dei danni non pecuniari al Governo ricorrente, a beneficio di vittime identificate, anche se la decisione è basata solo su prove presentate dal Governo ricorrente in considerazione della mancata partecipazione del Governo convenuto al procedimento. La competenza della Corte viene ritenuta sussistente in quanto i fatti all’origine delle violazioni si sono verificati prima della fuoriuscita della Federazione russa al Consiglio d’Europa, mentre la mancata collaborazione del Governo convenuto non costituisce un ostacolo all’esame delle richieste da parte della Corte. La Corte fa in questo caso applicazione della stessa metodologia utilizzata nella causa Georgia c. Russia (I) (per quanto riguarda l’equa soddisfazione) e rimarca come prosegua il controllo del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sull’esecuzione delle sentenze della Corte nei confronti della Federazione russa, mentre l’istituzione di un meccanismo efficace per la distribuzione delle somme assegnate alle singole vittime è affidata al governo ricorrente.

È presente un’opinione separata, parzialmente dissenziente.

req. n. 25942/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

13 aprile 2023 (E.K. c. Lettonia)

Art. 8 CEDU – Violazione degli obblighi positivi ricollegati al diritto alla vita famigliare a causa della mancata tempestiva adozione da parte delle autorità nazionali delle misure necessarie per far valere i diritti di contatto del ricorrente con la figlia, cercando di superare l’atteggiamento ostruzionistico della madre e di conciliare gli interessi contrastanti delle parti.

req. n. 30782/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

11 aprile 2023 (Simonova c. Bulgaria)

Art. 8 CEDU – Violazione del diritto all’abitazione in conseguenza dell’ordine di demolizione di un edificio costruito illegalmente, e adibito ad abitazione della ricorrente e dei suoi figli minori, a causa dell’assenza di una valutazione di proporzionalità della misura scelta, della mancata considerazione del rischio di lasciare la famiglia senza casa e della mancata adozione di misure per alleviare le gravi difficoltà derivanti dal provvedimento.

req. n. 15158/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

6 aprile 2023 (Drozd c. Polonia)

Art. 10 CEDU – Violazione della libertà di espressione causata dalla mancanza di adeguate garanzie procedurali nell’imposizione del divieto di accesso al Parlamento per un anno ai membri di un movimento civico informale per aver esposto uno striscione durante una manifestazione pacifica al di fuori dell’edificio; in particolare la Corte ha censurato il fatto che ai sensi del diritto interno non fosse possibile per i ricorrenti essere coinvolti nella procedura che ha condotto all’imposizione del divieto e, al contempo, la mancanza di una procedura chiara per impugnare il provvedimento.

req. n. 43674/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

4 aprile 2023 (Radonjić e Romić c. Serbia)

Art. 34, Art. 5 § 3 e Art. 5 § 4 CEDU – Alla luce dell’art. 34 CEDU, la Corte ritiene in primo luogo che l’espresso riconoscimento da parte della Corte costituzionale serba della violazione dell'Art. 5 § 3 della Convenzione, per la seconda parte della custodia cautelare dei ricorrenti, non sia di per sé, da solo, un rimedio sufficiente alla violazione, in assenza dell’imposizione di un risarcimento a loro favore. La Corte osserva infatti che manca una via chiara e consolidata nel diritto interno serbo per richiedere un adeguato risarcimento e ritiene che nel caso di specie, che riguarda due agenti dei servizi segreti accusati dell’omicidio di un giornalista, vi sia stata anche una violazione del principio di ragionevolezza in rapporto alla durata della custodia cautelare, con la mancata indicazione da parte dei tribunali competenti, come da conclusioni della Corte Costituzionale, di motivi pertinenti e sufficienti per giustificare la seconda parte della custodia cautelare per un periodo di oltre due anni, con conseguente violazione generale dell’Art. 5. Dal punto di vista dell’Art. 5 § 4 CEDU e della rapidità del controllo giurisdizionale, la Corte rileva come la Corte costituzionale serba abbia impiegato più di due anni a pronunciarsi sulla legittimità della detenzione, un tempo che deve essere considerato eccessivo.

req. n. 7246/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

4 aprile 2023 (A.H. e altri c. Germania)

Art. 8 CEDU – Mancata violazione degli obblighi positivi collegati al diritto alla privacy nel caso dell’impossibilità giuridica per un genitore transgender di indicare il proprio genere attuale, estraneo alla propria funzione procreativa, sull’atto di nascita del figlio concepito dopo il cambiamento di genere (nel giudizio in oggetto una donna transgender era stata indicata come padre in virtù della precedente donazione del suo sperma per la fecondazione). La Corte prende atto della mancanza di un consenso europeo sul punto e del conseguente ampio margine d’apprezzamento per gli Stati. La Corte riafferma il diritto del bambino a conoscere le proprie origini e il proprio legame con il padre e la madre in modo stabile e immutabile e la conseguente possibilità di ridurre le situazioni che rivelino l’identità transgender del genitore. D’altra parte, la Corte ritiene che in questo caso il rapporto di filiazione tra il genitore transgender e il figlio non sia messo in discussione e che il giudice nazionale abbia trovato un giusto equilibrio tra il diritto all’autodeterminazione del genitore transgender, gli interessi pubblici della certezza del diritto e dell’affidabilità e coerenza dello stato civile, e gli interessi anche in termini di benessere del bambino.

req. n. 64886/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Ex Sez. V, giudizio di Revisione)

30 marzo 2023 (X c. Repubblica Ceca)

Art.  8 CEDU e Artt. 28 e 80 del Regolamento della Corte

Mancata violazione del diritto alla vita famigliare, in riferimento ai connessi obblighi positivi dello Stato, in conseguenza dell’esecuzione dell’ordine di rimpatrio negli Stati Uniti (ai sensi della Convenzione dell'Aia) del figlio del ricorrente, in quanto l’esame da parte dei giudici nazionali è avvenuto nel rispetto dei requisiti procedurali richiesti dall'art. 8, con una motivazione sufficiente e un equa ponderazione degli interessi in gioco, avendo l'interesse superiore del minore come considerazione principale.

Dal punto di vista procedurale, la Corte ha ritenuto che la domanda di revisione della propria precedente sentenza fosse fondata, pur dichiarando nuovamente infondata nel merito la pretesa sollevata in giudizio dal ricorrente. Per quanto riguarda in particolare l’incompatibilità e l’esonero di un proprio giudice, la Corte ha dovuto giudicare del fatto nuovo, ma d’influenza decisiva, della partecipazione ai procedimenti presso la Corte EDU di un giudice nazionale in precedenza coinvolto in un procedimento costituzionale strettamente connesso a quello esaminato dalla Corte europea (nel giudizio sfociato nella sentenza oggetto di revisione). La Corte ritiene che, ai sensi del Regolamento della Corte, l’incompatibilità (“inability to sit”) di un giudice, derivante da una qualsiasi causa, non dipenda (anche) dalla posizione delle parti nel procedimento, ma (solo) dai motivi indicati nell'articolo 28, paragrafo 2 del Regolamento della Corte. La responsabilità per l'attuazione del principio di imparzialità oggettiva non è dunque lasciata alla sola iniziativa delle parti e la richiesta di revisione fondata sull’asserita esistenza di impedimenti alla partecipazione di un giudice al procedimento non può essere respinta, in linea di principio, solo perché la parte che ha presentato tale richiesta aveva omesso di informare la Corte dei propri dubbi prima dell'adozione della sentenza. È invece doveroso applicare rigorosamente il principio d’imparzialità oggettiva, che impone la revisione quando è dimostrata l'esistenza di motivi oggettivi di possibile impedimento del giudice, anche se non è certo che la partecipazione del medesimo possa aver influenzato la sentenza originaria. Per questo la Corte ha giudicato che le condizioni di cui all'articolo 80 delle Regole della Corte siano state soddisfatte e la sentenza è stata dunque sottoposta a revisione nella sua interezza.

req. n. 24408/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

30 marzo 2023 (Szolcsán c. Ungheria)

Art.  14, Art. 2 P.1 e Art. 46 – Violazione del divieto di discriminazione, congiuntamente al diritto all’educazione, in un caso di segregazione di un alunno rom in una scuola elementare frequentata quasi esclusivamente da bambini rom. La Corte stigmatizza la mancata adozione, in assenza di una giustificazione obiettiva e ragionevole, di misure di desegregazione adeguate per correggere la situazione d’ineguaglianza di fatto e per evitare il suo perpetuarsi, in ciò rinvenendo gli elementi della discriminazione. Per quanto riguarda l’esecuzione della sentenza, la Corte giudica che lo Stato convenuto sia tenuto ad adottare misure generali, oltre al caso di specie, per porre fine alla segregazione degli alunni rom in scuole specifiche, sottolineando la necessità di sviluppare una più ampia politica contro la segregazione nell'istruzione.

req. n. 34467/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

28 marzo 2023 (Sârbu c. Romania)

Art.  8 – Mancata violazione del diritto alla riservatezza e alla tutela della vita privata in conseguenza dell’utilizzo, nell'ambito di un procedimento penale a carico del ricorrente, di registrazioni effettuate a sua insaputa da un attuale coimputato, tramite una videocamera miniaturizzata collegata ad una penna e nell'ambito della comune attività lavorativa. Pur ritenendo che il caso in oggetto rientri nell’ambito di applicabilità dell’art. 8 CEDU, la Corte giudica vi sia stato un controllo effettivo dell’utilizzo del mezzo sopra indicato da parte dello Stato. In particolare, le autorità nazionali hanno scoperto le registrazioni in oggetto a seguito di una perquisizione informatica autorizzata nell'ambito di un altro procedimento penale a carico del ricorrente (e non in maniera accidentale, come sostenuto da quest’ultimo) e l’iscrizione delle stesse nel fascicolo come prova incriminante è avvenuta in conformità alla legge. L’uso delle suddette registrazioni è sempre stato limitato a procedimenti penali che offrivano le dovute garanzie al ricorrente e si tratta di registrazioni relative a due episodi specifici. Inoltre, le stesse appaiono limitate nel tempo e non ottenute mediante una sorveglianza costante o prolungata su un lungo periodo. Nel corso del procedimento penale, si è anche avuta una appropriata valutazione scientifica e forense delle registrazioni tesa ad accertarne caratteristiche e affidabilità.

req. n. 6091/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

28 marzo 2023 (Saure c. Germania (n. 2))

Art. 10 – Violazione della libertà di ricevere e comunicare informazioni causata dal rigetto della richiesta di un giornalista tedesco di divulgare informazioni su risultanze incriminanti, dal punto di vista penale, a carico di giudici e di un pubblico ministero per i quali sussistevano indizi di una precedente collaborazione con il Ministero della Sicurezza dello Stato della ex Repubblica Democratica Tedesca (DDR). La Corte ritiene che non vi sia stato un adeguato bilanciamento degli interessi contrapposti, né l’indicazione di ragioni pertinenti e sufficienti per il diniego di divulgazione. Inoltre, è mancata una verifica della possibilità di fornire le informazioni in questione in forma anonima, a fronte del significativo interesse pubblico alla conoscenza delle relative vicende. La Corte non ritiene invece che una violazione della libertà di ricevere e comunicare informazioni sia stata causata dal rifiuto della richiesta di conoscere i nomi e le sedi di servizio dei giudici e del pubblico ministero, in quanto vi è qui stata una ponderazione accurata degli interessi in gioco da parte delle autorità dello Stato, sussistendo motivi pertinenti e sufficienti per la mancata divulgazione. In specie, per la Corte esiste comunque la possibilità di avere un dibattito pubblico sulla base di alcune delle informazioni che sono state divulgate ed è giustificato il rifiuto della richiesta generica e non motivata di fornire informazioni sul coinvolgimento di giudici in "procedimenti relativi ad atti illeciti commessi dalla DDR".

req. n. 66763/17, 66767/17 et 15891/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

21 marzo 2023 (Telek e altri c.Turchia)

Art. 8 e Art. 2 P.2 – Violazione del diritto al rispetto della vita privata e violazione del diritto all’educazione causate dal ritiro illegale e arbitrario dei passaporti di alcuni ricercatori universitari, per un periodo di tempo considerevole, in applicazione di decreti-legge adottati durante lo stato di emergenza seguito al tentato golpe del 2016 in Turchia. La Corte giudica che le misure governative, adottate a seguito del licenziamento dei ricorrenti dal servizio pubblico per presunti legami con un'organizzazione terroristica non provati dalle autorità, abbiano avuto un impatto significativo sulla vita all’estero dei ricorrenti, sia dal punto di vista accademico e professionale che dal punto di vista privato. Inoltre, la Corte rileva che nel caso in oggetto non siano state rispettate quelle garanzie procedurali che devono circondare il potere discrezionale delle autorità amministrative ai sensi della Convenzione, mentre il controllo giurisdizionale è stato inadeguato e inefficace, con conseguente mancato rispetto della proporzionalità rigorosa (“stricte mesure”) richiesta dalle particolari circostanze dello stato d’emergenza. Dal punto di vista del diritto all’istruzione, la Corte ritiene che il provvedimento ha reso impossibile il proseguimento degli studi di dottorato nelle università all'estero a cui gli accademici erano stati ammessi e che l’Articolo 2, paragrafo 1, sia applicabile anche agli studi di dottorato con l’obbligo per gli Stati membri di non ostacolare in modo ingiustificato – e nel caso di specie imprevedibile – l'esercizio del diritto all'istruzione sotto forma di studi di grado superiore negli istituti di istruzione universitaria all'estero (“études supérieures dans des établissements d’enseignement supérieur”).

Si registra un’opinione parzialmente dissenziente.

req. n. 5420/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

23 marzo 2023 (Rogalski c. Polonia)

Art. 10 – Violazione della libertà di espressione a causa della ingiustificata sanzione disciplinare somministrata a un avvocato, con la generica motivazione di una condotta non etica per aver egli segnalato la commissione di un reato da parte di un pubblico ministero senza un'adeguata base di fatto e senza moderazione, proporzionalità e cautela, secondo le autorità dello Stato. La Corte rileva in particolare la mancata (reale) motivazione della decisione da parte dei tribunali disciplinari polacchi e il conseguente superamento del margine di apprezzamento.

req. n. 1574/112

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

14 marzo 2023 (Gran Rabbinato della comunità ebraica di Smirne c. Turchia)

Art.  34, Art. 35 § 3 e Art. 1 P. 1 – Violazione del diritto al rispetto della proprietà causata dall’imprevedibile rifiuto da parte dei tribunali nazionali (in applicazione di disposizioni non pertinenti, nella specie l’iscrizione del terreno a nome del pubblico erario) di iscrizione nel catasto a nome del richiedente di un terreno su cui è costruita un'antica sinagoga di proprietà del Rabbinato, in considerazione del fatto che l’origine di quello che la Corte qualifica come un vero e proprio diritto reale risale al periodo dell’Impero Ottomano. Nel merito, la Corte ritiene infatti che l’interesse patrimoniale rappresentato in giudizio dal Gran Rabbinato di Smirne debba considerarsi un diritto di proprietà ai sensi del Protocollo 1, in quanto si ravvisa l’esercizio di un possesso inequivocabile, ininterrotto e incontrastato della sinagoga per circa quattro secoli in capo al Rabbinato e il terreno e l’edificio sono caratterizzati da elementi particolari e da un uso specifico, legati alla vita religiosa della comunità ebraica. Dal punto di vista procedurale, la Corte chiarisce che il ricorso è ricevibile ai sensi degli Articoli 34 e 35 CEDU, in quanto il Gran Rabbinato di Smirne dev’essere considerato come un legittimo ricorrente secondo la Convenzione, in quanto rappresenta i suoi fedeli e costituisce un'istituzione religiosa disciplinata da disposizioni risalenti al periodo ottomano, avendo anche acquisito a suo nome e utilizzato liberamente beni immobili, tanto che la sua capacità di agire in giudizio e di acquisire beni immobili non è mai stata messa in discussione dalle autorità amministrative o dai tribunali nazionali nel corso del tempo.

req. n. 57378/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

14 marzo 2023 (Georgiou c. Grecia)

Art. 6 § 1 e Art. 46 – Violazione del diritto a un equo processo a causa del mancato esame da parte della Corte di cassazione greca, senza motivazione, della domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea proposta dal ricorrente, ex presidente dell’Autorità di Statistica Ellenica (ESTAT). In merito all’esecuzione della sentenza, la Corte ritiene adeguata la riapertura del procedimento interno, se richiesta dal ricorrente, per consentire l'esame della domanda di rinvio pregiudiziale.

req. n. 36345/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

 9 marzo 2023 (L.B. c. Ungheria)

Art. 8 – Violazione del diritto al rispetto della vita privata in conseguenza della pubblicazione ingiustificata dei dati identificativi del ricorrente, compreso l'indirizzo di casa, sul portale web dell'autorità fiscale ungherese per non aver egli adempiuto ai suoi obblighi fiscali. La Corte ritiene che a fronte delle finalità legittime di migliorare l'efficienza del sistema fiscale e dell’ampio margine di discrezionalità dello Stato nello stabilire il regime di diffusione dei dati personali dei contribuenti che non adempiono agli obblighi fiscali, non sia stato però raggiunto da parte del legislatore statale un giusto equilibrio tra gli interessi pubblici e privati in gioco a causa della mancata previsione legale dell'obbligo di una valutazione di proporzionalità individualizzata da parte dell'autorità fiscale, della mancanza di valutazione della necessità di pubblicare l'indirizzo di residenza del debitore fiscale al fine di ottenere un effetto deterrente e della mancanza di una valutazione dell'impatto sul diritto alla riservatezza. La Corte ritiene in specie che non sia stato valutato l'impatto sul diritto alla riservatezza soprattutto alla luce del mezzo utilizzato per la diffusione (Internet). Il legislatore non ha in merito elaborato risposte adeguatamente personalizzate alla luce del principio di minimizzazione dei dati e di altre considerazioni sulla protezione dei dati personali su internet.

req. n. 29999/04 e 41424/04

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

 7 marzo 2023 (Mamasakhlisi e altri c. Georgia e Russia)

Art. 1, Art. 3, Art. 5 § 1 e Art. 6 § 1 e § 3 – Violazione dell’obbligo di rispettare i diritti umani gravante in capo allo Stato russo, in quanto avente controllo effettivo e influenza decisiva sul territorio georgiano dell'Abkhazia in considerazione del sostegno politico, economico e finanziario nonché del coinvolgimento militare alle autorità secessioniste, con conseguente responsabilità della Russia per gli atti delle autorità dell'Abkhazia in relazione ai ricorrenti detenuti e alle violazioni dei diritti convenzionali da essi sopportate. La Corte chiarisce come, rispetto agli obblighi positivi della Georgia nei confronti dell'Abkhazia, si tratti di una parte del suo territorio su cui all'epoca dei fatti lo Stato georgiano non aveva alcun controllo, con conseguente assenza di responsabilità da parte della Georgia per quanto riguarda gli obblighi positivi gravanti sullo Stato. La Corte accerta la violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti a danno dei ricorrenti durante la loro detenzione nonché l’illegalità della detenzione stessa e del precedente arresto, per la mancanza di informazioni sulle leggi applicabili e la scarsità di fonti ufficiali d’informazione sul sistema legale e giudiziario vigente nella regione separatista dell’Abkhazia. La Corte non è anzi in grado di verificare se le autorità e i tribunali abkhaziani soddisfino di fatto i requisiti dell'art. 5; essa ritiene che manchi però la base per supporre l'esistenza di un sistema nella regione che rifletta una tradizione giudiziaria compatibile con la Convenzione. La Corte accerta la lesione del diritto a un equo processo da parte di un tribunale indipendente e imparziale stabilito dalla legge in quanto i tribunali abkhaziani esistono esclusivamente in via fattuale ma senza una valida base giuridica, e non potevano né possono perciò qualificarsi come "tribunale stabilito dalla legge”.

req. n. 54003/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

 7 marzo 2023 (Kogan e altri c. Russia)

Art. 8, Art. 18 e Art. 38 – Violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare in conseguenza della ingiustificata revoca del permesso di soggiorno di un'avvocata per i diritti umani residente in Russia ma di nazionalità statunitense, in nome di ragioni di sicurezza nazionale non ulteriormente motivate dalle autorità statali. Secondo la Corte si è avuto un esame puramente formale della decisione di revoca da parte dei tribunali nazionali con conseguente privazione a danno della ricorrente della possibilità di contestare o rispondere in contraddittorio alle accuse fattuali a suo carico e mancato raggiungimento da parte dei tribunali nazionali di un giusto equilibrio tra interessi concorrenti. Di conseguenza il procedimento di revoca è stato inficiato da gravi vizi procedurali che ne compromettono l'equità, con una restrizione dei diritti convenzionali per scopi non autorizzati, nello specifico la revoca del permesso di soggiorno apparendo finalizzata a punire le attività svolte dalla ricorrente e dal marito a tutela dei diritti umani e a impedirne la prosecuzione. La Corte prende in esame il contesto generale di aumento delle severe restrizioni nei confronti delle ONG, dei difensori dei diritti umani e di altri attori della società civile in Russia, con conseguente "effetto paralizzante" (“chilling effect”) sulle loro attività. La Corte rileva anche il mancato rispetto da parte dello Stato russo dell’obbligo di fornire le facilitazioni necessarie all’esame della causa secondo l’Art. 38 della CEDU.

req. n. 911/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

28 febbraio 2023 (Căpăţînă c. Romania)

Art. 1 P.1 – Mancata violazione del diritto al godimento pacifico dei propri beni nel caso di un sequestro temporaneo durante un procedimento penale per corruzione e della confisca dei proventi di reato, dopo la condanna, in quanto manca ogni profilo di arbitrarietà. La Corte non riscontra inoltre alcun profilo di sproporzione con le somme sequestrate e confiscate, tenuto conto delle circostanze e del metodo di calcolo utilizzato, il procedimento si svolto inoltre rispettando il contraddittorio e i principi dell’equo processo e dunque non è stato in questo caso alterato l’equo bilanciamento tra interessi concorrenti.

req. n. 43237/13

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

 21 febbraio 2023 (Catană c. Repubblica di Moldavia)

Art. 6 – Violazione del diritto a un equo processo determinata dall’insufficienza dei requisiti d’indipendenza e imparzialità presenti nei due procedimenti disciplinari contro un magistrato in Moldavia. In particolare, i giudici non erano in maggioranza nel collegio disciplinare che ha preso le decisioni, vista anche la presenza nel Consiglio superiore della magistratura (CSM) moldavo di membri ex officio (tra cui il ministro della Giustizia e il procuratore generale) e di professori di diritto scelti senza sufficienti garanzie d’indipendenza. La Corte ritiene che già la sola presenza di membri del Governo negli organi disciplinari della magistratura ponga seri problemi rispetto all’art. 6, pur nei casi in cui questi ultimi rivestano un ruolo meramente passivo. La Corte prende peraltro atto che una recente modifica costituzionale del 2022 ha cambiato la composizione del CSM, escludendo vi faccia parte il Ministro della Giustizia e stabilendo requisiti di merito più stringenti.

req. nn. 8019/16, 43800/14, 28525/20 e 11055/22

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

20 febbraio 2023 (Ucraina e Paesi Bassi c. Russia)

Art. 42 e Art. 71 del Regolamento della Corte EDU – La Corte comunica che la Grande Camera ha deciso di riunire il ricorso inter-statale Ucraina c. Russia (X) ai precedenti ricorsi Ucraina e Paesi Bassi c. Russia. I ricorsi citati saranno da ora denominati unitariamente come Ucraina e Paesi Bassi c. Russia. La decisione è stata prese in sintonia con l’interesse all’efficienza dell’amministrazione della giustizia e l’ammissibilità del ricorso Ucraina c. Russia (X) sarà esaminata insieme al merito dei due procedimenti esistenti Ucraina e Paesi Bassi c. Russia, rispetto ai quali la decisione circa l’ammissibilità è già stata presa dalla Corte, con esito favorevole.

req. nn. 39471/22, n. 39477/22 e n. 44068/22

Corte europea dei diritti dell’uomo (Comunicato stampa)

16 febbraio 2023 (Leszczyńska-Furtak e altri c. Polonia; Gregajtys c. Polonia; Piekarska-Drążek c. Polonia)

Art.  39 del Regolamento della Corte EDU – La Corte rende noto che il Governo polacco ha comunicato che non intende rispettare le misure provvisorie pronunciate dalla Corte europea rispetto ai casi sopra indicati, tutti riguardanti la rimozione o altre sanzioni disciplinari imposte a giudici polacchi a seguito delle riforme del sistema giudiziario entrate in vigore nel 2017-2018. Il Governo polacco fa riferimento alla sentenza della Corte costituzionale polacca che ha negato la competenza della Corte EDU a giudicare sull’organizzazione del giudiziario in Polonia, oltre che su una dichiarazione pubblica del Presidente della Corte d’Appello di Varsavia che nega vi siano elementi fattuali o di diritto per ottemperare alle misure richieste dalla Corte di Strasburgo. La Corte EDU offre anche una sommaria quantificazione dei ricorsi intentati da giudici polacchi nel 2022 e tuttora pendenti davanti alla Corte.

req. n. 21884/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

14 febbraio 2023 (Halet c. Lussemburgo)

Art. 10 – Violazione del diritto alla libertà di espressione a causa dell’ammenda penale di 1.000 euro somministrata al ricorrente per aver divulgato ai media documenti riservati di un datore di lavoro del settore privato riguardanti le pratiche fiscali di società multinazionali (c.d. caso “Luxleaks”). Nel caso in oggetto, la Corte compie un consolidamento della propria precedente giurisprudenza in materia di protezione dei pubblici informatori (“whistle-blowers”), con un perfezionamento dei criteri stabiliti nella precedente sentenza Guja. Constatata l’assenza di una definizione astratta e generale della nozione di pubblico informatore, la Corte ritiene che la richiesta di protezione in base a questo status debba essere concessa in funzione delle circostanze e del contesto di ciascun caso. Nella decisione in oggetto, la Corte compie una valutazione complessiva dei criteri “Guja”, considerati separatamente, ma senza gerarchia o ordine specifico. In particolare, si ritiene che il canale scelto per effettuare la divulgazione fosse accettabile pur in assenza di un comportamento illegale da parte del datore di lavoro, per l’autenticità dei documenti divulgati e la buona fede del ricorrente. È dunque stato necessario operare un bilanciamento degli interessi concorrenti in gioco da parte della Grande Camera, in quanto l'esercizio di bilanciamento dei giudici nazionali non soddisfaceva i requisiti individuati dalla Corte EDU nella presente sentenza, avendo seguito i giudici del Lussemburgo un’interpretazione eccessivamente restrittiva dell'interesse pubblico delle informazioni divulgate e avendo essi preso in considerazione solo il pregiudizio arrecato al datore di lavoro. Invece, l'interesse pubblico alla divulgazione prevale su tutti gli effetti pregiudizievoli, tra cui il furto di dati, la violazione del segreto professionale e il pregiudizio agli interessi privati dei clienti del datore. In conseguenza, appare sproporzionata la natura della condanna penale inflitta.

req. n. 58951/18 e 1308/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

 9 febbraio 2023 (Canal 8 c. Francia)

Art. 10 – Mancata violazione del diritto alla libertà di espressione da parte delle pesanti sanzioni pecuniarie inflitte alla società televisiva C8 dal Conseil supérieur de l'audiovisuel francese a causa del contenuto di sequenze trasmesse nel programma "Touche pas à mon poste", in quanto le sanzioni sono state circondate da adeguate  garanzie procedurali ed erano previste dalla legge, e le sequenze sanzionate erano lesive dell'immagine della donna e idonee a stigmatizzare gli omosessuali e a violarne il diritto alla vita privata, con particolare impatto su un pubblico giovane. La sanzione appare dunque proporzionata, considerati anche i fini solo commerciali del programma televisivo, le ripetute violazioni da parte della società ricorrente dei suoi obblighi etici e l’ampio margine di discrezionalità in capo allo Stato.

req. n. 64937/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

 7 febbraio 2023 (Elvan c. Turchia)

Art. 2 (procedurale) – Violazione del diritto alla vita determinata dalla mancanza di un'indagine efficace sul possibile ruolo del Prefetto e del Direttore della Sicurezza nella morte di un ragazzo di 15 anni a causa di una ferita da lanciagranate durante gli eventi di protesta di Gezi Park, a Istambul, nel 2013.

req. n. 41394/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

 7 febbraio 2023 (Jovanović c. Serbia)

Art. 1 P. 12 e Art. 6 – Violazione del divieto di discriminazione e del diritto a un’equa udienza e a un equo processo a causa del comportamento ingiustificato del giudice che impedisce all'avvocato di utilizzare la variante “Ijekavian” o “fiumana” della lingua serbo-croata (maggioritaria in Croazia ma riconosciuta nello Stato serbo) e consente invece l'uso del serbo “ekaviano”, nonostante la parità di status ufficiale di entrambe le varianti. La Corte rileva in specie la mancanza di un’adeguata motivazione da parte della Corte costituzionale serba nel rifiutare di trattare il ricorso del ricorrente.

req. n. 76888/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

31 gennaio 2023 (Y. c. Francia)

Art. 8 – Mancata violazione degli obblighi positivi ricollegati al diritto al rispetto della vita privata e famigliare in conseguenza del rifiuto delle autorità nazionali d’inserire nel certificato di nascita di una persona intersessuale la dicitura "neutro" o "intersessuale" al posto di "maschio". La Corte riconosce che anche se la discrepanza tra l'identità biologica e quella giuridica del richiedente è fonte per lui di sofferenza e ansia, dal punto di vista del suo diritto all’identità personale, assumono rilevanza al contempo gli argomenti d’interesse pubblico portati dallo Stato, ossia il principio d’indisponibilità dello stato civile, nonché la necessità di preservare la certezza e l’affidabilità dei registri di stato civile e degli attuali assetti legislativi e sociali vigenti in Francia, in quanto costruiti a partire da una concezione binaria dei sessi (“de la binarité des sexes”). In mancanza di un consenso europeo sul punto, la Corte rileva come la questione appartiene al novero di quelle rispetto alle quali le opinioni ragionevoli possono differire ampiamente entro una società democratica e spetta alla società stessa di compiere una scelta, con conseguente ampio margine di apprezzamento per lo Stato. La Corte ritiene dunque che la decisione su quanto velocemente e in che misura rispondere alle richieste di stato civile delle persone intersessuali rientri nella discrezionalità dello Stato convenuto, pur tenendo conto della difficile situazione di questa categoria di persone.

req. n. 61435/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

23 gennaio 2023 (Macatė c. Lituania)

Art. 10   Violazione della libertà di espressione a causa della sospensione temporanea di un libro di favole per bambini che raffigura relazioni tra persone dello stesso sesso e successiva etichettatura come dannoso per i minori di 14 anni. Si tratta infatti di un libro che non promuove relazioni tra persone dello stesso sesso a scapito di relazioni tra persone di sesso diverso né “insulta, degrada o sminuisce” queste ultime. Le misure impugnate non perseguono alcuno scopo legittimo ai sensi dell'articolo 10, par. 2, nella misura in cui cercano di limitare l'accesso dei minori alle informazioni che descrivono le relazioni tra persone dello stesso sesso come essenzialmente equivalenti a quelle tra persone di sesso diverso. La Corte ricorda come l'uguaglianza e il rispetto reciproco per le persone di diverso orientamento sessuale siano insiti nell'intero tessuto della Convenzione. La Corte chiarisce che, ai sensi della Convenzione, le restrizioni all'accesso dei minori alle informazioni sulle relazioni tra persone dello stesso sesso, basate unicamente su considerazioni di orientamento sessuale, sono incompatibili con le nozioni di uguaglianza, pluralismo e tolleranza insite in una società democratica.

req. n. 24203/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

19 gennaio 2023 (Pagerie c. Francia)

Art. 2 P. 4 – Mancata violazione della libertà di movimento nel caso dell’obbligo di permanenza domiciliare preventiva (“assignation à résidence préventive”) di un islamista radicalizzato, in quanto la misura, protrattasi per tredici mesi durante lo stato di emergenza (“état d’urgence”) successivo agli attentati terroristici del 2015, è stata circondata da sufficienti garanzie procedurali. La Corte riconosce l’intensità della misura amministrativa in oggetto, che assommava un coprifuoco notturno e l'obbligo di presentarsi tre volte al giorno alla polizia, pena l'incarcerazione, ma ritiene che la legge francese sull’“état d’urgence” stabilisca con sufficiente chiarezza lo scopo e i modi d’esercizio del potere del Ministro dell’Interno e garantisca comunque un controllo giurisdizionale effettivo contro il rischio d’arbitrarietà e abusi. Inoltre, vi è stata nel caso di specie una verifica periodica della necessità della misura da parte della stessa amministrazione. Dunque, la misura è da considerarsi proporzionata e non ha impedito la vita sociale e le relazioni con il mondo esterno del ricorrente.

req. n. 26879/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

 17 gennaio 2023 (Minasian e altri c. Repubblica di Moldavia)

Art.  5 § 1 e § 4 – Violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza causata dalla detenzione di figli minori che abbiano accompagnato la madre, migrante irregolare e soggetto di provvedimento di espulsione, in detenzione. La detenzione in sé è da considerare rispettosa dei criteri convenzionali di legalità, ma la Corte censura invece la mancata verifica da parte dei tribunali nazionali del carattere di ultima istanza della misura della detenzione dei minori e la mancata verifica del fatto che il centro di detenzione fosse o meno appropriato per ospitare famiglie con figli minori, vista anche l’impossibilità per i minori di contestare la legittimità della loro detenzione.

req. n. 8964/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

17 gennaio 2023 (Axel Springer SE c. Germania)

Art. 10 – Mancata violazione della libertà di espressione da parte di un ordine giustificato e proporzionato del tribunale alla società ricorrente, una casa editrice, di pubblicare la risposta di un funzionario politico interessato ad un suo articolo di giornale al fine di rettificare un'inesattezza fattuale, dal momento che la valutazione del giudice nazionale risulta ben motivata e che tiene in debito conto la giurisprudenza della Corte.

req. nn. 40792/10, 30538/14 e 43439/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

17 gennaio 2023 (Fedotova e altri c. Russia)

Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi collegati alla tutela della vita privata e famigliare determinata dall’assenza di qualsiasi forma di riconoscimento giuridico e di protezione per le coppie dello stesso sesso. La Corte conferma l’obbligo positivo di fornire un quadro giuridico che garantisca a tali coppie un riconoscimento e una protezione adeguati, facendo riferimento al fatto che i precedenti giurisprudenziali della Corte sono consolidati da una chiara tendenza in atto nelle legislazioni della maggioranza degli Stati contraenti e da posizioni convergenti di vari organismi internazionali. Nell’ambito della tutela delle minoranze omosessuali entro gli Stati membri, la Corte ritiene che il margine di apprezzamento sia ridotto per la fornitura di un qualche quadro giuridico e più ampio per la determinazione dell'esatta natura della forma di riconoscimento e del contenuto della protezione. Non è infatti richiesta la forma del matrimonio. Tuttavia, i motivi di interesse pubblico addotti dallo Stato (nella specie, le preferenze espresse dalla maggioranza) non prevalgono sugli interessi dei richiedenti e il margine di apprezzamento è stato oltrepassato nel caso di specie.

req. n. 7286/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

12 gennaio 2023 (Potoczká e Adamčo c. Slovacchia)

Art. 8 e Art. 13 – Violazione del diritto al rispetto della vita privata e della corrispondenza da parte del mandato del tribunale che autorizza le intercettazioni telefoniche durante un procedimento penale senza motivazione e in modo non conforme allo stesso diritto interno, in mancanza di un ricorso effettivo a tutela del diritto leso.

req. nn. 27276/15 e 33692/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

12 gennaio 2023 (Ovcharenko and Kolos c. Ucraina)

Art. 8 e Art. 6 – Violazione del diritto a un equo processo e del diritto al rispetto della vita privata a causa del licenziamento, dopo i rivolgimenti politici del 2014, di due giudici della Corte costituzionale ucraina per aver partecipato a una sentenza del 2010 ritenuta discutibile (“debatable) e che aveva dichiarato l’incostituzionalità degli emendamenti costituzionali approvati dal Parlamento ucraino nel 2004, a causa di vizi procedurali. La Corte EDU censura l’avvenuta rimozione perché disposta senza che vi sia stata una chiara interpretazione dell'imputata "violazione del giuramento" e della portata dell’immunità funzionale dei giudici. La Corte rileva inoltre come dopo la propria decisione precedente Oleksandr Volkov c. Ucraina (del gennaio 2013) non sia intervenuta nessuna modifica legislativa per portare a una maggiore prevedibilità nei procedimenti contro i giudici per “violazione del giuramento”, sottolineando che è richiesta la massima cautela e che una motivazione dettagliata è cruciale quando i giudici costituzionali sono licenziati dal Parlamento. L'uso di poteri discrezionali da parte delle autorità nazionali mina la certezza del diritto e non è giustificato dal contesto di proteste massicce e da un cambiamento straordinario del potere dello Stato, eventi avvenuti in Ucraina a inizio 2014. Si rileva inoltre come vi sia stato un inadeguato controllo giudiziario, senza una risposta elaborata sulle questioni cruciali, a fronte di una chiara tendenza europea verso la necessità di motivi rigorosi e ristretti per sanzionare i giudici costituzionali. In termini generali e nell’ambito dei giudizi sui giudici nazionali, la Corte traccia poi la necessità di operare una distinzione tra un'interpretazione o un'applicazione discutibile della legge, da un lato, e una violazione grave e flagrante della legge, l'arbitrarietà, una grave distorsione dei fatti o un'evidente mancanza di base giuridica per un provvedimento giudiziario, dall'altro. Inoltre, le decisioni riguardanti la responsabilità dei giudici richiedono sempre l'esame dell'elemento psicologico dietro la presunta cattiva condotta e la conseguente distinzione tra un errore del giudice fatto in buona o in cattiva fede.

req. n. 15389/22

Corte europea dei diritti dell’uomo (Misura provvisoria)

21 dicembre 2022 (Armenia c. Azerbaigian n. 4)

Art. 39 del Regolamento della Corte EDU –   Nell’ambito del contezioso intra-statale tra Armenia e Azerbaigian, che si prolunga dal riaccendersi delle ostilità tra i due Stati intorno alla regione separatista del Nagoro-Karbakh, la Corte si è nuovamente pronunciata - in via provvisoria ex art. 39 del Regolamento - richiedendo al Governo dell’Azerbaigian di adottare tutte le misure, nella sua sfera di competenza domestica secondo il diritto internazionale (within their jurisdiction), per garantire un passaggio sicuro attraverso il “Corridoio di Lachin”, che collega Nagoro-Karabakh e Armenia, alle persone gravemente malate che necessitano di cure mediche in Armenia e alle altre persone che sono rimaste bloccate sulla strada senza un riparo o mezzi di sussistenza. La Corte fa riferimento, oltre alla Convenzione, agli impegni assunti dall’Azerbaigian ai sensi dell'art. 6 della Dichiarazione Trilaterale siglata il 9 novembre 2020.

req. n. 31012/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

20 dicembre 2022 (Bakoyanni  c. Grecia)

Art.  6 – Violazione del diritto a un equo processo in conseguenza del rifiuto del Parlamento greco di revocare l’immunità di un ministro dinnanzi all’azione penale intentata contro di lui su iniziativa della ricorrente, membro del Parlamento, per presunta diffamazione. La Corte rileva in primo luogo che il rimedio specifico richiesto dalla ricorrente per tutelare il suo diritto civile alla reputazione, attraverso la pubblicazione sui giornali di qualsiasi futura sentenza in caso di condanna del ministro, è possibile solo nell’ambito di un procedimento penale. La Corte rileva poi la mancanza di un chiaro collegamento tra il presunto comportamento del ministro e le sue attività parlamentari o ministeriali, con conseguente lesione dell’essenza stessa del diritto di accesso al tribunale della ricorrente.

req. n. 63539/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

20 dicembre 2022 (Zemmour c. France)

Art. 10 – Mancata violazione del diritto alla libertà di espressione in conseguenza di una condanna penale e di un’ammenda per incitamento alla discriminazione e all’odio religioso nei confronti della comunità musulmana francese, pronunciate a seguito di osservazioni formulate dal ricorrente (noto giornalista e, in seguito, politico francese) nel 2016, nel corso di un programma televisivo e nel contesto degli attentati terroristici del 2015. La Corte ritiene le dichiarazioni del ricorrente non sufficienti a dimostrare in modo immediato il loro essere dirette alla distruzione dei diritti e delle libertà sanciti dalla Convenzione (rispetto alla popolazione musulmana francese); inoltre, le affermazioni incriminate si sono svolte in un dibattito d’interesse pubblico. Tuttavia, la Corte fa riferimento all’ampio margine di apprezzamento riservato allo Stato in casi come quello in oggetto, dal momento che discorsi di incitamento all’odio come quello del ricorrente non godono di una protezione rinforzata sotto l’art. 10 e che sono stati pronunciati da una persona e in un contesto tali da accrescerne la diffusione. La Corte rileva poi la presenza, nella decisione dei giudici nazionali, di una motivazione sufficiente e pertinente, anche se non espressamente fondata sull’articolo 10, e il fatto che la pena inflitta vada considerata come non eccessiva.

req. n. 11/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

15 dicembre 2022 (Olivares Zúñiga c. Spagna)

Art. 6 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso di Amparo in relazione al requisito imprevedibile del previo esperimento di altro ricorso.

req. n. 21164/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

15 dicembre 2022 (Rutar e Rutar Marketing D.O.O. c. Slovenia)

Art. 6 – Violazione del diritto a un equo processo causata dalla mancata motivazione da parte del giudice nazionale del rifiuto di accogliere la domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea presentata dal ricorrente.

req. n. 417/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

13 dicembre 2022 (RTBF. c. Belgio)

Art. 10 – Violazione della libertà di espressione in un caso di condanna in sede civile di un’emittente radio-televisiva per aver questa violato i diritti alla privacy e alla presunzione di innocenza di due persone attraverso la diffusione di una notizia sul loro comportamento sospetto relativo a possibili abusi sessuali su minori. La Corte ritiene la motivazione della decisione statale pertinente ma insufficiente, a fronte dell’assenza di un ragionevole rapporto di proporzionalità, e questo nonostante la riconosciuta leggerezza della sanzione inflitta.

req. n. 26968/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

13 dicembre 2022 (Florindo de Almeida Vasconcelos Gramaxo c. Portogallo)

Art. 8 e Art. 6 – Mancata violazione del diritto al rispetto della vita privata in conseguenza del licenziamento disposto sulla base dei dati raccolti grazie a un GPS installato dal datore di lavoro per misurare i chilometri percorsi con l’auto aziendale dal ricorrente. Pur considerando in astratto applicabile l’Art. 8, la Corte riconosce, da un lato, l’esistenza di un quadro normativo statale a tutela dei lavoratori, dall’altro, l’assenza di un precedente ricorso giurisdizionale, da parte dell’attuale ricorrente, in merito all’installazione del dispositivo GPS, a lui già nota.  Inoltre, il Tribunale portoghese di ultima istanza ha ridotto la portata dell’intrusione nella vita privata limitandola ai dati strettamente necessari per il fine legittimo perseguito dall’azienda (controllo delle spese), compiendo una ponderazione dettagliata dei diritti concorrenti in gioco, in conformità alla giurisprudenza della Corte. Il margine di apprezzamento non è stato perciò superato.

Mancata violazione al diritto a un equo processo nel corso del procedimento di contestazione dei motivi di licenziamento, in quanto esso non risulta viziato dall’utilizzo esclusivo dei dati di geolocalizzazione legale come prova, infatti altri mezzi di prova sono stati presi in considerazione, nel rispetto dei diritti della difesa. Perciò la sentenza, emessa al termine di un procedimento in contraddittorio e motivata in fatto e in diritto, non è arbitraria né manifestamente irragionevole.

Un’opinione dissenziente comune a tre giudici è annessa al giudizio.

req. n. 42010/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

8 dicembre 2022 (Yakovlyev c. Ucraina)

Art. 3  Violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti in un caso di alimentazione forzata di un detenuto in sciopero della fame per protestare contro il regime carcerario a cui era sottoposto. La Corte ritiene la necessità medica dell’alimentazione forzata non dimostrata in modo convincente, a fronte di garanzie procedurali insufficienti a causa dell’assenza di norme giuridiche e dell’inefficacia del controllo giudiziario. Per la Corte, la risposta dello Stato alle proteste pare essere limitata all’alimentazione forzata dei detenuti, a fronte della necessità di indagare le ragioni alla base delle proteste dei detenuti e di garantire una risposta significativa alle loro denunce, essenziale per un esame e una gestione adeguati della situazione.

req. n.  34349/18, 34638/18 et 35047/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

8 dicembre 2022 (M.K. e altri c. Francia)

Art. 6 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale in conseguenza del rifiuto delle autorità amministrative di eseguire le ordinanze provvisorie di un giudice amministrativo che impongono allo Stato di fornire un alloggio d’emergenza ai richiedenti asilo e ai loro figli. La Corte ritiene che l’Art. 6 § 1 sia applicabile alla concessione e al rifiuto di un posto in un alloggio d’emergenza, nella misura in cui questo costituisce un diritto civile. Si rileva poi la completa passività delle autorità amministrative, nonostante il fatto che le ordinanze fossero il risultato di una procedura d’emergenza, mentre la presa in carico dei ricorrenti è avvenuta solo a seguito delle misure provvisorie pronunciate dalla Corte europea.

req. n. 39471/22, n. 39477/22 e n. 44068/22

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

6 dicembre 2022 (Leszczyńska-Furtak e altri c. Polonia)

Art.  39 del Regolamento della Corte EDU – In un caso concernente il trasferimento di Sezione di tre giudici polacchi, per motivi disciplinari e potenzialmente ricollegabile alle recenti riforme del sistema giudiziario in Polonia, la Corte dispone in via provvisoria che lo Stato sospenda il trasferimento dei ricorrenti fintanto che la Corte non abbia deliberato sul merito dei ricorsi.

req. n. 27122/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

6 dicembre 2022 (Spasov c. Romania)

Art. 6 e Art. 1 Prot. 1 – Violazione del diritto a un equo processo in conseguenza di una condanna penale basata su disposizioni del diritto nazionale manifestamente contrarie a norme dell’U.E. prevalenti sulle prime e direttamente applicabili. La Corte giudica che la mancata considerazione della prevalenza del diritto euro-unitario dia luogo a un errore manifesto di diritto che comporta un diniego di giustizia

La confisca del valore e il divieto temporaneo di pesca nella zona economica esclusiva rumena, in quanto conseguenti a una condanna penale contraria al diritto dell’Unione Europea e perciò priva di base legale, integrano anche una violazione dell’Art. 1 Prot. 1 della Convezione.

req. n. 25212/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

6 dicembre 2022 (K.K. e altri c. Danimarca)

Art. 8 – Affrontando diversi profili in un caso nel quale ricorrenti erano congiuntamente dei minori nati all’estero tramite maternità surrogata e moglie del loro padre genetico - alla quale era stato concesso l’affidamento congiunto ma non l’adozione, in conformità con il divieto posto dalla legge danese per l’ipotesi di versamento di un qualsiasi tipo di corrispettivo economico volto a ottenere l’adozione - la Corte non rinviene violazioni dell’Art. 8 né sotto il profilo del rispetto della vita famigliare, in quanto nel caso di specie non vi è stato nessun ostacolo al godimento di tale diritto da parte di tutti i ricorrenti, né sotto il profilo del rispetto della vita privata della ricorrente madre intenzionale, in ragione della legittima prevalenza degli interessi pubblici in gioco.

Invece, la Corte giudica che via sia stata violazione dell’Art. 8 sotto il profilo del rispetto della vita privata dei minori ricorrenti a causa del rifiuto di consentire l’adozione da parte della moglie del loro padre genetico, nonostante l’assenza di altre possibilità di riconoscimento di un rapporto giuridico genitore-figlio nell’ordinamento statale. La Corte riconosce in particolare l’impatto negativo che sul diritto dei bambini al rispetto della loro vita privata ha l’incertezza giuridica sulla loro identità all’interno della società, non risultando le soluzioni previste dalla legge danese sufficienti a compensare il rifiuto dell’adozione del figlio del partner (stepchild adoption), da ciò derivando il mancato raggiungimento di un giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti in gioco.

Un’opinione dissenziente è annessa al giudizio.

req. n. 39859/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

6 dicembre 2022 (Pannon Plakát Kft e altri c. Ungheria)

Art. 34 e Art. 1 Prot. 1 – Chiarendo i limiti entro i quali si applica lo status di “vittima” ai sensi dell’Art. 34, la Corte rimarca come il diritto di petizione individuale non sia un diritto proprietario e non sia come tale trasferibile.

La Corte rinviene una violazione del diritto al rispetto del godimento pacifico dei propri beni, nella forma di un eccessivo controllo dell’uso della proprietà, in conseguenza dello sproporzionato divieto legale di affissioni pubblicitarie stradali al di fuori dei centri abitati, che ha causato l’estinzione di una parte sostanziale delle attività delle società ricorrenti. Pur essendo legittimo l’obiettivo della sicurezza del traffico stradale e ampio il margine d’apprezzamento dello Stato in materia, la misura impugnata si caratterizza per la sua natura inattesa e in parte retroattiva, risultando il periodo transitorio molto breve e insufficiente per consentire un’adeguata riorganizzazione delle società ricorrenti a fronte del repentino venir meno di un’importante fonte di entrate, in assenza di un regime di compensazione, da tali elementi derivando un onere eccessivo imposto ai ricorrenti, che oltrepassa il margine d’apprezzamento.

La Corte riconosce congiuntamente un danno patrimoniale e non patrimoniale per la perdita di opportunità economica e per la frustrazione subita a causa dell’interferenza legislativa.

req. n. 57864/17, 79087/17 e 55353/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

 1 dicembre 2022 (A.D. e altri c. Georgia)

Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi di tutela della vita privata in un caso di impossibilità per i ricorrenti, uomini transgender, di ottenere il riconoscimento legale del proprio genere senza sottoporsi a procedure mediche per cambiare le proprie caratteristiche sessuali, a causa dell’imprecisione del quadro giuridico e della mancanza di procedure rapide, trasparenti e accessibili per il riconoscimento legale del genere da parte delle autorità nazionali.

req. n. 80450/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

 29 novembre 2022 (Godenau c. Germania)

Art. 10 – Mancata violazione della libertà di espressione a seguito dell’inserimento della ricorrente in un elenco interno regionale di insegnanti ritenuti non idonei alla nomina nelle scuole pubbliche a causa di dubbi sulla sua fedeltà alla Costituzione, per i legami con movimenti di estrema destra. La Corte chiarisce come il caso vada distinto dal precedente Vogt c. Germania, giacché la decisione esaminata nel caso odierno è stata basata su motivi pertinenti e sufficienti, mentre la limitata gravità della misura impugnata non impedisce l’assunzione della ricorrente come insegnante in un altro Land tedesco o in una scuola privata. Non si riscontra nessun grave effetto negativo sulla reputazione della ricorrente a causa della limitata accessibilità dell’elenco e la ricorrente ha potuto beneficiare di garanzie procedurali sufficienti. Il margine di apprezzamento dello Stato non è stato oltrepassato.

req. nn. 58817/15 e 58252/15 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

 22 novembre 2022 (D.B. e altri c. Svizzera)

Art. 8 – Violazione del diritto al rispetto della vita privata del minore nel caso di non riconoscimento prolungato della filiazione tra un bambino nato da maternità surrogata per contratto all’estero e il partner registrato intenzionale del padre genetico. La Corte europea ha applicato al caso di specie, pur in presenza di un’unione civile registrata tra partner dello stesso sesso (‘partenaire enregistré), i medesimi principi giurisprudenziali relativi ai bambini nati da maternità surrogata con genitori di sesso diverso, uniti da un rapporto di matrimonio. La Corte censura il mancato perseguimento dell’interesse superiore del bambino da parte dell’ordinamento dello Stato, con un’interferenza sproporzionata con il diritto del minore al rispetto della sua vita privata. La Corte riscontra come l’adozione del figlio di un partner registrato sia stata prevista tardivamente dal legislatore elvetico, con superamento del margine di apprezzamento dello Stato.

La Corte ha ritenuto invece che la vita familiare di entrambi i genitori non sia stata significativamente compromessa, escludendo una lesione dell’Art. 8 nei loro confronti.

Opinioni concorrenti e dissenzienti sono annesse al giudizio.

req. n. 44394/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

 22 novembre 2022 (G.M. e altri c. la Repubblica di Moldavia)

Art. 3 – Violazione del divieto di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti, sia sotto il profilo procedurale che sostanziale, causata, sotto il profilo procedurale, dall’inefficacia dell’indagine sulle accuse di aborti forzati e contraccezione forzata dopo uno stupro da parte di un medico in un manicomio residenziale neuropsichiatrico di tre ricorrenti con disabilità intellettiva. Sotto il profilo sostanziale e degli obblighi positivi dello Stato, la violazione dell’Art. 3 è stata ricollegata alla mancata istituzione e applicazione effettiva da parte dello Stato convenuto di un sistema di protezione delle donne con disabilità intellettiva ricoverate in istituti psichiatrici contro gravi violazioni della loro integrità. Il quadro giuridico interno è infatti privo di adeguate garanzie per ottenere un valido e libero consenso da parte delle donne con disabilità intellettiva e vi è un’inadeguata legislazione penale e una generale mancanza di meccanismi per prevenire gli abusi. La Corte statuisce dunque che vi sia stata una mancata protezione dell’integrità fisica delle richiedenti dall’aborto non consensuale e, per quanto riguarda la prima richiedente, anche dalla contraccezione forzata.

req. nn. 49636/14, 65678/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

10 novembre 2022 (Bakirdzi e E.C. c. Ungheria)

Art.  3 P.1 e Art. 14 – Violazione del diritto a libere elezioni, in congiunzione con il divieto di discriminazione, a causa delle carenze del sistema di voto per le minoranze nazionali in Ungheria, tali da incidere sulla segretezza del voto e sulla libertà di scelta degli elettori e tali da precludere a un candidato delle minoranze nazionali la possibilità di conquistare un seggio in Parlamento. Con riferimento alla regola che impone al candidato di una minoranza nazionale di essere appoggiato dagli elettori della stessa minoranza, la Corte sottolinea in particolare l’impossibilità per il candidato di ottenere un seggio quando il numero totale di elettori della stessa minoranza è inferiore alla soglia elettorale preferenziale fissata dalla legge. La Corte censura poi la possibilità per gli elettori di una minoranza nazionale di votare solo per le rispettive liste di minoranza nazionale e non per le liste dei partiti politici e rileva inoltre la possibilità che la scelta elettorale di un elettore di una minoranza nazionale sia indirettamente rivelata a tutti. Secondo la Corte il sistema, dunque, limita l’opportunità degli elettori delle minoranze nazionali di migliorare la loro efficacia politica come gruppo e minaccia di ridurre la diversità e la partecipazione delle minoranze al processo politico.

req. n. 22854/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

3 novembre 2022 (Sanchez-Sanchez c. Regno Unito)

Art.   3 – Mancata violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti in conseguenza dell’estradizione di un cittadino messicano dal Regno Unito agli Stati Uniti, per la mancanza di prove che dimostrino un rischio reale di condanna all’ergastolo senza condizionale del ricorrente.

La Corte aggiorna la propria giurisprudenza sull’estradizione, chiarendo come gli Stati contraenti non possono essere ritenuti responsabili, ai sensi della Convenzione, per le carenze del sistema di uno Stato terzo, se valutate alla luce dell’intero standard stabilito nella sentenza Vinter e Altri c. Regno Unito, trattandosi in quel caso di una decisione riferita alla giurisdizione interna agli Stati contraenti, e non all’estradizione in uno Stato terzo.

La Corte supera la propria precedente sentenza Trabelsi c. Belgio e chiarisce come, nell’ambito di un’estradizione qual è quella sottoposta al suo giudizio, laddove il ricorrente non è stato condannato ma deve ancora essere sottoposto a giudizio, la disponibilità di garanzie procedurali per i "detenuti a vita" nello Stato richiedente non è un prerequisito per il rispetto dell’Art. 3 da parte dello Stato Contraente di invio.

La Corte adatta un approccio in due fasi (“adapted two-stage approach”) sviluppato per i casi di estradizione, consistente in  1) Una prima fase in cui si deve valutare se il richiedente ha prodotto prove in grado di dimostrare l’esistenza di motivi sostanziali per ritenere che, in caso di condanna, vi sia un rischio reale di ergastolo senza condizionale. 2) Una seconda fase in cui si deve valutare se, a partire dal momento della condanna, esiste un meccanismo di revisione che consenta alle autorità nazionali di prendere in considerazione i progressi del detenuto verso la riabilitazione, o qualsiasi altro motivo di scarcerazione basato sul suo comportamento o su altre circostanze personali rilevanti.

Nel caso di specie il ricorrente non ha fornito elementi tali da far ritenere di correre un rischio reale, negli Stati Uniti, di subire una condanna obbligatoria all’ergastolo senza condizionale.

req. n. 9487/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

3 novembre 2022 (Mamaladze c. Georgia)

Art. 6 e Art. 35 – Nell’ambito della condanna di un arciprete per la preparazione dell’omicidio del segretario personale del Patriarca, la Corte non riscontra una violazione del diritto a un equo processo nel modo in cui sono state ottenute e utilizzate le prove.

Vi è stata invece una violazione del diritto alla pubblicità del processo, a causa della decisione di svolgere sia il giudizio di primo grado che quello di appello a porte chiuse, per via della non considerazione dell’impatto negativo della chiusura totale sulla fiducia generale nella corretta amministrazione della giustizia e della mancata considerazione dell’opportunità di misure meno restrittive, senza che vi sia stato un adeguato bilanciamento.

La Corte riscontra poi una violazione della presunzione di innocenza a causa della combinazione di dichiarazioni pubbliche da parte di funzionari pubblici e autorità inquirenti, della diffusione del materiale del fascicolo sui media e dell’applicazione non uniforme dell’obbligo di non divulgazione (“non-disclosure obligation”), consentendo al testimone principale di formulare accuse pubbliche.

In punto di ammissibilità ai sensi dell’Art. 35 e in merito all’esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte ritiene fondato, in astratto, il rilievo dello Stato sul mancato esperimento da parte del ricorrente di un’azione civile di diffamazione, ma ritiene che, nel caso di specie, non ci si possa aspettare che il ricorrente intraprenda un’azione civile, in quanto la violazione della presunzione di innocenza è legata alla violazione del principio di pubblicità. Nel caso di specie, la presunzione di innocenza è cioè vista come una garanzia procedurale nel contesto dello stesso processo penale, con conseguente esclusione della necessità di esperire anche l’azione civile di diffamazione prima di poter adire la Corte.

req. n. 49812/09

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

3 novembre 2022 (Vegotex international S.A. c. Belgio)

Art. 6 – Mancata violazione del diritto a un equo processo nel caso del debito fiscale prescritto per effetto retroattivo di una nuova giurisprudenza ma successivamente ripristinato, a controversia ancora in corso, da una normativa retroattiva ma prevedibile, che ha ripristinato la certezza del diritto. 

La Corte chiarisce la propria posizione in ordine all’applicabilità in un caso fiscale dei principi giurisprudenziali in materia di legislazione retroattiva che influisce sulla determinazione giudiziaria di una controversia in cui lo Stato è parte. Al riguardo, la Corte chiarisce che le garanzie dell’Art. 6 della Convenzione non si applicano con tutta la loro forza alla materia fiscale, che esula dal nocciolo duro del diritto penale. Il giudice sovranazionale fornisce poi dei criteri per la valutazione del carattere imperativo delle pertinenti ragioni di diritto qualificate come di interesse generale (“relevant grounds of general interest”).

La Corte statuisce che, nel caso di specie, non vi è stata violazione del diritto di accesso al tribunale, del principio del contraddittorio e del principio della parità delle armi; la Corte rileva però una violazione del diritto all’equità del processo a causa dell’eccessiva durata del procedimento, pari a più di tredici anni.

req. n. 59227/12

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

3 novembre 2022 (Loste c. Francia)

Art.  13, Art. 3 e Art. 9. – Violazione del diritto a un ricorso effettivo determinata dall’inefficacia dell’azione risarcitoria, causata dall’eccessivo formalismo dei tribunali amministrativi nazionali nell’applicazione delle norme sulla decadenza quadriennale dei diritti fatti valere in giudizio e dalla mancata considerazione del fatto che solo dopo la decadenza del termine la ricorrente aveva avuto pieno accesso ai documenti atti a provare la responsabilità dell’amministrazione nei suoi confronti.

La Corte rileva inoltre una violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti, sotto il profilo degli obblighi positivi dello Stato, per l’aver le autorità nazionali omesso di proteggere la ricorrente per dodici anni dai maltrattamenti subiti durante il suo collocamento in una famiglia affidataria, con conseguente mancata attuazione delle misure preventive previste dalla legge allo scopo d’individuare il rischio di maltrattamenti del minore.

La Corte rileva, da ultimo, una violazione degli obblighi positivi collegati al diritto di libertà di religione, per non aver le autorità nazionali adottato le misure necessarie affinché la famiglia affidataria rispettasse la clausola di neutralità religiosa, in base alla quale si era impegnata a rispettare le opinioni religiose della bambina e della sua famiglia di origine musulmana, lasciando di conseguenza che la minore fosse esposta al proselitismo dei coniugi affidatari, membri dei Testimoni di Geova.

req. n. 32314/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

3 novembre 2022 (Dahan c. Francia)

Art. 6   Mancata violazione del diritto a un equo processo nel ricorso amministrativo (ricorso per "excès de pouvoir") che ha portato il Consiglio di Stato francese a esercitare, nell’ambito di una piena giurisdizione (“plénitude de juridiction”), un controllo sufficientemente ampio sul procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente, l’ambasciatore Dahan. La Corte ritiene che il Consiglio di Stato abbia condotto uno scrutinio completo, discostandosi dalla propria precedente giurisprudenza ed esaminando anche la proporzionalità della sanzione del prepensionamento obbligatorio inflitta al ricorrente.

req. nn. 6319/21 345/21, 6321/21 e 9227/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

18 ottobre 2022 (Fabbri e altri c. San Marino)

Art. 6 – Violazione del diritto di accesso a un tribunale a causa dell’impossibilità per i ricorrenti, parti lese in un procedimento penale, di ottenere l’accertamento delle loro pretese civili come previsto dalla legge, per la totale inattività delle autorità giudiziarie, che ha portato alla prescrizione dell’azione penale.

req. n. 22636/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

13 ottobre 2022 (Bouton c. Francia)

Art.  10 – Violazione del diritto alla libertà di espressione in conseguenza dell’irrogazione di una pena detentiva, sospesa, per esibizione sessuale in relazione a un’esibizione di un’attivista del gruppo “Femen” a torso nudo in una chiesa, volta a denunciare la posizione della Chiesa cattolica sull’aborto, in quanto in materia di libertà di espressione il margine di apprezzamento dello Stato è attenuato e vi è stata nel caso di specie una ponderazione inadeguata degli interessi in gioco, non conforme ai criteri stabiliti dalla Corte e con l’attribuzione di una pena sproporzionata.

req. n. 78630/12

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

11 ottobre 2022 (Beeler c. Svizzera)

Art. 14 e Art. 8 – Violazione del diritto al rispetto della vita famigliare in conseguenza del trattamento discriminatorio di un vedovo, che si occupa a tempo pieno dei figli, con la soppressione della sua pensione di reversibilità quando il figlio minore ha raggiunto l’età adulta, mentre in situazioni analoghe le vedove continuano a ricevere la pensione. La Corte chiarisce i criteri che specificano o circoscrivono le prestazioni sociali che rientrano nell’ambito dell’Art. 8, richiamando la decisione Konstantin Markin c. Russia (Grande Camera), includendovi la prestazione in questione, in quanto mira a promuovere la vita familiare e incide necessariamente sulle modalità di organizzazione della vita familiare del ricorrente. Le norme nazionali che disciplinano la pensione di reversibilità risultano basate su considerazioni e ipotesi superate, dal momento che il ritorno al mercato del lavoro è ugualmente difficile per entrambi i sessi all’età del ricorrente e dopo diversi anni senza lavoro, mentre non c’è nessuna indicazione che la cessazione della pensione abbia un impatto minore sul ricorrente rispetto a una vedova in una situazione analoga. In questo caso resta dunque allo Stato un margine di apprezzamento ristretto, in assenza di "ragioni molto forti" o "particolarmente importanti e convincenti" che giustifichino la differenza di trattamento in base al sesso.

req. n. 29443/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

11 ottobre 2022 (Constantin-Lucian Spînu c. Romania)

Art.  9 – Mancata violazione del diritto alla libertà di religione per il rifiuto specifico, a causa della pandemia da Covid-19, di consentire a un detenuto di partecipare al culto nella sua chiesa d’appartenenza all’esterno del carcere, considerati il carattere imprevedibile e senza precedenti della crisi sanitaria e il conseguente ampio margine di apprezzamento dello Stato nel farvi fronte, nonché gli sforzi ragionevoli delle autorità nazionali per controbilanciare le restrizioni, con considerazione da parte delle autorità penitenziarie della situazione individuale del ricorrente e dell’evoluzione della crisi sanitaria.

req. n. 37610/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

6 ottobre 2022 (Liu c. Polonia)

Art. 3 e Art. 5 – Violazione del divieto di tortura in conseguenza della proposta di estradizione del ricorrente verso la Cina, dove egli correrebbe un rischio reale di maltrattamenti durante la detenzione, come da lui stesso affermato senza che le autorità nazionali esaminassero con la dovuta attenzione le allegazioni credibili e coerenti di gravi abusi, equiparati a una situazione generale di violenza nelle carceri cinesi, e dovendo in questo caso prevalere il beneficio del dubbio concesso al richiedente protezione, specie di fronte ad assicurazioni informali dalla Cina che offrono garanzie insufficienti. La Corte rinviene inoltre una violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza della detenzione illegale dovuta a ritardi ingiustificati nel procedimento.

req. n. 35599/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

6 ottobre 2022 (Juszczyszyn c. Polonia)

Art. 6, Art. 8 e Art. 18 – Violazione del diritto a un equo processo per le gravi irregolarità nella nomina dei giudici della Camera disciplinare della Corte Suprema polacca, di recente istituzione, che ha sospeso un giudice dalle sue funzioni per l’aver questi cercato di verificare l’indipendenza di un altro giudice nominato su raccomandazione del Consiglio nazionale della magistratura (NCJ), da poco riformato. Nel caso di specie, l’essenza stessa del diritto a un "tribunale istituito dalla legge" è compromessa, in quanto sono compromesse l’indipendenza e l’imparzialità della Camera disciplinare; la Corte procede dunque all’applicazione dei criteri seguiti nel precedente Reczkowicz c. Polonia, alla luce del test in tre fasi formulato in Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (Grande Camera).

La Corte ritiene vi sia stata anche una violazione del diritto alla vita privata del ricorrente, per l’imprevedibilità della sua sospensione, avvenuta in relazione all’emissione di una decisione giudiziaria e basata su un’applicazione manifestamente irragionevole della legge, da parte di un organo che non è "un tribunale istituito dalla legge". Vi è stata dunque una restrizione ai diritti della Convenzione per scopi non autorizzati dalla stessa, con violazione dell’Art. 18 da parte delle misure disciplinari che hanno portato alla sospensione del ricorrente al fine di sanzionare e dissuadere quest’ultimo dal verificare la legittimità della nomina di giudici su raccomandazione dell’NCJ riformato, in un contesto di riforme successive che hanno portato all’indebolimento dell’indipendenza giudiziaria e a misure incompatibili con i principi fondamentali dell’indipendenza giudiziaria e dello Stato di diritto, come statuito anche dalla CGUE e della Corte suprema polacca.

req. n.78017/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

4 ottobre 2022 (Mortier c. Belgio)

Art.  2 e Art. 8 – In un caso di eutanasia della madre del ricorrente, che soffriva di depressione da circa quarant’anni, e che ha compiuto la sua scelta in conformità alla legge che la autorizzava, non si riscontra la violazione del diritto alla vita dal punto di vista sostanziale e degli obblighi positivi dello Stato, in quanto il quadro legislativo appare in grado di garantire in linea di principio il diritto alla vita dei pazienti per quanto riguarda gli atti e la procedura che precedono l’eutanasia, in particolare prevedendo delle garanzie supplementari in materia di eutanasia per sofferenze psichiche che non comportano la morte a breve termine. Si riscontra invece una violazione del diritto alla vita ex Art. 2 dal punto di vista procedurale e degli obblighi positivi dello Stato, per la mancanza di indipendenza della commissione che controlla a posteriori tutte le eutanasie permettendo al medico che le ha eseguite di votare sulla loro legalità e per la non conformità ai requisiti dell’Art. 2 della verifica sulla sola base della parte anonima del documento di registrazione, allo scopo di preservare la riservatezza.

La Corte ritiene invece che non configuri una violazione degli obblighi positivi dello Stato di assicurare il diritto alla vita privata e famigliare il mancato coinvolgimento del figlio da parte dei medici nel processo di eutanasia in assenza della volontà della madre, in conformità con la legge statale e stanti gli obblighi di riservatezza e mantenimento del segreto medico posti dalla legislazione, in un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco.

req. n. 58342/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

4 ottobre 2022 (De Legé c. Paesi Bassi)

Art.  6 – Mancata violazione del diritto a un equo processo nel caso dell’utilizzo di documenti bancari in possesso del ricorrente, per la rideterminazione di un’ammenda fiscale, ottenuti con un ordine giudiziario di divulgazione nei confronti del signor. De Legé, a pena di sanzioni. La Corte ritiene che il caso in oggetto non rientri nell’ambito del privilegio contro l'autoincriminazione, relativo in questo ambito alla coercizione nel fornire documenti nel contesto del diritto finanziario. Il Collegio rileva che le autorità erano a conoscenza di documenti preesistenti che attestavano la detenzione di un conto bancario estero quando hanno richiesto un ordine giudiziario di divulgazione e che il suddetto ordine indicava specificamente i documenti da fornire. Inoltre, l’imposizione di penali in caso di inosservanza dell'ordine giudiziario non equivale a un trattamento in violazione dell’art. 3

req. n. 8257/13

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

15 settembre 2022 (Rabczewska c. Polonia)

Art. 10 – Violazione del diritto alla libertà di espressione per la mancanza di motivazioni sufficienti per la condanna e l’ammenda del ricorrente per aver questi offeso i sentimenti religiosi altrui insultando pubblicamente la Bibbia, trattandosi di dichiarazioni non equivalenti a discorsi di odio o ad aggressioni ingiuriose e non minacciose per l’ordine pubblico, con conseguente travalicamento del pur ampio margine di apprezzamento riservato allo Stato in materia.

req. nn. 24384/19 e 44234/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

14 settembre 2022 (H.F. e altri c. Francia)

Art. 1, Art. 3 P. 4 e Art. 46 – Violazione del diritto del cittadino a entrare nel territorio del proprio Stato (Art. 3 P. 4) in conseguenza del rifiuto di rimpatriare cittadini detenuti con i loro figli minorenni in campi gestiti dai curdi dopo la caduta dello "Stato Islamico". La Corte chiarisce che, pur in assenza di un diritto generale al rimpatrio (in particolare per coloro che non sono in grado di raggiungere la frontiera dello Stato a causa della situazione materiale), vi sono in questo contesto obblighi procedurali positivi che scattano in circostanze eccezionali (come fattori extraterritoriali che minacciano direttamente la vita e il benessere fisico di un minore in una situazione di estrema vulnerabilità), tra i quali l’obbligo di garantire che il processo decisionale sia circondato da adeguate garanzie contro l’arbitrarietà e sia soggetto a una revisione indipendente.

In materia di competenza degli Stati, sotto l’Art. 1 della Convenzione, la competenza è stata stabilita per quanto riguarda la violazione del diritto di entrare nel proprio Stato, in considerazione delle caratteristiche speciali relative alla situazione nei campi di accoglienza, mentre non è stata stabilita per quanto riguarda la denuncia di maltrattamenti subiti in prigionia.

req. n. 15758/13

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

13 settembre 2022 (Timur Sharipov c. Russia)

Art. 10 – Violazione del diritto alla libertà di espressione da parte delle autorità nazionali che, in assenza di una motivazione pertinente e sufficiente, allontanano un osservatore elettorale dal seggio elettorale, in quanto la funzione di “cane da guardia pubblico” (“public watchdog”) esercitata dagli osservatori elettorali richiede una tutela rafforzata del diritto di cui all’Art. 10 nei loro confronti.

req. n. 1434/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

8 settembre 2022 (Janson c. Lettonia)

Art. 8 – Violazione del diritto al rispetto del proprio domicilio per il mancato adempimento dell’obbligo positivo di proteggere il ricorrente dal nuovo proprietario che è entrato illegalmente e con la forza nella sua casa e ne ha impedito l’accesso, con susseguente sfratto illegale da parte dello stesso ufficiale giudiziario e con garanzie procedurali interne rese inoperanti a causa della loro mancata osservanza da parte delle autorità.

req. nn. 3153/16 e 27758/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

8 settembre 2022 (Drelon c. France)

Art. 8 – Violazione del diritto al rispetto della vita privata, con superamento del margine di apprezzamento dello Stato, nel caso di una raccolta di dati relativi alle pratiche sessuali di potenziali donatori di sangue, esclusi dalla donazione sulla base di una legge che impone una controindicazione agli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con altri uomini. La Corte ritiene che l’applicazione della normativa statale sia viziata da speculazioni non poggianti su una base fattuale, bensì sul solo rifiuto dei ricorrenti di rispondere alle domande sul proprio orientamento sessuale, oltre che dall’eccessiva durata della conservazione dei dati da parte di un’istituzione pubblica.

req. n. 28154/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

6 settembre 2022 (Ete c. Türkiye)

Art. 10 – Violazione del diritto alla libertà di espressione della condanna penale del ricorrente per propaganda a favore di un’organizzazione terroristica per aver tagliato e distribuito una torta che celebrava il compleanno del leader del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). Per la Corte si tratta di atti che non devono essere percepiti come un appello all’uso della violenza, alla resistenza armata o alla rivolta, né come un discorso di odio, con conseguente assenza di un’esigenza sociale imperativa e mancanza di proporzionalità della sanzione, che risulta quindi esorbitare da quanto possa ritenersi necessario in una società democratica.

req. n. 8647/12

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

30 agosto 2022 (Y.G. c. Russia)

Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi dello Stato nell’assicurare il diritto al rispetto della vita privata per la mancanza di una protezione adeguata della riservatezza dei dati sanitari del richiedente da parte delle autorità e la successiva mancata indagine sulla loro divulgazione, compiuta attraverso una banca dati poi venduta sul mercato nero.

req. n. 28749/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

11 luglio 2022 (Kavala c. Turchia)

Art. 46, Art. 5 e Art. 18 – Violazione dell’obbligo di esecuzione delle sentenze della Corte e conseguente procedura di infrazione contro la Turchia per non aver rispettato la decisione definitiva della Corte che richiedeva esplicitamente la liberazione immediata del ricorrente, a fronte della continuazione della sua detenzione per motivi insufficienti riguardanti esattamente lo stesso contesto fattuale, con una mera riqualificazione degli stessi fatti incapace di modificare la base delle conclusioni della sentenza definitiva in mancanza di altre circostanze pertinenti e sufficienti, in violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza, considerato in sé e in combinazione con l’Art. 18 della Convezione.

req. n. 81292/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

7 luglio 2022 (Chocholáč c. Slovenia)

Art. 8 – Violazione del rispetto della vita privata del detenuto in conseguenza del divieto generale e indiscriminato di possesso di materiale pornografico da parte dei detenuti, divieto che non consente di valutare la proporzionalità in un caso individuale.

req. nn. 815/18, 3278/18, 12380/18,12693/18, 14883/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

5 luglio 2022 (Association of Civil Servants and Union for Collective Bargaining e altri c. Germania)

Art. 11 – Mancata violazione del diritto di costituire e aderire ai sindacati da parte della normativa che renda inapplicabili i contratti collettivi tra loro contrastanti stipulati da sindacati minoritari, entro la medesima “unità operativa” di azienda, in quanto la restrizione, di portata limitata, ricade entro il margine di apprezzamento dello Stato  e non pregiudica la libertà sindacale, laddove l’interferenza statale persegue il rilevante obbiettivo di garantire il corretto funzionamento del sistema di contrattazione collettiva, nell’interesse dei lavoratori e dei datori di lavoro.

req. n. 28000/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

23 giugno 2022 (Rouillan c. Francia)

Art. 10 – Violazione della libertà di espressione per la mancanza di proporzionalità della pena detentiva inflitta a un ex terrorista per aver inneggiato agli autori degli attentati di Parigi del 2015, in un’intervista poi trasmessa via radio e Internet, in quanto la restrizione della libertà di espressione si sarebbe verificata oltre il margine di apprezzamento dello Stato, tenuto conto che le esternazioni pronunciate nell’ambito di un dibattito di interesse pubblico possono essere sottoposte a restrizioni solo in casi eccezionali. Nel caso di specie l’ingerenza nella libertà di espressione, pur rispondente in astratto a un imperioso bisogno sociale, non è motivata in modo sufficiente da poter ritenere che la sanzione in concreto inflitta sia proporzionata allo scopo legittimo perseguito.

req. n. 1735/13

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V )

16 giugno 2022 (Goulandris e Vardinogianni c. Grecia)

Art. 4 P. 7 – Viola il diritto a non essere giudicato o punito due volte la duplicazione dei procedimenti verificatasi nel caso dell’irrogazione di un’ammenda amministrativa avente natura penale e del successivo procedimento penale per la costruzione di muri in violazione della licenza edilizia, in quanto i due procedimenti non sono sufficientemente collegati nella sostanza e nel tempo per essere ritenuti parti di un procedimento complessivo coerente e proporzionato.

req. n. 15567/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

9 giugno 2022 (Xavier Lucas c. Francia)

Art. 6  Violazione del diritto a un equo processo (diritto di accesso al giudice) in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità dell’atto introduttivo non trasmesso per via telematica, in quanto l’eccessivo formalismo non tiene conto degli ostacoli pratici che rendevano la piattaforma Internet inadatta alla presentazione del tipo di ricorso in esame (un ricorso di annullamento di un lodo arbitrale).

req. n. 23077/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

31 maggio 2022 (Arnar Helgi Lárusson c. Islanda)

Art. 8 e Art. 14 – Mancata violazione del diritto al rispetto della vita privata e dell’obbligo di non discriminazione, segnatamente dei connessi obblighi positivi in capo allo Stato, nel caso di una persona in sedia a rotelle impossibilitata ad accedere a due edifici pubblici locali, all’esito positivo della valutazione, da parte della Corte, se lo Stato abbia apportato "adattamenti necessari e appropriati", che non costituiscano un "onere sproporzionato o indebito", in modo da accogliere e agevolare le persone con disabilità, nei limiti delle disponibilità finanziarie concrete e secondo un ragionevole ordine di priorità nella scelta degli edifici da adeguare.

req. n. 31163/13

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

5 maggio 2022 (Vlahov c. Croazia)

Art. 11  Violazione della libertà di associazione per la condanna penale di un rappresentante sindacale, il quale aveva rifiutato l’ammissione al sindacato di aspiranti membri, poi comunque ammessi dopo la rimozione del ricorrente. La Corte qualifica la condanna  avutasi nel caso di specie come non necessaria in una società democratica e rileva inoltre la mancanza di motivazione nelle decisioni dei tribunali nazionali.

req. n. 83700/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

28 aprile 2022 (Wang c. Francia)

Art. 6 – Violazione del diritto a un equo processo e dei diritti di difesa, a seguito dell’audizione informale della ricorrente da parte delle forze dell’ordine, non preceduta da espresso avviso del diritto al silenzio e del diritto a essere assistita da un’interprete, a cui aveva fatto seguito l’utilizzo delle dichiarazioni rese senza garanzie per confermare le dichiarazioni rese successivamente davanti al giudice, dando luogo a una violazione dell’Art. 6 determinata dalla necessità di considerare contestualmente specifici elementi che, presi singolarmente, pur non avrebbero da soli determinato una lesione del diritto all’equità del processo.

req. n. 41023/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

7 aprile 2022 (Miklić c. Croazia)

Art. 5 – Violazione determinata dall’illegittimo prolungamento dell’internamento psichiatrico obbligatorio del richiedente a seguito della sua condanna penale per reati commessi in mancanza di capacità mentale, essendosi svolta la procedura di valutazione dello stato mentale del richiedente in violazione del diritto interno e non essendo basata su perizie mediche obiettive e recenti.

req. n. 28470/12

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

5 aprile 2022 (NIT S.R.L. c. Repubblica di Moldavia)

Art. 10 e Art. 1 P. 1 – Riconoscimento della mancata violazione della libertà di espressione, per la giustificatezza della revoca della licenza di radiodiffusione di un canale televisivo dopo la ripetuta e grave violazione dell’obbligo di legge di garantire l’equilibrio politico e il pluralismo nei notiziari, con conseguente elaborazione di principi generali per l’equilibrio tra pluralismo politico nei media e libertà editoriale, stante la necessità di valutare in via combinata il pluralismo interno agli organi d’informazione e quello esterno a essi.

req. n. 49588/12

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

5 aprile 2022 (Teslenko e altri c. Russia)

Art. 5 e 10 - Violazione del divieto di arresti e detenzioni illegittime e violazione della libertà di espressione, in conseguenza del mancato rispetto del diritto interno nell’accompagnare i richiedenti alla stazione di polizia, nell’ambito di un illecito amministrativo consistente nell’aver invitato gli elettori a non votare per un determinato partito politico o ad astenersi dal voto, con conseguente superamento del margine di apprezzamento nazionale.

req. n. 49775/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

31 marzo 2022 (N.B. et autres c. France)

Art. 3 e 34 – Violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti a causa del protrarsi per quattordici giorni di una detenzione amministrativa in un centro inidoneo, allo scopo di allontanare un bambino straniero di otto anni accompagnato dai suoi genitori, con ingiustificata mancata esecuzione per sette giorni del provvedimento provvisorio di cessazione della detenzione del minore.

req. n. 49341/18 et al.

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

29 marzo 2022 (Nuh Uzun et autres c. Turquie)

Art. 8 – Violazione determinata dalla registrazione ed inserimento della corrispondenza privata dei detenuti nel sistema informatico della Rete giudiziaria nazionale, misure disposte sulla base di istruzioni interne e non pubblicate formulate dal Ministero della Giustizia e inidonee pertanto a offrire una adeguata base legale ai sensi dell’art. 8 della Convenzione.

req. n. 29775/18, 29693/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

24 marzo 2022 (C.E. et autres c. France)

Art. 8 – Riconoscimento della non violazione degli obblighi positivi relativi alla tutela della vita privata e familiare in conseguenza dell’impossibilità di ottenere, mediante adozione o mediante atto notorio, il pieno riconoscimento ufficiale di una relazione genitore-figlio tra un minore e l’ex partner della sua madre biologica, valorizzandosi invece la garanzia, da parte dello Stato convenuto, del rispetto effettivo della vita privata e familiare dei ricorrenti, e dell’interesse superiore del minore, in virtù di altre previsioni del diritto interno.

req. n. 5386/10

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

24 marzo 2022 (Zayidov v. Azerbaijan - no. 2)

Art. 10 e Art. 6 – Riconosciuta violazione della libertà di espressione in conseguenza del sequestro e della distruzione del manoscritto di un libro, scritto da un giornalista in detenzione, sul fondamento di una base legale insufficientemente prevedibile e priva di garanzie contro decisioni arbitrarie ‒ Riconosciuta iniquità del procedimento per danni, per non aver i tribunali nazionali considerato la necessità e le modalità della presenza del ricorrente alle udienze, per aver essi irragionevole rifiutato di chiamare ulteriori testimoni, e per aver adottato decisioni non adeguatamente motivate.

req. n. 25479/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

24 marzo 2022 (Wikimedia Foundation, Inc. v. Turkey)

Art. 10 – Decisione di inammissibilità di un’istanza della Wikimedia Foundation riguardante un ordine di blocco del suo sito web, a seguito di una decisione della Corte costituzionale turca che aveva sostanzialmente riconosciuto la violazione dell’articolo 10 della Convenzione e concesso una riparazione adeguata, con conseguente perdita dello status di vittima del ricorrente, il tutto con significative precisazioni sul rispettivo ruolo della Corte costituzionale interna e della Corte europea in un contesto in cui era stata riconosciuta la natura sistemica del problema.

req. n. 19355/09

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

22 marzo 2022 (Filippovy v. Russia)

Art. 2 (profilo sostanziale e procedurale) – Riconosciuta inosservanza degli obblighi positivi relativi alla tutela del diritto alla vita in ragione della mancata adozione di misure normative e operative idonee a salvaguardare la vita del militare di leva, suicidatosi in seguito a vessazioni da parte di compagni di leva, e in ragione del mancato svolgimento di una indagine efficace sulla morte.

Art. 3 (profilo sostanziale e procedurale) - Riconosciuta inosservanza degli obblighi positivi relativi al divieto di trattamenti degradanti in ragione della mancata protezione effettiva del militare di leva contro i maltrattamenti subiti da altri militari di leva per un lungo periodo di tempo, tali da causare un stato di costante ansia, e riconosciuta inefficacia dell’indagine svolta, con mancata attribuzione di responsabilità ai livelli gerarchici superiori dell’autorità, nel contesto generale delle pratiche endemiche di nonnismo all’interno delle forze militari russe.

req. n. 69997/11

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

22 marzo 2022 (Gvozdeva v. Russia)

Art. 2 (profilo procedurale) – Riconosciuta violazione degli obblighi positivi di tutela del diritto alla vita in ragione del mancato svolgimento, a seguito del suicidio di un coscritto, di una indagine inefficace sulla possibilità che vi fosse stato un incitamento al suicidio da parte di altri militari, non essendosi chiarita tra l’altro l’origine delle ferite trovate sul corpo del coscritto, non essendosi inspiegabilmente proceduto all’interrogatorio di due testimoni nonostante le istruzioni del tribunale nazionale in tal senso, ed essendo rimaste irrisolte le discrepanze nelle dichiarazioni di altri testimoni.

req. n. 9077/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

22 marzo 2022 (Y and Others v. Bulgaria)

Art 2 (profilo sostanziale) – Inosservanza degli obblighi positivi di tutela del diritto alla vita, essendosi riscontrata una mancata protezione, da parte delle autorità, della vita di una donna uccisa dal marito, nonostante le sue numerose denunce di violenza domestica per un periodo di 9 mesi, essendosi in particolare riscontrata l’inadeguatezza delle misure preventive inadeguate, la mancata risposta immediata e la mancata valutazione dei rischi in ogni occasione di denuncia.

req. n. 43572/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

15 marzo 2022 (Grzęda v. Poland)

Art. 6 § 1 (civile) - Indipendenza della magistratura e necessità di proteggere l’indipendenza di un consiglio giudiziario dai poteri esecutivo e legislativo in modo da salvaguardare l’integrità del processo di nomina giudiziaria - Necessità di garanzie procedurali simili a quelle previste nei casi di licenziamento o rimozione dei giudici anche nei casi di rimozione dei membri del consiglio giudiziario - Riforme polacche che hanno portato all’indebolimento dell’indipendenza giudiziaria e dell’aderenza agli standard dello Stato di diritto, con compromissione dell’essenza del diritto di accesso a un giudice.

req. n. 2840/10

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

15 marzo 2022 (OOO Memo v. Russia)

Art. 10 – Violazione della libertà d’espressione in conseguenza di un’azione civile per diffamazione nei confronti di un mezzo di comunicazione, azione ritenuta priva di obiettivo legittimo e asseritamente volta a proteggere la “reputazione” di un’autorità pubblica in quanto tale, con considerazioni della Corte circa la differenza tra gli interessi degli organi esecutivi titolari di poteri pubblici a mantenere una buona reputazione e quelli delle persone fisiche o giuridiche che competono sul mercato, e segnatamente sul rischio di ostacolare la libertà dei media e di ottenere un effetto di ingessamento attraverso la protezione degli organi esecutivi dalle critiche dei media, in un contesto in cui gli individui membri dell’organo in questione risultavano facilmente identificabili e avrebbero avuto la possibilità di intentare eventualmente un’azione a proprio nome.

req. n. 21881/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

15 marzo 2022 (Communauté genevoise d’action syndicale (CGAS) c. Suisse)

Art. 11 – Riconosciuta violazione della libertà di riunione in conseguenza del divieto generale di riunioni pubbliche per due mesi e mezzo all’inizio della pandemia Covid-19, accompagnato da sanzioni penali e senza controllo giudiziario di proporzionalità, laddove una misura così radicale che incideva (anche) sull’attività dell’associazione ricorrente per un periodo di tempo considerevole avrebbe richiesto una giustificazione solida e un controllo giudiziario particolarmente serio, non posto in essere dato il riscontrato mancato esame del merito dei ricorsi da parte della Corte federale durante il confinamento generalizzato, il tutto senza che si sia fatto ricorso all’art 15 da parte dello Stato per adottare misure derogatorie.

req. n. 41326/17 et al.

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

10 marzo 2022 (Shenturk and Others v. Azerbaijan)

Art. 3 (profilo procedurale) e Ar. 5 ‒ Illegittima detenzione dei ricorrenti nel contesto di un’espulsione e di un trasferimento extra-legale verso i loro paesi d’origine in violazione delle garanzie di diritto interno e internazionale, con diniego di effettive garanzie di protezione contro il respingimento arbitrario e mancata valutazione dei rischi cui sarebbero stati così esposti i ricorrenti.

req. n. 43229/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

8 marzo 2022 (Y.Y. and Y.Y. v. Russia)

Art. 8 - Obblighi positivi in relazione al diritto al rispetto della vita familiare - Mancata adozione da parte delle autorità, senza indebito ritardo, di ogni ragionevole misura volta a far rispettare l’ordine di residenza del minore presso la madre.

req. n. 57020/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

8 marzo 2022 (Reyes Jimenez c. Espagne)

Art. 8 - Violazione degli obblighi positivi relativi alla rispetto della vita privata in conseguenza del rigetto ingiustificato da parte dei giudici interni del ricorso contro il mancato rispetto dell’obbligo legale di ottenere il consenso scritto ad una operazione chirurgica, con affermazione da parte della Corte della necessità di rispettare le prescrizioni del diritto interno in materia ancorché la Convenzione  di per sé non stabilisca alcuna forma particolare di rilascio del consenso.

req. n. 10613/10

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

8 marzo 2022 (Ekrem Can and Others v. Turkey)

Art. 11 letto alla luce dell’art. 10 – Riconosciuta violazione della libertà di riunione in conseguenza di una detenzione preventiva e di pene detentive sproporzionatamente lunghe per la partecipazione a una protesta non violenta in tribunale tale da disturbare l’ordinata amministrazione della giustizia, con precisazioni circa l’ampiezza, non illimitata, del margine di apprezzamento in materia.

Art. 6 – Riconoscimento della complessiva iniquità del processo in ragione, tra l’altro, del mancato esame da parte dei tribunali nazionali delle condizioni relative alla presunta rinuncia dei ricorrenti al diritto a un avvocato durante la detenzione da parte della polizia, dell’utilizzo di prove raccolte in assenza di un avvocato e del mancato rispetto delle necessarie garanzie procedurali.

req. n. 41115/14

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

8 marzo 2022 (Tonkov c. Belgique)

Art. 6 – Riconoscimento dell’iniquità del processo per l’essere stata la condanna del ricorrente basata sul contenuto delle dichiarazioni sue e dei suoi coaccusati rese nella fase iniziale delle indagini senza la presenza di un avvocato, con precisazioni della Corte circa la portata delle restrizioni al diritto di accesso a un avvocato derivanti dalla legge applicabile e circa il modo di interpretare questa da parte dei giudici.

req. n. 53069/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

8 marzo 2022 (Sabani c. Belgique)

Art. 8 - Violazione del domicilio e del diritto al rispetto alla vita privata in conseguenza dell’ingresso della polizia nell’abitazione del ricorrente, senza base legale né consenso - l’apertura volontaria della porta alla polizia non potendo essere considerata come una rinuncia libera e informata al diritto alla protezione del proprio domicilio – nell’ambito di una verifica sull’esecuzione di un ordine di espulsione, con censura altresì dell’utilizzo non necessario delle manette sulla ricorrente durante il suo arresto in presenza della figlia.

req. n. 14743/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

3 marzo 2022 (Nikoghosyan and Others v. Poland)

Art. 5 – Riconosciuta violazione in conseguenza del collocamento automatico di una famiglia di adulti e bambini richiedenti asilo in un stato di detenzione per sei mesi in assenza di una valutazione approfondita e individualizzata della situazione e dei bisogni particolari, con riconoscimento della necessità di procedere con maggior rapidità e diligenza dato il coinvolgimento di minori.

req. n. 51853/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

3 marzo 2022 (Shorazova v. Malta)

Art. 1 Prot. 1 – Riconosciuta violazione del diritto all’uso dei propri beni in ragione della mancanza di garanzie procedurali per il lungo congelamento di tutti i beni del ricorrente a Malta su richiesta delle autorità kazake, probabilmente per motivi di persecuzione politica.

req. n. 16695/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

1 marzo 2022 (Kozan c. Turquie)

Art. 10 – Riconosciuta violazione della libertà di dare e ricevere informazioni in conseguenza di una sanzione disciplinare inflitta a un magistrato per aver condiviso, nel suo gruppo Facebook riservato ai suoi colleghi, un articolo di stampa che criticava il Consiglio superiore dei giudici e dei procuratori e metteva in dubbio la sua indipendenza dal potere politico, tale sanzione non rispondendo ad alcuna necessità sociale impellente.

Art. 13 - Riconosciuta mancanza di rimedi effettivi.

req. n. 35582/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

1 marzo 2022 (I.V.Ț. v. Romania)

Art. 8 – Riconosciuta violazione degli obblighi positivi di tutela del rispetto della vita privata in un caso in cui, senza il consenso dei genitori, si era effettuata un’intervista di un minore, successivamente trasmessa in televisione, sulla morte accidentale di un compagno di scuola durante una gita scolastica alla quale l’intervistato non aveva partecipato – Riconoscimento della necessità di assolvere al dovere di informare il pubblico proteggendo al contempo l’identità dei minori interessati, in particolare considerando che, data la maggiore vulnerabilità di un bambino, la divulgazione di informazioni sulla sua identità potrebbe mettere in pericolo la sua dignità e il suo benessere più gravemente che nel caso degli adulti, da ciò derivando la necessità di speciali garanzie giuridiche e di un bilanciamento tra il diritto alla vita privata e la libertà di espressione che sia conforme (come non è avvenuto nel caso di specie) ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte.

req. n. 21119/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

24 febbraio 2022 (Association des familles des victimes du JOOLA c. France)

Art. 6 e Art. 13 - Decisione di inammissibilità di un ricorso presentato da un’associazione di parenti e amici di persone decedute nell’affondamento di un traghetto senegalese, o vittime sopravvissute all’incidente, nel quale si lamentava di essere stati privati del diritto di accesso ad un tribunale a causa del opposizione dell’immunità giurisdizionale degli Stati, che ha portato all’interruzione del procedimento avviato dalle loro denunce penali in Francia ‒ Riconoscimento preliminare da parte della Corte, alla stregua della sua giurisprudenza costante, che la concessione dell’immunità sovrana di uno Stato in un procedimento civile persegue l’obiettivo legittimo di rispettare il diritto internazionale al fine di promuovere le buone relazioni tra gli Stati attraverso il rispetto della sovranità di un altro sovranità di un altro Stato ‒ Presa d’atto, con riferimento al caso di specie, della considerazione dei tribunali francesi secondo cui le violazioni delle norme internazionali di navigazione marittima, che sono state imputate a personalità di alto livello del governo senegalese, derivavano dall’esercizio da parte del Senegal della sua sovranità, e non da atti di amministrazione privata, avendo in particolare la Corte di Cassazione sottolineato che le condotte dei dirigenti senegalesi al momento del naufragio, per quanto gravi potessero essere, non rientravano nelle eccezioni al principio dell’immunità dei rappresentanti dello Stato su questioni “sovrane” ‒ Assenza di discostamento dalle norme internazionali attualmente accettate e di elementi di arbitrarietà o irragionevolezza nell’interpretazione da parte dei giudici nazionali dei principi giuridici applicabili o nel modo in cui sono stati applicati nel caso di specie.

req. n. 35364/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

24 febbraio 2022 (Bonnet c. France)

Art. 10 - Decisione di inammissibilità, per manifestamente infondatezza, di un ricorso sollevato a seguito della condanna penale del ricorrente (al pagamento di una pena pecuniaria di 10.000 euro) da parte dei tribunali francesi per proferimento di un insulto pubblico di natura razziale contro un individuo o gruppo a causa della loro origine o dell’appartenenza a una determinata etnia, nazione, razza o religione, e per il reato di mettere in dubbio l’esistenza di crimini contro l’umanità ‒ Esame e valutazione approfondita dell’operato dei giudici nazionali, con significative indicazioni su come questo debba essere condotto, soppesando il diritto alla libertà di espressione, da un lato, e la protezione dei diritti degli altri, dall’altro, sulla base di una motivazione adeguata e pertinente ‒ Conclusione che, anche supponendo che l’articolo 10 della Convenzione fosse applicabile, l’interferenza con la libertà di espressione del ricorrente era stata necessaria in una società democratica, risultando quindi il reclamo manifestamente infondato.

req. n. 74131/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

17 febbraio 2022 (Y v. Poland)

Art. 8 – Non violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare per il fatto che una persona transgender non può ottenere la rimozione dal certificato di nascita del riferimento al suo genere assegnato o la predisposizione un nuovo certificato di nascita completo senza riferimento al cambiamento di sesso, laddove invece il suo estratto breve e i nuovi documenti d’identità indicano solo il sesso riassegnato - Mancata dimostrazione da parte del richiedente di conseguenze negative sufficientemente gravi di tale impossibilità, anche in ragione della rara necessità di utilizzare la copia completa del certificato di nascita, non essendo il potenziale rischio di conseguenze negative di per sé  in grado di rendere carente l’attuale sistema nazionale, espressivo di un equo bilanciamento tra i diversi interessi in gioco, rientrante nell’ambito del margine di apprezzamento consentito non superato.

Art. 14 (+ Art. 8) – Non riscontrata discriminazione, non trovandosi il richiedente in una situazione analoga a quella dei bambini adottati che abbiano ottenuto un nuovo certificato di nascita in caso di adozione completa.

req. n. 26081/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

15 febbraio 2022 (Anatoliy Marinov v. Bulgaria)

Art. 3 Prot. 1 – Violazione del diritto di voto in conseguenza della sua privazione sproporzionata per il ricorrente a causa di un provvedimento di tutela parziale basato sulla sua disabilità mentale senza un controllo giudiziario individualizzato della capacità di voto – Inammissibilità di una restrizione automatica e generale che colpisce tutti coloro che siano sotto tutela parziale, indipendentemente dalle loro effettive facoltà - Mancato bilanciamento da parte del legislatore degli interessi concorrenti e mancata valutazione della proporzionalità della restrizione – Discutibilità di un trattamento unitario, come una singola classe, delle persone con disabilità intellettuali o mentali, la cui limitazione dei diritti richiede invece uno scrutinio rigoroso.

req. n. 1469/20

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

3 febbraio 2022 (Advance Pharma sp. z o.o v. Poland)

Art. 6 - Tribunale istituito per legge e indipendenza del potere giudiziario – Riconoscimento di violazioni manifeste (anche del diritto interno) e di una disfunzioni sistemica, a seguito della riforma legislativa, nella nomina dei giudici della Camera civile della Corte suprema che ha esaminato l’appello della società ricorrente - Mancanza di indipendenza del Consiglio nazionale della magistratura dal legislatore e dall’esecutivo - Nomina dei giudici della Camera da parte del presidente della Polonia, nonostante la sospensione dell’attuazione della risoluzione applicabile in attesa del controllo giurisdizionale, ed intervento del legislatore nel processo di nomina con vanificazione degli effetti di tale controllo - Assenza di mezzi di ricorso per contestare i difetti.

req. n. 66328/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

3 febbraio 2022 (N.M. et autres c. France)

Art. 1 Prot. 1 – Ritenuta violazione del diritto di proprietà in conseguenza dell’applicazione retroattiva di una legge tale da determinare il venire meno della possibilità di compensazione degli oneri derivanti dall’handicap di un bambino non individuato come tale a causa di un errore nella diagnosi prenatale.

req. n. 27684/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

25 gennaio 2022 (Yücel c. Turquie)

Art. 5 ‒ Riconosciuta violazione sotto plurimi profili ‒ Detenzione preventiva illegale di un giornalista in assenza di ragionevoli sospetti di un reato (senza possibilità di invocare, con riguardo al caso, deroghe ex Art. 15 ‒ Manifesta insufficienza del risarcimento concesso e connessa manifesta ineffettività, nel caso di specie, del ricorso individuale alla Corte costituzionale.

Art. 10 – Riconosciuta violazione della libertà di espressione, l’irregolarità della detenzione riverberandosi sulla (il)legalità dell’interferenza con tale libertà.

req. n. 75805/16 et al.

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

25 gennaio 2022 (Negovanović e Altri c. Serbia)

Art. 1 Prot. 12 ‒ Divieto di discriminazione (con emersione delle differenze rispetto all’articolo 14) – Riconoscimento della natura discriminatoria della negazione a giocatori di scacchi non vedenti dei premi concessi a giocatori vedenti come riconoscimento sportivo nazionale per aver vinto competizioni internazionali di alto livello – Precisazioni sull’ampiezza (fortemente ridotta) del margine di apprezzamento nei casi in cui si stabilisca un trattamento giuridico diverso per le persone con disabilità, anche in relazione all’esistenza di standard previsti da plurime convezioni internazionali sull’inclusività – Necessità che il “prestigio” di una competizione non dipenda semplicemente dal fatto che vi partecipino persone con o senza disabilità.

req. n. 59333/16

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

20 gennaio 2022 (Edzgveradze c. Georgia)

Art. 2 (aspetto procedurale) – Diritto alla vita e portata dell’obbligo delle autorità nazionali di condurre indagini penali effettive, con riferimento a un caso di suicidio avvenuto il giorno dopo la sottoposizione a un interrogatorio di polizia.

req. n. 62080/09

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

18 gennaio 2022 (Lyubov Vasilyeva v. Russia)

Art. 2 – Violazione dei relativi “obblighi positivi” per mancata adozione di misure appropriate per proteggere la vita del figlio del ricorrente, suicidatosi durante il servizio militare obbligatorio in un contesto di pratiche di nonnismo, in mancanza di specifici meccanismi e garanzie, nel quadro normativo nazionale, per proteggere le vittime e coloro che denunciano pratiche di nonnismo, bullismo o altre forme di maltrattamento nelle forze armate.

req. n. 15508/15

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

18 gennaio 2022 (Atristain Gorosabel v. Spain)

Art. 6 - Utilizzo nel processo delle dichiarazioni inizialmente rese da un sospetto terrorista tenuto in isolamento e privato, senza ragioni individualizzate, dell’accesso a un avvocato di propria scelta e anche, in quella fase, della possibilità di comunicare privatamente con un avvocato d’ufficio (pur presente durante l’interrogatorio), con conseguente compromissione della complessiva equità del procedimento penale.

req. n. 69810/11

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

21 dicembre 2021 (Kuzminas v. Russia)

Art. 8 – Violazione del domicilio e della vita privata in conseguenza di una perquisizione illegale e ingiustificata dell’abitazione del ricorrente effettuata utilizzando la “procedura d’urgenza” nell’ambito di un’indagine penale per reati connessi al possesso di sostanze stupefacenti, con precisazioni circa l’inadeguatezza del controllo giudiziario ex post.

req. n. 73204/13, 74959/13

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

16 dicembre 2021 (Women’s Initiatives Supporting Group and Others v. Georgia)

Art. 3 e Art. 11 (+ Art. 14) – Violazione degli obblighi positivi volti a prevenire e reprimere la sottoposizione a trattamenti degradanti e le violazioni della libertà di riunirsi pacificamente e del diritto a non essere discriminati, in conseguenza della mancata adozione da parte dello Stato di misure preventive e operative tali da proteggere i richiedenti dalla violenza omofobica e/o transfobica e da garantire che la manifestazione LGBT procedesse pacificamente, il tutto in assenza di un’indagine efficace sui fatti verificatisi e in presenza, al contrario, di indicazioni ufficiali di acquiescenza, connivenza e partecipazione attiva a comportamenti individuali motivati dal pregiudizio.

req. n. 57239/13

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

16 dicembre 2021 (Zaklan v. Croatia)

Art. 1 Prot. 1 – Violazione del diritto al godimento pacifico dei beni in conseguenza di una sospensione prolungata di un procedimento, nell’ambito della successione degli Stati, tale da impedire al ricorrente di recuperare il denaro temporaneamente confiscato dall’ex Repubblica socialista federale di Iugoslavia ("RFI"),  con imputabilità della violazione alla Croazia, che si è fatta carico del procedimento dopo la dichiarazione di indipendenza.

req. n. 55974/16 et al.

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

14 dicembre 2021 (Tunikova and Others v. Russia)

Art. 3 (sostanziale e procedurale) - Obblighi positivi - Mancata adozione di misure adeguate per proteggere le vittime di violenza domestica e condurre un’indagine efficace, a causa del persistente problema strutturale – Assenza nel quadro giuridico nazionale di una definizione di "violenza domestica", di adeguate disposizioni sostanziali e procedurali per perseguire le sue varie forme, e di qualsiasi forma di ordini di protezione ‒ Impossibilità per le autorità, in ragione delle carenze del quadro giuridico, di adottare una visione globale in presenza di un continuum di violenza ed affrontarla il problema a livello sistemico.

Art. 14 (+ Art. 3) - Effetti discriminatori sulle donne della perdurante assenza di una legislazione volta a combattere la violenza domestica e di qualsiasi misura di protezione

Art. 46 - Sentenza pilota - Indicazione da parte della Corte di misure generali dettagliate che comprendono tutti i settori dell’azione statale per affrontare in modo globale la mancanza strutturale e discriminatoria di protezione delle donne contro la violenza domestica.

req. n. 3642/10

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

14 dicembre 2021 (Mukhin v. Russia)

Art. 10 - Libertà di espressione - Ingiustificata condanna del direttore di un giornale e revoca dello status di mass-media del giornale stesso, con conseguente divieto assoluto e permanente di distribuzione, sulla base delle leggi anti-estremismo.

req. n. 15379/16

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

10 dicembre 2021 (Abdi Ibrahim v. Norvegia)

Art. 8 letto alla luce dell’art. 9 - Rispetto della vita familiare - Carenze nel processo decisionale che ha portato alla rottura dei legami madre-figlio, in un contesto di diversità dei background culturali e religiosi della madre e dei genitori adottivi - Insufficiente peso attribuito all’interesse reciproco della madre e del bambino di mantenere i legami attraverso il contatto e mancata considerazione dell’interesse della madre di permettere al bambino di mantenere alcuni legami con le sue origini culturali e religiose.

req. n. 57467/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

7 dicembre 2021 (Savran v. Denmark)

Art. 3 e Art. 8 - Violazione del diritto al rispetto della vita privata in conseguenza dell’adozione di un provvedimento di espulsione nei confronti di un immigrato di lunga data affetto da schizofrenia, nonostante i progressi dopo anni di cure obbligatorie, a causa di reati violenti, senza alcuna considerazione per la mancanza di colpevolezza penale del ricorrente a causa della malattia mentale, e in assenza di una adeguata considerazione e di un bilanciamento da parte delle autorità degli interessi in gioco e di tutti i fattori pertinenti.

req. n. 12385/15, 51619/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

7 dicembre 2021 (Yefimov and Youth Human Rights Group v. Russia)

Art. 10 e Art. 11 - Violazione della libertà d’espressione e della libertà di associazione in conseguenza della ingiustificata accusa di incitamento all’odio e dell’inserimento nella lista dei terroristi ed estremisti, nonché dello scioglimento dell’associazione di cui era fondatore il ricorrente, per aver questi pubblicato una nota in cui si criticava la Chiesa ortodossa russa.

req. n. 52358/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

28 novembre 2021 (Genov and Sarbinska v. Bulgariay)

Art 10 - Violazione della libertà di espressione in conseguenza di una ingiustificata condanna penale (per “hooliganismo”) per aver imbrattato con della vernice spray un monumento legato al regime comunista (qualificato come “criminale” da un Atto dell’Assemblea nazionale del 2000) nel contesto di una protesta politica.

req. n. 75805/16 et al.

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

23 novembre 2021 (Turan and Others v. Turkey)

Art. 5 § 1 - Illegittima detenzione preventiva di giudici sospettati di appartenere a un’organizzazione illegale in seguito a un tentativo di colpo di stato, sulla base di un’estensione irragionevole del concetto di flagranza di reato

req. n. 49868/19 et al.

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

8 novembre 2021 (Dolińska - Ficek and Ozimek v. Poland)

Art. 6 (civile) - Violazioni manifeste nella procedura di nomina dei giudici della Camera di revisione straordinaria e degli affari pubblici della Corte suprema polacca, tali da minare la sua legittimità e compromettere il nucleo essenziale del diritto a un “tribunale istituito dalla legge” - Applicazione del test a tre fasi formulato in Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda [GC] - Mancanza di indipendenza del Consiglio nazionale della magistratura dal legislatore e dall’esecutivo - Nomina dei giudici della Camera da parte del presidente della Polonia, nonostante la sospensione dell’attuazione della pertinente risoluzione in pendenza di controllo giudiziario - Assenza di adeguate procedure e rimedi disponibili.

req. n. 52374/15 et al.

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

28 ottobre 2021 (Bancsók and László Magyar (no.2) v. Hungary)

Art 3 - divieto di trattamenti inumani o degradanti - violazione in un caso in cui, a seguito di condanna all’ergastolo, si consenta di valutare la possibilità di liberazione condizionata solo dopo aver scontato quarant’anni.

req. n. 30306/13

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

26 ottobre 2021 (León Madrid c. Espagne)

Art. 14 (+ Art. 8) – Principio di non discriminazione in base al sesso, rispetto delle vita privata e attribuzione del cognome – Violazione riscontrata nell’automatica precedenza del cognome del padre rispetto a quello della madre nell’ordine dei cognomi del bambino, se i genitori non sono d’accordo, senza possibilità di tener conto di circostanze particolari – Non giustificabilità dell’applicazione automatica della legge, eccessivamente rigida e discriminatoria nei confronti delle donne, senza che assuma rilevanza nel caso di specie la possibilità di cambiare cognome nel corso della vita.

req. n. 42048/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

19 ottobre 2021 (Vedat Şorli c. Turquie)

Art. 10 – Riconosciuta violazione della libertà d’espressione per I’irrogazione di sanzioni penali per vilipendio al Presidente della Repubblica (commesso mediante condivisione di alcune caricature e commenti sarcastici su Facebook) in applicazione di una norma speciale volta a tutelare l’interesse dello Stato a proteggere la reputazione del suo leader.

Art. 46 - Misure generali – Riconosciuta necessità di allineare la norma in questione all’articolo 10 alla CEDU come forma appropriata di riparazione.

req. n. 11625/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III)

12 ottobre 2021 (J.C. et autres c. Belgique)

Art. 6 § 1 (civile) - Diritto di accesso a un tribunale e immunità dalla giurisdizione della Santa sede - Non violazione dell’art. 6§1 della Convenzione in conseguenza del diniego di giurisdizione da parte del giudice interno con riguardo ad azioni di responsabilità civile per abusi sessuali intentate contro la Santa Sede, in virtù del riconoscimento a quest’ultima dell’immunità dalla giurisdizione, con decisioni delle Corti interne ritenute conformi ai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti, non arbitrarie né manifestamente irragionevoli, e non sproporzionate, in presenza tra l’altro della astratta possibilità di esaminare nel merito le domande dei ricorrenti laddove dirette contro i funzionari della Chiesa cattolica belga.

req. n. 41994/21

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

7 ottobre 2021 (Zambrano c. France)

Decisione di irricevibilità, per diverse ragioni, di un ricorso in tema di pass sanitario (green pass) e obbligo vaccinale, con argomentazioni di rilievo sotto più profili.

req. n. 20741/10

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

16 settembre 2021 (X v. Poland)

Art. 14 e Art. 8 - Discriminazione - Vita familiare - Riconosciuta violazione -Rifiuto di concedere alla ricorrente la piena potestà genitoriale e la custodia del suo figlio minore unicamente o prevalentemente sul fondamento di considerazioni relative al suo orientamento sessuale e del rilievo decisivamente e discriminatoriamente attribuito all’importanza del modello maschile.

req. n. A47-2021-001

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

15 settembre 2021 (richiesta di parere consultivo presentata dal Comitato per la Bioetica del Consiglio d’Europa)

Non ammissione di una richiesta di parere consultivo presentata ai sensi dell’articolo 29 della Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina (cd. “Convenzione di Oviedo”), con innovative precisazioni sull’oggetto e i limiti di tale competenza consultiva.

req. n. 431417/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

14 settembre 2021 (Tuncer Bakirhan c. Turquie)

Art 5 § 3 e art. 10 - Ragionevolezza della detenzione preventiva e Libertà di espressione - Mancanza di motivi sufficienti e mancato rispetto del principio di proporzionalità nel disporre e mantenere una misura di detenzione preventiva nei confronti di un rappresentante eletto (un sindaco esponente di un partito di opposizione) in attesa di giudizio, per circa due anni e undici mesi, a causa delle sue attività politiche.

req. n. 45581/15

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

2 settembre 2021 (Sanchez c. France)

Articolo 10 – Assenza di violazione della libertà di espressione in un caso di condanna penale, con pena proporzionata, di un candidato alle elezioni a causa del non aver egli prontamente cancellato dichiarazioni illecite di terzi (integranti il reato di provocazione all’odio o alla violenza contro persone di fede musulmana) sulla bacheca del proprio account Facebook pubblicamente accessibile, utilizzato durante la campagna elettorale - Responsabilità del ricorrente in quanto titolare dell’account, distinta dai terzi redattori (che sono stati parimenti condannati).

req. n. 43447/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

22 luglio 2021 (Reczkowicz v. Poland)

Art. 6, par. 1 – Violazione dell’essenza del diritto a un “tribunale costituto per legge” a causa di gravi irregolarità nella nomina dei giudici della nuova Camera disciplinare della Corte suprema riconducibili all’assenza di indipendenza del riformato Consiglio nazionale della magistratura rispetto al potere legislativo ed esecutivo, il tutto in mancanza di un’analisi completa, equilibrata e obiettiva delle questioni sottoposte alla Corte costituzionale nella prospettiva della Convenzione ed in mancanza di rimedi interni per contestare le carenze allegate.

req. n. 11423/19

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

22 luglio 2021 (Gumenyuk and Others v. Ukraine)

Art. 6 e Art. 8 – Lesione dell’indipendenza del potere giudiziario, interferenza illegale con l’esercizio delle funzioni giudiziarie dei ricorrenti come giudici della Corte Suprema dell’Ucraina dopo la liquidazione della stessa e la sua sostituzione con una nuova Corte, dalla quale essi erano stati esclusi in violazione delle indicazioni di diverso tenore fornite dalla Corte costituzionale.

req. n. 51246/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

8 luglio 2021 (D.A. and Others v. Poland)

Art. 3, Art. 4 protocollo 4, Art. 13 e Art. 34 - Espulsioni collettive e dinieghi di accesso alla procedura di asilo alla frontiera polacco-bielorussa, con conseguente rischio di respingimenti a catena verso la Siria e sottoposizioni a torture e trattamenti inumani e degradanti, nel quadro di una più ampia politica di rifiuto d’ingresso e noncuranza verso l’intenzione dei richiedenti di chiedere protezione internazionale, con assenza di rimedi efficaci per presentare reclami alle autorità nazionali, e ancora con ostacolo all’esercizio del diritto di ricorso ex art. 34 e mancato rispetto del provvedimento provvisorio ex art. 39.

req. n. 41387/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

6 luglio 2021 (Norman v. the United Kingdom)

Art 10 - Libertà d’informazione – Non violazione per azione penale e condanna di un agente penitenziario per aver fornito informazioni sulla prigione a un giornalista in cambio di denaro - Forte interesse pubblico all’azione penale per il mantenimento dell’integrità, dell’efficacia e della fiducia pubblica nel servizio penitenziario - Assenza di interesse pubblico nella maggioranza delle informazioni divulgate e assenza di allegazioni volte alla riconduzione della condotta a quella del “whistle-blower” - Divulgazione del nome del ricorrente da parte del proprietario del giornale non imputabile allo Stato convenuto, in assenza di qualsiasi coercizione da parte della polizia.

Art 7 - Nullum crimen sine lege - Sufficiente prevedibilità dell’imputazione e della condanna per il reato di cattiva condotta in pubblico ufficio .

 

req. n. 58170/13 et a.

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

25 maggio 2021 (Big Brother Watch and Others c. The United Kingdom)

Art. 8 - Vita privata - Conformità alla Convenzione di un regime di sorveglianza segreta, compresa l’intercettazione di massa delle comunicazioni e la condivisione dell’intelligence - Necessità di sviluppare la giurisprudenza alla luce delle importanti differenze tra l’intercettazione mirata e l’intercettazione di massa - Carenze fondamentali presenti nel regime di intercettazione di massa.

Art 10 - Libertà di espressione - Protezione insufficiente del materiale giornalistico confidenziale nei regimi di sorveglianza elettronica.

 

req. n. 35252/08 et a.

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

25 maggio 2021 (Centrum för rättvisa c. Suède)

Art 8 - Privacy - Conformità alla convenzione di un regime di sorveglianza segreta - Necessità di sviluppare la giurisprudenza alla luce delle significative differenze tra intercettazioni mirate e intercettazioni di massa.

req. n. 47621/13 et a.

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

8 aprile 2021 (Vavřička et autres c. République tchèque)

Art. 8 e obblighi di vaccinazione - mancata violazione in caso di multa al genitore ed esclusione dei bambini dalla scuola materna per il rifiuto di rispettare l’obbligo di vaccinazione dei bambini, alla luce tra l’altro del dovere di solidarietà verso i più vulnerabili, che richiede al resto della popolazione di assumersi un rischio minimo con la vaccinazione, e della coerenza dell’obbligo con l’interesse superiore dei bambini - Riconoscimento della proporzionalità delle misure impugnate rispetto agli scopi legittimi perseguiti e mancato superamento dell’ampio margine di apprezzamento statale.

req. n. 42634/18

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

1 aprile 2021 (Sedletska v. Ukraine)

Art 10 - Libertà d’espressione e protezione delle fonti giornalistiche - Interferenza con i diritti della ricorrente a causa di un accesso giudizialmente autorizzato ai dati delle sue comunicazioni telefoniche mobili non necessaria in una società democratica, gravemente sproporzionata e non giustificata da una esigenza imperativa di interesse pubblico.

req. n. 14871/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

16 febbraio 2021 (Hanan c. Allemagne)

Art. 1 e 2 (aspetto procedurale) - Esistenza di un “nesso giurisdizionale” tale da far scattare l’obbligo di indagare sulle morti di civili causate da un attacco aereo ordinato durante una fase di ostilità attiva di un conflitto armato extraterritoriale, giurisdizione esclusiva dello Stato su gravi violazioni commesse dalle proprie truppe e obbligo di indagare ai sensi del diritto internazionale umanitario (IHL) e del diritto interno.

req. n. 12567/13

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

16 febbraio 2021 (Budinova and Chaprazov v. Bulgaria)

Violazione congiunta degli artt. 8 e 14 per mancata tutela contro affermazioni discriminatorie rese pubblicamente da un politico nei confronti di una minoranza etnica, con chiarimenti espliciti sui criteri per determinare se una affermazione discriminatoria relativa ad un gruppo etnico abbia "raggiunto il livello necessario" per costituire violazione dei diritti di un singolo.

req. n. 74603/12,77587/12

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

16 febbraio 2021 (V.C.L. and A.N. v. the United Kingdom)

Tratta di esseri umani e obblighi statali di protezione con particolare riguardo all’ipotesi di incriminazione delle relative vittime (violazione degli artt. 4 e 6).

req. n. 22457/16

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

2 febbraio 2021 (X et Autres c. Bulgarie)

Obblighi positivi, procedurali e sostanziali, derivanti dall’art. 3 ed abusi sessuali nei confronti dei minori (violazione dell’art. 3 sotto il profilo procedurale).

req. n. 59636/16

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

20 aprile 2020 (Tête c. Francia)

Libertà di espressione

demande n. P16-2018-001

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

9 aprile 2019

Parere consultivo ex Prot. n. 16 in tema di maternità surrogata, su domanda della Corte di Cassazione francese

req. n. 13237/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

20 marzo 2018 (Mehmet Hasan Altan c. Turchia)

Condanna della Turchia per le misure adottate contro giornalisti a seguito del tentato colpo di Stato

req. n. 39793/17

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

27 giugno 2017 (Charlie Gard and Others V. United Kingdom)

Sospensione delle cure mediche

req. n. 57592/08

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

17 gennaio 2017 (Hutchinson C. Royaume Uni)

Ergastolo

req. n. 56925/08

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

29 marzo 2016 (Bédat C. Suisse)

Segreto istruttorio e libertà di stampa)

req. n. 49085/07

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

19 gennaio 2016 (Görmüş e A. c. Turchia)

Libertà di stampa

req. n. 27510/08

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

15 ottobre 2015 (Perinçek c. Switzerland)

Negazionismo

req. n. 25239/13

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

 10 novembre 2015 (M’Bala M’Bala c. Francia)

Libertà di opinione

req. n. 46043/14

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

5 giugno 2015 (Lambert. c. Francia)

Legittimità dell’ordine d’interruzione delle cure tese al mantenimento artificiale in vita

req. n. 14793/08

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. ex II)

10 marzo 2015 (Y.Y. c. Turchia)

Diritto di cambiare sesso

req. n. 43835/11

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera

 1 luglio 2014 (S.A.S. c. France)

Divieto d’indossare il burqa integrale nello spazio pubblico; violazione degli artt. 8 e 9 CEDU: insussistenza

req. n. 20261/12

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

27 maggio 2014 (Baka v. Hungary)

Fine anticipata prevista in Costituzione del mandato del presidente della Corte suprema ungherese; violazione dell’articolo 6 CEDU - diritto ad un processo equo; violazione dell’art. 10 CEDU - libertà di espressione

req. n. 40454/07

 

Corte europea dei diritti dell’uomo (ex Sez. V)

12 giugno 2014 (Couderc et Hachette Filipacchi Associés c. France)

Libertà di stampa e tutela della privacy

req. n. 25781/94

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

12 maggio 2014 (Chypre c. Turquie)

"Gravi e continue" violazioni dei diritti commesse dalla Turchia nei confronti dei greco-ciprioti della parte nord di Cipro

req. n. 42750/09

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

21 ottobre 2013 (Del Rio Prada c. Russia)

Principio di legalità delle pene

req. n. 24069/03

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

14 marzo 2013 (Öcalan c. Turquie n. 2)

Condizioni di detenzione in carcere

req. n. 26118/10

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

19 settembre 2013 (Von Hannover c. Allemagne n. 3)

Rispetto della vita privata

 req. n. 26118/10

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

14 marzo 2013 (Eon c. France)

Offesa al Presidente della Repubblica

req. n. 40397/12

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

19 febbraio 2013 (c.d. caso “Pirate Bay”)

Violazione del copyright

req. n. 19010/07

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

19 febbraio 2013 (caso X e al.)

Adozione della prole del partner omosessuale

req. n. 48420/10

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

15 gennaio 2013 (caso Eweida)

Libertà di religione

req. n. 22689/07

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

13 dicembre 2012 (caso De Souza Ribeiro)

Immigrazione

req. n. 39630/09

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

13 dicembre 2012 (caso El-Masri)

Terrorismo

req. n. 71243/01

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

25 ottobre 2012 (caso Vistiņš et Perepjolkins)

Diritto di proprietà

req. n. 43370/04 (e al.)

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

19 ottobre 2012 (caso Catan)

Diritto all’istruzione

req. n. 57412/08

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

4 ottobre 2012 (caso Chabauty)

Non discriminazione e diritto di proprietà

req. n. 10593/08

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

12 settembre 2012 (caso Nada)

Terrorismo

req. n. 30386/05

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV)

6 novembre 2012 (caso Ekoglasnost)

Elezioni

req. n. 42730/05

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

12 settembre 2012 (caso Savda)

Obiezione di coscienza

req. nn. 15054/07-15066/07

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

28 giugno 2012 (caso Ressiot)

req. n. 14166/09

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

8 giugno 2012 (caso Célice)

req. n. 12039/08

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

8 giugno 2012 (caso Cadène)

req. nn. 39692/09,40713/09,41008/09

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

15 marzo 2012 (caso Austin et autres c. Rouyame Uni)

req. n. 57813/00

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

3 novembre 2011 (caso S.H. e altri c. Austria)

req. n. 14902/04

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

20 settembre 2011 (caso Oao Neftyanaya Kompaniya Yukos c. Russia)

req. n. 57813/00

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I)

1 aprile 2010 (caso S.H. et altri c. Austria)

req. n. 3394/03

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

29 marzo 2010 (caso Medvedyev c. Francia)

req. n. 15766/03

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

16 marzo 2010 (caso Oršuš et altri c. Croazia)

req. n. 42184/05

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

16 marzo 2010 (caso Carson e altri c. Regno Unito)

req. n. 29137/06

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V)

28 ottobre 2009 (caso Si Amer c. Francia)

req. n. 27996/06 e 34836/06

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

22 dicembre 2009 (caso Sejdić e Finci c. Bosnia Erzegovina)

req. n. 12106/03

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.  III)

21 giugno 2007 (caso Scanner de L’Ouest Lyonnais e altri c. Francia)

req. n. 6339/05

 Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

10 aprile 2007 (caso Evans c. Regno Unito)

req. n. 77782/01

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.  IV)

27 novembre 2007 (caso Luczak c. Pologna)

req. n. 44774/98

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

10 novembre 2005 (caso Leyla Sahin c. Turchia)

req. n. 1513/03

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

6 ottobre 2005 (caso Draon c. Francia)

req. n. 58453/00

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.  IV)

25 ottobre 2005 (caso Niedzwiecki c. Germania)

req. nn. 42219/98 e 54563/00

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.  I)

27 maggio 2004 (caso Ogis-institut Stanislas, Ogec St. Pie X e Blanche De Castille e altri c. Francia)

req. n.47316/99

Corte europea dei diritti dell’uomo, (Sez. II)

20 febbraio 2003 (caso Forrer-Niedenthal c. Germania)

req, nn. 41340/98, 41342/98, 41343/98 e 41344/98

Corte europea dei diritti dell’uomo, (Grande Camera)

13 febbraio 2003 (caso Refah Partisi et a. c Turchia c. Germania)

req. n.40892/98

Corte europea dei diritti dell’uomo, (Sez. II)

30 settembre 2003 (caso Koua Poirrez c. France)

req. n.28957/95

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

11 luglio 2002 (caso Christine Goodwin c. Regno Unito)

req. n.2346/02

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.  IV)

29 aprile 2002 (caso Pretty c. Regno Unito)

req.n. 33900/96

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.  III)

20 dicembre 2001 (caso P.S. c. Germania)

req. nn. 32492/96, 32547/96, 32548/96, 33209/96 e 33210/96

Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II)

22 giugno 2000 (caso Coëme et a. c. Belgio)

req. n. 24846/94 et 34165/96 à 34173/96

Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera)

28 ottobre 1999 (caso Zielinski e altri c. Francia)

117/1996/736/933–935

Corte europea dei diritti dell’uomo,

23 ottobre 1997 (caso National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society Et Yorkshire Building Society C. Regn. Unito)

req. 97/1996/716/913

Corte europea dei diritti dell’uomo

22 ottobre 1997 (caso Papageorgiou c. Grecia)

req.n. 13427/87

Corte europea dei diritti dell’uomo

9 dicembre 1994 (caso Raffineries Grecques Stran e Stratis Andreadis c. Grecia)

req. n. 9267/81

Corte europea dei diritti dell’uomo

2 marzo 1987 (caso Mathieu-Mohin et Clerfayt c. Belgio)