Consulta
OnLine (periodico online) ISSN 1971-9892
GIURISPRUDENZA DELLA CORTE EDU
(concernente gli altri membri del Consiglio
d’Europa)
Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 28 novembre 2024 (Klaudia
Csikos c. Ungheria) Art. 8 e art. 10 – Violazione del diritto
al rispetto della vita privata, della riservatezza della corrispondenza e
della libertà di espressione in ragione dell’assenza di adeguate garanzie
procedurali per una giornalista che lamentava l'intercettazione delle proprie
telefonate con un conoscente stretto al fine di scoprire le sue fonti di
informazione |
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Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 26 novembre 2024 (Ferrero Quintana c.
Spagna) Art. 1 del Protocollo 12 – Non violazione del
divieto generale di discriminazione in conseguenza della fissazione di un limite
di età di 35 anni in un concorso pubblico per l’assunzione di agenti di
polizia di primo grado, in considerazione del fatto che le mansioni di natura
operativa o esecutiva da svolgersi erano tali da richiedere un’idoneità
fisica particolarmente accentuata, anche in considerazione degli anni di
servizio da prestare dopo l’assunzione: circostanza da cui si ricava che la differenza
di trattamento in ragione dell’età può, nelle circostanze del caso, ritenersi
adeguata all’obiettivo di garantire il buon funzionamento del servizio di
polizia, senza eccedere quanto necessario per il conseguimento di tale legittimo
e importante obiettivo. Il tutto anche alla luce dell’ampio margine di
apprezzamento riconosciuto agli Stati nell’ambito in questione. Sono presenti tre opinioni concordanti. |
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Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 26 novembre 2024 (A.P. c. Austria) Art. 2 (procedurale e sostanziale) – Non violazione
del diritto alla vita e dei connessi obblighi positivi di prevenzione e di
indagine in un caso nascente dalla morte del figlio del ricorrente durante una
esercitazione (“heat march”) mentre svolgeva il
servizio militare obbligatorio. La Corte ha ritenuto non sufficientemente
provato che gli atti o le omissioni delle autorità siano stati responsabili
della sua morte e che le misure ragionevoli omesse dalle autorità avrebbero
avuto una reale prospettiva di modificare il tragico esito della vicenda. È presente un’opinione dissenziente. |
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Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 26 novembre 2024 (Kotov c. Russia) Artt. 5, 6, 8, 10, 11 e 13 – Art. 1 del Protocollo
1 ‒ Violazione di tutti i diritti invocati (salvo il mancato esame,
ritenuto non necessario, della lamentata violazione dell’Art. 13) in conseguenza,
tra l’altro: della mancata motivazione da parte dei tribunali nazionali delle
condanne amministrative per la partecipazione a manifestazioni pubbliche non
autorizzate ma pacifiche e per l’affissione di inviti a partecipare a una di
tali manifestazioni; della condanna penale sproporzionata (nonché di dubbia prevedibilità),
in assenza di bilanciamento degli interessi in gioco, per ripetute violazioni
della procedura stabilita per l’organizzazione e lo svolgimento di
manifestazioni pubbliche; della privazione illegittima della libertà
personale; dell’eccessiva durata della custodia cautelare nel procedimento
penale; di carenze nella legalità del procedimento di revisione della
detenzione; di limitazioni del diritto di esaminare i testimoni; di perquisizioni
illegali del domicilio del ricorrente, in assenza di garanzie adeguate e di
motivi pertinenti o sufficienti; del trattenimento di effetti personali del
ricorrente non connessi al caso, sequestrati durante la perquisizione del suo
domicilio. |
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Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 19 novembre 2024 (Vieru
c. Moldavia) Art. 2, Art. 3 (profilo procedurale e sostanziale)
e Art. 14 – Violazione di tutti i diritti invocati in un caso rispetto al
quale sono emerse: sotto il profilo procedurale, la mancata conduzione di un’indagine
efficace su accuse credibili di violenza domestica fisica e psicologica e
sulle circostanze della morte della sorella della ricorrente e la mancata garanzia di un processo rapido e
di una punizione dell’autore di violenza domestica; sotto il profilo
sostanziale, la mancata protezione della vittima di violenza domestica, con un
documentato e ripetuto fallimento da parte delle autorità nazionali nel
prevenire e fermare la violenza contro le donne, in un contesto giuridico
nazionale rivelatosi inadeguato, senza che vi sia stato un intervento rapido
delle autorità investigative né alcuna valutazione sulla natura reale e
immediata del rischio di reiterazione della violenza, tenendo in debito conto
né, ancora, l’adozione di misure preventive e protettive per scongiurare tale
rischio; infine, sotto il profilo della violazione del principio di non discriminazione
di cui all’art. 14 (in relazione agli artt. 2 e 3), si evidenzia come non sia
stata confutata la tesi della ricorrente di una generale passività
istituzionale e/o di una mancanza di consapevolezza della violenza domestica
e della violenza di genere. È presente un’opinione parzialmente dissenziente. |
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Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 14 novembre 2024 (Mammadov
c. Azerbaijan) Art. 10 – Violazione della libertà di
espressione in conseguenza della illegittima e sproporzionata radiazione del
ricorrente dall’avvocatura per azioni asseritamente incompatibili con il
patrocinio e con la deontologia forense. La Corte rileva: che le pertinenti disposizioni
di diritto interno erano formulate in termini molto generali e vaghi, tali da
consentire un’interpretazione ampia; che, nel caso specifico, l’interpretazione
e l’applicazione del diritto interno da parte dei tribunali nazionali non ha
garantito al ricorrente una protezione contro un’ingerenza arbitraria, adottata
in mancanza di motivazioni pertinenti e sufficienti. La Corte rileva altresì
come la misura adottata fosse la sanzione più severa possibile, cosa in grado
di avere un grave effetto di dissuasione sugli avvocati, scoraggiando la
denuncia di comportamenti scorretti tenuti da parte dei vertici dei loro
studi legali come pure la formulazione di critiche verso la gestione della propria
associazione professionale. Quanto all’esecuzione della sentenza ex
art. 46 la Corte incarica il Comitato dei ministri di sorvegliare l’adozione
di misure volte, tra l’altro, al ripristino delle attività professionali del
ricorrente. |
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Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 12 novembre 2024 (M.I. c. Svizzera) Art. 3 – Violazione del divieto di
trattamenti umani e degradanti in un caso di espulsione determinata dal fatto
che i tribunali nazionali svizzeri non hanno sufficientemente valutato il
rischio concreto di maltrattamento da parte della sua famiglia che
avrebbe corso il ricorrente, in quanto omosessuale, in Iran e la mancanza di
una disponibilità di una protezione statale contro tale maltrattamento nel
Paese d’origine. I tribunali nazionali aveva giudicato che il ricorrente non
corresse un rischio per la sua persona se avesse condotto la sua vita privata
in modo “discreto” [discreet] al suo ritorno
nello Stato d’origine. L'allontanamento in Iran senza una nuova valutazione degli
aspetti di cui sopra comporterebbe per la Corte una violazione dell’Art. 3
CEDU. |
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Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 12 novembre 2024 (R.F. e altri c. Germania)
Art. 8 – Mancata violazione degli obblighi
positivi derivanti dal diritto al rispetto della vita famigliare in
conseguenza del rifiuto dei giudici tedeschi di constatare che la minore ricorrente
(terza ricorrente), partorita dalla seconda ricorrente, è anche figlia della
prima ricorrente, che è madre genetica e partner registrato della seconda
ricorrente. Il minore è nato in Germania da una procreazione medicalmente
assistita vietata in tale Paese ed effettuata legalmente all'estero. La Corte
ritiene che lo Stato convenuto non abbia violato i suoi obblighi, in quanto la
vita familiare dei ricorrenti non è stata significativamente influenzata.
Infatti, la Corte nega che un mancato rispetto della vita privata della prima
ricorrente sia derivato dall’averle imposto di seguire la procedura di
adozione disponibile anche per le coppie omosessuali e in assenza di
particolari difficoltà nel vivere quotidianamente il suo rapporto con il
minore. In merito al rispetto del diritto alla vita privata del bambino, la
Corte giudica che l'adozione sia stata effettuata senza particolari
difficoltà e la prima ricorrente abbia goduto in precedenza dei diritti e
doveri relativi alla genitorialità del bambino in virtù della sua unione legale
con il secondo ricorrente. |
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Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 12 novembre 2024 (Associated Newspapers
Limited c. Regno Unito) Art. 10 – Violazione dalla libertà di
espressione determinata dallo sproporzionato obbligo per la società
ricorrente, convenuta nel settore dei media, di versare le “spese di successo”
[success fees, quota di onorari subordinata al
raggiungimento di un risultato favorevole da parte di un avvocato, oggi
abrogate anche in Regno Unito, n.d.r.] a favore di un attore in giudizio che
aveva stipulato un accordo di onorario condizionato con i suoi rappresentanti
legali. La Corte fa applicazione delle conclusioni della causa MGN Limited
c. Regno Unito, per le quali il pur ampio margine di apprezzamento
rispetto a misure generali che perseguono interessi sociali ed economici è da
considerarsi superato in questo caso. Mancata violazione della libertà di
espressione rispetto alla recuperabilità dei premi assicurativi “After the
Event” (“ATE”) sostenuti dagli attori in giudizio in circostanze non
sproporzionate [si tratta di un’assicurazione che copre i costi di
un’eventuale condanna alle spese legali della controparte nei casi di
citazione in giudizio di editori, n.d.r.]. Per la Corte
infatti non esiste una regola generale sulla recuperabilità dei premi
ATE simile a quella applicata alla recuperabilità delle “spese di successo”.
La proporzionalità dei premi ATE deve dunque essere valutata caso per caso e,
a differenza delle “spese di successo”, l'assicurazione ATE può
potenzialmente offrire notevoli vantaggi ai convenuti vittoriosi che
desiderano recuperare i costi sostenuti. |
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Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 7 novembre
2024 (Bakradze c. Georgia) Art. 14 (+ art. 10 e art. 11) – Violazione
del divieto di discriminazione determinata dall’insufficiente controllo giurisdizionale
della lamentata discriminazione di una ex giudice georgiana da parte
dell'Alto Consiglio di Giustizia (HCJ) nei concorsi giudiziari a causa del
suo ruolo di fondatrice e presidente della ONG “The Unity
of Judges of Georgia” e delle sue opinioni
critiche sullo stato del sistema giudiziario del paese. La ricorrente ha
dimostrato un caso prima facie di
discriminazione. Infatti, le circostanze specifiche dei colloqui della
ricorrente sono state tali che un osservatore indipendente avrebbe potuto
ragionevolmente trarre la conclusione che le sue attività legate alla ONG
hanno avuto un ruolo significativo nelle decisioni di non riconferma. Le
domande del colloquio sono andate oltre la verifica della sua integrità e
hanno dimostrato il pregiudizio dei singoli membri dell'HCJ nei suoi
confronti. I tribunali nazionali non hanno affrontato la denuncia di
discriminazione con la dovuta attenzione in modo da garantire alla ricorrente
una protezione reale ed effettiva da qualsiasi potenziale parzialità e
discriminazione. La Corte censura il mancato spostamento dell'onere della
prova sull'HCJ per dissipare la percezione di parzialità e dimostrare una
differenza di trattamento giustificata da una ragione obiettiva. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 24 ottobre 2024 (Eckert c. Francia) Art. 11 – Mancata violazione della libertà
di riunione pacifica in conseguenza dell’irrogazione di un’ammenda per la
partecipazione a una manifestazione vietata nell’ambito del movimento di
protesta dei “gilet gialli”. La Corte nota in primo luogo
che la sanzione era prevista da un atto avente natura legislativa e che le
autorità nazionali potevano legittimamente ritenere che vi fosse un grave
rischio di violenza e di danni e dunque un’esigenza sociale imperativa alla
base della limitazione. Inoltre, l’assenza di dichiarazione preventiva da
parte degli organizzatori della manifestazione non è giustificabile nel caso
di specie, mentre il divieto è stato limitato nello spazio e nel tempo e
quindi non contrario all’articolo 11. Per la Corte vi è stata ponderazione
degli interessi in gioco, nel rispetto dei criteri stabiliti dalla Corte
stessa, e le misure punitive non sono state quindi ritenute sproporzionate. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 22 ottobre 2024 (Kobaliya
e altri c. Russia) Art. 8, Art. 10 e Art. 11 – Violazione
della libertà di espressione e della libertà di associazione determinata
dall’applicazione estesa della legislazione sugli “agenti stranieri” alle
organizzazioni dei media e ai giornalisti sulla base di criteri vaghi e
imprevedibili circa la nozione di “agente straniero” che portano a
un’applicazione arbitraria di tale legislazione. La Corte osserva l’assenza di ragioni
“pertinenti e sufficienti” per la qualificazione dei richiedenti come “agenti
stranieri” e la mancanza di una “pressante necessità sociale” per gli onerosi
requisiti di qualificazione secondo i criteri della legge per tutte le
comunicazioni pubbliche, anche per l’effetto stigmatizzante dell’etichetta
obbligatoria di “agente straniero” che scoraggia il discorso pubblico e
l'impegno civico. La Corte ritiene sproporzionate ed eccessive le multe
previste per il mancato rispetto delle norme di qualificazione o
‘etichettatura’ come “agente straniero”, in specie la sanzione estrema dello
scioglimento a carico delle ONG per le presunte violazioni. La legislazione
in oggetto appare dunque incompatibile con il pluralismo e “non necessario in
una società democratica”. La Corte rinviene anche una violazione del
diritto al rispetto della vita privata in conseguenza delle molteplici e
ingiustificate ripercussioni sulla vita privata e professionale dei singoli
ricorrenti a seguito della loro designazione come “agenti stranieri”. La
pubblicazione dei dati personali dei richiedenti sul sito web del Ministero
della Giustizia non risponde ad alcun interesse pubblico e l'obbligo di
presentare relazioni frequenti e dettagliate sulle entrate e sulle spese
personali eccede quanto potrebbe essere considerato necessario per garantire
la trasparenza. La Corte censura anche le ampie e ingiustificate restrizioni
all’esercizio di alcune professioni, tra cui l’insegnamento ai minori e la
scrittura per i giovani. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 17 ottobre 2024 (Central Unitaria de Traballadores/as c. Spagna)
Art. 11 – Mancata violazione della libertà
di riunione in conseguenza del divieto di una manifestazione organizzata dal
sindacato ricorrente per il 1° maggio 2020, durante le prime fasi della
pandemia di COVID-19. La Corte giudica l’interferenza come non generalizzata
né basata sui contenuti della manifestazione, oltre che “prevista dalla
legge” e funzionale a obiettivi legittimi di tutela della salute e dei
diritti e delle libertà altrui. La pandemia di COVID-19 deve inoltre essere
qualificata come una circostanza eccezionale e imprevedibile e l’interferenza
deve considerarsi come imposta nel contesto di una pressante esigenza sociale
di tutela della salute individuale e pubblica e in circostanze particolari.
Le decisioni delle autorità nazionali sono state basate su una valutazione
accettabile dei fatti e su ragioni pertinenti e sufficienti, con un equo
bilanciamento degli interessi in gioco, in una materia in cui oltretutto
spetta agli Stati un ampio margine di apprezzamento rispetto agli interessi
in conflitto. Tale ampio margine di discrezionalità non è stato dunque
oltrepassato attraverso l’interferenza in questione, da ritenersi invece
“necessaria in una società democratica”. Vi è un’opinione dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 17 ottobre 2024 (Amerisoc
Center S.R.L. c. Lussemburgo) Art. 1 P.1 – Violazione del diritto di
proprietà determinata dalla mancanza di un mezzo di ricorso che consenta di
contestare efficacemente il sequestro di beni bancari depositati su conti
lussemburghesi a seguito di una richiesta di assistenza giudiziaria
internazionale. La Corte censura come i giudici nazionali non abbiano
valutato la proporzionalità di una misura che, per la sua natura e la sua
portata, appariva a priori significativa e severa e che si è protratta per
sei anni. La Corte censura la mancanza
di una ragionevole possibilità per la ricorrente di far valere il proprio
punto di vista nel contesto di un procedimento in contraddittorio e determina
dunque che la misura è stata sproporzionata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
IV) 15 ottobre 2024 (H.T. c. Germania e
Grecia) Art. 3, Art. 5 § 3 e § 4 – Violazione del divieto di
trattamenti inumani e degradanti in un caso di espulsione e allontanamento immediato di un
richiedente asilo siriano dalla Germania alla Grecia nell'ambito di un
accordo amministrativo tra i due paesi, a causa del mancato esame della
domanda di asilo prima dell’allontanamento. La Corte rinviene poi
un’insufficiente base, all'epoca dei fatti, per una presunzione generale di
accesso a un’adeguata procedura di asilo in Grecia, procedura che protegga dal
respingimento arbitrario e dall’ esposizione a trattamenti contrari all’Art.
3 CEDU. La Corte riscontra la mancata previsione di garanzie generali a tale
riguardo da parte dell’accordo amministrativo, nonché l’assenza di garanzie
individuali. La Corte riscontra in particolare, nel caso concreto, la
mancanza di una valutazione del rischio individualizzata da parte delle
autorità tedesche prima dell’allontanamento, avvenuto in modo frettoloso e
senza previo accesso a un avvocato. Art. 3 (sostanziale) – La riconosciuta
violazione dell’Art. 3 sotto al profilo sostanziale è conseguente al
trattamento degradante subito dal ricorrente per via della detenzione, dopo
l’allontanamento dalla Germania, per due mesi e diciassette giorni in una
stazione di polizia greca senza il rispetto delle condizioni e la garanzia
dei servizi essenziali [“amenities”]
richiesti per i periodi di detenzione prolungati. La Corte riscontra anche una violazione
dell’Art. 5 § 4 CEDU sotto il profilo della verifica della base legale della
detenzione. La Corte non rinviene invece una violazione
dell’Art. 5 § 1 CEDU in quanto la durata della detenzione complessiva in
Grecia in attesa dell’espulsione (due mesi e ventitré giorni) è da ritenersi
giustificata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
I) 10 ottobre 2024 (Validity
Foundation in rappresentanza di T.J. c. Ungheria) Art. 2 e Art. 34 – La Corte afferma in
primo luogo la legittimazione di un’organizzazione non governativa a
presentare ricorso per conto di una persona con grave disabilità intellettiva
deceduta in una casa di cura gestita dallo Stato. La Corte rinviene poi una violazione
dell’Art. 2 CEDU sotto ai profili sia sostanziale che procedurale per ragioni
inerenti al trattamento della defunta, sotto il controllo esclusivo dello
Stato, e per la mancata dimostrazione del rispetto del livello di protezione
richiesto per evitare il deterioramento della sua salute e la sua morte
prematura. La Corte censura l’inadeguatezza delle condizioni di vita e delle
cure mediche e terapeutiche, nonché l’uso eccessivo di mezzi di contenzione
e, ancora, la mancanza di indagini efficaci, la mancata sottoposizione del
caso della deceduta a un attento esame e in generale l’assenza di reazioni
adeguate ivi inclusa un’azione di risarcimento. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 8 ottobre 2024 (M.A. e Z.R. c. Cipro)
Art. 3, Art. 4 P.4 e Art. 13 – Violazione
del divieto di trattamenti degradanti sotto al profilo procedurale
determinata dall’espulsione e dal trasferimento sommario in Libano di
cittadini siriani intercettati in mare dalle autorità cipriote e senza previo
esame delle loro richieste d’asilo e in violazione delle stesse misure
previste dal diritto nazionale. La Corte censura la mancata valutazione da
parte delle autorità cipriote del rischio di mancato accesso a una procedura
di asilo effettiva in Libano, delle condizioni di vita dei richiedenti in
tale Paese e del rischio di espulsione arbitraria in Siria. La Corte rinviene anche una violazione
dell’Art. 3 CEDU sotto al profilo sostanziale, in quanto i richiedenti sono
stati tenuti in mare a bordo della loro barca di legno per due giorni senza
poter sbarcare in un contesto caratterizzato - secondo le accuse dei
ricorrenti non confutate dal governo - da inadeguata fornitura di cibo e
acqua, esposizione al calore e mancanza di accesso alle strutture igieniche e
dunque tale da dover essere considerato, nelle particolari circostanze, come
un trattamento degradante. La Corte rinviene poi una violazione del
divieto di espulsione collettiva in conseguenza del trasferimento forzato in
Libano, anche per la mancanza di documentazione specifica per ciascun
migrante e di trascrizioni di colloqui e moduli richiesti dall’Accordo
bilaterale con il Libano. Lo Stato non ha fornito nessuna informazione sul
fatto che i richiedenti siano stati informati dei loro diritti o delle
modalità di impugnazione della decisione di allontanamento, risultando così
pregiudicato l’accesso all’assistenza legale. Si riscontra l’assenza di
decisioni di allontanamento individuali scritte, non imputabile alla condotta
dei richiedenti stessi. La Corte censura infine
la mancanza di un ricorso interno effettivo, con effetto sospensivo
automatico. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (GC) 17 settembre 2024 (Pindo
Mulla c. Spagna) Art. 8 e Art. 9 – Violazione del diritto al
rispetto della vita privata determinato dal trattamento medico sotto forma di
trasfusioni di sangue somministrato a una testimone di Geova, durante un
intervento chirurgico d'urgenza, nonostante il suo espresso rifiuto di
sottoporsi a trasfusioni di sangue di qualsiasi tipo. La Corte ritiene che in
principio i pazienti adulti siano sempre liberi di decidere in merito a
interventi chirurgici o trattamenti medici, con conseguente necessità di
solide salvaguardie legali e istituzionali nel processo decisionale. La
Grande Camera compie dunque una delucidazione dei requisiti procedurali applicabili:
la decisione di rifiutare un trattamento salvavita deve essere chiara,
specifica e inequivocabile e rappresentare la posizione attuale del paziente
sulla questione. In caso di dubbio, gli operatori sanitari hanno il dovere di
compiere ogni ragionevole sforzo per determinare la volontà del paziente.
Tuttavia, in caso di emergenza, nonostante gli sforzi per dissipare i dubbi,
esistono ragionevoli motivi per dubitare della decisione di un individuo di
rifiutare un trattamento salvavita, procedere con tale trattamento non può
essere considerato un mancato rispetto della sua autonomia personale. In
situazioni di pericolo di vita, il diritto alla vita riveste pari importanza
del diritto dell'individuo di decidere autonomamente in merito alle cure mediche.
La Corte rileva però come manchi un consenso europeo sulle modalità per
conciliare questi due diritti, tenendo conto della volontà precedentemente
espressa dal paziente. Da questo punto di vista, il principio di conferire un
effetto giuridico vincolante al testamento biologico e alle relative modalità
formali e pratiche resta nell'ambito del margine di apprezzamento dello
Stato. La Corte rileva altresì la necessità di un sistema di direttive
mediche anticipate su cui i pazienti facciano affidamento perché le garanzie
funzionino efficacemente. Da tale punto di vista, il quadro nazionale
spagnolo è ben sviluppato, e conforme alla Convenzione di Oviedo, al fine di
garantire il rispetto dell'autonomia del paziente nel sistema sanitario
nazionale. Tuttavia, nella pratica, le carenze del processo decisionale nel
caso di specie non hanno garantito un sufficiente rispetto dell'autonomia del
ricorrente, vista la mancata fornitura al giudice preposto d’ufficio alla
decisione (essendo la ricorrente temporaneamente incosciente) di un'adeguata
base fattuale che egli potesse poi porre alla base della propria decisione
relativa al rifiuto delle cure del ricorrente, rifiuto pur registrato per
iscritto in varie forme e in vari momenti. La mancanza di informazioni essenziali
e accurate ha avuto un effetto determinante sul processo decisionale del
giudice preposto alla decisione, con una mancata considerazione della
capacità decisionale della ricorrente, tutte carenze non colmate dalle Corti
superiori. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
I) 29 agosto 2024 (Pasquinelli e altri c.
San Marino) Art. 8 – Mancata violazione del diritto
alla vita privata nel caso della misure imposte, in
ambito lavorativo, agli operatori sanitari e socio-sanitari san-marinesi e
italiani presso l’azienda ospedaliera san-marinese per essersi rifiutati di
vaccinarsi contro il Covid-19. La Corte rileva come la vaccinazione prevista
dalla normativa impugnata non fosse obbligatoria e come la normativa non
imponesse vere sanzioni legali né portasse a conseguenze automatiche. Le
misure adottate nei confronti dei lavoratori si basavano su situazioni
individuali e non possono essere considerate sanzioni ‘mascherate’. La Corte
distingue perciò il caso di specie dal precedente Vavřička
e altri c. Repubblica Ceca [GC], dal momento che la scelta vaccinale è
stata nel caso di specie sufficientemente legata all'autonomia personale e
decisionale dei ricorrenti, senza un obbligo generalizzato di vaccinarsi. La
Corte giudica comunque l’Art. 8 applicabile al caso, ritenendo tuttavia che
la limitazione riscontrata perseguisse finalità legittime di tutela della
salute e dei diritti e delle libertà altrui e che le misure impugnate fossero
giustificate e proporzionate rispetto a tali finalità, sicché l’ampio margine
di discrezionalità in materia di politica sanitaria non è stato oltrepassato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 27 agosto 2024 (Yasak
c. Türkiye) Art. 3 e Art. 7 – Mancata violazione dei
principi nullum crimen sine lege e nulla
poena sine lege in un caso di condanna per
appartenenza ad un’organizzazione terroristica armata a causa delle attività
segrete svolte dal ricorrente per conto dell'organizzazione gulenista turca, in qualità di quadro. La Corte distingue
il caso di specie dalla propria recente giurisprudenza Yüksel
Yalçınkaya c. Türkiye
[GC, 2023]. Infatti, il reato ha in questo caso una base giuridica
prevedibile al momento della sua commissione e vi è stato da parte dei
giudici nazionali un accertamento individuale, basato su prove solide, degli
elementi materiali e morali che costituiscono il reato. L’interpretazione e
l’applicazione compiuta dai giudici turchi è stata dunque prevedibile e non è
da rinersi un’interpretazione estensiva della
disposizione penale in questione. Per quanto riguarda la lamentata violazione
dell’Art. 3, per la Corte le condizioni di detenzione del richiedente non
erano inumane o degradanti. È presente un’opinione concorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
IV) 27 agosto 2024 (Bielau
c. Austria) Art. 10 – Mancata violazione della libertà
di espressione in un caso di irrogazione di una sanzione disciplinare a un
medico praticante austriaco, cultore dell’omeopatia, per aver rilasciato
dichiarazioni scientificamente insostenibili sull’inefficacia dei vaccini
contro il Covid. La Corte rinviene motivi pertinenti e sufficienti e un equo
bilanciamento degli interessi concorrenti nella decisione delle autorità
nazionali, anche alla luce del carattere delle informazioni diffuse dal
ricorrente, idonee a tratte in inganno un largo pubblico. La sanzione appare
inoltre proporzionata. È presente un’opinione dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 25 luglio 2024 (Ždanoka
c. Lettonia(n. 2)) Art. 3 P.1 – Mancata violazione del diritto
a candidarsi in libere elezioni in un caso di rimozione del nome della
ricorrente dalla lista dei candidati alle elezioni parlamentari lettoni, a
causa della sua passata partecipazione attiva al Partito Comunista di
Lettonia e delle sue attuali attività politiche entro un partito russofono
lettone. Il caso, che si colloca nel solco tracciato da Ždanoka
c. Lettonia [GC, 2006], impone, secondo la Corte, un’applicazione dei
principi ivi enunciati relativamente alle condizioni di legittimità delle
restrizioni a candidarsi alle elezioni. Per la Corte la restrizione impugnata
è sufficientemente prevedibile e quindi sotto questo profilo legittima, e
persegue finalità legittime di tutela dell'indipendenza dello Stato, dell'ordine
democratico e della sicurezza nazionale. La Corte constata inoltre, sul piano
fattuale, un significativo cambiamento del contesto generale rispetto alla
situazione entro cui si collocava la precedente Ždanoka
v. Lettonia [GC], con la Lettonia (e l'Europa in generale) che non gode
più della “maggiore stabilità” [“greater stability”] cui faceva riferimento la Grande Camera nella sua
decisione precedente. Nel caso di specie, dopo Ždanoka
c. Lettonia [GC] lo Stato convenuto aveva sempre più motivi legittimi per
temere per la propria sicurezza, integrità territoriale e ordine democratico
da parte di un’eventuale minaccia russa (l’etnia della ricorrente), il che
richiedeva il riconoscimento di un margine di apprezzamento ancora più ampio
per la protezione di tali valori. L'azione limitata del legislatore per
quanto riguarda la rivalutazione periodica della restrizione impugnata,
prevista dalla Grande Camera, non è ingiustificata in un contesto specifico e
sensibile come l’attuale. La nuova interpretazione della restrizione
impugnata da parte della Corte costituzionale lettone, alla luce degli
sviluppi, incide sulla posizione giuridica delle persone che hanno messo in
passato e continuano a mettere nel presente in pericolo l'indipendenza dello
Stato lettone e i principi di uno Stato democratico di diritto. Inoltre, le
ragioni addotte dalla Commissione elettorale centrale lettone sono state
ritenute sufficienti in considerazione delle circostanze specifiche del caso
e del profilo pubblico della ricorrente, nonchè del
suo sostegno alle azioni della Federazione russa nella penisola di Crimea nel
2014 e seguenti. Per la Corte, i procedimenti interni hanno offerto
sufficienti garanzie procedurali contro l'arbitrarietà della decisione e la
ricorrente ha potuto candidarsi ed è stata eletta alle elezioni del
Parlamento europeo. Non è stato dunque superato l’ampio margine di
apprezzamento dello Stato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 25 luglio 2024 (Couso Permuy c. Spagna) Art.
6 – Mancata violazione del diritto d’accesso a un tribunale in un caso
di interruzione del procedimento penale relativo all'uccisione di un
giornalista di nazionalità spagnola - fratello del ricorrente - avvenuta in
Iraq, a causa del dedotto difetto di giurisdizione delle corti nazionali e a
seguito di una riforma legislativa che ha limitato la giurisdizione
universale dei tribunali spagnoli per i reati commessi a livello
extraterritoriale. La Corte ritiene l’Art. 6 CEDU applicabile, sotto il
profilo civile, in considerazione del diritto del ricorrente, in base al
diritto spagnolo, di partecipare come parte civile [“private accusing party”] al procedimento penale e di ottenere
un risarcimento civile dagli autori del reato, qualora fosse stato accertato
un reato e fosse stata pronunciata una condanna nel caso di specie. La Corte
rileva come la giurisdizione obbligatoria, ai sensi della Quarta Convenzione
di Ginevra del 1949, non si sia mai estesa all'obbligo di uno Stato di
ricercare i criminali di guerra al di fuori del proprio territorio e di
rivendicare la giurisdizione per perseguirli e processarli. Non c’è dunque
nessun obbligo in capo agli Stati contraenti, derivante dal diritto
internazionale o dalla Convenzione, di dotarsi di una giurisdizione
universale sotto al profilo civilistico, e non è irragionevole che uno Stato
subordini l'esercizio della giurisdizione universale all'esistenza di
determinati elementi di collegamento o legami giurisdizionali con lo Stato
stesso. Il ricorrente ha potuto rivolgere le proprie doglianze ai tribunali
spagnoli e vi è stato un esercizio effettivo della giurisdizione da parte
delle autorità spagnole per più di dodici anni, prima dell'interruzione. Non
vi sarebbe inoltre nessun indizio di arbitrarietà o manifesta
irragionevolezza nella conclusione dei giudici spagnoli in merito al loro
difetto di giurisdizione, con un accertamento non sproporzionato rispetto
agli obiettivi perseguiti, mentre l'interpretazione dei giudici nazionali
corrispondeva allo scopo della nuova legge che mirava a limitare le controversie
basate sulla giurisdizione universale ai casi in cui esisteva un legame
sufficiente con la Spagna. Tale interpretazione rientrava nel margine di
apprezzamento dello Stato, e, da ultimo, il procedimento è stato interrotto
temporaneamente, ma senza escludere la possibilità di riaprirlo se i
convenuti, membri dell’esercito degli Stati Uniti al tempo dei fatti, fossero
rientrati nel territorio spagnolo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 25 luglio 2024 (M.A. e altri C. Francia)
Art. 8 – Mancata violazione del diritto al
rispetto della vita privata in un caso di criminalizzazione generale e
assoluta della compravendita di atti sessuali nell'ambito di un quandro legislativo globale di lotta contro la
prostituzione e la tratta di esseri umani in Francia. La Corte accerta
l’interferenza con il diritto al rispetto della vita privata, ma accerta
altresì la mancanza di una visione comune a livello europeo e internazionale
sul modo migliore di affrontare la prostituzione e le profonde divergenze di
opinione sull'uso del diritto penale in questione come strumento di lotta
contro la tratta di esseri umani, con conseguente ampio margine di
discrezionalità. La Corte accerta l’avvenuto esame da parte del Parlamento
francese di tutti gli aspetti del sistema istituito, per inquadrare un
fenomeno molto complesso che solleva questioni morali ed etiche delicate. Il
quadro d’intervento legislativo si è articolato in quattro direttrici, ossia
l’eliminazione di tutte le disposizioni legali che potessero incoraggiare la
prostituzione, senza tuttavia vietarla; l’introduzione di una protezione per
le prostitute, in particolare tramite la repressione dello sfruttamento
sessuale di altre persone; la prevenzione dell'ingresso nel mondo della
prostituzione; infine l’assistenza al reinserimento
delle prostitute che desiderano abbandonare la prostituzione. La Corte
accerta un equo bilanciamento degli interessi contrapposti da parte della
disciplina introdotta, così che il margine di apprezzamento non risulta superato.
La Corte aggiunge tuttavia che le autorità nazionali sono tenute a
riesaminare costantemente l'approccio adottato per poterlo modificare alla
luce dell'evoluzione della materia e delle conseguenze dell'applicazione
della legge. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 18 luglio 2024 (Hanovs
c. Lettonia) Art.
3 e Art. 8 (+ Art. 14) – Violazione degli obblighi positivi
determinata dalla mancanza d’indagini efficaci e da una discriminazione sulla
base dell'orientamento sessuale, che hanno portato a una mancata protezione
del ricorrente da un'aggressione omofobica, non assicurando l'effettivo
perseguimento dell'autore. La Corte sanzione in particolare il mancato
perseguimento dell'aggressione come reato motivato dall’odio, laddove vi è
stata invece una semplcie condanna per cattiva
condotta in un procedimento amministrativo, con un’ammenda di 70 euro per
l'aggressione, senza affrontare i motivi alla base dell'odio. La sanzione è
stata dunque manifestamente sproporzionata, per difetto, rispetto alla
gravità dell'atto. Per la Corte, il ricorso a tali procedimenti
amministrativi ha banalizzato l'incidente e l'assenza di una risposta solida
ha favorito un senso di impunità per i reati motivati dall’odio verso le
minoranze. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 16 luglio 2024
(Meli e Swinkels Family Brewers N.V. c. Albania) Art.
6 § 1 – Violazione del diritto a un equo processo e
mancata violazione del diritto di accesso a un tribunale in un caso relativo
a un ricorso presso la Corte costituzionale albanese. La Corte non rinviene una violazione del
diritto a un equo processo in conseguenza del rigetto dei rispettivi ricorsi
costituzionali dei ricorrenti a seguito di una parità dei voti espressi dal
collegio giudicante o del mancato raggiungimento della maggioranza di cinque
giudici, requisiti necessari nell’ordinamento albanese per dichiarare una
violazione costituzionale. Per la Corte, né la parità di voti né il requisito
della maggioranza qualificata costituiscono di per sé una violazione
dell'Art. 6 CEDU. Le disposizioni giuridiche pertinenti, modificate a seguito
della sentenza della Corte EDU Marini c. Albania, sono ora
sufficientemente chiare, per quanto riguarda l'esito dei ricorsi che si
concludono con una parità di voti o con qualsiasi votazione che non produca
una maggioranza di cinque giudici. Nel caso di specie vi è poi stato un esame
adeguato del merito e una determinazione finale sulle richieste dei ricorrenti. La Corte rinviene però una violazione
dell’equo processo determinata dalla mancanza di una motivazione adeguata, perchè la Corte costituzionale non ha fornito in concreto
ragioni e motivi sostanziali a sostegno del respingemento
delle richieste dei ricorrenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 9 luglio 2024 (Savinovskikh
e Altri c. Russia) Art. 8 e Art. 34 – Riconosciuta violazione
del diritto alla vita familiare in conseguenza della cessazione
dell'affidamento di due minori a una persona transessuale, a causa di una
diagnosi di “transessualismo” e del cambiamento d’identità di genere. La Corte
censura il mancato esame approfondito dell'intera situazione familiare da
parte delle autorità russe, che nella loro decisione hanno fatto affidamento
prevalentemente sull'impossibilità giuridica di accettare coppie dello stesso
sesso come genitori affidatari, nonché sulle tradizioni e sulla mentalità
della società russa, senza considerare le conclusioni delle autorità preposte
all’istruttoria del caso di specie. La Corte censura
inoltre l’assenza di un esame individuale da parte di esperti o di uno
studio scientifico di supporto sull'impatto del cambiamento di identità di
genere sulla salute psicologica e sullo sviluppo dei bambini, con la
conseguente mancanza di una valutazione equilibrata e ragionevole degli
interessi rilevanti nel caso. Per quanto riguarda la legittimazione ad
agire, si riconosce che la ricorrente era legittimata ad agire per conto dei
bambini in quanto, al momento della presentazione della domanda, i servizi
sociali che tutelavano gli interessi dei minori ai sensi del diritto
nazionale erano all'origine dell'interferenza arbitraria. È presente un’opinione parzialmente
dissenziente (in relazione al fatto che la Corte non ha ritenuto di accertare
la violazione anche dell’Art. 14 CEDU). |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (GC) 25 giugno 2024 (Ucraina c. Russia (re
Crimea)) Art. 33, Art. 2, Art. 3, Art. 5, Art. 6,
Art. 7, Art. 8, Art. 9. Art. 10, Art. 11, Art. 1P.1, Art. 2 P.1,
Art. 2 P.4, Art. 14, Art. 18, Art. 38, Art. 46 – La Corte riscontra la
violazione di plurimi diritti nel ricorso interstatale dell’Ucraina contro la
Russia e rispetto alle pratiche amministrative della Russia, avvenute
prevalentemente in Crimea. La Corte riscontra la violazione del
diritto alla vita sotto al profilo sostanziale e procedurale a causa della
pratica amministrativa di sparizioni forzate e mancanza di indagini efficaci
su accuse credibili di tale pratica. Al riguardo, l'esame da parte della
Corte non si è limitato alle sole persone irreperibili ed è stata confermata
l’applicabilità dell'Art. 2 indipendentemente dal rilascio della maggior
parte delle persone rapite. La Corte riscontra poi una violazione
dell’Art. 3 sotto al profilo sostanziale e procedurale a causa della pratica
amministrativa di maltrattamenti nei confronti di soldati ucraini, ma anche
“ucraini etnici”, tatari di Crimea e giornalisti e per i maltrattamenti nei
confronti di "prigionieri politici ucraini" sia in Crimea che nella
Federazione Russa e per la mancanza di indagini efficaci al riguardo. La
Corte ha poi accertato le condizioni degradanti di detenzione dei
"prigionieri politici ucraini" nel centro SIZO di Simferopol, in
Crimea, riconducendole a un problema sistemico derivante da carenze generali
nell'organizzazione e nel funzionamento del sistema carcerario della Crimea. Si riscontra una violazione del diritto
alla legalità di ogni forma di arresto o detenzione determinato dalla pratica
amministrativa della detenzione segreta e illegale, in isolamento, di soldati
ucraini, ma anche ucraini etnici, tatari di Crimea e giornalisti. Vi è
secondo la Corte una prassi amministrativa in corso di privazione illegale
della libertà, perseguimento e/o condanna di "prigionieri politici
ucraini" sulla base dell'applicazione illegale del diritto russo in
Crimea, con applicazione retroattiva del diritto penale ed estensione di
disposizioni penali in modo imprevedibile da parte dei tribunali in Crimea. Vi è una violazione del diritto a un
tribunale istituito dalla legge determinata dall’applicazione generalizzata
del diritto russo in Crimea dopo la sua ammissione alla Federazione russa - in
violazione della Convenzione, per come interpretata alla luce del diritto
internazionale umanitario - con una sostituzione generalizzata del diritto
ucraino. La Corte giudica i tribunali operanti in Crimea come non
"istituiti dalla legge". Vi è inoltre una violazione del diritto
alla vita privata determinata dalla prassi amministrativa che impedisce ai
cittadini della Crimea di poter effettivamente rinunciare alla nuova
cittadinanza russa, ma anche una violazione dei diritti alla casa e alla vita
famigliare per la pratica amministrativa di effettuare incursioni e
perquisizioni illegali e arbitrarie in case private e per via dei
trasferimenti illegali di prigionieri dalla Crimea verso strutture penali
situate in territorio russo. Vi è una violazione della libertà di
religione causata dalla pratica amministrativa di molestie illegali nei
confronti di leader religiosi non conformi alla fede ortodossa russa,
incursioni arbitrarie in luoghi di culto e confisca di beni religiosi, senza
alcuno scopo o giustificazione legittima. Vi è una violazione della libertà di
espressione, determinata dalla pratica amministrativa di soppressione
illegale di media non russi, compresa la chiusura di stazioni televisive
ucraine e tatare. Vi è una violazione della libertà di
riunione pacifica e della libertà di associazione, determinata dalla pratica
amministrativa di proibire illegalmente raduni pubblici e manifestazioni di
sostegno all'Ucraina o alla comunità tatara di Crimea, nonché a causa
dell’intimidazione e la detenzione arbitraria degli organizzatori delle
manifestazioni. La Corte condanna, inoltre, la pratica amministrativa di
privazione illegale della libertà, perseguimento e/o condanna di
"prigionieri politici ucraini" per aver esercitato la loro libertà
di espressione, di riunione pacifica e di associazione. Vi è inoltre una violazione del diritto di
proprietà determinata dalla pratica amministrativa di espropriazione illegale
su larga scala (in forma di nazionalizzazioni) di proprietà appartenenti a
imprese civili e private in Crimea, pratica che comporta un trasferimento
definitivo della proprietà senza alcun indennizzo. Vi è inoltre una violazione, e nella
sostanza una negazione completa, del diritto all'istruzione, determinata
dalla pratica amministrativa di soppressione della lingua ucraina nelle
scuole e di persecuzione dei bambini di lingua ucraina a scuola. Vi è una violazione della libertà di
circolazione determinata dalla pratica amministrativa di limitare
illegittimamente la libertà di circolazione tra la Crimea e l'Ucraina
continentale come conseguenza della trasformazione de facto, da parte
dello Stato convenuto, della linea di confine amministrativa in un confine di
Stato tra la Federazione Russa e l'Ucraina. In collegamento con i diritti violati, la
Corte individua poi una generale discriminazione, priva di giustificazione
oggettiva o ragionevole a danno dei tatari di Crimea. Per quanto riguarda il fatto che le
limitazioni ai diritti siano mosse da scopi non autorizzati secondo la
Convenzione ai sensi dell’Art. 18, la Corte ritiene il suddetto Articolo non
applicabile in combinato disposto con l'Art. 7 in considerazione del carattere
inderogabile di tale disposizione (incompatibile dunque ratione materiae),
ma l’Art. 18 risulta applicabile in combinato disposto con gli Artt. 5, 6, 8,
10 e 11 alle pratiche amministrative di restrizione nei confronti dei tatari
di Crimea, a quella di limitare i diritti e le libertà dei "prigionieri
politici ucraini" con il prevalente scopo ulteriore di punire e mettere
a tacere qualsiasi opposizione politica, in nome di una politica statale
costante, sviluppata e promossa pubblicamente da importanti rappresentanti
delle autorità russe, di soffocare qualsiasi opposizione in loco, con
abuso della legge penale. La Corte nota, inoltre, il mancato rispetto
dell'obbligo dello Stato di fornire la propria collaborazione e i mezzi
necessari all’indagine e, sotto il profilo dell’esecuzione della sentenza e
delle misure individuali, ritiene che lo Stato convenuto debba adottare
misure, non appena possibile, per garantire il ritorno sicuro dei prigionieri
interessati trasferiti dalla Crimea a strutture penali situate sul territorio
della Federazione Russa. Tuttavia, la Corte ritiene che la questione della
giusta soddisfazione da garantire secondo l’Art. 41 CEDU non sia ancora
pronta per una decisione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 20 giugno 2024 (Z c. Repubblica Ceca)
Art. 3 e Art. 8 – Violazione degli obblighi
positivi collegati al divieto di trattamenti inumani o degradanti e al
diritto alla vita privata determinata dal non aver le autorità applicato in
concreto un sistema penale in grado di punire gli atti sessuali non
consensuali denunciati da una vittima vulnerabile che però non si è opposta
durante il compimento di tali atti. La
Corte fa applicazione dei principi generali enunciati nella sentenza M.C.
c. Bulgaria e rinviene un approccio errato da parte delle autorità
nell'interpretazione dei fatti e del quadro giuridico, contraddistinto
dall’inadeguata considerazione da parte della giurisprudenza nazionale delle
situazioni di consenso non valido a causa dell'abuso di vulnerabilità [“abus de vulnérabilité”]
e della reazione psicologica delle vittime di violenza sessuale. La Corte
censura, inoltre, l’interpretazione restrittiva degli elementi costitutivi
del reato di stupro come definito dal codice penale,
che ha portato all'archiviazione del caso da parte della polizia. La Corte
rileva infine come un ricorso a un'autorità giudiziaria contro la decisione
di archiviazione non fosse consentito dal diritto interno. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 18 giugno 2024 (Suprun
e altri c. Russia) Art. 10 – Violazione della libertà di
ricevere informazioni determinata dal rifiuto di fornire ai ricorrenti
l'accesso a documenti d'archivio sulla repressione politica sovietica, di
farne copie o di scattare fotografie e della successiva condanna di uno dei
ricorrenti per aver raccolto informazioni rispetto alle quali era stato
negato l’accesso. Per la Corte la
raccolta di informazioni era una fase preparatoria rilevante per successive
ricerche e pubblicazioni scientifiche e avrebbe contribuito così al dibattito
pubblico sulla repressione politica in epoca sovietica. La Corte censura la
mancata dimostrazione da parte delle autorità di come la divulgazione delle
informazioni in questione incidesse sulla privacy di persone
presumibilmente decedute, mentre l'impatto della ricerca dei richiedenti sui
sentimenti dei discendenti, se esistente, è minimo e remoto. D’altra parte, i
tribunali nazionali non hanno fatto un vero tentativo di valutare
l'applicabilità dell'Art. 8 CEDU al caso di specie, pur invocando aspetti del
diritto alla riservatezza. Se avessero proceduto in tal senso, per la Corte
sarebbe stato evidente che l’accesso era stato richiesto rispetto a dati
ufficiali raccolti in un periodo storico risalente e relativi alla vita
pubblica o professionale (e non personale) delle persone coinvolte. La
restrizione all'accesso alle informazioni non ha dunque perseguito alcuna
"pressante esigenza sociale" e non si è basata su ragioni
pertinenti e sufficienti, non è dunque definibile come "necessaria in
una società democratica". |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
I) 13 giugno 2024 (Daniel Karsai c. Ungheria) Art. 8 e Art. 14 – Mancata violazione del
diritto al rispetto della vita privata nel caso dell’impossibilità per un
malato terminale, affetto da una malattia neurodegenerativa progressiva e non
curabile, di essere assistito nella morte, in virtù del divieto generalizzato
ed extraterritoriale vigente in Ungheria. La Corte constata l’applicabilità
dell'Art. 8 al divieto penale di suicidio assistito, in Ungheria e
all'estero, che costituisce una restrizione al godimento del diritto
all'autodeterminazione nella morte [“right
to self-determined death”],
ma rileva altresì che agli Stati è concesso un considerevole margine di
apprezzamento, in quanto la maggioranza degli Stati membri ha continuato a
vietare e perseguire l'assistenza al suicidio, compresa la morte assistita da un medico [“physician-assisted
dying (“PAD”)”]. Per la Corte non vi è nessuna
base giuridica negli strumenti internazionali pertinenti per concludere che
gli Stati membri siano stati consigliati o tenuti a fornire l'accesso alla
PAD, mentre la legalizzazione della PAD comporta comunque importanti
implicazioni sociali e rischi di abuso ed errore. Al contempo, cure
palliative di alta qualità, compreso l'accesso a un'efficace gestione del
dolore, restano essenziali per assicurare la dignità dell’individuo
sofferente. La Corte osserva che il ricorrente non ha sostenuto che le cure
palliative a sua disposizione fossero inadeguate o che non sarebbe stato in
grado di ricevere una sedazione palliativa per alleviare la sofferenza,
mentre il rifiuto di ricevere la sedazione costituisce una scelta personale
legittima che non può di per sé richiedere alle autorità di fornire soluzioni
alternative o di legalizzare la PAD. Le autorità nazionali non sono dunque
incorse in alcun obbligo positivo derivante dall'Art. 8 in materia di cure palliative,
mentre il divieto penale di suicidio assistito, compresa la sua applicazione
a chiunque aiuti il richiedente a ricorrere alla PAD all'estero, non è per la
Corte sproporzionato, pur dovendosi tenere conto della necessità di un
continuo controllo delle misure giuridiche appropriate, tenendo conto degli
sviluppi nelle società europee e degli standard internazionali pertinenti in
materia di etica medica. La Corte nega altresì la presunta
discriminazione tra pazienti dipendenti da trattamenti di sostegno vitale e
pazienti che non lo siano e che, di conseguenza, non possono accelerare la
loro morte rifiutando tali trattamenti, in quanto tale presunta differenziazione
risulta oggettivamente e ragionevolmente giustificata, in quanto il diritto
di rifiutare o richiedere l'interruzione di trattamenti medici indesiderati è
intrinsecamente connesso al diritto al consenso libero e informato
all'intervento medico, come riconosciuto dalla Convenzione di Oviedo del
Consiglio d'Europa e la maggioranza degli Stati membri ha consentito il
rifiuto o la sospensione, su richiesta del paziente, degli interventi di
mantenimento o di salvataggio della vita. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 11 giugno 2024 (Kokëdhima
c. Albania) Art. 3 P.1 – In materia di elezione e
candidature politiche, la Corte ritiene non vi sia stata violazione di alcun
diritto politico nel caso della dichiarazione di cessazione del mandato di un
deputato albanese da parte della Corte costituzionale per l’incompatibilità
del mandato con il suo coinvolgimento in attività commerciali attraverso una
società di cui era l'unico azionista e che traeva reddito da contratti con
enti statali. La Corte giudica non vi fosse nessun problema di accessibilità
delle leggi e delle prassi applicabili, mentre il ricorrente non ha adottato
tutte le misure necessarie per porre fine al conflitto di interessi in corso
al momento dell'assunzione del mandato, per cui la misura impugnata risulta
sufficientemente prevedibile e non è arbitraria. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (GC) 11 giugno 2024 (Nealon
e Hallam c. Regno Unito) Art. 6 § 2 – Mancata violazione della presunzione di
innocenza in caso di diniego di risarcimento per errore giudiziario, a
seguito dell'annullamento delle condanne penali dei ricorrenti in quanto
"non sicure" [“unsafe”], per non
aver soddisfatto il nuovo test legale introdotto dopo la sentenza Allen c.
Regno Unito [CG]. La Corte giudica che non ci sia motivo di discostarsi
dalla propria conclusione nella causa Allen sull'applicabilità
dell’art. 6 § 2 nei casi relativi alla questione dei costi e alle richieste
di risarcimento avanzate da parte di un ex imputato a seguito di
un'assoluzione. La Corte ritiene tuttavia che la distinzione tra assoluzioni
e archiviazioni [“acquittals and discontinuances”] nella propria pertinente
giurisprudenza non vada mantenuta, mentre il criterio di distinzione generale
deve essere quello di controllare se i ragionamenti e le decisioni [“reasoning and decisions”]
impugnate dei tribunali nazionali o di altre autorità in successivi
procedimenti collegati equivalgano a un'imputazione di responsabilità penale.
Secondo la Corte lo Stato convenuto è libero di decidere come definire
l'"errore giudiziario" [“miscarriage
of justice”] e di tracciare una linea politica
convenzionalmente legittima per quanto riguarda l'ammissibilità al
risarcimento, a seguito dell'annullamento di una condanna, purché il rifiuto
dell'indennizzo non imputi la sussistenza di una responsabilità penale nei
confronti del ricorrente il cui ricorso non è accolto. In questi casi non vi è margine per un
diritto al risarcimento per un errore giudiziario ai sensi dell'art. 6 § 2 a
seguito dell'annullamento di una condanna penale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 6 giugno 2024 (Bersheda
e Rybolovlev c. Monaco) Art. 8 – Violazione dell’Art. 8 CEDU nel
caso dell’esame dell'intero contenuto del telefono cellulare di un avvocato
disposto da un giudice istruttore al di fuori dell'ambito del suo mandato. Il
caso era caratterizzato dalla consegna spontanea del telefono da parte
dell'avvocato per dimostrare la sua buona fede in merito allo scopo del
sequestro. Le autorità avevano proceduto a una perquisizione estesa e
completa del contenuto, accessibile e nascosto, del telefono utilizzato per
scopi personali e professionali, inclusi i dati cancellati dal ricorrente. La
Corte rinviene una violazione della privacy e della corrispondenza
dell'avvocato, visto il mancato rispetto delle disposizioni che stabiliscono
un regime di protezione per gli avvocati e l’autolimitazione insufficiente da
parte delle autorità giudiziarie della portata dell'indagine, che è stata estesa
in modo eccessivo dal giudice istruttore, con un mancato controllo delle
garanzie procedurali dovute al rispetto del segreto professionale
dell'avvocato. Tutto ciò è avvenuto in un quadro di rimedi giurisdizionali
interni adeguati ed efficaci, in linea di principio, ma che non hanno
consentito, in pratica, di porre rimedio in modo adeguato alle misure
ordinate, con un’ingerenza non proporzionata alle finalità legittime
perseguite. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 4 giugno 2024 (Zouboulidis
c. Grecia (no. 3)) Art. 6 § 1 – Violazione del diritto di
accesso a un tribunale, determinata dal fatto che la Corte Suprema
Amministrativa greca (SAC) abbia dichiarato irricevibile per difetto di
giurisdizione il ricorso del ricorrente contro lo Stato per i danni asseritamente
causati dal rigetto da parte della Corte di cassazione ellenica di un suo
precedente ricorso per motivi di diritto, rigetto che pure era stato
giudicato dalla Corte EDU, nella causa Zouboulidis
c. Grecia (77574/01), come una violazione dell’Art. 6 § CEDU. Il diritto interno sulla responsabilità
dello Stato è stato infatti interpretato dalla SAC nel senso di non ammettere
richieste di danni causati da un errore manifesto da parte di un organo
giudiziario fino all'emanazione di una legislazione specifica che disciplini
tale responsabilità. Per la Corte, l'interpretazione della SAC non è in linea
con la sua precedente giurisprudenza, che applicava per analogia il diritto
interno vigente a tali casi in considerazione dell'assenza di una
legislazione relativa ad essi. La nuova interpretazione ha fatto sì che la
domanda del ricorrente non fosse ammissibile “ad infinitum”
rispetto a un autentico controllo giurisdizionale e ha costituito un ostacolo
insormontabile a qualsiasi futura richiesta di risarcimento da parte del
ricorrente nei confronti dello Stato per i presunti errori dei tribunali
civili, fino all'eventuale adozione di una legislazione specifica. La Corte
condanna la limitazione del diritto del ricorrente per un periodo
indeterminato, che crea incertezza giuridica a suo danno ed è contraddistinta
da un onere sproporzionato, con una conseguente limitazione dell'essenza
stessa del diritto di accesso a un tribunale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
I) 28 maggio 2024 (Pietrzak
e Bychawska-Siniarska and Others c. Polonia) Art. 8, Art. 34 – Violazione del diritto
alla riservatezza determinata dall’inadeguatezza delle garanzie giuridiche
contro l'arbitrarietà e l'abuso in relazione alla sorveglianza segreta, alla
conservazione e all'accesso ai dati delle comunicazioni di cui alla legge
polacca sulla polizia, come emendata nel 2016. La Corte ritiene che il riconoscere lo
status di vittima dei ricorrenti nel caso di specie, pur alla luce di un
esame compiuto solo in astratto, sia giustificato della natura della
legislazione contestata, perché caratterizzata dalla segretezza e dall’ampia
portata delle misure di sorveglianza e dalla mancanza di rimedi interni
efficaci per contestarne la legittimità. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 23 maggio 2024 (M.M. c. Francia) Art. 3, Art. 6 § 1 – Il caso riguardava il
rifiuto dei giudici francesi di aprire un’inchiesta su una denuncia penale
(con richiesta di costituzione di parte civile) presentata dal ricorrente, un
cittadino egiziano, contro il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, per
presunte torture e atti di barbarie, mentre il presidente Sisi si trovava in
visita ufficiale in Francia. Il ricorso presentato alla Corte riguardava la
decisione di non indagare sulle accuse contenute nella denuncia a causa del
principio di diritto pubblico-internazionale dell'immunità dei capi di Stato.
La Corte ha innanzitutto osservato che nel caso di specie non vi erano
caratteristiche particolari che potessero creare un legame giurisdizionale
extraterritoriale [“extraterritorial jurisdictional link”] che avrebbe imposto alle
autorità francesi un obbligo procedurale di indagare sulle accuse di atti di
tortura avvenuti in Egitto, in accordo con la parte procedurale dell'articolo
3 della Convenzione. La Corte, come i tribunali nazionali, ritiene che il
Presidente Al-Sisi godesse dell'immunità dalla giurisdizione penale quando si
trovava all'estero, in virtù delle norme di diritto internazionale
consuetudinario. Tale immunità, tuttavia, non comporta una totale privazione
del diritto di accesso a un tribunale ai fini dell'Articolo 6 della
Convenzione. La Corte non ritiene comunque che vi sia stato nulla di
manifestamente irragionevole o arbitrario nella valutazione dei tribunali
nazionali e ritiene che la limitazione del diritto di accesso a un tribunale
ai fini dell'articolo 6 della Convenzione non sia sproporzionata rispetto
allo scopo legittimo perseguito. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
II) 14 maggio 2024 (Mitrevska
c. Macedonia del Nord) Art. 8 – Violazione degli obblighi positivi
collegati al diritto alla vita privata a causa dell’impossibilità per la
ricorrente, adottata da bambina, di ottenere informazioni sulle sue origini
biologiche e sulla salute dei suoi genitori biologici, in quanto le
informazioni relative ad un'adozione conclusa costituiscono un segreto
ufficiale ai sensi del diritto interno che non può essere condiviso. La Corte
censura in particolare la mancanza di un’eccezione per motivi medici che
impedisca alle autorità nazionali di valutare le argomentazioni della
ricorrente in merito all'asserita necessità di ottenere informazioni di
carattere sanitario e la conseguente assenza di equilibrio tra gli interessi
contrapposti in gioco. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 23 maggio 2024 (Saakashvili c. Georgia)
Art. 6 § 1, Art. 6 § 3 (d), Art. 7 – Mancata violazione del
diritto a un equo processo, in specie rispetto al diritto a un tribunale
indipendente e imparziale e sotto il profilo dell’esame dei testimoni, nel
caso della condanna dell'ex Presidente della Georgia, in due distinti
procedimenti penali, per fatti commessi durante la sua carica (complicità in
percosse e abuso di autorità a causa dell'esercizio della clemenza
presidenziale). La Corte ritiene che il Tribunale monocratico di primo grado
che ha condannato il ricorrente per abuso di autorità ufficiale non mancasse
di indipendenza o imparzialità (sia in senso oggettivo che funzionale), anche
considerando che le funzioni impiegatizie o comunque tecniche dell'assistente
giudiziario non devono essere confuse con il ruolo del giudice in senso
proprio. La Corte afferma peraltro che un giudice professionale (formato [“trained”]) sia più adatto a mantenere il
necessario distacco rispetto a un giudice o a un giurato ‘laico’. Secondo la
Corte, invece, i diritti di difesa del ricorrente in entrambi i procedimenti
non sono stati violati, in quanto l’uso delle prove da parte dei tribunali
nazionali nei procedimenti penali è stato conforme alla Convenzione e le
dichiarazioni dei testimoni costituiscono testimonianze dirette. Il
ricorrente ha avuto poi la possibilità di confrontarsi con i testimoni chiave
durante il processo e di contestare le loro dichiarazioni. Sotto il profilo del principio “nullum crimen sine lege”, la Corte ritiene
che la condanna del ricorrente per abuso di autorità per aver concesso la
grazia, durante la sua presidenza, a funzionari di alto rango condannati per
omicidio, potesse essere ragionevolmente prevista. La disposizione penale su
cui si basava la condanna costituisce infatti un esempio della tecnica
legislativa del "rinvio generale" o della "legislazione
mediante rinvio" che non solleva rilievi problematici ai sensi dell'Art.
7 § 1 CEDU in quanto tale. Il ricorrente non poteva invece aspettarsi di
godere dell'immunità dalla responsabilità penale individuale né in base alla
disposizione penale pertinente né in base al quadro costituzionale nazionale.
Alla luce della panoramica costituzionale comparata, l'aspettativa del
ricorrente che una consuetudine costituzionale paneuropea lo mettesse al
riparo dalla responsabilità penale per gli atti commessi nell'esercizio dei
suoi poteri discrezionali mentre era in carica risulta infondata. Per la Corte
si deve invece adottare un approccio deferente, in considerazione del
principio di sussidiarietà, rispetto al modo in cui i tribunali nazionali
hanno affrontato, applicando il concetto di pesi e contrappesi, la dimensione
costituzionale dell'apparente dicotomia tra la natura assoluta del potere
presidenziale di clemenza e la possibilità che tale potere diventi oggetto di
abuso; la Corte ritiene che i tribunali nazionali abbiano esaminato lo stato
d'animo del ricorrente durante la commissione del reato e compiuto
un’interpretazione e applicazione del diritto nazionale pertinente,
ragionevole e coerente con l'essenza del reato. Vi è un’opinione parzialmente dissenziente
di due giudici annessa al giudizio. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
II) 16 maggio 2024 (Mikyas
e altri c. Belgio) Art. 9 – Inammissibilità per manifesta
infondatezza del ricorso proposto da alcune giovani mussulmane di
cittadinanza belga contro il divieto di indossare il velo negli istituti
scolastici pubblici della comunità fiamminga, in quanto presuntamente lesivo
della libertà religiosa. La Corte nota, infatti, come il divieto sia stato
deciso dalle autorità competenti per dare esecuzione all’Art. 24 § 1 (3)
della Costituzione dello Stato, secondo cui l’educazione deve essere
neutrale, in rapporto alle convinzioni religiose e filosofiche di studenti e
famiglie. La Corte giudica inoltre, a maggioranza, che il concetto di
neutralità del sistema scolastico fiammingo, inteso come divieto generale di
indossare simboli visibili di credo da parte degli alunni, non sia di per sé
in contrasto con l'Art. 9 della Convenzione e con i valori che ne sono alla
base. A questo proposito, osserva che il divieto contestato non si limita al
velo islamico, ma si applica indistintamente a qualsiasi simbolo visibile del
proprio credo, al fine di proteggere gli studenti da ogni forma di pressione
sociale e di proselitismo. Inoltre, le ricorrenti avevano scelto liberamente
di frequentare le scuole del sistema educativo comunitario e non potevano
ignorare che i relativi organi di governo erano tenuti, in base alla
Costituzione, a garantire il rispetto del principio di neutralità. La restrizione contestata può quindi essere
considerata proporzionata agli obiettivi perseguiti, vale a dire la tutela
dei diritti e delle libertà altrui e dell'ordine pubblico, e quindi
"necessaria" "in un contesto democratico". Ne consegue
che i reclami ai sensi dell’articolo 9 della Convenzione sono manifestamente
infondati. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 16 maggio 2024 (Domenjoud
c. Francia) Art. 2 P.4, Art. 15, Art. 5 – Violazione
della libertà di circolazione nel caso dell’assegnazione a residenza
preventiva [“assignation à résidence préventive”]
imposta in via amministrativa a due ricorrenti sospettati di possibili atti
di violenza durante il vertice COP 21 di Parigi, nel 2015, sulla base della
legge sullo stato di emergenza dichiarato a seguito degli attentati
terroristici del medesimo anno. La Corte nota, in primo luogo, come la misura
non fosse direttamente connessa alla lotta contro il terrorismo, ossia la
causa di adozione dello stato d’urgenza e dell’attivazione dell’Art. 15 CEDU
da parte dello Stato. La misura applicata al primo ricorrente si è comunque
caratterizzata per un generale rispetto del principio di proporzionalità,
viste le sufficienti garanzie procedurali; il sufficiente collegamento con lo
stato di emergenza nelle circostanze molto specifiche del caso (che vedevano
una forte preoccupazione delle autorità per nuovi turbamenti dell’ordine
pubblico a pochi giorni dagli attentati di Parigi); e viste le motivazioni
pertinenti e sufficienti, sorrette da prove concrete derivanti dalla condotta
e dal background dell'interessato, che indicavano un serio rischio di
partecipazione a episodi di particolare violenza. Per quanto riguarda invece
la misura applicata al secondo ricorrente, la Corte giudica che la sostanza
dei suoi diritti procedurali non sia stata preservata, data l’assenza di una
valutazione individuale e dettagliata del suo comportamento o delle sue
azioni, tale da rendere possibile la concretizzazione del rischio. Sotto il profilo dell’Art. 15 CEDU e sempre
rispetto al secondo ricorrente, la Corte nota come l’assegnazione a residenza
non rientrasse nella lotta al terrorismo e non potesse ritenersi una misura
strettamente richiesta dalla situazione, per cui gli atti dello Stato non
sono da ritenere coperti dalla deroga derivante da un pericolo pubblico che
minacci la vita della nazione, pericolo pur esistente all’epoca dei fatti. Sotto il profilo dell’art. 5 CEDU, la Corte
nota però come l’assegnazione a residenza non possa essere considerata una
privazione della libertà, quanto piuttosto una sua mera restrizione, dato il
combinato disposto di durata, effetti e modalità di esecuzione delle misure. È presente un’opinione dissenziente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
II) 14 maggio 2024 (Oleg Balan c. Repubblica
di Moldavia) Art. 8 – Violazione del diritto alla vita
privata sotto al profilo degli obblighi positivi a causa del rigetto del
ricorso per diffamazione presentato dal ricorrente quando era Ministro
dell'Interno e rivolto contro il leader di un partito politico di opposizione
per le dichiarazioni contenute in un documento pubblicato sulla pagina
Facebook personale di quest'ultimo. La Corte censura il mancato equilibrio
tra i diritti concorrenti di cui agli Artt. 8 e 10 CEDU, in quanto il
convenuto con l’accusa di diffamazione è stato espressamente trattato, senza
spiegazioni, come giornalista investigativo e "persona pubblica" [“public
person”] dalle corti nazionali di vertice, con
conseguente applicazione della presunzione di buona fede applicabile ai
giornalisti investigativi ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU.
D’altra parte, la Corte rinviene la mancata analisi degli elementi del
fascicolo relativi alla tutela del diritto alla reputazione del ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
II) 23 aprile 2024 (Aydın
Sefa Akay c. Turchia)
Art. 5 § 1, Art. 8, Art. 15 – Violazione
del diritto a un equo processo secondo una procedura prevista dalla legge nel
caso dell’arresto e della detenzione preventiva di un giudice turco in
servizio presso il Meccanismo internazionale residuale per i tribunali penali
delle Nazioni Unite [“United Nations International Residual
Mechanism for Criminal Tribunals”], nonostante l'immunità diplomatica
conferitagli dallo Statuto del Meccanismo. La Corte, all’unanimità, applica, mutatis mutandis,
ai giudici e ai tribunali internazionali i principi enunciati nella propria
giurisprudenza sull'indipendenza della magistratura interna. Inoltre, censura
il ritardo dei tribunali nazionali nel valutare la rilevanza dell'immunità
diplomatica del ricorrente, evidenziando come questo ritardo sia
incompatibile con l'Art. 5 § 1 CEDU e tale da rendere vana qualsiasi
protezione spettante in virtù dell’immunità stessa. L'interpretazione dei
tribunali interni in merito all'immunità non è stata dunque né prevedibile né
conforme alle esigenze di certezza del diritto di cui all'Art. 5 § 1, perché,
contrariamente a quanto dichiarato dalla Corte costituzionale turca, i
giudici dei tribunali internazionali non sono rappresentanti di uno Stato
membro presso un organo delle Nazioni Unite e il ricorrente godeva della
piena immunità diplomatica, compresa l'inviolabilità personale e
l'impossibilità di essere sottoposto a qualsiasi forma di arresto o
detenzione per tutta la durata del suo mandato. La Corte ricorda come lo
scopo ultimo dei privilegi e dell'immunità è quello di proteggere
l'indipendenza dei giudici, e quindi del Tribunale del Meccanismo ONU, nei
confronti di qualsiasi Stato. La Corte rinviene una violazione dell’Art.
8 CEDU a causa delle perquisizioni della persona e del domicilio del
ricorrente non "previste dalla legge", perché il luogo di residenza
del ricorrente era da considerare ai fini in questione analogo a quello di un
ufficio, dato che egli lavorava per il Meccanismo ONU a distanza, appunto
dalla sua residenza presso il suo paese d'origine. La residenza era dunque
soggetta a una protezione rafforzata simile a quella concessa dalla
giurisprudenza della Corte ex Art. 8 alle perquisizioni presso lo studio di
un avvocato. I tribunali nazionali non hanno esaminato questo aspetto
dell'immunità del ricorrente, mentre alcuni oggetti sequestrati sono stati
successivamente utilizzati nel procedimento penale a suo carico. D’altra
parte, non vi è stata nessuna revoca dell'immunità da parte del Segretario
Generale dell'ONU né consenso a posteriori da parte dell'ONU o del
ricorrente. La Corte non ritiene potersi fare
applicazione della deroga ex Art. 15 CEDU invocata dalla Turchia, pur
concedendo che il Paese si trovava allora in uno stato di emergenza
minacciante la vita della nazione. Infatti, la presunta deroga (in realtà da
considerare una violazione) dell’Art. 5 § 1 e dell’Art. 8 CEDU è avvenuta
tramite misure incompatibili con gli "altri obblighi derivanti dal
diritto internazionale" gravanti sullo Stato convenuto, citati come
requisito dallo stesso Art. 15 e per la prima volta utilizzati dalla Corte
per escludere l’applicabilità dell’Articolo. Inoltre
la Corte giudica che, almeno per l’Art. 5, le misure derogatorie abbiano
ecceduto il limite di stretta proporzionalità gravante sullo Stato ex Art.
15. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
IV) 23 aprile 2024 (Zăicescu
e Fălticineanu c. Romania) Art. 8 (+Art. 14), Art. 34 – Violazione
dell’Art. 8, insieme all’Art. 14 CEDU, a causa della discriminazione subita
dai ricorrenti nel loro diritto alla vita privata, a causa dell’assoluzione,
negli anni ‘90, di due alti ufficiali militari precedentemente condannati
negli anni ’50 per reati connessi all'Olocausto, nell'ambito di un procedimento
d'appello straordinario non comunicato ai ricorrenti, che sono stati essi
stessi vittime dell'Olocausto. I risultati e il contesto del procedimento
sono ritenuti per la Corte essere stati in grado di incidere sufficientemente
sul senso di identità e di autostima dei ricorrenti, causando una sofferenza
emotiva che raggiunge il "livello certo" o la "soglia di
gravità" richiesti [“certain level” e “threshold
of severity”]. L’applicabilità dell'art. 8
discende dai principi sviluppati nella giurisprudenza in materia di
dichiarazioni antisemite o di negazione dell'Olocausto, applicabili nel caso
di specie, data anche la presenza di standard comuni a livello europeo ed internazionale.
I procedimenti penali contro i responsabili dei crimini antisemiti riguardavano
inoltre una questione di estremo interesse pubblico. La Corte nota anche come
nonostante la conservazione dei fascicoli relativi alle condanne iniziali e
ai nuovi procedimenti da parte dei servizi segreti, vi sia stato però un
rifiuto iniziale di consentire ai ricorrenti l'accesso ai fascicoli, senza
una ragionevole giustificazione e a fronte della mancata divulgazione delle
sentenze di assoluzione intercorse negli anni ‘90 e delle loro motivazioni,
senza considerare che questa scelta avrebbe potuto provocare nei ricorrenti
sentimenti di umiliazione e vulnerabilità e causare loro un trauma
psicologico. La Corte rimprovera inoltre alle autorità nazionali di non aver
addotto motivazioni pertinenti e sufficienti per azioni che hanno portato
alla revisione di condanne storiche, in assenza di nuove prove,
reinterpretando fatti storicamente accertati e negando la responsabilità di
funzionari statali per l'Olocausto, in contrasto con i principi del diritto
internazionale. Le azioni delle autorità sono dunque eccessive e non possono
essere giustificate come "necessarie in una società democratica". Per quanto riguarda lo status di vittima,
la Corte ritine non sia necessario stabilire un collegamento diretto tra gli
atti commessi dai due ufficiali militari e i ricorrenti, in quanto i crimini
in questione erano diretti contro un intero gruppo di persone e la
persecuzione comunque sofferta dai ricorrenti portava questi a poter
fondatamente affermare di aver sofferto personalmente di un disagio emotivo
quando hanno scoperto la riapertura del procedimento penale e le successive
assoluzioni, con la conseguenza che i ricorrenti possono essere visti come
aventi un interesse personale nel procedimento volto a stabilire la
responsabilità di alti membri delle forze armate dell'Olocausto in Romania. La Corte ha invece ritenuto, a maggioranza,
inammissibili i ricorsi sollevati ai sensi dell'Art. 3 in combinato disposto
con l'Art. 14 CEDU. I maltrattamenti subiti dai ricorrenti sono infatti
avvenuti nove anni prima dell'esistenza della Convenzione e 50 anni prima
della sua firma da parte della Romania. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 18 aprile 2024 (Leroy e Altri c. Francia)
Art. 35, Art. 3 – La Corte rileva
anzitutto, ai fini della valutazione sull’ammissibilità del ricorso, come
sussistesse un rimedio interno potenzialmente efficace e dunque da
utilizzarsi per tentare di porre fine a condizioni di detenzione indecorose
verificatesi a seguito di una protesta in prigione [“mouvement
social en prison”]. In specie, si sarebbe
trattato di una situazione legata a un evento unico di natura temporanea ed
eccezionale, e il giudice dell'esecuzione provvisoria sarebbe stato in grado
di ordinare misure urgenti suscettibili di essere attuate rapidamente e di
produrre effetti in un breve lasso di tempo, contrariamente a quanto accaduto
nel caso J.M.B. e altri c. Francia. Si riscontra dunque il mancato
esaurimento delle vie di ricorso interne da parte di otto ricorrenti. La Corte non rinviene inoltre alcuna
violazione dell’Art. 3 CEDU sotto al profilo materiale a fronte
dell’intervento di squadre esterne mascherate per rafforzare la sicurezza del
carcere durante la protesta e delle perquisizioni con palpazione effettuate
al termine dell'azione su un ricorrente, in quanto tali elementi non hanno
raggiunto la soglia di gravità fissata perché un trattamento sia
qualificabile come inumano o degradante. Invece, la Corte rinviene una violazione
dell’Art 3 CEDU sotto al profilo materiale dei
trattamenti degradanti a causa delle condizioni di detenzione indegne subite
da due ricorrenti durante la protesta. Non si riscontra d’altra parte una
violazione dell’Art. 13 CEDU, visto che non si può negare l’efficacia del
rimedio offerto dall’ordinamento interno per rimediare alle cattive
condizioni di detenzione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande
Camera) 9 aprile 2024 (Duarte Agostinho e Altri
c. Portogallo e 32 Altri Stati) Art. 1, Art. 2, Art. 8, Art. 34 e Art. 35.
– Inammissibilità del ricorso di sei giovani cittadini portoghesi contro il
Portogallo e altri 32 Stati per le responsabilità di tali Stati rispetto alla
crisi climatica e ai danni che ne deriveranno ai giovani ricorrenti e alla
loro generazione. Per quanto riguarda la pretesa
giurisdizione extraterritoriale degli Stati convenuti diversi dal Portogallo,
la Corte ritiene che non vi siano motivi nella Convenzione per una simile
estensione tramite interpretazione giudiziaria, dovendosi perciò reputare
inammissibili i ricorsi secondo l’Art. 35 CEDU §3 e 4. Per quanto riguarda invece il ricorso
contro il solo Portogallo, considerato che i ricorrenti non hanno intrapreso
alcuna azione legale nel loro Stato d’appartenenza, il ricorso dei ricorrenti
è dichiarato irricevibile per mancato esaurimento delle vie di ricorso
interne ex Art. 35 §1. Con riguardo poi allo status di vittima, la
Corte riscontra una mancanza di chiarezza in merito alla possibilità di
attribuire tale status ai ricorrenti, incertezza che ricollega al mancato
esaurimento delle vie di ricorso interne. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande
Camera) 9 aprile 2024 (Carême
c. Francia) Art. 2, Art. 8, Art. 34 e Art. 35 –
Inammissibilità del ricorso dell’ex sindaco del comune francese di Grande-Synthe, in un caso in cui il ricorrente sosteneva che la
Francia non avesse adottato misure sufficienti per prevenire il cambiamento
climatico e che questa mancanza avesse comportato una violazione dei suoi
diritti alla vita e al rispetto della vita privata e famigliare e del
domicilio. La Corte ritiene che il ricorrente non abbia attualmente legami
rilevanti con Grande-Synthe ne risieda più lì o altrove
in Francia, essendosi trasferito a Bruxelles dal 2019 in quanto parlamentare
europeo. Pur ammettendo in principio
la rilevanza del caso alla luce degli Artt. 2 e 8 della CEDU, per come
interpretati nel caso Verein KlimaSeniorinnen Schweiz e
Altri [CG], la Corte ritiene dunque che nel caso di specie il ricorrente
non possa rivendicare lo status di vittima ai sensi dell’articolo 34 della
Convenzione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande
Camera) 9 aprile 2024 (Verein
KlimaSeniorinnen Schweiz
e Altri c Svizzera) Art.
6 § 1, Art. 8, Art. 34, Art. 46 – Violazione dei diritti al rispetto
della vita privata e famigliare e di accesso a un tribunale a causa delle
inadempienze dello Stato Svizzero nella risposta
alla crisi climatica. La Corte, ritiene in primo luogo che si debbano
applicare criteri distinti per stabilire da un parte lo status di vittima dei
singoli individui ricorrenti e, dall’altra parte, la legittimazione – il locus
standi o la rappresentanza [representation]
- delle associazioni portatrici d’interessi nel contesto del cambiamento
climatico, alla luce della necessità di un'efficace tutela dei diritti della
Convenzione che tenga conto delle caratteristiche peculiari del fenomeno
senza pregiudicare l'esclusione dell'actio
popularis dal sistema della Convenzione. La
Corte giudica che nel caso in oggetto i criteri dello status di vittima non
siano soddisfatti dai singoli richiedenti (incompatibilità ratione
personae), mentre l’associazione richiedente soddisfa i criteri
pertinenti (locus standi) e quindi sia legittimata
ad agire per conto dei suoi membri, anche alla luce dell’importanza
dell'azione collettiva e della condivisione degli oneri intergenerazionali
nel contesto del cambiamento climatico. Nel merito, la Corte rinviene una
violazione degli obblighi positivi collegati al diritto alla vita privata e
familiare, derivante dal mancato rispetto da parte dello Stato convenuto
dell'obbligo positivo di attuare misure sufficienti per combattere il
cambiamento climatico. L’applicabilità dell'art. 8 viene affermata in ragione
della possibilità di desumere da tale articolo un diritto degli individui a
una protezione effettiva da parte delle autorità statali contro i gravi
effetti negativi del cambiamento climatico sulla loro vita, salute, benessere
e qualità della vita, con la necessità di sviluppare un approccio più
appropriato e personalizzato per quanto riguarda le varie questioni che
emergono nel contesto del cambiamento climatico non affrontate dalla
giurisprudenza ambientale oggi esistente. Tenendo conto degli effetti futuri dei
cambiamenti climatici, la Corte compie una enumerazione dei requisiti che le
autorità competenti devono tenere in debita considerazione, tra cui vi sono
la necessità di garanzie procedurali nazionali e di misure di mitigazione da
integrare con misure di adattamento volte ad alleviare le conseguenze più
gravi o imminenti dei cambiamenti climatici. Si rileva d’altra parte
l’esistenza di lacune critiche nel processo di attuazione del quadro
normativo nazionale da parte delle autorità svizzere, come il non aver
quantificato, attraverso un bilancio sul carbonio o in altro modo, le
limitazioni nazionali delle emissioni di gas serra e il non aver agito in
tempo utile e in modo appropriato e coerente per quanto riguarda l’elaborazione,
lo sviluppo e l’attuazione del quadro legislativo e amministrativo
pertinente, superando con ciò l’ampio margine di apprezzamento dello Stato. La Corte riscontra anche una violazione del
diritto di accesso a un tribunale, per la mancata volontà delle corti
nazionali di esaminare a fondo le azioni intentate dall'associazione
ricorrente. La Corte rileva in particolare l’assenza di motivi convincenti
per il mancato esame nel merito della questione, così come il non aver le
corti nazionali preso in considerazione le convincenti prove scientifiche
relative al cambiamento climatico né esaminato la legittimazione giuridica [legal standing]
dell'associazione ricorrente. Per la Corte EDU rileva anche la mancanza di
altre vie legali o garanzie, così che l’essenza stessa del diritto di accesso
a un tribunale sarebbe stata compromessa. La Corte sottolinea infatti il
ruolo chiave spettante ai tribunali nazionali nelle controversie relative al
cambiamento climatico e l’importanza dell'accesso alla giustizia in questo
campo. Sotto al profilo dell’esecuzione della
sentenza e delle misure generali da applicare, la Corte ritiene che lo Stato
convenuto debba valutare le misure specifiche da adottare con l'assistenza
del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
IV) 9 aprile 2024 (Georgia c. Russia) Art. 33, Art. 2, Art. 3, 5 § 1, Art. 2 P.4
e Art. 2 P.1 – Si tratta di un ricorso interstatale riguardante le pratiche
amministrative della Russia che derivano dalla c.d. “confinizzazione”
[“borderisation”] tra le regioni
secessioniste dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud e il territorio
controllato dal governo georgiano e che hanno comportato molteplici
violazioni della Convenzione lungo i territori della linea di confine
amministrativa [“administrative boundary line” (ABL)]. La Corte rinviene una violazione dell’Art.
2 sotto i profili sostanziale e procedurale a causa della pratica
amministrativa di usare la forza letale, pur non "assolutamente
necessaria", contro civili di etnia georgiana che tentavano di entrare o
uscire dall'Abkhazia o dall'Ossezia del Sud. Le condizioni per l'esame ai
sensi dell'Art. 2 CEDU sono state soddisfatte in relazione alle vittime
sopravvissute e le responsabilità dello Stato convenuto sono da confermare
anche per la morte di civili di etnia georgiana che tentavano di attraversare
la linea di confine amministrativa attraverso percorsi alternativi di per sé
pericolosi e sempre a causa di restrizioni illegali alla libertà di movimento
imposte dalle autorità de facto dell'Abkhazia o dell'Ossezia del Sud. La Corte rinviene una violazione dell’Art.
3 CEDU sotto i profili sostanziale e procedurale a causa dei trattamenti
inumani e degradanti determinati dalla prassi amministrativa relativa alle
condizioni di detenzione di cittadini di etnia georgiana e a causa dei
maltrattamenti subiti durante la detenzione in Abkhazia e in Ossezia del Sud,
a fronte della totale assenza di indagini interne al riguardo. La Corte rinviene inoltre una violazione
dell’Art. 5 § 1 CEDU a causa dell’arresto e della detenzione illegali di
cittadini di etnia georgiana in Abkhazia e Ossezia del Sud per aver
"attraversato illegalmente" la linea di confine con le regioni
separatiste. La Corte richiama al riguardo quanto statuito nella causa Mamasakhlisi e altri c. Georgia e Russia
relativamente alle autorità e ai tribunali di fatto dell'Abkhazia, in quanto
applicabile a entrambe le regioni separatiste. La Corte rinviene una violazione dell’Art 2
P.4 a causa della pratica amministrativa di limitare illegalmente la libertà
di movimento dell'etnia georgiana tra la Georgia e l'Abkhazia e l'Ossezia del
Sud a seguito della trasformazione de facto dell'ABL in confini di Stato. Una violazione dell’Art 8 per quanto
concerne il diritto alla vita familiare e alla casa, come anche dell’Art 1
P.1 quanto al godimento pacifico dei propri beni è stata inoltre determinata
dalla pratica amministrativa di limitare illegalmente l'accesso dei cittadini
di etnia georgiana alle loro case, terreni e altre proprietà, nonché ai
cimiteri in Abkhazia e nell'Ossezia del Sud. Infine, la Corte riscontra una violazione
dell’Art. 2 P.1, ossia del diritto all'istruzione, a causa della prassi
amministrativa consistente nel negare il diritto all'istruzione in lingua
georgiana ai cittadini di etnia georgiana che vivono in Abkhazia e in Ossezia
del Sud, regioni riconosciute dalla stragrande maggioranza della comunità
internazionale come parte integrante della Georgia; il georgiano è quindi
considerato una delle lingue ufficiali in entrambe. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
I) 4 aprile 2024 (Zöldi
c. Ungheria) Art. 10 – Violazione della libertà di
ricevere e comunicare informazioni a causa del rifiuto di una richiesta
avanzata in tal senso da parte di una giornalista, che indagava sull'identità
dei beneficiari di sovvenzioni di due fondazioni create dalla Banca nazionale
ungherese. Secondo la Corte vi sarebbe stato un interesse pubblico
significativo all’aver accesso ai dati richiesti, mentre l’interesse alla
protezione dei nomi dei beneficiari delle sovvenzioni non sarebbe stato di
natura e grado tali da giustificare l'applicazione dell’Art. 8 CEDU e la sua
prevalenza rispetto ai diritti del richiedente di cui all'Art. 10. La Corte
nota anche che l’assenza di una disposizione di legge che consenta la
divulgazione dell'identità dei beneficiari di sovvenzioni in Ungheria
impedisce alle autorità nazionali di effettuare una ponderazione tra i due
diritti in gioco. Vi sarebbe dunque una mancanza di motivi sufficienti per
giustificare la necessità dell'ingerenza e un mancato raggiungimento di un
giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti in gioco. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 4 aprile 2024 (Tamazount
e Altri c. Francia) Art. 6 § 1, Art. 3, Art. 8 e Art. 1 P.1 –
Mancata violazione del diritto di accesso a un tribunale in conseguenza della
dichiarazione d’incompetenza del Conseil
d'État francese, sulla base della dottrina
degli atti di governo [“actes de gouvernement”], rispetto alle domande di risarcimento
presentate dai c.d. “figli degli harkis”, per responsabilità con colpa dello Stato
francese [“faute de l’État”],
derivante dall'assenza di protezione delle famiglie dei propri ex ausiliari e
collaboratori algerini al momento dell'indipendenza del Paese e a seguito del
loro rimpatrio sistematico in Francia. La Corte ritiene l’Art. 6 § 1
applicabile nel suo aspetto civile, ma ritiene che non via sia nessun motivo
per sostituire la propria valutazione a quella del Conseil
d'État relativamente all'interpretazione del
diritto interno, né per ritenere la posizione del giudice nazionale
arbitraria o manifestamente irragionevole. Vi sarebbe stato d’altra parte un
rimedio giuridico alternativo a disposizione dei ricorrenti, basato sulla
responsabilità oggettiva dello Stato [“responsabilité
sans faute de l’État”]. La Corte ritiene però vi sia stata una
violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti e del diritto alla
vita privata e al rispetto della proprietà, a causa delle condizioni di vita
di alcuni ricorrenti in un campo di accoglienza per harkis
in Francia, incompatibili con il rispetto della dignità umana e accompagnate
da violazioni delle libertà individuali. La Corte ritiene che l’importo del
risarcimento concesso al riguardo ai ricorrenti dalle autorità nazionali sita
stato inadeguato e insufficiente a riparare le violazioni da essi constatate.
I ricorrenti mantengono inoltre lo status di vittima ai sensi dell’Art. 34
CEDU, mentre la competenza ratione temporis della Corte è statuita
partire dal 3 maggio 1974, data di entrata in vigore della Convenzione e del
Protocollo n. 1 per la Francia, e fino al 31 dicembre 1975, data della fine
della permanenza nel campo dei ricorrenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
II) 26 marzo 2024 (Kartal
c. Turchia) Art. 6 § 1 – Violazione del diritto di
accesso a un tribunale a causa della mancanza di controllo giurisdizionale
sulla cessazione prematura ed ex lege, dopo una riforma legislativa
del 2014, del mandato di un giudice allora in servizio in qualità di
vicepresidente della Commissione d'ispezione del Consiglio superiore dei
giudici e dei pubblici ministeri turco. La Corte ritiene l’Art. 6 CEDU
applicabile, trattandosi di una controversia reale e seria su di un diritto
civile [“civil right”]
riconosciuto dall’ordinamento nazionale e idoneo ad essere fatto valere in
tribunale, ossia il diritto a non subire una cessazione arbitraria del
mandato. La Corte ritiene non soddisfatta la seconda condizione del test di Eskelinen, poiché l'esclusione del ricorrente
dall'accesso a un tribunale non è stata giustificata da ragioni oggettive
nell'interesse dello Stato, mentre la cessazione ex lege non è
compatibile con uno Stato di diritto e potrebbe minacciare l'indipendenza del
potere giudiziario. Vi è inoltre un’assenza di ragioni importanti che
giustifichino eccezionalmente la mancanza di un controllo giurisdizionale,
con conseguente lesione dell'essenza stessa del diritto di accesso a un
tribunale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
I) 21 marzo 2024 (Sieć
Obywatelska Watchdog c.
Polonia) Art. 10 – Violazione della libertà di
ricevere e comunicare informazioni a causa del rifiuto di concedere alla ONG
ricorrente l’accesso all’agenda delle riunioni avute dai giudici della Corte
costituzionale nell’esercizio delle loro funzioni. Per la Corte, si tratta
infatti d’informazioni necessarie per l'esercizio del diritto alla libertà di
espressione e richieste nell’interesse pubblico, dato il contesto politico
polacco del momento. Inoltre, la Corte riscontra una mancata valutazione
individuale degli interessi in gioco da parte delle corti nazionali e una
mancata dimostrazione che il rifiuto perseguisse uno scopo legittimo o
“necessario in una società democratica”. D’altra parte, il parallelo rifiuto
di accedere ai registri di tutte le persone che sono entrate o uscite
dall’edificio della Corte costituzionale durante un certo periodo di tempo
non ha costituito un’interferenza, in quanto le informazioni in questione non
sono considerabili come “pronte e accessibili” [“ready and accessible”]. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
II) 19 marzo 2024 (Parıldak
c. Turchia) Art. 5 §1, lett. c), §3 e §4, Art. 10 e
Art. 15 – Violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza a causa della
detenzione cautelare [“détention provisoire”] illegittima di una giornalista.
Violazione del diritto di cui all’Art. 5 CEDU determinata dalla mancanza di
motivi plausibili per sospettare la ricorrente di aver commesso il presunto
reato di appartenenza a un’organizzazione terroristica e dall’interpretazione
e applicazione irragionevoli delle disposizioni legali pertinenti. Rispetto alla deroga alla Convenzione
vigente al momento della violazione, la Corte ritiene che nessuna misura
derogatoria fosse concretamente applicabile alla situazione della ricorrente, in quanto l’articolo del
codice di procedura penale turco pertinente non è mai stato oggetto di
deroga. Ricollegandosi alla propria giurisprudenza,
la Corte ritiene invece che non vi sia una violazione del diritto di habeas
corpus di cui all’Art. 5 §4 CEDU in conseguenza dei tempi di riesame
della legalità della custodia cautelare da parte della Corte costituzionale
durante lo stato di emergenza turco (pari a sette mesi). Tali tempi
rispettano il requisito del controllo “rapido” richiesto dalla disposizione
CEDU [“contrôle à «bref
délai»”], tenuto conto delle circostanze di
fatto che la Corte costituzionale ha dovuto affrontare. Infine, la Corte ritiene che, sotto il
profilo della violazione della libertà d’espressione, l’irregolarità della
detenzione si ripercuota sulla legalità stessa dell’interferenza col diritto
convenzionale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
II) 12 marzo 2024 (Kanatlı
c. Turchia) Art. 9 – Violazione della libertà di
coscienza in conseguenza della condanna del ricorrente, che si dichiara
obiettore di coscienza, a causa del suo rifiuto di prestare servizio nella
riserva nell’ambito dei suoi obblighi militari. La Corte applica l’articolo
9, in quanto il pacifismo può essere considerato come una convinzione
protetta dall’articolo 9 CEDU, mentre riscontra l’assenza nel diritto interno
di un servizio alternativo e di una procedura accessibile ed efficace in
relazione al diritto all’obiezione di coscienza. Vi sarebbe perciò stato un
mancato equilibrio tra gli interessi della società nel suo complesso e quelli
degli obiettori di coscienza. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 20 febbraio 2024 (Wa Baile
c. Svizzera) Art. 14, Art. 8 e Art. 13 – Violazione del
divieto di discriminazione sotto il profilo procedurale a causa della mancata
indagine da parte dei tribunali nazionali svizzeri sul possibile ruolo avuto
da motivi discriminatori nei controlli d’identità effettuati alla stazione
ferroviaria di Zurigo su di un uomo dalla pelle scura che ha denunciato una
profilazione razziale nei suoi confronti [“profilage
racial”]. La Corte ritiene applicabile l’Art.
14 in congiunzione con l’Art. 8 CEDU, dal momento che è stata raggiunta la
soglia di gravità necessaria perché si rientri nell’ambito della tutela del
diritto al rispetto della vita privata. La Corte ritiene che il Governo
svizzero non sia stato in grado di confutare la presunzione di trattamento
discriminatorio durante il controllo d’identità, dovendosi invece tener conto
anche dei rapporti internazionali sulle tecniche di profiling razziale
da parte della polizia elvetica, confermati dalle parti intervenute, che
rafforzano la presunzione di una discriminazione basata sul colore della
pelle ai danni del ricorrente. Si riscontra inoltre la mancanza di un rimedio
interno effettivo ai sensi dell’Art. 13 CEDU. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
II) 20 febbraio 2024 (Dede
c. Turchia) Art. 10 – Violazione della libertà di
espressione, per quanto attiene al profilo degli obblighi positivi, in
conseguenza del licenziamento di un dipendente di una banca turca, soggetto
alle norme di diritto privato dell’epoca, per aver inviato un’e-mail interna
dal suo profilo di posta elettronica di lavoro ai collaboratori del
dipartimento delle risorse umane, criticando i metodi di gestione
dell’azionista principale. Sebbene la mail contestata fosse stata ritenuta
idonea a turbare la tranquillità del luogo di lavoro, la Corte rinviene la
mancanza di un esame sufficientemente approfondito, da parte dei giudici
nazionali, dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza della stessa Corte EDU,
in specie per quanto riguarda la non pertinenza e sufficienza della motivazione
e la mancanza di un giusto equilibrio tra il diritto alla libertà di
espressione del ricorrente e il diritto del suo datore di lavoro di tutelare
i propri legittimi interessi. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
IV) 20 febbraio 2024 (Danileţ
c. Romania) Art. 10 – Violazione della libertà di
espressione nel caso della sanzione disciplinare inflitta dal Consiglio
Superiore della Magistratura rumeno [“Consiliul
Superior al Magistraturii” – CSM] a un giudice
per aver pubblicato due messaggi sulla sua pagina Facebook, in quanto le
decisioni dei giudici nazionali sono state pronunciate in assenza di una
ponderazione degli interessi in gioco secondo i criteri stabiliti dalla
giurisprudenza della stessa Corte EDU. In specie, l’esistenza di un attentato
alla dignità e all'onore della professione giudiziaria non è stata
sufficientemente provata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 15 febbraio 2024 (Jarre c. Francia) Art. 1 P.1 e Art. 6 § 1 – Mancata violazione del diritto di
proprietà e del diritto accesso a un tribunale in conseguenza del rifiuto di
riconoscere la quota di riserva [“part réservataire”]
dei ricorrenti rispetto all’eredità del padre, regolata dalla legge
californiana, e da cui erano stati esclusi per effetto di un trust
costituito negli Stati Uniti. La Corte
ritiene applicabile al caso di specie l’Art. 1 del P.1 ma ritiene sia stata
assicurata la proporzionalità nell'applicazione immediata da parte dei
giudici nazionali dell’abrogazione da parte del Consiglio costituzionale
della disposizione legislativa che conferiva agli eredi francesi, esclusi da
un’eredità disciplinata da una legge straniera, il diritto a un prelievo
compensativo sull’eredità situata in Francia. La Corte valorizza il fatto che
si sia trattato di un abrogazione per motivi d’interesse pubblico e che la
mancata applicazione da parte dei giudici nazionali investiti della
controversia della disposizione abrogata per incostituzionalità sia dipesa
dall’effetto vincolante della decisione del Consiglio costituzionale, nel
caso di specie di doverosa applicazione anche ai giudizi pendenti, mentre non
è stata attivata l’eccezione collegata al concetto dell’ordine pubblico
internazionale francese da parte dei giudici nazionali. La Corte giudica
dunque che si sia trattato di decisioni non arbitrarie che hanno applicato il
diritto vigente, nel rispetto della libertà testamentaria del defunto e senza
che vi fosse un intento fraudolento o un vizio di validità del trust
secondo il diritto californiano. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
I) 15 febbraio 2024 (Škoberne
c. Slovenia) Art. 6 § 1, Art 6 § 3 e Art. 8 – Violazione
del diritto a un equo processo determinata dal rifiuto da parte del giudice a
quo della richiesta del ricorrente di esaminare due coimputati come
testimoni dopo la loro ammissione di colpevolezza. La richiesta di esame dei
coimputati poteva essere considerata in grado di influenzare l’esito del
processo o di rafforzare la posizione della difesa, mentre il ricorrente è
stato privato dell’opportunità di produrre efficacemente, e quindi di
avvalersi, delle prove testimoniali. La Corte giudica che i tribunali
nazionali non abbiano motivato sufficientemente il rifiuto né colmato le
lacune che ne sono derivate. Nel caso in oggetto, la Corte rinviene
anche una violazione del diritto alla vita privata, sub specie di diritto
alla segretezza della corrispondenza, in quanto i dati delle comunicazioni
del richiedente (dati sul traffico telefonico e sull’ubicazione del soggetto)
sono stati conservati dai fornitori di telecomunicazioni per un periodo
legale di 14 mesi per diverse finalità di interesse pubblico, ai sensi della
legge slovena del tempo. La Corte sanziona un abuso da parte delle autorità
di quella che definisce come una vera e propria sorveglianza sistemica, che
comportava la conservazione obbligatoria e indiscriminata dei dati delle
telecomunicazioni e che deve ritenersi costituire un ostacolo al godimento
del diritto alla vita privata di tutti gli utenti dei servizi coinvolti. Per
la Corte, l’ingerenza costituita dalla conservazione dei dati è di natura
grave e richiede un esame più rigoroso da parte del giudice convenzionale nel
valutare la questione dell’equo bilanciamento operato dallo Stato. I giudici
di Strasburgo sottolineano in particolare l’assenza di disposizioni o
meccanismi volti a garantire che la misura che imponeva la conservazione
fosse limitata a quanto "necessario in una società democratica" e
per conseguire gli scopi specifici elencati nel diritto interno pertinente.
Invece, i dati del ricorrente sono stati conservati in modo sistematico,
generale e indiscriminato, dunque secondo un regime inconciliabile con gli
obblighi dello Stato di cui all’art. 8 CEDU. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 15 febbraio 2024 (U. c. Francia) Art. 3 – Mancata violazione del divieto di
trattamenti inumani e degradanti a causa dell’esecuzione del provvedimento di
allontanamento di un cittadino russo di origine cecena verso la Federazione
Russa, alla luce della situazione generale attuale in Cecenia. La Corte considera la valutazione a suo
tempo effettuata da parte delle autorità della situazione personale del
richiedente alla luce del rischio presunto e compie essa stessa un nuovo
esame del rischio per il richiedente, il quale però non avrebbe dimostrato
l’esistenza di motivi seri e comprovati per ritenere che esista un pericolo
reale e attuale di subire un trattamento contrario all’articolo 3 in caso di
allontanamento. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 13 febbraio 2024 (Executief van de
Moslims van België e Altri c. Belgio) Art. 9 e Art. 14 – Mancata violazione della
libertà di religione e del diritto alla sua manifestazione pubblica da parte
dei decreti delle Regioni fiamminga e vallona che vietano la macellazione di
animali senza previo stordimento, pur prevedendo uno stordimento reversibile
per la macellazione rituale. La Corte si pronuncia nel senso di ritenere
l’Art. 9 applicabile e, per la prima volta, giudica su di un bilanciamento
tra la libertà di religione e il benessere degli animali. La Corte opera inoltre una distinzione tra la causa in oggetto e la
precedente Cha'are Shalom Ve Tsedek c. Francia [GC] e ricorda come la Convenzione
non possa essere intesa come tutelante il benessere degli animali in quanto
tale, a differenza del diritto dell’UE. La protezione del benessere degli
animali viene però collegata per la prima volta all’obiettivo legittimo di
tutelare la “morale pubblica” [“morale publique”]. Pur in assenza di un chiaro consenso all’interno degli Stati membri,
la Corte riscontra comunque la tendenza graduale verso una maggiore
protezione del benessere degli animali. In un settore dove gli Stati godono
di un non ristretto margine di apprezzamento, la Corte ritiene che vi sia già
stata una presa in considerazione delle esigenze dell’articolo 9 nell’ambito
del bilanciamento [“arbitrage”] effettuato
dal legislatore e nel doppio controllo giurisdizionale della CGUE e della
Corte costituzionale belga. La misura è dunque ritenuta proporzionata
all’obiettivo perseguito. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 13 febbraio 2024
(Jann-Zwicker e Jann c. Svizzera) Art. 6 § 1 – Violazione del diritto di
accesso a un tribunale in un tempo ragionevole in ambito civile a causa
dell’intervenuta prescrizione della domanda di risarcimento dei danni da
amianto in conseguenza della presa di posizione, da parte dei giudici nazionali,
nel senso che il termine di prescrizione assoluta di dieci anni decorresse
dal momento dell’atto dannoso, e non dal momento in cui il ricorrente era
venuto a conoscenza del danno subito. La Corte giudica che nel calcolo del
termine di prescrizione si debba invece tenere conto dell’impossibilità
scientificamente provata per una persona di sapere di essere affetta da una
determinata malattia, anche considerando i lunghi periodi di latenza tra
l'esposizione all’amianto e la manifestazione del mesotelioma causato dalla
sostanza. Nelle circostanze eccezionali relative alle vittime
dell’esposizione all’amianto, il modo in cui è stato determinato il dies a quo rispetto al decorso del termine
assoluto di prescrizione ha limitato il diritto dei ricorrenti a vedere il
proprio caso esaminato in un tribunale, fino a comprometterne l’essenza
stessa. Il margine di apprezzamento è stato dunque oltrepassato e la Corte
non rinviene nessuna ragione per discostarsi dal ragionamento della Corte
nella precedente causa Howald Moor e
altri c. Svizzera. La Corte giudica inoltre eccessiva la durata del
procedimento dinanzi al Tribunale federale elvetico, a causa della
sospensione del giudizio per oltre quattro anni e mezzo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 8 febbraio 2024 (Auray
e Altri c. Francia) Art. 5 §1 (Ratione materiae), Art 2
P.4, Art. 10 e Art 11 – Nel caso dell’accerchiamento dei ricorrenti da parte
delle forze dell’ordine per diverse ore a margine di una manifestazione e in
un contesto di violenza urbana, la Corte giudica che l’avvenuta limitazione
della libertà personale non costituisca, tenuto conto della sua natura e del
modo in cui è stata effettuata, una "privazione della libertà" ex
Art 5 CEDU, nonostante la sua durata e i suoi effetti sui ricorrenti. Tuttavia, la Corte rinviene una violazione
della libertà di circolazione e delle libertà di riunione e di espressione, a
danno dei ricorrenti, confinati a seguito dell'accerchiamento e
impossibilitati a partecipare alla manifestazione. In specie, la Corte
ritiene che il ricorso alla tecnica dell’accerchiamento [“kettling”]
di cui si discute non fosse “previsto dalla legge” all'epoca dei fatti
contestati, in assenza di un testo destinato alle forze dell’ordine che lo
menzionasse. Il regime giuridico generale relativo al mantenimento
dell’ordine pubblico in vigore all’epoca non definiva dunque un quadro
sufficientemente preciso da costituire una garanzia contro il rischio di
misure arbitrarie. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 23 gennaio 2024 (O.G. e Altri c. Grecia) Art. 8 – Violazione del diritto alla tutela
della vita privata causata dal prelievo di sangue condotto dalle autorità greche, in una stazione di polizia e senza previo
consenso, su donne sospettate di compiere atti di prostituzione. La Corte
rileva essersi trattato di un’interferenza non prevista dalla legge e
condanna altresì la successiva decisione del pubblico ministero greco di
rendere pubblici dati medici altamente sensibili delle persone sieropositive
interessate dal controllo, insieme alla loro identità e alle loro fotografie
e al motivo del procedimento penale avviato nei loro confronti. La diffusione
dei dati, caricati sul sito web della polizia e successivamente diffusi dai
media, ha concorso a
determinare un’interferenza non sufficientemente giustificata e
sproporzionata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
V) 18 gennaio 2024 (Allée
c. Francia) Art. 10 – Violazione della libertà di
espressione a causa della condanna penale della ricorrente per pubblica
diffamazione [“diffamation publique”], a seguito di accuse di molestie e di
aggressioni sessuali rivolte al vicepresidente esecutivo dell'associazione
nella quale era impiegata, accuse inviate per posta elettronica a sei
persone. La Corte condanna l’approccio eccessivamente restrittivo dei giudici
nazionali, che hanno riconosciuto il carattere pubblico dell’e-mail ai sensi
della legge dello Stato, senza considerare invece la necessità, alla luce
dell’Art. 10 CEDU, di fornire una tutela adeguata alle persone che denunciano
atti di molestie psicologiche o sessuali di cui si considerano vittime. I
giudici nazionali, rifiutando di adattare alle circostanze del caso la
nozione di base “fattuale sufficiente” [“base factuelle
suffisante”] e i criteri di buona fede, hanno
imposto un onere della prova eccessivo alla ricorrente, pur avendo avute le
sei mail inviate degli effetti limitati sulla reputazione del presunto
aggressore. La Corte nota poi come, pur essendo stata la sanzione di entità
modesta, la condanna penale abbia un inevitabile effetto deterrente e ciò
determini l’assenza di un rapporto ragionevole di proporzionalità. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 16 gennaio 2024 (al-Hawsawi
c. Lituania) Art. 1, Art. 2, Art. 3, Art. 5, Art. 6,
Art. 1 P.6, Art. 8, Art 13 e Art. 46 – Violazione di plurimi diritti
convenzionali nel caso di un cittadino saudita, sospetto terrorista
islamista, detenuto in modo extra-giudiziale presso una base segreta della C.I.A.
in Lituania, Paese al quale la Corte riconduce la giurisdizione nel caso
delle violazioni in questione. La Corte rinviene una violazione del
divieto di trattamenti inumani e degradanti subita dal ricorrente durante il
periodo di detenzione in Lituania, nel corso di una “consegna straordinaria”
[“extraordinary rendition”], in
specie si condanna la complicità dello Stato convenuto nel collaborare al
programma della C.I.A, così consentendo alle autorità statunitensi di
sottoporre il ricorrente a trattamenti inumani in territorio lituano e di
trasferirlo da tale territorio nonostante il rischio reale di ulteriori
trattamenti contrari all’Art. 3. Vi è inoltre stata un’indagine inefficace
sulle accuse mosse dal ricorrente sulle gravi violazioni della Convenzione da
lui subite. La violazione dell’Art. 5 riguarda la
stessa detenzione illegale e segreta del ricorrente nel centro di detenzione
della C.I.A. su territorio lituano e l’aver lo Stato convenuto acconsentito
al trasferimento del ricorrente da parte delle autorità statunitensi dal suo
territorio, nonostante il rischio reale di essere sottoposto a trattamenti
inumani. La Corte riscontra un’interferenza con la
vita privata e familiare del ricorrente non "conforme alla legge" e
priva di giustificazione, data l’imposizione a quest’ultimo di una detenzione
illegale e segreta. La Corte rinviene poi una violazione del
diritto a un equo processo in un tempo ragionevole, in correlazione alle
violazioni degli Artt. 2 e 3 CEDU e dell’art. 1 P.6, a causa della consegna
straordinaria alla C.I.A. nonostante il rischio reale e prevedibile di un
processo palesemente iniquo davanti alla commissione militare statunitense a
Guantanamo e dell’imposizione della pena di morte in capo al ricorrente. La Corte rinviene da ultimo l’assenza di
rimedi efficaci per il ricorrente, secondo quanto disposto dall’Art. 13 CEDU
e in rapporto ai diritti violati, e dispone un elenco dettagliato di misure
che lo Stato dovrebbe intraprendere in esecuzione della sentenza in oggetto e
per fare valere i diritti del ricorrente, attualmente sotto processo davanti
a una commissione militare presso la base statunitense di Guantanamo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 16 gennaio 2024 (Alkhatib
e Altri c. Grecia) Art. 2 – Violazione del diritto alla vita
sotto il profilo procedurale a causa dell’indagine inadeguata e incompleta su
di un passeggero gravemente ferito quando la Guardia Costiera greca ha
sparato sul motore di un’imbarcazione che trasportava illegalmente dei
migranti. La Corte condanna
l’incapacità da parte delle autorità nazionali, a causa delle lacunosità
dell’inchiesta condotta,
di stabilire se l'uso di una forza potenzialmente letale fosse
o meno giustificato nelle particolari circostanze dell'operazione di
intercettazione. La Corte rinviene una violazione dell’Art. 2 anche dal punto
di vista sostanziale per l’uso eccessivo della forza da parte della guardia
costiera, nonostante la presumibile presenza di passeggeri nascosti a bordo
dell'imbarcazione. La Corte riscontra la mancanza della vigilanza necessaria
per ridurre al minimo l’uso della forza letale e il possibile rischio per la
vita dei soggetti coinvolti, nonché la mancanza di un quadro normativo
adeguato da parte dello Stato che disciplini l’uso della forza potenzialmente
letale nelle operazioni di sorveglianza marittima. L’uso della forza nel caso
di specie deve dunque ritenersi come non assolutamente necessario né
strettamente proporzionato alle circostanze particolari del caso. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 14 novembre 2023 (Nika c. Albania) Art. 2 – Violazione del diritto alla vita,
sotto il profilo procedurale, a causa dell’uccisione del parente dei
ricorrenti da parte di agenti dello Stato durante una protesta politica
degenerata in violenza davanti all’ufficio del Primo Ministro, a seguito di
un colpo d’arma da fuoco. La Corte censura la mancata conduzione da parte
delle autorità di un’indagine efficace in grado di portare
all’identificazione e alla punizione dei responsabili degli eventi e di
stabilire la verità, a causa delle carenze generali nelle prime fasi
dell’indagine, così come della mancanza di un’ indagine
adeguata sulle possibili responsabilità per gli eventi da parte dei
comandanti delle forze dell’ordine presenti sul campo. Sotto il profilo
sostanziale dell’Art. 2, la Corte rinviene un uso ingiustificato della forza
letale da parte degli agenti, causato anche da carenze del quadro giuridico
vigente all’epoca dei fatti e alla disciplina dell’uso di armi potenzialmente
letali in relazione alle operazioni di controllo della folla. Nel caso
concreto, ossia quello
della protezione dell'ufficio del Primo Ministro, la Corte
ritiene che l’Art. 2 della Convenzione non consentisse l’uso della forza
letale per la sola protezione della proprietà in quanto tale, dovendosi
invece definire eventuali circostanze eccezionali che potessero giustificare
l'uso letale della forza a tale scopo. Il diritto nazionale pertinente
all’epoca, che autorizzava l’uso di armi da fuoco per la protezione della
proprietà deve perciò ritenersi carente a tale riguardo. A ciò vanno aggiunti
gravi difetti nella pianificazione e nel controllo delle operazioni di
polizia in relazione alla protesta. Per quanto riguardo le misure individuali
da intraprendere secondo l’Art. 46 della Convenzione, le autorità nazionali
devono continuare ad adoperarsi per chiarire le
circostanze della morte del parente dei ricorrenti e identificare e punire i responsabili. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 9 novembre 2023 (Legros
e Altri c. Francia) Art. 6 § 1 e Art. 1 P. 1 – Violazione del diritto di accesso
a un tribunale nel caso dell’applicazione generale e retroattiva di un nuovo
termine, il quale limita nel tempo la possibilità di presentare un ricorso, ai ricorsi
proposti prima del citato mutamento della giurisprudenza, i quali sono stati
dunque respinti dal giudice amministrativo francese, in quanto tardivi. Il
mutamento giurisprudenziale in oggetto ha limitato la possibilità di
impugnare, al di fuori del termine legale o regolamentare, una decisione
presa dall’amministrazione, in assenza di un riferimento ai mezzi e ai
termini di ricorso, solo entro un "termine ragionevole" [délai raisonnable],
di norma non superiore a un anno dalla notifica o dalla conoscenza della
decisione, a meno che non si dimostrino circostanze particolari. La Corte
rinviene la creazione, da parte del Consiglio di Stato e a titolo di
precedente (decisione "Czabaj"),
di una nuova condizione di ammissibilità, basata su motivi di per sé
sufficienti e che giustificano l’inversione della giurisprudenza, pur con una
probabile incidenza sulla sostanza del diritto al ricorso, senza violare
eccessivamente il diritto di accesso a un tribunale. Tuttavia, la Corte
ritiene che l’immediata applicazione della nuova giurisprudenza ai
procedimenti in corso fosse imprevedibile in principio e in concreto per i
ricorrenti del caso di specie, restringendo il loro diritto d’accesso a una
corte in modo tale da annullarlo nel caso concreto. Rispetto alla violazione del diritto al
godimento dei propri beni, la Corte ritiene che il ricorrente non sia stato
in grado, a seguito dell’irricevibilità del ricorso, di ottenere una risposta
giudiziaria al merito della controversia relativa alla violazione del diritto
al rispetto in oggetto, con un conseguente sconvolgimento dell’equo
bilanciamento fra i diritti convenzionali. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 7 novembre 2023 (Durdaj
e Altri c. Albania) Art. 2 – Violazione del diritto alla vita,
dal punto di vista procedurale, a causa della mancanza d’efficacia del
procedimento penale relativo all’esplosione presso l'impianto di
smantellamento delle armi di Gërdec, che ha
provocato morti e feriti gravi. L’indagine è qualificata dalla Corte come
adeguata dal punto di vista dell’aver accertato le circostanze dell’incidente
e dell’aver portato all’identificazione dei responsabili, inoltre ai
ricorrenti è stato concesso l’accesso all’indagine nella misura necessaria a
salvaguardare i loro legittimi interessi. Anche la pena detentiva e il tempo
trascorso in carcere non appaiono manifestamente sproporzionati rispetto alla
gravità degli atti commessi. Ai ricorrenti non è però stata data la
possibilità di partecipare effettivamente al procedimento penale contro gli
imputati, mentre il procedimento penale rivolto contro l’ex ministro della
Difesa albanese risulta ancora in corso, dopo oltre quattordici anni,
risultando dunque il procedimento afflitto da notevoli ritardi e dall’inerzia
delle autorità. Per quanto riguarda il profilo sostanziale del diritto alla
vita, sotto forma dell’entità della compensazione data ai feriti o ai parenti
delle vittime, la Corte ritiene che i ricorrenti non abbiano esaurito le vie
di ricorso interne, nel quadro di un ordinamento giuridico nazionale che si
presenta come pertinente e che prevede diverse basi giuridiche per chiedere
un risarcimento allo Stato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 31 ottobre
2023 (Bild GmbH & Co. KG c. Germania) Art. 10 – Violazione della libertà
d’espressione nel caso di un’ingiunzione che ordini alla società che gestisce
un sito web d’informazione di cessare la pubblicazione di un filmato a
circuito chiuso di un arresto di polizia, in quanto abbia mancato di sfocare
il volto di uno dei poliziotti. Nel caso di specie, l’ingiunzione riguardava
due pubblicazioni, ma anche qualsiasi futura pubblicazione di filmati non
modificati, indipendentemente dalla copertura che li accompagnava. La Corte
rimarca come i dipendenti pubblici e i funzionari pubblici, compresi gli
agenti di polizia, in assenza di accuse di cattiva condotta, non sono privati
di un interesse legittimo a proteggere la loro vita privata contro, tra
l'altro, la falsa rappresentazione di un abuso d’ufficio. La Corte aggiunge
che, anche se non esiste una regola generale ai sensi dell’Art. 8 secondo cui
gli agenti di polizia non dovrebbero essere generalmente riconoscibili nelle
pubblicazioni della stampa, possono esistere circostanze in cui prevale
l’interesse alla protezione della vita privata di un singolo agente. Se il
bilanciamento dei diritti concorrenti degli Artt. 8 e 10 effettuato dai
tribunali nazionali è sufficiente per la prima pubblicazione, esso non lo è
per la seconda, così come non è estendibile quale criterio generale per
qualsiasi altra pubblicazione futura. Per la Corte, particolare importanza va
attribuita alla presentazione editoriale della prima pubblicazione, in quanto
vi è stata una mancata valutazione, da parte del sito, della misura in cui la
pubblicazione dell’immagine avrebbe potuto alimentare un dibattito pubblico.
D’altra parte, il ragionamento generale secondo cui qualsiasi copertura non
pixellata sarebbe illegittima anche se riflettesse le circostanze effettive
dell’intervento della polizia, senza ritrarre negativamente l’agente di
polizia, potrebbe portare a un inaccettabile divieto di qualsiasi futura
pubblicazione non consensuale di immagini inedite di agenti di polizia che
svolgono le loro funzioni, a prescindere dall’interesse pubblico rispetto
all’uso della effettivo della forza da parte della polizia. Si determinerebbe
dunque un’interferenza qualificabile come non necessaria in una società
democratica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 24 ottobre 2023 (Pająk
e Altri c. Polonia) Art. 6 § 1, Art. 14 e Art. 8 – Violazione
del diritto di accesso a un tribunale nei confronti di tutti i ricorrenti a
causa dell’assenza di gravi motivi in grado di giustificare l’eccezionale
assenza di controllo giurisdizionale rispetto alla cessazione anticipata
delle funzioni giudiziarie dei ricorrenti a seguito di decisioni unilaterali
del Ministro della Giustizia, rappresentante dell'esecutivo, e del Consiglio
giudiziario nazionale, organo subordinato a quest’ultimo. La Corte ritiene
applicabile l’Art 6 § 1 alla luce della seconda condizione stabilita nella
causa “Eskelinen”. La Corte rinviene anche una violazione del
divieto di discriminazione, in combinato disposto con il diritto al rispetto
della vita privata, nei confronti delle tre ricorrenti che avevano presentato
ricorso per la violazione dei relativi diritti, lamentando il carattere
discriminatorio del pensionamento anticipato di cinque anni rispetto ai
giudici di sesso maschile che si trovavano in una situazione analoga e, più
in generale, della normativa che differenzia tra uomini e donne l'età di
pensionamento dei giudici e dei rifiuti ministeriali di autorizzare le
ricorrenti a continuare ad esercitare le loro funzioni oltre l’età massima
stabilita per le donne. Le ricorrenti lamentavano al riguardo il danno alle
rispettive carriere professionali e le ripercussioni significative
sull'importo delle pensioni di anzianità, con l’impossibilità di svolgere,
dopo il pensionamento, un'attività lavorativa che consenta loro di
raggiungere una soddisfacente realizzazione professionale. Due opinioni dissenzienti sono annesse al
giudizio |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 24 ottobre 2023 (Myslihaka
c. Albania) Art. 3 P. 1 – Mancata violazione del
diritto di voto da parte del divieto di voto imposto dalla legge che
impedisce ai detenuti in servizio condannati per reati gravi di votare alle
elezioni politiche, in quanto si tratta di una restrizione non generale o
universale. Infatti, la Corte nota come l’applicazione della restrizione sia
limitata a un elenco specifico di reati, che interessano quindi un numero
ristretto di persone, e come sia comunque subordinata alla natura e alla
gravità del reato commesso e destinata a terminare quando la pena detentiva è
stata scontata. Nel caso in oggetto, considerata la gravità dei reati
commessi dai richiedenti, la privazione del diritto di voto è giustificata e
proporzionata, e vi è un legame discernibile e sufficiente tra i reati
commessi dai richiedenti e la revoca del diritto di voto, laddove gli
interessi contrapposti appaiono essere stati ben equilibrati, senza che il
margine di apprezzamento sia stato oltrepassato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 24 ottobre 2023 (Stoianoglo
c. Moldavia) Art. 6 – Violazione del diritto di accesso
a un tribunale causato dalla mancanza di controllo giurisdizionale rispetto
alla sospensione automatica di un pubblico ministero dalle proprie funzioni
per più di due anni, prevista dalla legge moldava nei casi in cui sia stato avviato un
procedimento penale nei confronti del pubblico ministero. La Corte ritiene
applicabile al caso di specie l’Articolo 6, paragrafo 1. Ritiene peraltro
soddisfatta la prima condizione dei criteri “Eskelinen”,
in quanto era lo stesso diritto interno che non consentiva al ricorrente
d’impugnare il provvedimento di sospensione, pur in assenza di una
disposizione espressa al riguardo. Peraltro, successivamente la legislazione
interna è stata modificata per dare al Consiglio superiore dei pubblici
ministeri la possibilità di riesaminare l’opportunità o meno di mantenere
tale provvedimento. La Corte ritiene
però non soddisfatta la seconda condizione dei criteri dettati nel caso “Eskelinen”, perché il mancato accesso del
ricorrente a un tribunale non è giustificato da ragioni oggettive legate agli
interessi dello Stato. Infatti, anche se il requisito dell’indipendenza di
cui all’articolo 6 paragrafo 1 si applica ai giudici e ai tribunali e non ai
pubblici ministeri, non è possibile tracciare una linea di demarcazione netta
tra i giudici e i pubblici ministeri per quanto riguarda la necessità di
protezione contro le interferenze arbitrarie nelle loro funzioni da parte
delle autorità pubbliche. È dunque necessario vi sia il controllo da parte di
un organo giudiziario indipendente in grado di garantire efficacemente tale
protezione nel caso di misure come la destituzione. La Corte nota, del resto,
come nella legislazione nazionale i pubblici ministeri siano espressamente
equiparati ai giudici per quanto riguarda la loro indipendenza, deducendo che
via sia stata un’insufficiente giustificazione della limitazione del diritto
coinvolto nel caso di specie, dovuta al mero timore di un’influenza del
pubblico ministero sospeso sul procedimento penale avviato contro di lui, con
una violazione della sostanza stessa del diritto di accesso a un tribunale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 10 ottobre 2023 (Pengezov
c. Bulgaria) Art. 6 e Art. 8 CEDU – Violazione del
diritto a un equo processo nel caso di un giudice sospeso dalle sue funzioni
a causa di un procedimento penale avviato nei suoi confronti per reati
asseritamente commessi nell'esercizio delle sue precedenti funzioni e al fine
di preservare l'autorità della magistratura. La Corte
infatti ritiene che la decisione discrezionale del Consiglio superiore
della magistratura bulgaro (CSM) non sia stata circondata da sufficienti
garanzie procedurali e sia stata invece priva di motivazioni reali circa la
necessità della misura somministrata. La suprema Corte amministrativa ha poi
formalmente esaminato le condizioni di legittimità della decisione del CSM,
ma ha limitato il proprio riesame, senza portare avanti un'analisi indipendente
dei fatti e rifiutando di controllare la giustificazione dell'incriminazione.
La Corte rileva come l’incriminazione di un giudice da parte della Procura
bulgara finisca per non essere soggetta a un controllo giurisdizionale
indipendente, derivandone un effetto cumulativo problematico e un
insufficiente spazio per il controllo da parte dell'Alta Corte. La Corte rinviene poi una violazione del
diritto alla vita privata da parte della misura controversa, in quanto essa
ha avuto gravi ripercussioni sulla vita privata e professionale del
ricorrente, come la privazione della sua retribuzione e l’impossibilità di
esercitare un'altra attività professionale. Il ricorrente è stato lasciato
nell'incertezza circa la durata della sospensione in considerazione della
durata del procedimento penale e dell'assenza di mezzi di ricorso per
chiedere la revoca della misura, con un rischio intrinseco per l'indipendenza
del giudice in questione. La Corte rinviene dunque una mancanza di garanzie
adeguate contro gli abusi e una mancanza di motivi pertinenti e sufficienti a
giustificazione della compressione del diritto, per cui, nonostante il
margine di apprezzamento riservato allo Stato, la misura non appare
proporzionata. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 10 ottobre 2023 (I.V. c. Estonia) Art. 8 CEDU – Violazione del diritto alla
vita privata in una vicenda conclusa a livello interno con il tentativo
infruttuoso di un cittadino lettone di ottenere l'annullamento di una
decisione di un tribunale estone in forza della quale il suo figlio biologico
veniva adottato dal marito della madre. La Corte censura in particolare la
mancata diligenza dei giudici nazionali nel procedimento di adozione in
Estonia, in quanto hanno mancato di considerare il procedimento di accertamento della
paternità pendente ad opera del
ricorrente in Lettonia e di cui i giudici estoni erano o avrebbero dovuto
essere a conoscenza. A fronte di tale profilo, la Corte censura l’avvenuto
rigetto della domanda di annullamento del ricorrente solo per motivi formali.
La Corte statuisce che i principi derivanti dalla giurisprudenza della Corte
in materia di padri putativi che contestano la paternità legale di una
persona che ha riconosciuto un figlio come proprio sono applicabili anche
alla questione se un presunto padre biologico debba essere autorizzato a
contestare l'adozione del suo presunto figlio da parte di un'altra persona.
La Corte ritiene dipendere il mancato raggiungimento di un giusto equilibrio
tra le concorrenti esigenze dalla mancata identificazione ed esame delle circostanze
particolari del caso e dalla mancata valutazione dei diritti e degli
interessi delle persone coinvolte nei procedimenti di adozione o di
annullamento. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 10 ottobre 2023 (Internationale
Humanitäre Hilfsorganisation
e.V. c. Germania) Art. 11 CEDU – Mancata violazione della
libertà di associazione in conseguenza della proscrizione dell'associazione
ricorrente, con connesso scioglimento e confisca dei suoi beni, a causa delle
considerevoli donazioni finanziarie da essa compiute a favore di società
caritatevoli legate all'organizzazione terroristica “Hamas”. La Corte ritiene
che la lotta contro il terrorismo internazionale attraverso la protezione del
concetto di “comprensione internazionale” [“international understanding”] abbia costituito nel caso in oggetto
un obiettivo legittimo di protezione dei diritti e delle libertà altrui. Ciò
in quanto gli obiettivi perseguiti dal divieto di sostegno indiretto al
terrorismo sono molto importanti e il margine di apprezzamento degli Stati è
in tale settore più ampio. Inoltre, la proscrizione è una misura di ultima
istanza, adottata dallo Stato tedesco a seguito di un'ampia valutazione di
misure potenzialmente meno restrittive. Nel caso di specie è stato
debitamente stabilito che l'associazione ricorrente, pur presentando le
proprie attività sotto l'apparenza di aiuti umanitari, ha consapevolmente
sostenuto il terrorismo internazionale, direttamente o indirettamente. La
condotta dell'associazione era perciò incompatibile con i valori fondamentali
della Convenzione, a fronte dell’operazione di bilanciamento completo e
trasparente condotto dai giudici nazionali. La Corte valorizza i motivi
pertinenti e sufficienti posti dietro la scelta della proscrizione per
ritenere il margine di apprezzamento non oltrepassato in questo caso come, in
generale, nei casi di incitamento alla violenza. L’interferenza è stata
dunque ritenuta proporzionata e necessaria in una società democratica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 5 ottobre 2023 (Sarl
Couttolenc Frères c.
Francia) Art. 1 P. 1 CEDU – Mancata violazione del divieto
di privazione della proprietà in
conseguenza del trasferimento a un ente locale, in virtù della regola nota
come della "proprietà reversibile" [“biens
de retour”], di impianti di risalita sciistica
gestiti dalla società ricorrente, la quale era stata previamente in grado di
gestire commercialmente gli impianti contestati per oltre ventotto anni
dall’entrata in vigore della legge francese del 9 gennaio 1985, da cui deriva
la qualificazione generale del servizio di risalita come "servizio
pubblico" [“service public”]. La Corte riscontra l’assenza di
oneri speciali ed esorbitanti per il solo fatto di non aver ottenuto la
società il pagamento di una somma corrispondente al valore di mercato dei
beni trasferiti all'ente territoriale. In un contesto caratterizzato da un
ampio margine di apprezzamento statale la Corte valorizza l’importanza dello
scopo legittimo perseguito, ossia la continuità di un servizio pubblico
nell'ambito di una politica di pianificazione territoriale e ritiene comunque
proporzionata l’azione dello Stato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 5 ottobre 2023 (Gurbanov
c. Armenia) Art.
8 e Art. 14 CEDU – Mancata violazione del diritto alla vita privata e
familiare in conseguenza dell’imposizione da parte delle autorità armene di
un’attesa di trentotto giorni prima del rimpatrio della salma del figlio del
ricorrente, un soldato azero, dopo la sua morte durante una sparatoria al
confine tra l'Armenia e l'Azerbaigian. La Corte ritiene che l’attesa abbia
perseguito lo scopo legittimo di stabilire le circostanze dell'incidente, che
ha portato anche alla morte di alcuni soldati armeni, rendendosi necessari
esami forensi che sono comunque stati condotti entro i tempi previsti dal
diritto interno e non sono da ritenersi eccessivi o fuori luogo, date le
relazioni conflittuali tra lo Stato convenuto e l'Azerbaigian. La Corte nota
come il Comitato internazionale della Croce Rossa sia stato tenuto informato
per tutto il periodo della necessità di varie fasi investigative e che il
periodo complessivo, non irragionevole, si è mantenuto entro un equo
equilibrio tra i diritti del richiedente ai sensi dell'Art. 8 e lo scopo
legittimo perseguito. La Corte statuisce inoltre che non vi sia
stata violazione del divieto di discriminazione, data la giustificazione
obiettiva e ragionevole per un trattamento diverso nella restituzione del
corpo del figlio del ricorrente e dei corpi dei soldati armeni deceduti. La
Corte dà rilievo all’esistenza di un contesto generale di ostilità e tensione
tra i due Paesi, che richiede misure diverse per queste diverse situazioni,
pur nel rispetto del principio di proporzionalità rispetto allo scopo
perseguito, in questo caso comunque integrato. La Corte non rinviene nessuna
indicazione di pregiudizio etnico nella gestione del fascicolo penale che
coinvolge il figlio del ricorrente. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande
Camera) 26 settembre 2023 (Yüksel
Yalçınkaya c. Turchia) Art. 15, Art. 7, Art. 6 § 1 e Art. 11 CEDU
– Violazione del principio di legalità penale, nelle forme della duplice
violazione dei principi nullum crimen
sine lege e nulla poena sine lege, in
conseguenza di una condanna pronunciata per l’appartenenza a
un'organizzazione terroristica armata, basata in modo decisivo sull'uso
dell'applicazione di messaggistica criptata ByLock
e posteriore al tentato golpe del 2016, ossia durante un periodo d’invocata deroga a taluni dei diritti
convenzionali, in tempo di emergenza pubblica minacciante la vita della
nazione. La Grande Camera ritiene che non siano stati debitamente accertati
gli elementi materiali e psichici costitutivi del reato in modo
individualizzato, seguendo invece i giudici nazionali un’interpretazione giudiziale
espansiva e imprevedibile incoerente con l’essenza del reato contestato, il
quale avrebbe richiesto il dolo specifico da parte dell’imputato. La Corte infatti ricorda come l’art. 7 richieda, ai fini
della punizione, l'esistenza di un nesso mentale attraverso il quale si possa
stabilire la responsabilità penale personale, mentre l'interpretazione dei
tribunali nazionali ha attribuito la responsabilità penale in modo
praticamente automatico agli utenti di ByLock.
In relazione all’Art. 15, la Corte ricorda come l’art. 7 costituisca un
diritto inderogabile e le sue garanzie non avrebbero potuto essere applicate
in modo meno rigoroso nemmeno in relazione a reati terroristici
presumibilmente commessi in circostanze che abbiano minacciato la vita della
nazione, dal momento che la Convenzione richiede l’osservanza delle garanzie
dell’Art. 7 anche nelle circostanze più difficili. La Corte rinviene altresì una violazione
del diritto a un equo processo, derivante dal pregiudizio per la difesa
causato dalla mancata divulgazione dei dati grezzi ottenuti dal server
dell'applicazione di messaggistica criptata, non controbilanciato da adeguate
garanzie procedurali che assicurino l'equità complessiva del procedimento. La
Corte sottolinea che le gravi difficoltà nella raccolta e nel trattamento
delle prove elettroniche, sempre più utilizzate nei processi penali, non
avrebbero richiesto un'applicazione più rigorosa o più indulgente delle
garanzie di cui all'art. 6 § 1, tuttavia l'impossibilità per la difesa di
avere accesso diretto alle prove e di verificarne in prima persona
l'integrità e l'affidabilità avrebbe imposto ai tribunali nazionali di
sottoporre tali questioni a un esame più approfondito. Invece, l'incapacità
dei tribunali nazionali di motivare la mancata divulgazione dei dati grezzi e
di affrontare le questioni relative all'uso dei dati criptati non è stata
compensata da un'adeguata garanzia procedurale. L'accesso al materiale ByLock decriptato è importante per preservare i
diritti della difesa, mentre le carenze che hanno compromesso la capacità di
condurre una difesa efficace su un piano di parità con l'accusa sono
incompatibili con l'essenza stessa dei diritti procedurali del ricorrente.
D’altra parte, il mancato rispetto dei requisiti di un equo processo non era
in questo caso strettamente richiesto dalle esigenze della situazione ai
sensi dell’Art. 15 CEDU. Per la Corte, la violazione della libertà
di associazione deriva invece dall’estensione imprevedibile della portata del
reato da parte dei tribunali nazionali quando si sono basati sulla sola
appartenenza del richiedente a un sindacato e ad un'associazione considerati
affiliati al partito FETÖ/PDY per corroborare la condanna, in quanto si
tratterebbe di un’interferenza non strettamente richiesta dalle esigenze
della situazione ex Art. 15. La Corte rinviene un problema sistemico
collegato all’orientamento giurisprudenziale sanzionato nella presente
sentenza, mentre ritiene che, dal punto di vista dell’esecuzione individuale
della propria decisione, la riapertura del procedimento, se richiesta, sia il
modo più appropriato per porre fine alle violazioni riscontrate. In
conformità all’Art. 46, lo Stato turco è invece tenuto ad
adottare misure generali appropriate per affrontare il problema sistemico
relativo all’approccio dei propri tribunali nazionali all’uso
dell’applicazione ByLock. Opinioni concorrenti e dissenzienti sono
annesse al giudizio. |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 14 settembre 2023 (Baret
e Caballero c. Francia) Art. 8 CEDU – Mancata violazione del
diritto alla tutela della vita privata in conseguenza del divieto legale
assoluto di procreazione post mortem sul
territorio nazionale francese e del divieto di esportazione di gameti ed
embrioni a tale scopo verso la Spagna, paese che invece autorizza tale
pratica. Pur ritenendo la Corte in astratto applicabile l’Art. 8, essa rileva
la mancanza di un consenso europeo sul punto, nonché l’esistenza di
differenze tra il caso in oggetto e la causa Pejřilová
c. Repubblica Ceca. Nel caso francese odierno, il divieto assoluto di
inseminazione post mortem è infatti volto a
salvaguardare interessi generali ricollegabili a considerazioni morali o
etiche e lo stesso divieto di esportazione è perciò volto a prevenire il
rischio di eludere il divieto di procreazione post mortem,
tant’è che non si fa nessuna differenza a seconda che le richieste di
procreazione medicalmente assistita riguardino l’inseminazione o
l’esportazione di embrioni dopo la morte. La Corte compie sia un controllo di
convenzionalità in astratto della legge che un controllo in concreto delle
conseguenze della sua applicazione da parte del Consiglio di Stato. In
concreto i ricorrenti del caso in oggetto avevano come unico intento quello
di eludere la legge francese e non hanno indicato circostanze particolari in
grado di giustificare la disapplicazione del divieto di procreazione post mortem. Per la Corte il consenso del coniuge poi
deceduto o la presenza di un embrione non sono sufficienti a dimostrare da
soli un'ingerenza eccessiva nel diritto al rispetto della volontà di tali due
soggetti, tanto più che un embrione non di per sé è titolare di diritti sotto
la Convenzione EDU, sicché si ritiene accettabile l'interpretazione della
legge adottata dai tribunali nazionali, che hanno raggiunto un equo
equilibrio tra interessi concorrenti, senza travalicare l’ampio margine di
apprezzamento esistente in materia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 14 settembre 2023 (Valiullina
e Altri c. Lettonia) Art. 14 + Art. 2 P.1 CEDU – Mancata
discriminazione nel godimento del diritto all’istruzione, ai danni di alcuni
cittadini lettoni e di alcuni residenti permanenti non cittadini parlanti la
lingua russa, in conseguenza delle modifiche legislative che hanno aumentato
la percentuale di materie insegnate nelle scuole pubbliche nell'unica lingua
di Stato, ossia il lettone, riducendo quindi l'uso del russo come lingua di
insegnamento. Secondo la Corte, gli alunni di lingua russa e lettone si
troverebbero nel caso di specie in una situazione analoga e la contestata
differenza di trattamento sarebbe giustificata dagli obiettivi legittimi di
tutela e rafforzamento del lettone, da considerarsi come uno dei valori
costituzionali fondamentali dello Stato, nonché dal bisogno di garantire
l'unità del sistema educativo. La Corte dà rilievo all’importanza del
contesto storico specifico dell'occupazione illegale e della successiva
annessione della Lettonia all’URSS, che ha limitato in modo significativo
l'uso del lettone per più di cinquant'anni, nonché delle difficili scelte [“difficult choices”]
successive al ripristino dell'indipendenza. Per la Corte le modifiche
legislative sarebbero comunque state attuate in modo graduale e flessibile,
con sufficiente margine di adattamento alle esigenze delle persone
interessate. L’ampio margine di apprezzamento dello Stato non è stato perciò
superato, anche perché il precedente sistema educativo in vigore garantiva
l'uso delle lingue minoritarie in proporzioni variabili, per cui la riforma
ha trovato una giustificazione obiettiva e ragionevole, essendo la differenza
di trattamento in base alla lingua coerente con le finalità legittime
perseguite e proporzionata. La Corte fa poi riferimento all’Art. 2 P.1
“Ratione materiae” e cita le conclusioni tratte nel “caso linguistico
del Belgio”, ricordando che l’art. 2 P. 1 CEDU non include il diritto di
accedere all'istruzione in una lingua particolare, ma garantisce solo il
diritto all'istruzione in una delle lingue nazionali o ufficiali del paese
interessato. Essendo il lettone l'unica lingua ufficiale, i ricorrenti non
possono lamentarsi della diminuzione dell'uso del russo come lingua
d'insegnamento nelle scuole pubbliche lettoni, considerata per se stessa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 12 settembre 2023 (Wieder
e Guarnieri c. Regno Unito) Art. 1 e Art. 8 CEDU – Con riferimento al
requisito della sussistenza della giurisdizione di uno Stato contraente, la
Corte ritiene che la presunta intercettazione di massa delle comunicazioni
dei ricorrenti, residenti al di fuori dello Stato convenuto e ricercatori in
tema di privacy e comunicazioni, rientrasse comunque nella
giurisdizione territoriale di quest’ultimo, in quanto l’interferenza con la
vita privata per il tramite della violazione della riservatezza delle
comunicazioni si verifica quando queste vengono intercettate, fatte oggetto
di perquisizione, esaminate e utilizzate e la conseguente lesione dei diritti
alla vita privata del mittente e/o del destinatario avviene nel luogo in cui
i summenzionati atti sono compiuti, in questo caso nel territorio dello Stato
convenuto. La Corte rinviene una violazione del
diritto alla vita privata basata sulle stesse ragioni individuate nel proprio
precedente “Big Brother Watch e altri c. Regno Unito [GC]”, e dunque
per le carenze fondamentali presenti nel regime di intercettazione di massa,
per l'assenza di un'autorizzazione indipendente, per la mancata inclusione di
categorie di selezionatori [“categories
of selectors”] nella richiesta di un mandato e
per l'assenza di un'autorizzazione interna preventiva per i selezionatori
collegati a un individuo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 7 settembre 2023 (Gauvin-Fournis e Silliau c. Francia) Art. 8 CEDU – Mancata violazione degli
obblighi positivi connessi al diritto alla vita privata in conseguenza del
rifiuto da parte delle autorità nazionali di consentire a persone nate da
procreazione medicalmente assistita con un donatore terzo di accedere alle
informazioni che le riguardavano, in virtù della regola dell’anonimato della
donazione di gameti presente nell’ordinamento francese fino alla recente
riforma del settembre 2022, con la quale è entrato in vigore un nuovo sistema
per accedere alle informazioni sulle proprie origini. La Corte riconosce allo
Stato un ampio margine di apprezzamento per quanto riguarda i mezzi da utilizzare
per garantire ai ricorrenti l’effettivo rispetto della propria vita privata,
benché ridotto dal fatto che sia pur sempre in gioco un aspetto essenziale
della stessa dimensione della vita privata e dal fatto che il diritto di
accesso alle proprie origini sia tutelato dalla
Convenzione. La Corte prende anche atto della sopravvenuta ponderazione degli
interessi e dei diritti coinvolti da parte del legislatore al termine di un
processo di riflessione ricco ed evolutivo sulla necessità di eliminare
l'anonimato del donatore, nonché del fatto che non vi è un chiaro consenso
europeo sul diritto di accesso alle proprie origini, nonostante una recente
tendenza a favore dell'eliminazione dell'anonimato del donatore. Nel caso di
specie, si deve ritenere che lo Stato ‒ senza superare il proprio
margine di apprezzamento ‒ abbia mantenuto un giusto equilibrio tra gli
interessi in gioco nel respingere le richieste di accesso alle informazioni
mediche non identificative di donatori terzi in base al rispetto del segreto
medico, fatte salve le deroghe a favore del medico per motivi sanitari. La
scelta del legislatore è stata di concedere l'accesso alle origini solo
previo consenso del donatore terzo, per i richiedenti nati prima dell’entrata
in vigore della nuova legge (1° settembre 2022), al fine di rispettare le
situazioni sorte prima della recente riforma. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 7 settembre 2023 (Bavčar
c. Slovenia) Art. 6 § 2 CEDU – Violazione della
presunzione di innocenza in conseguenza di dichiarazioni rilasciate dal
Ministro della Giustizia e dal Primo Ministro sloveno su un importante
personaggio politico ed economico che era stato condannato in primo grado per
riciclaggio di denaro e successivamente aveva presentato appello, a causa
della stretta vicinanza temporale tra la condanna in primo grado, la
dichiarazione del Ministro e la successiva sentenza di appello da parte della
Corte Superiore. La Corte ritiene vi sia stato un effetto cumulativo delle
dichiarazioni in grado di pregiudicare il processo decisionale della Corte
Superiore [“Higher Court”] e di
incoraggiare l’opinione pubblica a ritenere il ricorrente colpevole prima che
ciò fosse provato in modo definitivo. La Corte ritiene d’altra parte che
l’interpretazione e l’applicazione del diritto interno da parte dei giudici
nazionali siano state coerenti con l’essenza del reato in questione e
prevedibili, con frequenti riferimenti alla stessa giurisprudenza della Corte
EDU. Non rinviene dunque una lesione dell’Art. 7 CEDU. Un’opinione concorrente e un’opinione in
parte dissenziente sono annesse al giudizio. |
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Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 29 agosto 2023 (Kovačević
v. Bosnia-Erzegovina) Art. 1 P.12 CEDU – Violazione del divieto
di discriminazione a causa dell’impossibilità per il ricorrente, per via
della combinazione di requisiti territoriali ed etnici, di votare per i
candidati di sua scelta alle elezioni legislative e presidenziali a livello
statale, in quanto il ricorrente stesso non era affiliato a uno dei
"popoli costituenti" costituzionalmente definiti o a qualsiasi
altro gruppo etnico a cui si fa riferimento nell’ordinamento della
Federazione di Bosnia-Erzegovina. La Corte giudica che il caso in oggetto
rappresenti un trattamento discriminatorio in base all’etnia e al luogo di
residenza, stigmatizzando in particolare le disposizioni che escludono alcuni
cittadini dalla Camera dei Popoli bosniaca per motivi etnici amplificando le
divisioni etniche e minando il carattere democratico delle elezioni. La Corte
rimarca inoltre come la riforma del sistema elettorale nazionale, oggi basato
sul concetto di "popoli costituenti", fosse un obbligo a cui lo
Stato si era vincolato al momento dell’adesione al Consiglio d'Europa, anche
a seguito dei rilievi mossi dalla Commissione di Venezia nel 2002. I
"popoli costituenti" di cui alla Costituzione bosniaca godono
ancora oggi di una posizione privilegiata nell’attuale sistema politico e non
possono essere inquadrati come una minoranza in pericolo rispetto alla quale
lo Stato, in sintonia con la Convenzione EDU, possa cercare di riequilibrare
una ipotetica situazione di fatto ineguale [“factual
inequalities”]. La Corte rimarca invece come
nessuno dovrebbe essere costretto a votare solo secondo le linee etniche
prescritte e indipendentemente dal suo punto di vista politico. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 18 luglio 2023 (Camara c. Belgio) Art. 6 e Art. 46 CEDU – Violazione del
diritto di accesso a un tribunale da parte del rifiuto delle autorità
nazionali di eseguire un’ordinanza immediatamente esecutiva che impone allo
Stato di fornire alloggio e assistenza materiale a un richiedente protezione
internazionale. La Corte rileva come la presa in carico del richiedente sia
avvenuta solo a seguito del provvedimento provvisorio disposto dalla Corte
europea stessa e, pur prendendo atto della difficile situazione dello Stato
convenuto in relazione al significativo aumento del numero di domande di
protezione internazionale e all’insufficiente capacità di accoglienza dei
richiedenti, rileva anche la mancata esecuzione sistematica, da parte delle
autorità nazionali, delle decisioni giudiziarie definitive relative
all’accoglienza, il che comporta un pesante carico di lavoro per le autorità
giudiziarie nazionali belghe e per la stessa Corte EDU. Dal punto di vista
della forza vincolante e dell’attuazione delle sentenze della Corte nel caso
di misure aventi carattere generale, si rileva come lo Stato convenuto sia
tenuto a porre rimedio al problema sistemico della capacità delle autorità
nazionali di rispettare il diritto interno in materia di diritto
all’accoglienza dei richiedenti asilo, diritto interne che vede ricomprese le
decisioni giudiziarie definitive aventi carattere esecutivo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 13 luglio 2023 (A.A. c. Svezia) Art. 2 e Art. 3 CEDU – Mancata violazione
del diritto alla vita e del divieto di sottoposizione a trattamenti inumani o
degradanti da parte dell’espulsione di un cittadino libico in Libia dalla
Svezia. La Corte ritiene che l’allontanamento di un cittadino libico dopo il
rifiuto della domanda di asilo non comporti una violazione della Convenzione,
in quanto la situazione della sicurezza in Libia non è tale da far sorgere
una necessità generale di protezione internazionale per i richiedenti asilo.
D’altra parte, la valutazione da parte delle autorità nazionali delle
circostanze individuali del richiedente è accurata e fondata su motivi razionali,
mentre il richiedente non ha dimostrato il rischio di essere ucciso o
sottoposto a maltrattamenti al suo ritorno in Libia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 13 luglio 2023 (Golovin c. Ucraina) Art. 8 e Art. 6 § 1 CEDU – Violazione del
diritto alla vita privata e al diritto a un equo processo da parte della
dismissione dal servizio di un giudice della Corte costituzionale ucraina, da
parte del Parlamento e dopo i rivolgimenti politici del 2014, per aver
partecipato a una sentenza del 2010 ritenuta discutibile, senza che fosse
però offerta una chiara interpretazione della supposta "violazione del
giuramento" a lui imputata e della portata dell’immunità funzionale del
ricorrente. La Corte compie un’applicazione della precedente sentenza Ovcharenko e Kolos
c. Ucraina, chiarendo come anche in questo caso sia dato riscontrare un
controllo giurisdizionale successivo alla dismissione del ricorrente, e
svolto dalla Corte Suprema, che è da ritenersi inadeguato alla tutela dei
diritti convenzionali, con l’assenza di risposte elaborate su questioni
cruciali relative alle garanzie offerte alla magistratura entro uno Stato di
diritto. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 11 luglio 2023 (Semenya c. Svizzera) Art. 14, Art. 8, Art. 13 CEDU – Violazione
del divieto di discriminazione in relazione alla tutela della vita privata,
da parte delle insufficienti garanzie istituzionali e procedurali contro la
discriminazione di una famosa atleta professionista sudafricana con
differenze nello sviluppo sessuale, obbligata da un regolamento non statale
dell’International Association of Athletics Federations (IAAF) a ridurre il suo livello naturale
di testosterone per poter partecipare a competizioni internazionali nella
categoria femminile. La Corte ritiene applicabile l’Art. 14, in quanto la
ricorrente si trova in una situazione paragonabile a quella di altre atlete e
viene trattata in modo diverso a causa della sua esclusione dalle
competizioni sulla base dei regolamenti sportivi internazionali. La Corte
rileva come l’arbitrato imposto dai regolamenti sportivi escluda il ricorso
ai tribunali ordinari, a favore della Corte di Arbitrato per lo Sport (CAS),
con sede in Svizzera, la quale, nonostante una motivazione molto dettagliata,
non ha applicato la Convenzione e ha lasciato cadere notevoli dubbi sulla
validità dei regolamenti sportivi. La Corte EDU lamenta in proposito un
controllo molto limitato da parte del Tribunale federale svizzero sulla
decisione arbitrale, con la mancanza di un esame completo e adeguato della
pretesa di trattamento discriminatorio e di una ponderazione appropriata e
adeguata di tutti gli interessi in gioco. In particolare, la Corte rileva
come la mancanza di differenziazione tra sportive transgender e intersessuali
non sia stata sollevata dal Tribunale federale e che una discriminazione
basata sul sesso e sulle caratteristiche sessuali può essere giustificata
solo da "considerazioni molto forti". Si rileva poi come dalla
decisione abbia avuto origine un problema personale assai significativo per
la ricorrente, ossia l'esclusione dall’esercizio della sua professione, per
cui il margine di apprezzamento, comunque ridotto in questo ambito, è da
ritenersi superato, in quanto la misura imposta non è stata obiettiva né
proporzionata allo scopo perseguito. Dal punto di vista del diritto a un ricorso
effettivo, la Corte rileva la scarsa efficacia dei rimedi offerti
dall’ordinamento nazionale per la mancanza di sufficienti garanzie
istituzionali e procedurali. La Corte ritiene che la risposta del Tribunale federale alle
accuse sostanziali e credibili di discriminazione presentate dalla ricorrente
sia stata inadeguata, in particolare a causa del suo potere di controllo
molto limitato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 6 luglio 2023 (Tuleya
c. Polonia) Art. 6 § 1, Art. 8 e Art. 10 CEDU –
Violazione del diritto a un equo processo sotto il profilo dell’indipendenza
e dell’imparzialità dei tribunali istituiti per legge di cui al § 1 dell’Art.
6, a causa della revoca dell’immunità penale del giudice ricorrente e della
sua sospensione dalle funzioni giudiziarie da parte della Camera disciplinare
della Corte suprema polacca. La Corte rileva in primo luogo la perdita dello
status di vittima del ricorrente in relazione alla sola decisione sulla
sospensione, in quanto la risoluzione della nuova Camera di responsabilità
professionale (CPL) della Corte suprema ha riconosciuto la violazione
dell’art. 6 § 1 in relazione al procedimento della Camera disciplinare e ha
fornito una riparazione adeguata e sufficiente, con una risoluzione adottata
da giudici la cui nomina alla Corte suprema era precedente alla riforma del
Consiglio nazionale della magistratura (NCJ). La risoluzione rappresenta
dunque uno sviluppo positivo nel contesto della crisi dello Stato di diritto
polacco. Invece, circa lo status di vittima del ricorrente in relazione alla
revoca dell’immunità, la Corte EDU ritiene che le conseguenze negative della
decisione della Camera disciplinare non siano state risolte dalla citata
risoluzione, in quanto non è stata intrapresa alcuna azione per porre fine al
procedimento penale contro il ricorrente nonostante la sentenza del CPL
sull’inesistenza di un reato. La Corte ritiene peraltro che l’art. 6 sia
applicabile, dal punto di vista del suo profilo penalistico, ai procedimenti
di immunità come quello di specie e che vi sia stata una violazione manifesta
del diritto interno a causa della procedura di nomina della Camera disciplinare da
parte della NCJ riformata, che mancava di indipendenza dal legislatore e
dall’esecutivo ed è dunque da ritenersi intrinsecamente carente. La Corte
applica al caso in oggetto le precedenti sentenze Reczkowicz
c. Polonia e Juszczyszyn c. Polonia e
ribadisce come l’indipendenza e l’imparzialità della Camera disciplinare
polacca siano compromesse. Sotto il profilo della tutela della vita
privata, la Corte ritiene applicabile al caso l’Art. 8 e ciò già per quanto
riguarda le conseguenze sulla reputazione professionale del giudice nazionale
ricorrente determinate dall’indagine preliminare sulla domanda di pronuncia
pregiudiziale da lui presentata alla Corte di giustizia dell’Unione europea,
oltre che sulla più grave decisione della sezione disciplinare che ha
revocato l’immunità e sospeso il ricorrente dalle sue funzioni. Infatti,
tutti i provvedimenti impugnati hanno inciso in misura molto significativa
sulla vita privata del ricorrente, traendo origine però da interferenze da
ritenersi non "conformi al diritto", come è da considerarsi già
l’indagine preliminare sulla domanda di pronuncia pregiudiziale, in quanto
contraria al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il quale prevale
sul diritto interno. La successiva decisione di revoca dell’immunità e di
sospensione è stata poi basata su di un’interpretazione imprevedibile dello
stesso diritto interno da parte di un organo che non costituisce un
"tribunale indipendente e imparziale istituito dalla legge". La Corte riscontra anche una violazione
della libertà di espressione nel caso delle indagini preliminari riguardanti
le dichiarazioni pubbliche del ricorrente su un canale televisivo e in
riunioni pubbliche, seguite poi dalla decisione sulla revoca dell’immunità e
sulla sospensione. Il ricorrente ha lamentato la lesione del diritto di cui
all’Art. 10 nel suo secondo ricorso. La Corte ritiene che i provvedimenti
impugnati debbano essere considerati nel contesto delle successive riforme
polacche che hanno portato all’indebolimento dell’indipendenza della
magistratura e tenendo conto della sequenza degli eventi nella loro
interezza. L’azione delle autorità culminata nella decisione della Camera
disciplinare potrebbe essere considerata dunque come una sanzione dissimulata
per l’esercizio della libertà di espressione del ricorrente, per cui i
provvedimenti impugnati sono stati motivati dalle opinioni e dalle critiche
espresse pubblicamente dal ricorrente nella sua veste professionale, con
interferenze classificabili come non "previste dalla legge" e non
perseguenti scopi legittimi. Peraltro, la Corte rileva come al ricorrente non
siano state concesse garanzie procedurali minime nel corso delle indagini
preliminari, mentre la decisione sulla revoca dell’immunità e sulla
sospensione è stata presa da un organo che non costituisce un "tribunale
indipendente e imparziale istituito dalla legge" ai sensi della
Convenzione. Ne consegue l’assenza delle garanzie procedurali necessarie per
evitare l’applicazione arbitraria del diritto sostanziale pertinente, con la
conseguenza che le misure potrebbero essere caratterizzate come una strategia
volta a intimidire (o addirittura a mettere a tacere) il ricorrente. Le
misure impugnate mirerebbero dunque a ottenere un effetto di congelamento [“chilling effect”]
sulla partecipazione dei giudici al dibattito pubblico sulle riforme
legislative che riguardano la magistratura e la sua indipendenza. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 4 luglio 2023 (B.F. e Altri c. Svizzera) Art. 8 CEDU – Violazione degli obblighi positivi
derivanti dal diritto alla tutela della vita familiare, nel caso del rifiuto
di domande di ricongiungimento familiare, a causa del mancato soddisfacimento
della condizione di indipendenza economica, da parte di rifugiati ammessi provvisoriamente
in Svizzera e che temono di essere perseguitati a causa della loro partenza
illegale dal loro paese d’origine. La Corte rileva che gli Stati membri
dispongono di un margine di apprezzamento nell’esigere il non ricorso
all’assistenza sociale prima di concedere il ricongiungimento familiare alla
categoria di rifugiati corrispondenti a quella del caso in oggetto. Tuttavia,
il margine di apprezzamento che ne risulta è considerevolmente più ristretto di
quello previsto per l’introduzione di periodi di attesa per il
ricongiungimento familiare verso persone prive dello status di rifugiato, ma
che hanno piuttosto lo status collegato a una protezione sussidiaria o
temporanea. La Corte riscontra un consenso internazionale ed europeo a non
distinguere tra i diversi rifugiati della Convenzione del 1951 per quanto
riguarda i requisiti per il ricongiungimento familiare e per far sì che i
rifugiati beneficino di una procedura di ricongiungimento più favorevole
rispetto agli altri stranieri. Tale consenso riduce il margine di
apprezzamento degli Stati. Inoltre, la situazione di particolare
vulnerabilità dei rifugiati in un determinato luogo deve essere adeguatamente
considerata nell’applicazione di un requisito ulteriore alla loro richiesta
di ricongiungimento familiare, senza contare che, per la Corte, gli ostacoli
insormontabili al godimento della vita familiare nel paese d’origine assumono
progressivamente maggiore importanza nella valutazione dell’equo equilibrio
con il passare del tempo. Ne discende la necessità di applicare il requisito
della non dipendenza dall’assistenza sociale con sufficiente flessibilità,
per cui ai rifugiati non deve essere richiesto di "fare
l’impossibile" per ottenere il ricongiungimento familiare, mantenendo
invece un equo equilibrio tra interessi contrastanti che, nei casi in
oggetto, è stato raggiunto in un solo ricorso ma non negli altri tre. La
Corte non riscontra invece nessuna violazione a causa della durata del
procedimento di ricongiungimento familiare. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande
Camera) 4 luglio 2023 (Hurbain
c. Belgio) Art. 10 CEDU – Mancata violazione del diritto alla libertà di espressione
nel caso dell’editore di un giornale a cui è stato ordinato di rendere
anonima la versione archiviata in rete di un articolo legittimo pubblicato
vent’anni prima, a causa del "diritto all’oblio" [right to be forgotten]
riconosciuto in capo a un autista che aveva causato un incidente mortale. La
Corte riconosce da un lato la necessità di preservare l’integrità degli
archivi della stampa, compiendo però un chiarimento della portata del "diritto
all’oblio” in rete, configurato come un diritto non autonomo ma legato al
diritto al rispetto della reputazione e offrendo una definizione di criteri e
regole per bilanciare i vari diritti in gioco. La Corte rileva poi che vi è
stata la dovuta considerazione da parte dei giudici nazionali della natura e
della gravità dei fatti giudiziari riportati nell’articolo, della mancanza di
attualità, interesse storico e scientifico del fatto e della stessa circostanza
che la persona interessata non fosse molto conosciuta, ossia non rivestisse
funzioni pubbliche o di rilievo. Al contempo, la continua disponibilità in
rete dell’articolo senza restrizioni avrebbe potuto creare un
"casellario giudiziario virtuale" e parallelo a quello ufficiale in
considerazione della riabilitazione della persona interessata e del notevole
lasso di tempo trascorso dalla pubblicazione dell’articolo originale. D’altra
parte, l’anonimizzazione non ha imposto all’editore un onere eccessivo e
inattuabile, pur costituendo il mezzo più efficace per tutelare la vita
privata della persona interessata. Dunque, vi è stato un bilanciamento degli
interessi concorrenti da parte dei tribunali nazionali in conformità con i
requisiti della Convenzione e con un’interferenza proporzionata e limitata a
quanto strettamente necessario. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 4 luglio 2023 (Glukhin
c. Russia) Art. 8 e Art. 10 CEDU – Violazione del diritto alla libertà di
espressione da parte della condanna ingiustificata per illecito
amministrativo di un manifestante pacifico solitario, che utilizzava una
figura di cartone a grandezza naturale di un attivista politico con uno
striscione, somministrata per non aver egli presentato una notifica
preventiva alle autorità. La Corte riscontra la mancanza del necessario grado
di tolleranza da parte delle autorità e la mancanza di "ragioni
pertinenti o sufficienti". Inoltre, la Corte riscontra una violazione
del diritto alla vita privata causato dal trattamento ingiustificato dei dati
biometrici personali del richiedente mediante l’uso di una tecnologia di
riconoscimento facciale altamente intrusiva in un procedimento per illecito
amministrativo, al fine di identificarlo, localizzarlo e arrestarlo. La Corte
ritiene che l’uso di tale tecnologia per identificare e arrestare
manifestanti pacifici possa avere un effetto “raggelante” [chilling effect]
sui diritti alla libertà di espressione e di riunione. Nell’applicazione
della tecnologia di riconoscimento facciale, la Corte manifesta la previa
necessità di norme dettagliate che disciplinino la portata e l’applicazione
delle misure, nonché di forti garanzie contro il rischio di abusi e
arbitrarietà. Tale necessità di garanzie è ancora maggiore nel caso di
utilizzo di tecnologie di riconoscimento facciale dal vivo. Nel caso in
oggetto la Corte riscontra del resto come l’interferenza non sia stata
corrispondente al parametro di una "pressante necessità sociale" [pressing
social need]. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 29 giugno 2023 (Bijan
Balahan c. Svezia) Art. 3 CEDU – Mancata violazione del divieto di sottoposizione a
trattamenti inumani o degradanti in caso dell’estradizione del ricorrente
dalla Svezia agli Stati Uniti. La Corte rileva in particolare la mancanza di
prove che dimostrino il rischio reale di una condanna all’ergastolo senza
condizionale o con un periodo minimo di 61 anni prima dell’ammissibilità alla
libertà vigilata nel caso di specie e nel caso il richiedente fosse estradato
negli Stati Uniti e poi ivi condannato. In particolare, non sarebbe
dimostrato il rischio reale, de jure o de
facto, di una condanna all’ergastolo senza condizionale, mentre la durata
del potenziale periodo minimo sopra citato dipende da una serie di fattori
sconosciuti allo stato attuale e potrebbe essere significativamente più
breve. Dunque, la Corte rileva come già la prima fase del test di cui alla
sentenza Sanchez-Sanchez c. Regno Unito [GC] non sia stata soddisfatta
e ricorda come il test rigoroso per la "sproporzione grave" [gross disproportionality]
ai sensi della convenzione possa venire soddisfatto solo in rare e uniche
occasioni. Al contrario, una pena non può essere considerata gravemente
sproporzionata per il solo fatto di essere più severa di quella che sarebbe
stata inflitta in un altro Stato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 27 giugno 2023 (Nurcan
Bayraktar c. Turchia) Art. 8 e Art. 14 e Art. 34 CEDU –Violazione
del diritto al rispetto della vita privata da parte del rifiuto dei giudici nazionali
di esonerare la ricorrente, senza sottoporsi a un esame medico per
certificare la sua assenza di gravidanza, dal periodo di attesa legale di
trecento giorni imposto alle donne divorziate che desiderano risposarsi nel
diritto turco. La Corte rileva come l’obiettivo di consentire l’accertamento
biologico della paternità collegato alla previsione legale sia irrealistico
in una società moderna. La questione della gravidanza di una donna è del
resto strettamente legata all’intimità della sua vita privata, mentre la
motivazione poggiante sulle caratteristiche biologiche specifiche delle donne
riflette una visione tradizionale della sessualità femminile che non
riconosce l’importanza fisica e psicologica della stessa per lo sviluppo
delle donne come individui. Vista la mancanza di motivi pertinenti e
sufficienti, la misura è da ritenersi non proporzionata. Per quanto riguarda la violazione del
divieto di discriminazioni ex Art. 14 CEDU, in collegamento con l’Art. 12, la
Corte rileva il ristretto margine di apprezzamento in capo agli Stati nel
caso di discriminazioni dirette basate sul sesso, in questo caso peraltro non
giustificabili con l’obiettivo di prevenire l'incertezza sulla paternità di
un nascituro. Ne consegue una differenza di trattamento non oggettivamente
giustificata né necessaria. Dal punto di vista dello status di vittima ex Art. 34 CEDU della
ricorrente, la Corte rileva come l’interessata sia da ritenersi direttamente
colpita dalla disposizione di legge che prevede il termine in questione per
il solo fatto di appartenere alla categoria delle donne divorziate capaci di
contrarre matrimonio. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 27 giugno 2023 (Bryan e
Altri c. Russia) Art. 35 § 2 (b), Art. 34,
Art. 5 § 1, Art. 5 § 1 (c) e Art. 10 CEDU – Circa la ricevibilità del ricorso
ai sensi dell’Art. 35 § 2 (b), la Corte rileva che, nel caso del fermo da parte russa di una nave
battente bandiera dei Paesi Bassi e degli attivisti di Greenpeace a bordo,
seppure la questione sia già stata sottoposta a un’altra procedura
internazionale, ossia a una Procedura di arbitrato interstatale ai sensi
della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, l’oggetto e gli
obiettivi delle procedure e gli stessi ricorrenti dinanzi alla Corte EDU e al
Tribunale arbitrale siano sostanzialmente diversi. La Corte conferma dunque
la ricevibilità del ricorso, anche considerando che, per quanto riguarda lo
status di vittima ai sensi dell’Art. 34, la transazione raggiunta nell'ambito
di una controversia interstatale che prevede, tra l’altro, il risarcimento
dei ricorrenti, non li priva del suddetto status di vittima ai sensi della
Convenzione. La Corte rileva del resto il mancato riconoscimento da parte del
Governo convenuto, a livello interno e internazionale, di una violazione
della Convenzione, così come il fatto che l’amnistia generale che ha
comportato l’interruzione del procedimento penale nei confronti dei
ricorrenti non fosse riferita alla loro situazione specifica o al
riconoscimento di una violazione dei loro diritti. Dal punto di vista
sostanziale, la Corte rileva una violazione delle disposizioni di cui agli
Art. 5 § 1 e Art. 5 § 1 (c) CEDU, causata già in primo luogo dall’arresto e
dalla detenzione illegali dei ricorrenti a bordo di una nave russa a seguito
di una protesta presso una piattaforma di trivellazione petrolifera offshore
nel Mare di Pechora, all’interno della zona
economica esclusiva della Federazione Russa, così come, in seguito,
dall’arresto e detenzione arbitrari su territorio russo. La Corte rileva anche
una violazione del diritto alla libertà di espressione, visto che la natura
illegale della detenzione subita incide sulla legittimità stessa
dell’ingerenza statale su tale libertà. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 27 giugno 2023 (Zhablyanov c. Bulgaria) Art. 10 CEDU – Mancata
violazione della libertà di espressione nel caso della destituzione del
vicepresidente del Parlamento bulgaro per discorsi e comportamenti che
giustificano le repressioni del regime comunista. Per la Corte occorre
tracciare una distinzione tra destituzione da incarichi professionali e da
incarichi politici come quello ricoperto dal ricorrente, nel caso di
dichiarazioni non meritevoli della maggiore tutela normalmente accordata su
questioni di interesse pubblico. La Corte ritiene che la necessità del
provvedimento vada valutata alla luce della storia della Bulgaria dopo la
Seconda guerra mondiale e della natura totalitaria del regime comunista. Stati che hanno vissuto le repressioni
comuniste hanno una particolare responsabilità morale nel prendere le
distanze da esse, esercitando, come in questo caso, una forma di rimozione da
ritenersi simbolica e preventiva piuttosto che punitiva. Si è perciò trattato
di una misura qualificabile come "necessaria in una società
democratica”. Sono presenti un’opinione
concorrente e un’opinione dissenziente. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 22 giugno 2023 (Poklikayew c. Polonia) Art.
1 P. 7 CEDU – Violazione delle garanzie procedurali relative all'espulsione
di stranieri da parte dell’avvenuta espulsione per motivi di sicurezza
nazionale sulla base di informazioni classificate non comunicate al
ricorrente, senza sufficienti garanzie di controbilanciamento, in quanto la vi è stata una limitazione significativa del diritto
del richiedente di essere informato delle circostanze di fatto e del
contenuto dei documenti alla base della decisione di espulsione. La Corte
classifica come inadeguate le informazioni comunicate al richiedente sulle
accuse a suo carico e sulla condotta che avrebbe messo in pericolo la
sicurezza nazionale e come molto generiche le motivazioni fornite dai
tribunali nazionali a sostegno di tali conclusioni. Inoltre
al richiedente non è stata concessa un’effettiva possibilità di farsi
rappresentare da un avvocato. Il coinvolgimento della più alta autorità
giudiziaria si configura dunque come una salvaguardia significativa, ma
insufficiente, date le scarse e poco specifiche informazioni disponibili. |
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Corte
europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 22
giugno 2023 (Lorenzo Bragado e Altri c. Spagna) Art. 6 § 1 CEDU – Violazione
del diritto di accesso a un tribunale a causa del rifiuto da parte della
Corte costituzionale di un ricorso diretto per amparo, in quanto tardivo e
senza esame del merito, contro la mancata prosecuzione del processo di nomina
del nuovo Consiglio generale della magistratura (CGG) da parte del
Parlamento. Il ricorso per amparo veniva presentato da parte dei magistrati
facenti parte della lista finale dei candidati. La Corte, ritenuto l’Art. 6
applicabile, fa valere l’obbligatorietà e la specificità dell’azione che
spettava al Parlamento intraprendere entro un determinato lasso di tempo,
così come il fatto che si trattasse di una controversia reale e seria sulla
presenza o meno di un diritto civile, in capo ai ricorrenti e ai sensi del
diritto interno, di partecipare alla procedura di nomina dei membri del CGG e
di avere un esame tempestivo delle loro candidature da parte del Parlamento.
Il reclamo dei ricorrenti avrebbe potuto essere giudicato dalla Corte
costituzionale, mentre la Corte EDU ritiene che la prima condizione del “test
di Eskelinen” non sia stata in questo caso
soddisfatta, in quanto vi sarebbero stati un’interpretazione e applicazione
imprevedibili del diritto interno pertinente da parte della Corte
costituzionale, ciò comportando l’illegittima compromissione dell’essenza
stessa del diritto di accesso a un tribunale. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 20 giugno 2023 (Alkan c.
Turchia) Art. 6 § 1 CEDU – Violazione
del diritto di accesso a un tribunale causato dall’impossibilità per un
candidato giudice, dopo il completamento della formazione, di chiedere il
controllo giurisdizionale della decisione di rifiuto della nomina. In
applicazione dell’Art. 6, la Corte si esprime nel senso di un
"diritto" esistente da parte dei candidati in formazione nel
diritto e nella prassi nazionale a ricorrere contro la nomina o il rifiuto
arbitrari. Facendo applicazione dei criteri “Eskelinen”
[Vilho Eskelinen
e Altri c. Finlandia], la Corte ritiene che la prima condizione del test
di Eskelinen, ossia la previsione legale
dell’esclusione dalla tutela giurisdizionale, sia stata soddisfatta da parte
dello Stato, mentre la seconda condizione del test, ossia la giustificatezza
dell’eslcusione per un determinata categoria di
dipendenti pubblici, non lo sia stata. Ne discende che l’esclusione del
ricorrente, il quale soddisfa i requisiti di ammissibilità previsti dalla
legge, dalla fase finale del processo di nomina, senza controllo giurisdizionale,
non è nell'interesse di uno Stato di diritto, dato il legame tra l'integrità
del processo di nomina dei giudici e il requisito dell'indipendenza della
magistratura, nonché l’importanza dell'equità procedurale nei casi che
riguardano la selezione, la nomina e la carriera dei giudici. La Corte riscontra
del resto l’assenza di ragioni eccezionali e convincenti che giustifichino il
mancato controllo giurisdizionale. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 20 giugno 2023 (Alkan c.
Turchia) Art.
6 § 1 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un tribunale causato
dall’impossibilità per un candidato giudice, dopo il completamento della
formazione, di chiedere il controllo giurisdizionale della decisione di
rifiuto della nomina. In applicazione dell’Art. 6, la Corte si esprime nel
senso di un "diritto" esistente da parte dei candidati in
formazione nel diritto e nella prassi nazionale a ricorrere contro la nomina
o il rifiuto arbitrari. Facendo applicazione dei criteri “Eskelinen”
[Vilho Eskelinen
e Altri c. Finlandia], la Corte ritiene che la prima condizione del test
di Eskelinen, ossia la previsione legale
dell’esclusione dalla tutela giurisdizionale, sia stata soddisfatta da parte
dello Stato, mentre la seconda condizione del test, ossia la giustificatezza
dell’eslcusione per un determinata categoria di
dipendenti pubblici, non lo sia stata. Ne discende che l’esclusione del
ricorrente, il quale soddisfa i requisiti di ammissibilità previsti dalla
legge, dalla fase finale del processo di nomina, senza controllo
giurisdizionale, non è nell'interesse di uno Stato di diritto, dato il legame
tra l'integrità del processo di nomina dei giudici e il requisito
dell'indipendenza della magistratura, nonché l’importanza dell'equità
procedurale nei casi che riguardano la selezione, la nomina e la carriera dei
giudici. La Corte riscontra del resto l’assenza di ragioni eccezionali e
convincenti che giustifichino il mancato controllo giurisdizionale. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 15 giugno 2023 (Fanouni c. Francia) Art. 2 P. 4 CEDU – Mancata
violazione della libertà di circolazione nel caso del confinamento
obbligatorio nella propria residenza [Assignation
à résidence] comminato in via cautelare e
amministrativa a un islamista radicalizzato, con armi e munizioni sequestrate
nella sua abitazione, disposta per tre mesi e due giorni sulla base allo
stato di emergenza successivo agli attentati terroristici del 2015-2016. La
Corte ritiene che le sufficienti garanzie procedurali contornanti la misura
la caratterizzino come proporzionata. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 13
giugno 2023 (Aktürk e Altri c.Turchia) Art. 1 P.1 CEDU – Mancata
violazione del diritto al rispetto dei propri beni da parte del rifiuto
dell’amministrazione di perfezionare il contratto di vendita di un terreno
agricolo, in origine di proprietà pubblica ma occupato ininterrottamente e
legalmente dal de cujus dei ricorrenti a partire
dal 1966, iscrivendolo a nome di questi ultimi nel registro fondiario dopo il
versamento del corrispettivo richiesto dalla legge turca per l’acquisto della
proprietà in casi simili. La Corte rileva in particolare che il mancato perfezionamento,
ai sensi del diritto nazionale, discende dalla decisione da parte
dell’amministrazione, intervenuta dopo il versamento del corrispettivo da
parte dei ricorrenti, di destinare il terreno a un uso di interesse pubblico,
in conseguenza di un disastro naturale. La Corte ricorda come il margine di
apprezzamento dello Stato debba ritenersi in questi casi particolarmente
ampio nel valutare quale sia l’interesse generale e che i ricorrenti
avrebbero comunque avuto la concreta possibilità di chiedere
all'amministrazione il rimborso della somma versata dal loro de cujus, senza ulteriori oneri inquadrabili come speciali
ed esorbitanti. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 6 giugno 2023 (Sarısu Pehlivan c.Turchia) Art. 10 CEDU – Violazione
della libertà di espressione determinata dalla sanzione disciplinare inflitta
dal Consiglio dei giudici e dei pubblici ministeri turco a una magistrata e
segretario generale dell’Unione dei giudici a causa della sua intervista sul
tema del referendum sulle riforme costituzionali con riguardo all’ordinamento
della magistratura. La Corte ribadisce il diritto e dovere dell'interessata
di esprimere il proprio parere su tali riforme, in grado di esercitare un
impatto sul sistema giudiziario e sull’indipendenza della magistratura. Si è
trattato infatti di dichiarazioni relative a un dibattito su questioni
d’interesse pubblico e richiedenti un elevato livello di protezione. La Corte
rileva che la pena pur moderata della trattenuta dello stipendio per due
giorni è da considerarsi idonea ad avere un effetto dissuasivo per
l’interessata e per la magistratura nel suo complesso, e rileva altresì
l’insufficienza dei motivi posti a fondamento della sanzione. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 6 giugno 2023 (Navalnyy c. Russia (no. 3)) Art.
2 e Art. 46 CEDU – Riconosciuta violazione in conseguenza del rifiuto delle
autorità nazionali di indagare in un procedimento penale sulle plausibili
affermazioni relative all’avvelenamento del ricorrente con un agente chimico
nervino vietato dalla Convenzione sulle armi chimiche. La Corte riscontra
l’inadeguatezza dell’indagine preliminare, svolta in forma non pubblica e
senza tenere conto del diritto della vittima di partecipare al procedimento.
Si riscontra inoltre la mancata indagine su un possibile movente politico per
il tentato omicidio, sul coinvolgimento o sulla collusione di agenti statali
e sull’uso dichiarato di una sostanza vietata. Rispetto all’esecuzione delle
proprie sentenze, la Corte ribadisce la necessità di indagini tempestive
conformi all’Art. 2. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 6 giugno 2023 (Demirtaş e Yüksekdağ
Şenoğlu c.Turchia) Art. 5 § 4 CEDU – Violazione
del diritto a una rapida decisione sulla legalità della detenzione
determinata dalla mancanza di un’assistenza legale effettiva per contestare
la detenzione preventiva dei ricorrenti a causa della supervisione da parte
delle autorità carcerarie degli incontri con i loro avvocati. La Corte rileva
l’assenza di garanzie adeguate e sufficienti contro gli abusi in assenza di
norme specifiche e dettagliate, nonché l’assenza di circostanze eccezionali
tali da derogare al principio essenziale della riservatezza degli incontri con
gli avvocati, rilevando come le autorità nazionali non abbiano fornito prove
dettagliate in grado di giustificare l’imposizione delle misure contestate ai
sensi del decreto-legge adottato nel contesto dello stato di emergenza
seguito al fallito colpo di Stato del 2016. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 1 giugno 2023 (Maymulakhin
e Markiv c. Ucraina) Art. 14 e Art. 8 CEDU –
Violazione del divieto di discriminazione, unitamente alla mancata protezione
del diritto alla vita privata, determinata dall’assenza di qualsiasi forma di
riconoscimento giuridico e di protezione per una coppia dello stesso sesso,
in quanto integrante una differenza ingiustificata di trattamento rispetto a
coppie di sesso diverso sulla sola base dell’orientamento sessuale. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 30 maggio 2023 (Nepomnyashchiy e Altri c. Russia) Art. 14 e Art. 8 CEDU –
Violazione del divieto di discriminazione, unitamente alla mancata protezione
del diritto alla vita privata, causata dal mancato rispetto da parte delle
autorità nazionali dell’obbligo di rispondere adeguatamente alle dichiarazioni
omofobe pronunciate da funzionari statali nei confronti di membri della
comunità LGBTI. Nonostante l’esistenza di un quadro giuridico nazionale in
grado, in teoria, di offrire protezione contro le dichiarazioni
stigmatizzanti, le disposizioni giuridiche pertinenti non sono state
applicate al caso dei ricorrenti, con conseguente mancato raggiungimento, da
parte dei tribunali nazionali, di un giusto equilibrio tra i diritti
concorrenti degli Artt. 8 e 10 nei procedimenti penali e con totale assenza
di ogni tentativo di bilanciamento nei procedimenti civili. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 30 maggio 2023 (Azzaqui c. i Paesi Bassi) Art. 8 CEDU – Violazione del diritto alla vita
privata determinato dalla revoca del permesso di soggiorno di un migrante
stabilitosi da lungo tempo nello Stato e affetto da malattia mentale, a cui
si è aggiunta l’imposizione di un divieto d'ingresso di dieci anni a causa
dei reati violenti commessi, nonostante i progressi compiuti dopo anni di
detenzione in una clinica. La Corte rileva la mancata considerazione della
ridotta capacità d’intendere e di volere del richiedente a causa della sua
malattia mentale e il mancato bilanciamento degli interessi in gioco e di
tutti i fattori rilevanti nel caso di specie. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sezione IV) 23 maggio 2023 (Buhuceanu e Altri c. Romania) Art. 8 CEDU – Violazione
degli obblighi positivi relativi al diritto alla vita privata e famigliare
determinata dall’assenza di qualsiasi forma di riconoscimento giuridico e di
tutela per le coppie dello stesso sesso. La Corte fa applicazione dei principi
stabiliti nella causa Fedotova e altri c. Russia [G.C.] e ritiene che
nel caso di specie i motivi di interesse pubblico addotti non prevalgono
sugli interessi dei ricorrenti, con conseguente oltrepassamento del margine
di apprezzamento. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 15 maggio 2023 (Sanchez
c. Francia) Art. 10 CEDU – Mancata
violazione della libertà di espressione nel caso di una personalità politica
multata in un procedimento penale per non aver cancellato dalla sua
"bacheca" Facebook, accessibile al pubblico e usata per la sua
campagna elettorale, commenti islamofobici da parte di terzi, anch'essi
condannati. La Corte ricorda i doveri e le responsabilità dei politici che
utilizzano i social network per scopi politici ed elettorali, anche in
conseguenza dell’impatto accentuato dell'hate speech che provoca danni
maggiori in un periodo elettorale caratterizzato da tensioni e con la
conseguente necessità di una responsabilità condivisa tra tutti gli attori
coinvolti. Ciò rende auspicabile l'attuazione di un grado minimo di
moderazione o di filtraggio preventivo da parte del titolare dell'account per
identificare e rimuovere i commenti illeciti entro un tempo ragionevole,
anche in assenza di notifica da parte della parte lesa. È stata d’altra parte
una scelta deliberata del richiedente, esperto di comunicazione pubblica e
conoscitore delle piattaforme digitali, di consentire l’accesso pubblico
all’account. Il ricorrente non ha poi proceduta alla rimozione dei commenti
nonostante fosse a conoscenza degli stessi e sebbene non si trattasse di un
account con traffico potenzialmente eccessivo. La Corte compie un’analisi di
proporzionalità in funzione del livello di responsabilità della persona
interessata e del suo grado di notorietà e rappresentatività. Alla luce di
tale analisi, la condanna penale appare proporzionata e non imprevedibile da
parte del ricorrente. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 9 maggio 2023 (Kitanovska e Barbulovski
c. Macedonia del Nord) Art. 6 §
1 CEDU – Violazione del diritto di accesso a un tribunale determinato dal
rigetto, da ritenersi sproporzionato, dell’opposizione contro un’ingiunzione
di pagamento emessa da un notaio, perché non presentata
tramite un avvocato come previsto dal diritto interno e senza che vi sia
stato un esame del merito. La Corte ritiene che la violazione consegua dal
fatto che quello in oggetto è un requisito di ordine generale e applicato
automaticamente, senza possibilità di ottenere un’esenzione. Di conseguenza i
tribunali nazionali non sono in grado di prendere in considerazione le
circostanze specifiche del caso, né vi è nessuna possibilità di diritto
interno per il debitore di rimediare a un vizio procedurale dopo la scadenza
del termine per la presentazione dell’opposizione. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 9 maggio 2023 (Korkut e Amnesty International Turchia c.
Turchia) Art.
6 § 1 e Art. 11 CEDU – Violazione del diritto a un equo processo determinata
dalla sanzione amministrativa inflitta al presidente della sezione turca di Amnesty
International per non aver rispettato una disposizione di legge che
impone alle associazioni di dichiarare i fondi ricevuti dall’estero alle
autorità prima di utilizzarli. Per la Corte le decisioni dei giudici
nazionali non sono state sufficientemente motivate, mentre, sotto il profilo
della libertà di associazione, si è trattato di un’interferenza non prevista
da una norma legislativa sufficientemente prevedibile. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 9 maggio 2023 (Testimoni
di Geova c. Finlandia) Art.
9 CEDU – Mancata violazione della libertà di manifestazione della propria
religione da parte della normativa nazionale che vieta alla comunità
religiosa dei Testimoni di Geova di raccogliere e trattare dati personali
durante la predicazione porta a porta senza il consenso degli interessati. La
Corte ritiene non arbitraria o irragionevole la decisione nazionale da cui
origina il ricorso, in quanto frutto dell’interpretazione delle disposizioni
pertinenti in materia di protezione dei dati e basata sugli orientamenti
della Corte di giustizia dell’Unione europea. Per la Corte l'obbligo di
consenso previsto dalla legge è una salvaguardia appropriata e necessaria,
senza alcuna prova di un lamentato "effetto paralizzante" (“chilling effect”).
Vi è stato invece un equo bilanciamento tra gli interessi contrapposti basati
sugli Artt. 9 e 8. Si è trattato dunque di un’interferenza "necessaria
in una società democratica" e svoltasi all’interno del margine di
discrezionalità dello Stato. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 9 maggio 2023 (Horion c. Belgio) Art. 3 CEDU – Violazione del
divieto di trattamenti inumani e degradanti determinata dall’impossibilità
per il ricorrente, dal gennaio 2018, di essere collocato in un’unità
psichiatrica forense (“unité de psychiatrie légale”), anche
se la sua detenzione in carcere non era più indicata come opportuna dalle
autorità nazionali. L’ammissione all’unità suddetta è stata considerata dai
tribunali nazionali come una tappa essenziale per il reinserimento nella
società del detenuto del caso in oggetto, che è stato recluso per un periodo
molto lungo dal 1979, nonché come misura necessaria per la sua liberazione.
Tuttavia, tale esigenza si è scontrata col fatto che il sostegno finanziario
pubblico all’ammissione alla suddetta unità psichiatrica fosse
rivolto solo a persone internate (“internées”)
e non a persone condannate (“condamnées”) e
in quanto tali ritenute penalmente responsabili degli atti commessi. La Corte
constata dunque che nel caso concreto non residuava in realtà nessuna
prospettiva realistica di rilascio, a causa di impedimenti pratici di
bilancio. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 9 maggio 2023 (Ghadamian c. Svizzera) Art. 8 CEDU – Violazione
degli obblighi positivi connessi al diritto al rispetto della vita privata a
causa del rifiuto del permesso di soggiorno per pensionati a un cittadino
straniero anziano che viveva in Svizzera da oltre 50 anni, ma illegalmente
dal 2002, a causa di una decisione di espulsione, mai eseguita, causata dalla
sua condanna per gravi reati. La Corte riscontra inizialmente l’assenza di
una vita familiare tra il ricorrente e i suoi figli adulti, ma rileva anche
la presenza di circostanze particolari, quali una durata totale del soggiorno
estremamente lunga, con conseguente radicamento per quanto riguarda la
propria vita privata, costruita durante il suo soggiorno legale a partire
dall’arrivo nel 1969. Si riscontra poi come sia dubbia l’esistenza di
relazioni nel Paese d’origine del ricorrente, l’Iran, nonché, quali altri
fattori, l’assenza di reati gravi commessi della stesso
dal 2005 e l’insufficienza degli sforzi compiuti da parte delle autorità
nazionali per oltre 20 anni ai fini di espellere il ricorrente. Inoltre, la
Corte rileva come l’ambito del controllo esercitato da parte del Tribunale
federale elvetico sia stato del tutto insufficiente, con un peso eccessivo
attribuito all’interesse pubblico rispetto al diritto alla vita privata del ricorrente. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 4 maggio 2023 (Dieudonné
e Altri c. Francia) Art. 6 § 1 CEDU – Mancata
violazione del diritto ad accedere a un tribunale in conseguenza
dell’impossibilità, per i comproprietari di minoranza di un bene espropriato,
di impugnare la sentenza fissante l’indennità di espropriazione. La Corte
rileva infatti che gli interessi dei comproprietari come gruppo sono stati
rappresentati nel procedimento dal sindacato dei comproprietari, mentre sono
state le stesse autorità esproprianti a diventare comproprietari di
maggioranza a seguito di precedenti acquisti bonari. Vi era inoltre la
possibilità per i comproprietari divenuti minoranza di proporre un’azione per
abuso di maggioranza contro la decisione dell’assemblea generale dei
comproprietari di non impugnare la sentenza. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 4 maggio 2023 (A.C. e
M.C. c. Francia) Art.
3, Art. 5 § 1 e § 4 CEDU – Violazione del divieto di trattamenti inumani e
degradanti causata dalla detenzione amministrativa di nove giorni di una
madre e del figlio minorenne di sette mesi e mezzo, in vista del loro
trasferimento in Spagna, in quanto le condizioni di accoglienza nel centro di
detenzione sono state una fonte importante di stress e di angoscia per un
bambino in tenera età, superando la soglia di gravità dell’Articolo 3, in
relazione al trascorrere del tempo. Violazione del diritto alla libertà e
alla sicurezza a causa della detenzione amministrativa, pur di per sé
regolare, ma prorogata per ventotto giorni senza una sufficiente verifica che
si trattasse di una misura di ultima istanza e senza la possibilità di
sostituzione con un’altra misura meno restrittiva. La Corte riscontra inoltre
la mancanza di un controllo sulla legalità della proroga della detenzione
amministrativa. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 2 maggio 2023 (S.P. e
Altri c. Russia) Art.
3 e Art 13 CEDU – Violazione del divieto di sottoposizione a trattamenti
inumani e degradanti determinata dalla segregazione, umiliazione e abuso dei
detenuti da parte dei compagni di cella a causa del loro status inferiore
nella gerarchia informale dei detenuti. La Corte rileva che si è trattato di
abusi tollerati dal personale carcerario e manifestatisi nella
stigmatizzazione dei ricorrenti, nella loro assegnazione a lavori umili e
nella negazione dei bisogni primari, con minacce e occasionali violenze
fisiche e sessuali e conseguente paura costante nel corso degli anni. La
Corte rinviene la mancata adozione da parte delle autorità nazionali di
misure di protezione individuali dei detenuti più deboli nelle carceri russe,
che sarebbero invece necessarie per affrontare un problema classificato nella
sentenza come di tipo sistemico. La Corte ritiene dunque che alla violazione
dell’Art. 3 si unisca anche la violazione dell’Art 13, vista la mancanza di
una possibilità di ricorso effettivo. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 2 maggio 2023 (Mestan c. Bulgaria) Art. 10 CEDU – Violazione
del diritto alla libertà di espressione, segnatamente della libertà di
comunicare e ricevere informazioni, a causa della sanzione amministrativa
derivante dal divieto assoluto per un politico di utilizzare una lingua non
ufficiale in campagna elettorale. La Corte ritiene inoltre che i tribunali
nazionali siano stati nel caso di specie privati del loro potere di
esercitare un adeguato controllo giurisdizionale e che l’Art. 10, letto alla
luce dell’Art. 1 P.3, deve essere inteso nel senso di garantire ai candidati
di gruppi minoritari il diritto di utilizzare la loro lingua madre nelle
campagne elettorali al fine di dare a queste minoranze un accesso alle
elezioni pari a quello degli altri cittadini, data l’importanza del
pluralismo, della tolleranza e della
tutela delle minoranze in una società democratica. Il margine di
discrezionalità statale, particolarmente ampio nella politica linguistica,
deve ritenersi dunque ristretto per quanto riguarda il discorso politico e le
elezioni. Alla luce degli elementi sopra richiamati, il divieto in oggetto
deve perciò ritenersi sproporzionato. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 28 aprile 2023 (Georgia
c. Russia (II)) Art. 41 CEDU – In punto di
equa soddisfazione, la Corte ha deciso a favore della concessione dei danni
non pecuniari al Governo ricorrente, a beneficio di vittime identificate,
anche se la decisione è basata solo su prove presentate dal Governo ricorrente
in considerazione della mancata partecipazione del Governo convenuto al
procedimento. La competenza della Corte viene ritenuta sussistente in quanto
i fatti all’origine delle violazioni si sono verificati prima della
fuoriuscita della Federazione russa al Consiglio d’Europa, mentre la mancata
collaborazione del Governo convenuto non costituisce un ostacolo all’esame
delle richieste da parte della Corte. La Corte fa in questo caso applicazione
della stessa metodologia utilizzata nella causa Georgia c. Russia (I)
(per quanto riguarda l’equa soddisfazione) e rimarca come prosegua il
controllo del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sull’esecuzione
delle sentenze della Corte nei confronti della Federazione russa, mentre
l’istituzione di un meccanismo efficace per la distribuzione delle somme
assegnate alle singole vittime è affidata al governo ricorrente. È presente un’opinione
separata, parzialmente dissenziente. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 13 aprile 2023 (E.K. c.
Lettonia) Art. 8 CEDU – Violazione
degli obblighi positivi ricollegati al diritto alla vita famigliare a causa
della mancata tempestiva adozione da parte delle autorità nazionali delle
misure necessarie per far valere i diritti di contatto del ricorrente con la
figlia, cercando di superare l’atteggiamento ostruzionistico della madre e di
conciliare gli interessi contrastanti delle parti. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 11 aprile 2023 (Simonova
c. Bulgaria) Art. 8 CEDU – Violazione del
diritto all’abitazione in conseguenza dell’ordine di demolizione di un
edificio costruito illegalmente, e adibito ad abitazione della ricorrente e
dei suoi figli minori, a causa dell’assenza di una valutazione di
proporzionalità della misura scelta, della mancata considerazione del rischio
di lasciare la famiglia senza casa e della mancata adozione di misure per
alleviare le gravi difficoltà derivanti dal provvedimento. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 6 aprile 2023 (Drozd c. Polonia) Art. 10 CEDU – Violazione
della libertà di espressione causata dalla mancanza di adeguate garanzie
procedurali nell’imposizione del divieto di accesso al Parlamento per un anno
ai membri di un movimento civico informale per aver esposto uno striscione durante
una manifestazione pacifica al di fuori dell’edificio; in particolare la
Corte ha censurato il fatto che ai sensi del diritto interno non fosse
possibile per i ricorrenti essere coinvolti nella procedura che ha condotto
all’imposizione del divieto e, al contempo, la mancanza di una procedura
chiara per impugnare il provvedimento. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 4 aprile 2023 (Radonjić e Romić
c. Serbia) Art. 34, Art. 5 § 3 e Art. 5
§ 4 CEDU – Alla luce dell’art. 34 CEDU, la Corte ritiene in primo luogo che
l’espresso riconoscimento da parte della Corte costituzionale serba della
violazione dell'Art. 5 § 3 della Convenzione, per la seconda parte della custodia
cautelare dei ricorrenti, non sia di per sé, da solo, un rimedio sufficiente
alla violazione, in assenza dell’imposizione di un risarcimento a loro
favore. La Corte osserva infatti che manca una via chiara e consolidata nel
diritto interno serbo per richiedere un adeguato risarcimento e ritiene che
nel caso di specie, che riguarda due agenti dei servizi segreti accusati
dell’omicidio di un giornalista, vi sia stata anche una violazione del
principio di ragionevolezza in rapporto alla durata della custodia cautelare,
con la mancata indicazione da parte dei tribunali competenti, come da
conclusioni della Corte Costituzionale, di motivi pertinenti e sufficienti
per giustificare la seconda parte della custodia cautelare per un periodo di
oltre due anni, con conseguente violazione generale dell’Art. 5. Dal punto di
vista dell’Art. 5 § 4 CEDU e della rapidità del controllo giurisdizionale, la
Corte rileva come la Corte costituzionale serba abbia impiegato più di due
anni a pronunciarsi sulla legittimità della detenzione, un tempo che deve
essere considerato eccessivo. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 4 aprile 2023 (A.H. e
altri c. Germania) Art.
8 CEDU – Mancata violazione degli obblighi positivi collegati al diritto alla
privacy nel caso dell’impossibilità giuridica per un genitore transgender
di indicare il proprio genere attuale, estraneo alla propria funzione
procreativa, sull’atto di nascita del figlio concepito dopo il cambiamento di
genere (nel giudizio in oggetto una donna transgender era stata
indicata come padre in virtù della precedente donazione del suo sperma per la
fecondazione). La Corte prende atto della mancanza di un consenso europeo sul
punto e del conseguente ampio margine d’apprezzamento per gli Stati. La Corte
riafferma il diritto del bambino a conoscere le proprie origini e il proprio
legame con il padre e la madre in modo stabile e immutabile e la conseguente
possibilità di ridurre le situazioni che rivelino l’identità transgender
del genitore. D’altra parte, la Corte ritiene che in questo caso il rapporto
di filiazione tra il genitore transgender e il figlio non sia messo in
discussione e che il giudice nazionale abbia trovato un giusto equilibrio tra
il diritto all’autodeterminazione del genitore transgender, gli
interessi pubblici della certezza del diritto e dell’affidabilità e coerenza
dello stato civile, e gli interessi anche in termini di benessere del
bambino. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Ex Sez. V, giudizio di Revisione) 30 marzo 2023 (X c.
Repubblica Ceca) Art. 8 CEDU e Artt. 28 e 80 del Regolamento
della Corte Mancata violazione del
diritto alla vita famigliare, in riferimento ai connessi obblighi positivi
dello Stato, in conseguenza dell’esecuzione dell’ordine di rimpatrio negli
Stati Uniti (ai sensi della Convenzione dell'Aia) del figlio del ricorrente,
in quanto l’esame da parte dei giudici nazionali è avvenuto nel rispetto dei
requisiti procedurali richiesti dall'art. 8, con una motivazione sufficiente
e un equa ponderazione degli interessi in gioco, avendo l'interesse superiore
del minore come considerazione principale. Dal punto di vista
procedurale, la Corte ha ritenuto che la domanda di revisione della propria
precedente sentenza fosse fondata, pur dichiarando nuovamente infondata nel
merito la pretesa sollevata in giudizio dal ricorrente. Per quanto riguarda
in particolare l’incompatibilità e l’esonero di un proprio giudice, la Corte
ha dovuto giudicare del fatto nuovo, ma d’influenza decisiva, della
partecipazione ai procedimenti presso la Corte EDU di un giudice nazionale in
precedenza coinvolto in un procedimento costituzionale strettamente connesso
a quello esaminato dalla Corte europea (nel giudizio sfociato nella sentenza
oggetto di revisione). La Corte ritiene che, ai sensi del Regolamento della
Corte, l’incompatibilità (“inability to sit”) di un giudice, derivante da una qualsiasi
causa, non dipenda (anche) dalla posizione delle parti nel procedimento, ma
(solo) dai motivi indicati nell'articolo 28, paragrafo 2 del Regolamento
della Corte. La responsabilità per l'attuazione del principio di imparzialità
oggettiva non è dunque lasciata alla sola iniziativa delle parti e la
richiesta di revisione fondata sull’asserita esistenza di impedimenti alla
partecipazione di un giudice al procedimento non può essere respinta, in
linea di principio, solo perché la parte che ha presentato tale richiesta
aveva omesso di informare la Corte dei propri dubbi prima dell'adozione della
sentenza. È invece doveroso applicare rigorosamente il principio
d’imparzialità oggettiva, che impone la revisione quando è dimostrata
l'esistenza di motivi oggettivi di possibile
impedimento del giudice, anche se non è certo che la partecipazione del
medesimo possa aver influenzato la sentenza originaria. Per questo la Corte
ha giudicato che le condizioni di cui all'articolo 80 delle Regole della
Corte siano state soddisfatte e la sentenza è stata dunque sottoposta a
revisione nella sua interezza. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 30 marzo 2023 (Szolcsán c. Ungheria) Art. 14, Art. 2 P.1 e Art. 46 – Violazione del
divieto di discriminazione, congiuntamente al diritto all’educazione, in un
caso di segregazione di un alunno rom in una scuola elementare frequentata
quasi esclusivamente da bambini rom. La Corte stigmatizza la mancata
adozione, in assenza di una giustificazione obiettiva e ragionevole, di
misure di desegregazione adeguate per correggere la
situazione d’ineguaglianza di fatto e per evitare il suo perpetuarsi, in ciò
rinvenendo gli elementi della discriminazione. Per quanto riguarda
l’esecuzione della sentenza, la Corte giudica che lo Stato convenuto sia
tenuto ad adottare misure generali, oltre al caso di
specie, per porre fine alla segregazione degli alunni rom in scuole
specifiche, sottolineando la necessità di sviluppare una più ampia politica
contro la segregazione nell'istruzione. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 28 marzo 2023 (Sârbu c. Romania) Art. 8 – Mancata violazione del diritto alla
riservatezza e alla tutela della vita privata in conseguenza dell’utilizzo,
nell'ambito di un procedimento penale a carico del ricorrente, di
registrazioni effettuate a sua insaputa da un attuale coimputato, tramite una
videocamera miniaturizzata collegata ad una penna e nell'ambito della comune
attività lavorativa. Pur ritenendo che il caso in oggetto rientri nell’ambito
di applicabilità dell’art. 8 CEDU, la Corte giudica vi sia stato un controllo
effettivo dell’utilizzo del mezzo sopra indicato da parte dello Stato. In
particolare, le autorità nazionali hanno scoperto le registrazioni in oggetto
a seguito di una perquisizione informatica autorizzata nell'ambito di un
altro procedimento penale a carico del ricorrente (e non in maniera
accidentale, come sostenuto da quest’ultimo) e l’iscrizione delle stesse nel
fascicolo come prova incriminante è avvenuta in conformità alla legge. L’uso
delle suddette registrazioni è sempre stato limitato a procedimenti penali
che offrivano le dovute garanzie al ricorrente e si tratta di registrazioni
relative a due episodi specifici. Inoltre, le stesse appaiono limitate nel
tempo e non ottenute mediante una sorveglianza costante o prolungata su un
lungo periodo. Nel corso del procedimento penale, si è anche avuta una
appropriata valutazione scientifica e forense delle registrazioni tesa ad
accertarne caratteristiche e affidabilità. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 28 marzo 2023 (Saure c.
Germania (n. 2)) Art. 10 – Violazione della
libertà di ricevere e comunicare informazioni causata dal rigetto della
richiesta di un giornalista tedesco di divulgare informazioni su risultanze
incriminanti, dal punto di vista penale, a carico di giudici e di un pubblico
ministero per i quali sussistevano indizi di una precedente collaborazione
con il Ministero della Sicurezza dello Stato della ex Repubblica Democratica
Tedesca (DDR). La Corte ritiene che non vi sia stato un adeguato
bilanciamento degli interessi contrapposti, né l’indicazione di ragioni pertinenti
e sufficienti per il diniego di divulgazione. Inoltre, è mancata una verifica
della possibilità di fornire le informazioni in questione in forma anonima, a
fronte del significativo interesse pubblico alla conoscenza delle relative
vicende. La Corte non ritiene invece che una violazione della libertà di
ricevere e comunicare informazioni sia stata causata dal rifiuto della
richiesta di conoscere i nomi e le sedi di servizio dei giudici e del
pubblico ministero, in quanto vi è qui stata una ponderazione accurata degli
interessi in gioco da parte delle autorità dello Stato, sussistendo motivi
pertinenti e sufficienti per la mancata divulgazione. In specie, per la Corte
esiste comunque la possibilità di avere un dibattito pubblico sulla base di
alcune delle informazioni che sono state divulgate ed è giustificato il
rifiuto della richiesta generica e non motivata di fornire informazioni sul
coinvolgimento di giudici in "procedimenti relativi ad atti illeciti
commessi dalla DDR". |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 21 marzo 2023 (Telek e altri c.Turchia) Art. 8 e Art. 2 P.2 –
Violazione del diritto al rispetto della vita privata e violazione del
diritto all’educazione causate dal ritiro illegale e arbitrario dei
passaporti di alcuni ricercatori universitari, per un periodo di tempo
considerevole, in applicazione di decreti-legge adottati durante lo stato di
emergenza seguito al tentato golpe del 2016 in Turchia. La Corte
giudica che le misure governative, adottate a seguito del licenziamento dei
ricorrenti dal servizio pubblico per presunti legami con un'organizzazione
terroristica non provati dalle autorità, abbiano avuto un impatto
significativo sulla vita all’estero dei ricorrenti, sia dal punto di vista
accademico e professionale che dal punto di vista privato. Inoltre, la Corte
rileva che nel caso in oggetto non siano state rispettate quelle garanzie
procedurali che devono circondare il potere discrezionale delle autorità
amministrative ai sensi della Convenzione, mentre il controllo
giurisdizionale è stato inadeguato e inefficace, con conseguente mancato
rispetto della proporzionalità rigorosa (“stricte
mesure”) richiesta dalle particolari
circostanze dello stato d’emergenza. Dal punto di vista del diritto
all’istruzione, la Corte ritiene che il provvedimento ha reso impossibile il
proseguimento degli studi di dottorato nelle università all'estero a cui gli
accademici erano stati ammessi e che l’Articolo 2, paragrafo 1, sia
applicabile anche agli studi di dottorato con l’obbligo per gli Stati membri
di non ostacolare in modo ingiustificato – e nel caso di specie imprevedibile
– l'esercizio del diritto all'istruzione sotto forma di studi di grado
superiore negli istituti di istruzione universitaria all'estero (“études supérieures dans des établissements
d’enseignement supérieur”). Si registra un’opinione
parzialmente dissenziente. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 23 marzo 2023 (Rogalski c. Polonia) Art. 10 – Violazione della
libertà di espressione a causa della ingiustificata sanzione disciplinare
somministrata a un avvocato, con la generica motivazione di una condotta non
etica per aver egli segnalato la commissione di un reato da parte di un pubblico
ministero senza un'adeguata base di fatto e senza moderazione,
proporzionalità e cautela, secondo le autorità dello Stato. La Corte rileva
in particolare la mancata (reale) motivazione della decisione da parte dei
tribunali disciplinari polacchi e il conseguente superamento del margine di
apprezzamento. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 14 marzo 2023 (Gran Rabbinato
della comunità ebraica di Smirne c. Turchia) Art. 34, Art. 35 § 3 e Art. 1 P. 1 – Violazione
del diritto al rispetto della proprietà causata dall’imprevedibile rifiuto da
parte dei tribunali nazionali (in applicazione di disposizioni non
pertinenti, nella specie l’iscrizione del terreno a nome del pubblico erario)
di iscrizione nel catasto a nome del
richiedente di un terreno su cui è costruita un'antica sinagoga di proprietà
del Rabbinato, in considerazione del fatto che l’origine di quello che la
Corte qualifica come un vero e proprio diritto reale risale al periodo
dell’Impero Ottomano. Nel merito, la Corte ritiene infatti che l’interesse
patrimoniale rappresentato in giudizio dal Gran Rabbinato di Smirne debba
considerarsi un diritto di proprietà ai sensi del Protocollo 1, in quanto si
ravvisa l’esercizio di un possesso inequivocabile, ininterrotto e
incontrastato della sinagoga per circa quattro secoli in capo al Rabbinato e
il terreno e l’edificio sono caratterizzati da elementi particolari e da un
uso specifico, legati alla vita religiosa della comunità ebraica. Dal punto
di vista procedurale, la Corte chiarisce che il ricorso è ricevibile ai sensi
degli Articoli 34 e 35 CEDU, in quanto il Gran Rabbinato di Smirne dev’essere
considerato come un legittimo ricorrente secondo la Convenzione, in quanto
rappresenta i suoi fedeli e costituisce un'istituzione religiosa disciplinata
da disposizioni risalenti al periodo ottomano, avendo anche acquisito a suo
nome e utilizzato liberamente beni immobili, tanto che la sua capacità di
agire in giudizio e di acquisire beni immobili non è mai stata messa in
discussione dalle autorità amministrative o dai tribunali nazionali nel corso
del tempo. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 14 marzo 2023 (Georgiou c. Grecia) Art. 6 § 1 e Art. 46 –
Violazione del diritto a un equo processo a causa del mancato esame da parte
della Corte di cassazione greca, senza motivazione, della domanda di rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea proposta dal
ricorrente, ex presidente dell’Autorità di Statistica Ellenica (ESTAT). In
merito all’esecuzione della sentenza, la Corte ritiene adeguata la riapertura
del procedimento interno, se richiesta dal ricorrente, per consentire l'esame
della domanda di rinvio pregiudiziale. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 9 marzo 2023 (L.B. c. Ungheria) Art.
8 – Violazione del diritto al rispetto della vita privata in conseguenza
della pubblicazione ingiustificata dei dati identificativi del ricorrente,
compreso l'indirizzo di casa, sul portale web dell'autorità fiscale ungherese
per non aver egli adempiuto ai suoi obblighi fiscali. La Corte ritiene che a
fronte delle finalità legittime di migliorare l'efficienza del sistema
fiscale e dell’ampio margine di discrezionalità dello Stato nello stabilire
il regime di diffusione dei dati personali dei contribuenti che non adempiono
agli obblighi fiscali, non sia stato però raggiunto da parte del legislatore
statale un giusto equilibrio tra gli interessi pubblici e privati in gioco a
causa della mancata previsione legale dell'obbligo di una valutazione di
proporzionalità individualizzata da parte dell'autorità fiscale, della
mancanza di valutazione della necessità di pubblicare l'indirizzo di
residenza del debitore fiscale al fine di ottenere un effetto deterrente e
della mancanza di una valutazione dell'impatto sul diritto alla riservatezza.
La Corte ritiene in specie che non sia stato valutato l'impatto sul diritto
alla riservatezza soprattutto alla luce del mezzo utilizzato per la
diffusione (Internet). Il legislatore non ha in merito elaborato risposte
adeguatamente personalizzate alla luce del principio di minimizzazione dei
dati e di altre considerazioni sulla protezione dei dati personali su
internet. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 7 marzo 2023 (Mamasakhlisi
e altri c. Georgia e Russia) Art.
1, Art. 3, Art. 5 § 1 e Art. 6 § 1 e § 3 – Violazione dell’obbligo di
rispettare i diritti umani gravante in capo allo Stato russo, in quanto
avente controllo effettivo e influenza decisiva sul territorio georgiano
dell'Abkhazia in considerazione del sostegno politico, economico e
finanziario nonché del coinvolgimento militare alle autorità secessioniste,
con conseguente responsabilità della Russia per gli atti delle autorità
dell'Abkhazia in relazione ai ricorrenti detenuti e alle violazioni dei
diritti convenzionali da essi sopportate. La Corte chiarisce come, rispetto
agli obblighi positivi della Georgia nei confronti dell'Abkhazia, si tratti
di una parte del suo territorio su cui all'epoca dei fatti lo Stato georgiano
non aveva alcun controllo, con conseguente assenza di responsabilità da parte
della Georgia per quanto riguarda gli obblighi positivi gravanti sullo Stato.
La Corte accerta la violazione del divieto di trattamenti inumani e
degradanti a danno dei ricorrenti durante la loro detenzione nonché
l’illegalità della detenzione stessa e del precedente arresto, per la
mancanza di informazioni sulle leggi applicabili e la scarsità di fonti
ufficiali d’informazione sul sistema legale e giudiziario vigente nella
regione separatista dell’Abkhazia. La Corte non è anzi in grado di verificare
se le autorità e i tribunali abkhaziani soddisfino
di fatto i requisiti dell'art. 5; essa ritiene che manchi però la base per
supporre l'esistenza di un sistema nella regione che rifletta una tradizione
giudiziaria compatibile con la Convenzione. La Corte accerta la lesione del
diritto a un equo processo da parte di un tribunale indipendente e imparziale
stabilito dalla legge in quanto i tribunali abkhaziani
esistono esclusivamente in via fattuale ma senza una valida base giuridica, e
non potevano né possono perciò qualificarsi come "tribunale stabilito
dalla legge”. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 7 marzo 2023 (Kogan
e altri c. Russia) Art. 8, Art. 18 e Art. 38 –
Violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare in
conseguenza della ingiustificata revoca del permesso di soggiorno di
un'avvocata per i diritti umani residente in Russia ma di nazionalità
statunitense, in nome di ragioni di sicurezza nazionale non ulteriormente
motivate dalle autorità statali. Secondo la Corte si è avuto un esame
puramente formale della decisione di revoca da parte dei tribunali nazionali
con conseguente privazione a danno della ricorrente della possibilità di
contestare o rispondere in contraddittorio alle accuse fattuali a suo carico
e mancato raggiungimento da parte dei tribunali nazionali di un giusto
equilibrio tra interessi concorrenti. Di conseguenza il procedimento di
revoca è stato inficiato da gravi vizi procedurali che ne compromettono
l'equità, con una restrizione dei diritti convenzionali per scopi non
autorizzati, nello specifico la revoca del permesso di soggiorno apparendo
finalizzata a punire le attività svolte dalla ricorrente e dal marito a
tutela dei diritti umani e a impedirne la prosecuzione. La Corte prende in
esame il contesto generale di aumento delle severe restrizioni nei confronti
delle ONG, dei difensori dei diritti umani e di altri attori della società
civile in Russia, con conseguente "effetto paralizzante" (“chilling effect”)
sulle loro attività. La Corte rileva anche il mancato rispetto da parte dello
Stato russo dell’obbligo di fornire le facilitazioni necessarie all’esame
della causa secondo l’Art. 38 della CEDU. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 28
febbraio 2023 (Căpăţînă
c. Romania) Art. 1 P.1 – Mancata
violazione del diritto al godimento pacifico dei propri beni nel caso di un
sequestro temporaneo durante un procedimento penale per corruzione e della
confisca dei proventi di reato, dopo la condanna, in quanto manca ogni
profilo di arbitrarietà. La Corte non riscontra inoltre alcun profilo di
sproporzione con le somme sequestrate e confiscate, tenuto conto delle
circostanze e del metodo di calcolo utilizzato, il procedimento si svolto
inoltre rispettando il contraddittorio e i principi dell’equo processo e
dunque non è stato in questo caso alterato l’equo bilanciamento tra interessi
concorrenti. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 21 febbraio 2023 (Catană
c. Repubblica di Moldavia) Art. 6 – Violazione del
diritto a un equo processo determinata dall’insufficienza dei requisiti
d’indipendenza e imparzialità presenti nei due procedimenti disciplinari
contro un magistrato in Moldavia. In particolare, i giudici non erano in
maggioranza nel collegio disciplinare che ha preso le decisioni, vista anche
la presenza nel Consiglio superiore della magistratura (CSM) moldavo di
membri ex officio (tra cui il ministro della Giustizia e il
procuratore generale) e di professori di diritto scelti senza sufficienti
garanzie d’indipendenza. La Corte ritiene che già la sola presenza di membri
del Governo negli organi disciplinari della magistratura ponga seri problemi
rispetto all’art. 6, pur nei casi in cui questi ultimi rivestano un ruolo
meramente passivo. La Corte prende peraltro atto che una recente modifica
costituzionale del 2022 ha cambiato la composizione del CSM, escludendo vi
faccia parte il Ministro della Giustizia e stabilendo requisiti di merito più
stringenti. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 20
febbraio 2023 (Ucraina e Paesi Bassi c. Russia) Art.
42 e Art. 71 del Regolamento della Corte EDU – La Corte comunica che la
Grande Camera ha deciso di riunire il ricorso inter-statale
Ucraina c. Russia (X) ai precedenti ricorsi Ucraina e Paesi Bassi
c. Russia. I ricorsi citati saranno da ora denominati unitariamente come Ucraina
e Paesi Bassi c. Russia. La decisione è stata prese in sintonia con
l’interesse all’efficienza dell’amministrazione della giustizia e
l’ammissibilità del ricorso Ucraina c. Russia (X) sarà esaminata
insieme al merito dei due procedimenti esistenti Ucraina e Paesi Bassi c.
Russia, rispetto ai quali la decisione circa
l’ammissibilità è già stata presa dalla Corte, con esito favorevole. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Comunicato stampa) 16
febbraio 2023 (Leszczyńska-Furtak e
altri c. Polonia; Gregajtys c. Polonia; Piekarska-Drążek c. Polonia) Art. 39 del Regolamento della Corte EDU – La
Corte rende noto che il Governo polacco ha comunicato che non intende
rispettare le misure provvisorie pronunciate dalla Corte europea rispetto ai
casi sopra indicati, tutti riguardanti la rimozione o altre sanzioni
disciplinari imposte a giudici polacchi a seguito delle riforme del sistema
giudiziario entrate in vigore nel 2017-2018. Il Governo polacco fa
riferimento alla sentenza della Corte costituzionale polacca che ha negato la
competenza della Corte EDU a giudicare sull’organizzazione del giudiziario in
Polonia, oltre che su una dichiarazione pubblica del Presidente della Corte
d’Appello di Varsavia che nega vi siano elementi fattuali o di diritto per
ottemperare alle misure richieste dalla Corte di Strasburgo. La Corte EDU
offre anche una sommaria quantificazione dei ricorsi intentati da giudici
polacchi nel 2022 e tuttora pendenti davanti alla Corte. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 14
febbraio 2023 (Halet c. Lussemburgo) Art. 10 – Violazione del
diritto alla libertà di espressione a causa dell’ammenda penale di 1.000 euro
somministrata al ricorrente per aver divulgato ai media documenti riservati
di un datore di lavoro del settore privato riguardanti le pratiche fiscali di
società multinazionali (c.d. caso “Luxleaks”).
Nel caso in oggetto, la Corte compie un consolidamento della propria
precedente giurisprudenza in materia di protezione dei pubblici informatori
(“whistle-blowers”), con un perfezionamento
dei criteri stabiliti nella precedente sentenza Guja.
Constatata l’assenza di una definizione astratta e generale della nozione di
pubblico informatore, la Corte ritiene che la richiesta di protezione in base
a questo status debba essere concessa in funzione delle circostanze e del
contesto di ciascun caso. Nella decisione in oggetto, la Corte compie una
valutazione complessiva dei criteri “Guja”,
considerati separatamente, ma senza gerarchia o ordine specifico. In
particolare, si ritiene che il canale scelto per effettuare la divulgazione
fosse accettabile pur in assenza di un comportamento illegale da parte del
datore di lavoro, per l’autenticità dei documenti divulgati e la buona fede
del ricorrente. È dunque stato necessario operare un bilanciamento degli
interessi concorrenti in gioco da parte della Grande Camera, in quanto
l'esercizio di bilanciamento dei giudici nazionali non soddisfaceva i
requisiti individuati dalla Corte EDU nella presente sentenza, avendo seguito
i giudici del Lussemburgo un’interpretazione eccessivamente restrittiva
dell'interesse pubblico delle informazioni divulgate e avendo essi preso in
considerazione solo il pregiudizio arrecato al datore di lavoro. Invece,
l'interesse pubblico alla divulgazione prevale su tutti gli effetti
pregiudizievoli, tra cui il furto di dati, la violazione del segreto
professionale e il pregiudizio agli interessi privati dei clienti del datore.
In conseguenza, appare sproporzionata la natura della condanna penale
inflitta. |
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req.
n. 58951/18 e 1308/19 |
Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 9 febbraio 2023 (Canal 8 c. Francia) Art. 10 – Mancata violazione
del diritto alla libertà di espressione da parte delle pesanti sanzioni
pecuniarie inflitte alla società televisiva C8 dal Conseil
supérieur de l'audiovisuel
francese a causa del contenuto di sequenze trasmesse nel programma "Touche
pas à mon poste",
in quanto le sanzioni sono state circondate da adeguate garanzie procedurali ed erano previste
dalla legge, e le sequenze sanzionate erano lesive dell'immagine della donna
e idonee a stigmatizzare gli omosessuali e a violarne il diritto alla vita
privata, con particolare impatto su un pubblico giovane. La sanzione appare
dunque proporzionata, considerati anche i fini solo commerciali del programma
televisivo, le ripetute violazioni da parte della società ricorrente dei suoi
obblighi etici e l’ampio margine di discrezionalità in capo allo Stato. |
Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 7 febbraio 2023 (Elvan
c. Turchia) Art. 2 (procedurale) –
Violazione del diritto alla vita determinata dalla mancanza di un'indagine
efficace sul possibile ruolo del Prefetto e del Direttore della Sicurezza
nella morte di un ragazzo di 15 anni a causa di una ferita da lanciagranate
durante gli eventi di protesta di Gezi Park, a
Istambul, nel 2013. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 7 febbraio 2023 (Jovanović c. Serbia) Art.
1 P. 12 e Art. 6 – Violazione del divieto di discriminazione e del diritto a
un’equa udienza e a un equo processo a causa del comportamento ingiustificato
del giudice che impedisce all'avvocato di utilizzare la variante “Ijekavian” o “fiumana” della lingua serbo-croata
(maggioritaria in Croazia ma riconosciuta nello Stato serbo) e consente
invece l'uso del serbo “ekaviano”,
nonostante la parità di status ufficiale di entrambe le varianti. La Corte
rileva in specie la mancanza di un’adeguata motivazione da parte della Corte
costituzionale serba nel rifiutare di trattare il ricorso del ricorrente. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 31
gennaio 2023 (Y. c. Francia) Art. 8 – Mancata violazione
degli obblighi positivi ricollegati al diritto al rispetto della vita privata
e famigliare in conseguenza del rifiuto delle autorità nazionali d’inserire
nel certificato di nascita di una persona intersessuale la dicitura "neutro"
o "intersessuale" al posto di "maschio". La Corte
riconosce che anche se la discrepanza tra l'identità biologica e quella
giuridica del richiedente è fonte per lui di sofferenza e ansia, dal punto di
vista del suo diritto all’identità personale, assumono rilevanza al contempo
gli argomenti d’interesse pubblico portati dallo Stato, ossia il principio
d’indisponibilità dello stato civile, nonché la necessità di preservare la
certezza e l’affidabilità dei registri di stato civile e degli attuali
assetti legislativi e sociali vigenti in Francia, in quanto costruiti a
partire da una concezione binaria dei sessi (“de la binarité
des sexes”). In mancanza di un consenso europeo
sul punto, la Corte rileva come la questione appartiene al novero di quelle
rispetto alle quali le opinioni ragionevoli possono differire ampiamente
entro una società democratica e spetta alla società stessa di compiere una
scelta, con conseguente ampio margine di apprezzamento per lo Stato. La Corte
ritiene dunque che la decisione su quanto velocemente e in che misura
rispondere alle richieste di stato civile delle persone intersessuali rientri
nella discrezionalità dello Stato convenuto, pur tenendo conto della
difficile situazione di questa categoria di persone. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 23
gennaio 2023 (Macatė c. Lituania) Art. 10 – Violazione della libertà di
espressione a causa della sospensione temporanea di un libro di favole per
bambini che raffigura relazioni tra persone dello stesso sesso e successiva
etichettatura come dannoso per i minori di 14 anni. Si tratta infatti di un
libro che non promuove relazioni tra persone dello stesso sesso a scapito di
relazioni tra persone di sesso diverso né “insulta, degrada o sminuisce”
queste ultime. Le misure impugnate non perseguono alcuno scopo legittimo ai
sensi dell'articolo 10, par. 2, nella misura in cui cercano di limitare
l'accesso dei minori alle informazioni che descrivono le relazioni tra
persone dello stesso sesso come essenzialmente equivalenti a quelle tra
persone di sesso diverso. La Corte ricorda come l'uguaglianza e il rispetto
reciproco per le persone di diverso orientamento sessuale siano insiti
nell'intero tessuto della Convenzione. La Corte chiarisce che, ai sensi della
Convenzione, le restrizioni all'accesso dei minori alle informazioni sulle
relazioni tra persone dello stesso sesso, basate unicamente su considerazioni
di orientamento sessuale, sono incompatibili con le nozioni di uguaglianza,
pluralismo e tolleranza insite in una società democratica. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 19
gennaio 2023 (Pagerie c. Francia) Art. 2 P. 4 – Mancata
violazione della libertà di movimento nel caso dell’obbligo di permanenza
domiciliare preventiva (“assignation à résidence préventive”) di
un islamista radicalizzato, in quanto la misura, protrattasi per tredici mesi
durante lo stato di emergenza (“état d’urgence”) successivo agli attentati terroristici del
2015, è stata circondata da sufficienti garanzie procedurali. La Corte
riconosce l’intensità della misura amministrativa in oggetto, che assommava
un coprifuoco notturno e l'obbligo di presentarsi tre volte al giorno alla
polizia, pena l'incarcerazione, ma ritiene che la legge francese sull’“état d’urgence”
stabilisca con sufficiente chiarezza lo scopo e i modi d’esercizio del potere
del Ministro dell’Interno e garantisca comunque un controllo giurisdizionale
effettivo contro il rischio d’arbitrarietà e abusi. Inoltre, vi è stata nel
caso di specie una verifica periodica della necessità della misura da parte
della stessa amministrazione. Dunque, la misura è da considerarsi proporzionata
e non ha impedito la vita sociale e le relazioni con il mondo esterno del
ricorrente. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 17 gennaio 2023 (Minasian
e altri c. Repubblica di Moldavia) Art. 5 § 1 e § 4 – Violazione del diritto alla
libertà e alla sicurezza causata dalla detenzione di figli minori che abbiano
accompagnato la madre, migrante irregolare e soggetto di provvedimento di
espulsione, in detenzione. La detenzione in sé è da considerare rispettosa
dei criteri convenzionali di legalità, ma la Corte censura invece la mancata
verifica da parte dei tribunali nazionali del carattere di ultima istanza
della misura della detenzione dei minori e la mancata verifica del fatto che
il centro di detenzione fosse o meno appropriato per ospitare famiglie con
figli minori, vista anche l’impossibilità per i minori di contestare la
legittimità della loro detenzione. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 17
gennaio 2023 (Axel Springer SE c. Germania) Art. 10 – Mancata violazione
della libertà di espressione da parte di un ordine giustificato e
proporzionato del tribunale alla società ricorrente, una casa editrice, di pubblicare
la risposta di un funzionario politico interessato ad un suo articolo di
giornale al fine di rettificare un'inesattezza fattuale, dal momento che la
valutazione del giudice nazionale risulta ben motivata e che tiene in debito
conto la giurisprudenza della Corte. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 17
gennaio 2023 (Fedotova e altri c. Russia) Art.
8 – Violazione degli obblighi positivi collegati alla tutela della vita
privata e famigliare determinata dall’assenza di qualsiasi forma di
riconoscimento giuridico e di protezione per le coppie dello stesso sesso. La
Corte conferma l’obbligo positivo di fornire un quadro giuridico che
garantisca a tali coppie un riconoscimento e una protezione adeguati, facendo
riferimento al fatto che i precedenti giurisprudenziali della Corte sono
consolidati da una chiara tendenza in atto nelle legislazioni della maggioranza
degli Stati contraenti e da posizioni convergenti di vari organismi
internazionali. Nell’ambito della tutela delle minoranze omosessuali entro
gli Stati membri, la Corte ritiene che il margine di apprezzamento sia
ridotto per la fornitura di un qualche quadro giuridico e più ampio per la
determinazione dell'esatta natura della forma di riconoscimento e del
contenuto della protezione. Non è infatti richiesta la forma del matrimonio.
Tuttavia, i motivi di interesse pubblico addotti dallo Stato (nella specie,
le preferenze espresse dalla maggioranza) non prevalgono sugli interessi dei
richiedenti e il margine di apprezzamento è stato oltrepassato nel caso di
specie. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 12
gennaio 2023 (Potoczká e Adamčo c. Slovacchia) Art.
8 e Art. 13 – Violazione del diritto al rispetto della vita privata e
della corrispondenza da parte del mandato del tribunale che autorizza le
intercettazioni telefoniche durante un procedimento penale senza motivazione
e in modo non conforme allo stesso diritto interno, in mancanza di un ricorso
effettivo a tutela del diritto leso. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 12
gennaio 2023 (Ovcharenko and Kolos c. Ucraina) Art.
8 e Art. 6 – Violazione del diritto a un equo processo e del diritto al
rispetto della vita privata a causa del licenziamento, dopo i rivolgimenti
politici del 2014, di due giudici della Corte costituzionale ucraina per aver
partecipato a una sentenza del 2010 ritenuta discutibile (“debatable”) e che aveva dichiarato
l’incostituzionalità degli emendamenti costituzionali approvati dal
Parlamento ucraino nel 2004, a causa di vizi procedurali. La Corte EDU
censura l’avvenuta rimozione perché disposta senza che vi sia stata una
chiara interpretazione dell'imputata "violazione del giuramento" e
della portata dell’immunità funzionale dei giudici. La Corte rileva inoltre
come dopo la propria decisione precedente Oleksandr Volkov c. Ucraina
(del gennaio 2013) non sia intervenuta nessuna modifica legislativa per
portare a una maggiore prevedibilità nei procedimenti contro i giudici per
“violazione del giuramento”, sottolineando che è richiesta la massima cautela
e che una motivazione dettagliata è cruciale quando i giudici costituzionali
sono licenziati dal Parlamento. L'uso di poteri discrezionali da parte delle
autorità nazionali mina la certezza del diritto e non è giustificato dal
contesto di proteste massicce e da un cambiamento straordinario del potere
dello Stato, eventi avvenuti in Ucraina a inizio 2014. Si rileva inoltre come
vi sia stato un inadeguato controllo giudiziario, senza una risposta
elaborata sulle questioni cruciali, a fronte di una chiara tendenza europea
verso la necessità di motivi rigorosi e ristretti per sanzionare i giudici
costituzionali. In termini generali e nell’ambito dei giudizi sui giudici nazionali,
la Corte traccia poi la necessità di operare una distinzione tra
un'interpretazione o un'applicazione discutibile della legge, da un lato, e
una violazione grave e flagrante della legge, l'arbitrarietà, una grave
distorsione dei fatti o un'evidente mancanza di base giuridica per un
provvedimento giudiziario, dall'altro. Inoltre, le decisioni riguardanti la
responsabilità dei giudici richiedono sempre l'esame dell'elemento
psicologico dietro la presunta cattiva condotta e la conseguente distinzione tra
un errore del giudice fatto in buona o in cattiva fede. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Misura provvisoria) 21
dicembre 2022 (Armenia c. Azerbaigian n. 4) Art.
39 del Regolamento della Corte EDU – Nell’ambito del contezioso
intra-statale tra Armenia e Azerbaigian, che si prolunga dal riaccendersi
delle ostilità tra i due Stati intorno alla regione separatista del Nagoro-Karbakh, la Corte si è nuovamente pronunciata - in
via provvisoria ex art. 39 del Regolamento - richiedendo al Governo
dell’Azerbaigian di adottare tutte le misure, nella sua sfera di competenza
domestica secondo il diritto internazionale (within
their jurisdiction),
per garantire un passaggio sicuro attraverso il “Corridoio di Lachin”, che collega Nagoro-Karabakh
e Armenia, alle persone gravemente malate che necessitano di cure mediche in
Armenia e alle altre persone che sono rimaste bloccate sulla strada senza un
riparo o mezzi di sussistenza. La Corte fa riferimento, oltre alla
Convenzione, agli impegni assunti dall’Azerbaigian ai sensi dell'art. 6 della Dichiarazione Trilaterale siglata il 9 novembre 2020. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 20
dicembre 2022 (Bakoyanni c.
Grecia) Art. 6 – Violazione del diritto a un equo
processo in conseguenza del rifiuto del Parlamento greco di revocare
l’immunità di un ministro dinnanzi all’azione penale intentata contro di lui
su iniziativa della ricorrente, membro del Parlamento, per presunta
diffamazione. La Corte rileva in primo luogo che il rimedio specifico
richiesto dalla ricorrente per tutelare il suo diritto civile alla
reputazione, attraverso la pubblicazione sui giornali di qualsiasi futura
sentenza in caso di condanna del ministro, è possibile solo nell’ambito di un
procedimento penale. La Corte rileva poi la mancanza di un chiaro
collegamento tra il presunto comportamento del ministro e le sue attività
parlamentari o ministeriali, con conseguente lesione dell’essenza stessa del
diritto di accesso al tribunale della ricorrente. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 20 dicembre
2022 (Zemmour c. France) Art.
10 – Mancata violazione del diritto alla libertà di espressione in
conseguenza di una condanna penale e di un’ammenda per incitamento alla
discriminazione e all’odio religioso nei confronti della comunità musulmana
francese, pronunciate a seguito di osservazioni formulate dal ricorrente
(noto giornalista e, in seguito, politico francese) nel 2016, nel corso di un
programma televisivo e nel contesto degli attentati terroristici del 2015. La
Corte ritiene le dichiarazioni del ricorrente non sufficienti a dimostrare in
modo immediato il loro essere dirette alla distruzione dei diritti e delle
libertà sanciti dalla Convenzione (rispetto alla popolazione musulmana
francese); inoltre, le affermazioni incriminate si sono svolte in un
dibattito d’interesse pubblico. Tuttavia, la Corte fa riferimento all’ampio
margine di apprezzamento riservato allo Stato in casi come quello in oggetto,
dal momento che discorsi di incitamento all’odio come quello del ricorrente
non godono di una protezione rinforzata sotto l’art. 10 e che sono stati
pronunciati da una persona e in un contesto tali da accrescerne la
diffusione. La Corte rileva poi la presenza, nella decisione dei giudici
nazionali, di una motivazione sufficiente e pertinente, anche se non
espressamente fondata sull’articolo 10, e il fatto che la pena inflitta vada
considerata come non eccessiva. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 15
dicembre 2022 (Olivares Zúñiga c. Spagna) Art. 6 – Violazione del
diritto di accesso a un tribunale in conseguenza della dichiarazione di
inammissibilità di un ricorso di Amparo in relazione al requisito
imprevedibile del previo esperimento di altro ricorso. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 15
dicembre 2022 (Rutar e Rutar Marketing D.O.O. c. Slovenia) Art. 6 – Violazione del
diritto a un equo processo causata dalla mancata motivazione da parte del
giudice nazionale del rifiuto di accogliere la domanda di rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea presentata dal
ricorrente. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 13
dicembre 2022 (RTBF. c. Belgio) Art. 10 – Violazione
della libertà di espressione in un caso di condanna in sede civile di
un’emittente radio-televisiva per aver questa violato i diritti alla privacy
e alla presunzione di innocenza di due persone attraverso la diffusione di
una notizia sul loro comportamento sospetto relativo a possibili abusi
sessuali su minori. La Corte ritiene la motivazione della decisione statale
pertinente ma insufficiente, a fronte dell’assenza di un ragionevole rapporto
di proporzionalità, e questo nonostante la riconosciuta leggerezza della
sanzione inflitta. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 13 dicembre 2022
(Florindo de Almeida Vasconcelos Gramaxo c. Portogallo) Art. 8 e Art. 6 – Mancata violazione del diritto al
rispetto della vita privata in conseguenza del licenziamento disposto sulla
base dei dati raccolti grazie a un GPS installato dal datore di lavoro per
misurare i chilometri percorsi con l’auto aziendale dal ricorrente. Pur
considerando in astratto applicabile l’Art. 8, la Corte riconosce, da un
lato, l’esistenza di un quadro normativo statale a tutela dei lavoratori,
dall’altro, l’assenza di un precedente ricorso giurisdizionale, da parte dell’attuale ricorrente, in merito all’installazione
del dispositivo GPS, a lui già nota.
Inoltre, il Tribunale portoghese di ultima istanza ha ridotto la
portata dell’intrusione nella vita privata limitandola ai dati strettamente
necessari per il fine legittimo perseguito dall’azienda (controllo delle
spese), compiendo una ponderazione dettagliata dei diritti concorrenti in
gioco, in conformità alla giurisprudenza della Corte. Il margine di
apprezzamento non è stato perciò superato. Mancata
violazione al diritto a un equo processo nel corso del procedimento di
contestazione dei motivi di licenziamento, in quanto esso non risulta viziato
dall’utilizzo esclusivo dei dati di geolocalizzazione legale come prova, infatti altri mezzi di prova sono stati presi in
considerazione, nel rispetto dei diritti della difesa. Perciò la sentenza,
emessa al termine di un procedimento in contraddittorio e motivata in fatto e
in diritto, non è arbitraria né manifestamente irragionevole. Un’opinione dissenziente comune a tre giudici è annessa
al giudizio. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 8 dicembre 2022 (Yakovlyev c. Ucraina) Art. 3 – Violazione del divieto di
trattamenti inumani e degradanti in un caso di alimentazione forzata di un
detenuto in sciopero della fame per protestare contro il regime carcerario a
cui era sottoposto. La Corte ritiene la necessità medica dell’alimentazione
forzata non dimostrata in modo convincente, a fronte di garanzie procedurali
insufficienti a causa dell’assenza di norme giuridiche e dell’inefficacia del
controllo giudiziario. Per la Corte, la risposta dello Stato alle proteste
pare essere limitata all’alimentazione forzata dei detenuti, a fronte della
necessità di indagare le ragioni alla base delle proteste dei detenuti e di
garantire una risposta significativa alle loro denunce, essenziale per un
esame e una gestione adeguati della situazione. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 8 dicembre 2022 (M.K. e
altri c. Francia) Art. 6 – Violazione del
diritto di accesso a un tribunale in conseguenza del rifiuto delle autorità
amministrative di eseguire le ordinanze provvisorie di un giudice
amministrativo che impongono allo Stato di fornire un alloggio d’emergenza ai
richiedenti asilo e ai loro figli. La Corte ritiene che l’Art. 6 § 1 sia
applicabile alla concessione e al rifiuto di un posto in un alloggio
d’emergenza, nella misura in cui questo costituisce un diritto civile. Si
rileva poi la completa passività delle autorità amministrative, nonostante il
fatto che le ordinanze fossero il risultato di una procedura d’emergenza,
mentre la presa in carico dei ricorrenti è avvenuta solo a seguito delle
misure provvisorie pronunciate dalla Corte europea. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 6
dicembre 2022 (Leszczyńska-Furtak e
altri c. Polonia) Art. 39 del Regolamento della Corte EDU – In un
caso concernente il trasferimento di Sezione di tre giudici polacchi, per
motivi disciplinari e potenzialmente ricollegabile alle recenti riforme del
sistema giudiziario in Polonia, la Corte dispone in via provvisoria che lo
Stato sospenda il trasferimento dei ricorrenti fintanto che la Corte non
abbia deliberato sul merito dei ricorsi. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 6 dicembre 2022 (Spasov c. Romania) Art.
6 e Art. 1 Prot. 1 – Violazione del diritto a un equo processo in conseguenza
di una condanna penale basata su disposizioni del diritto nazionale
manifestamente contrarie a norme dell’U.E. prevalenti sulle prime e
direttamente applicabili. La Corte giudica che la mancata considerazione
della prevalenza del diritto euro-unitario dia luogo a un errore manifesto di
diritto che comporta un diniego di giustizia La
confisca del valore e il divieto temporaneo di pesca nella zona economica
esclusiva rumena, in quanto conseguenti a una condanna penale contraria al
diritto dell’Unione Europea e perciò priva di base legale, integrano anche
una violazione dell’Art. 1 Prot. 1 della Convezione. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 6 dicembre 2022 (K.K. e
altri c. Danimarca) Art. 8 – Affrontando diversi
profili in un caso nel quale ricorrenti erano congiuntamente dei minori nati
all’estero tramite maternità surrogata e moglie del loro padre genetico -
alla quale era stato concesso l’affidamento congiunto ma non l’adozione, in
conformità con il divieto posto dalla legge danese per l’ipotesi di
versamento di un qualsiasi tipo di corrispettivo economico volto a ottenere
l’adozione - la Corte non rinviene violazioni dell’Art. 8 né sotto il profilo
del rispetto della vita famigliare, in quanto nel caso di specie non vi è
stato nessun ostacolo al godimento di tale diritto da parte di tutti i ricorrenti,
né sotto il profilo del rispetto della vita privata della ricorrente madre
intenzionale, in ragione della legittima prevalenza degli interessi pubblici
in gioco. Invece,
la Corte giudica che via sia stata violazione dell’Art. 8 sotto il profilo
del rispetto della vita privata dei minori ricorrenti a causa del rifiuto di
consentire l’adozione da parte della moglie del loro padre genetico,
nonostante l’assenza di altre possibilità di riconoscimento di un rapporto
giuridico genitore-figlio nell’ordinamento statale. La Corte riconosce in
particolare l’impatto negativo che sul diritto dei bambini al rispetto della
loro vita privata ha l’incertezza giuridica sulla loro identità all’interno
della società, non risultando le soluzioni previste dalla legge danese
sufficienti a compensare il rifiuto dell’adozione del figlio del partner (stepchild
adoption), da ciò derivando il mancato raggiungimento di un giusto
equilibrio tra gli interessi concorrenti in gioco. Un’opinione
dissenziente è annessa al giudizio. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 6 dicembre 2022 (Pannon Plakát Kft e altri c. Ungheria) Art. 34 e Art. 1 Prot. 1 –
Chiarendo i limiti entro i quali si applica lo status di “vittima” ai sensi
dell’Art. 34, la Corte rimarca come il diritto di petizione individuale non
sia un diritto proprietario e non sia come tale trasferibile. La
Corte rinviene una violazione del diritto al rispetto del godimento pacifico
dei propri beni, nella forma di un eccessivo controllo dell’uso della
proprietà, in conseguenza dello sproporzionato divieto legale di affissioni
pubblicitarie stradali al di fuori dei centri abitati, che ha causato
l’estinzione di una parte sostanziale delle attività delle società
ricorrenti. Pur essendo legittimo l’obiettivo della sicurezza del traffico
stradale e ampio il margine d’apprezzamento dello Stato in materia, la misura
impugnata si caratterizza per la sua natura inattesa e in parte retroattiva,
risultando il periodo transitorio molto breve e insufficiente per consentire
un’adeguata riorganizzazione delle società ricorrenti a fronte del repentino
venir meno di un’importante fonte di entrate, in assenza di un regime di
compensazione, da tali elementi derivando un onere eccessivo imposto ai
ricorrenti, che oltrepassa il margine d’apprezzamento. La
Corte riconosce congiuntamente un danno patrimoniale e non patrimoniale per
la perdita di opportunità economica e per la frustrazione subita a causa
dell’interferenza legislativa. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 1 dicembre 2022 (A.D.
e altri c. Georgia) Art.
8 – Violazione degli obblighi positivi di tutela della vita privata in un
caso di impossibilità per i ricorrenti, uomini transgender, di ottenere il
riconoscimento legale del proprio genere senza sottoporsi a procedure mediche
per cambiare le proprie caratteristiche sessuali, a causa dell’imprecisione
del quadro giuridico e della mancanza di procedure rapide, trasparenti e
accessibili per il riconoscimento legale del genere da parte delle autorità
nazionali. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 29 novembre 2022 (Godenau
c. Germania) Art. 10 – Mancata violazione
della libertà di espressione a seguito dell’inserimento della ricorrente in
un elenco interno regionale di insegnanti ritenuti non idonei alla nomina
nelle scuole pubbliche a causa di dubbi sulla sua fedeltà alla Costituzione,
per i legami con movimenti di estrema destra. La Corte chiarisce come il caso
vada distinto dal precedente Vogt c. Germania, giacché la decisione esaminata
nel caso odierno è stata basata su motivi pertinenti e sufficienti, mentre la
limitata gravità della misura impugnata non impedisce l’assunzione della
ricorrente come insegnante in un altro Land tedesco o in una scuola privata.
Non si riscontra nessun grave effetto negativo sulla reputazione della
ricorrente a causa della limitata accessibilità dell’elenco e la ricorrente
ha potuto beneficiare di garanzie procedurali sufficienti. Il margine di
apprezzamento dello Stato non è stato oltrepassato. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 22 novembre 2022 (D.B. e altri c.
Svizzera) Art. 8 – Violazione del
diritto al rispetto della vita privata del minore nel caso di non
riconoscimento prolungato della filiazione tra un bambino nato da maternità
surrogata per contratto all’estero e il partner registrato intenzionale del
padre genetico. La Corte europea ha applicato al caso di specie, pur in
presenza di un’unione civile registrata tra partner dello stesso sesso (‘partenaire enregistré’),
i medesimi principi giurisprudenziali relativi ai bambini nati da maternità
surrogata con genitori di sesso diverso, uniti da un rapporto di matrimonio.
La Corte censura il mancato perseguimento dell’interesse superiore del
bambino da parte dell’ordinamento dello Stato, con un’interferenza
sproporzionata con il diritto del minore al rispetto della sua vita privata.
La Corte riscontra come l’adozione del figlio di un partner registrato sia
stata prevista tardivamente dal legislatore elvetico, con superamento del
margine di apprezzamento dello Stato. La Corte ha ritenuto invece
che la vita familiare di entrambi i genitori non sia stata significativamente
compromessa, escludendo una lesione dell’Art. 8 nei loro confronti. Opinioni concorrenti e
dissenzienti sono annesse al giudizio. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 22 novembre 2022 (G.M. e altri c. la
Repubblica di Moldavia) Art.
3 – Violazione del divieto di sottoposizione a trattamenti inumani e
degradanti, sia sotto il profilo procedurale che sostanziale, causata, sotto
il profilo procedurale, dall’inefficacia dell’indagine sulle accuse di aborti
forzati e contraccezione forzata dopo uno stupro da parte di un medico in un
manicomio residenziale neuropsichiatrico di tre ricorrenti con disabilità
intellettiva. Sotto il profilo sostanziale e degli obblighi positivi dello
Stato, la violazione dell’Art. 3 è stata ricollegata alla mancata istituzione
e applicazione effettiva da parte dello Stato convenuto di un sistema di
protezione delle donne con disabilità intellettiva ricoverate in istituti
psichiatrici contro gravi violazioni della loro integrità. Il quadro
giuridico interno è infatti privo di adeguate garanzie per ottenere un valido
e libero consenso da parte delle donne con disabilità intellettiva e vi è
un’inadeguata legislazione penale e una generale mancanza di meccanismi per
prevenire gli abusi. La Corte statuisce dunque che vi sia stata una mancata
protezione dell’integrità fisica delle richiedenti dall’aborto non
consensuale e, per quanto riguarda la prima richiedente, anche dalla
contraccezione forzata. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 10 novembre 2022 (Bakirdzi e E.C. c. Ungheria) Art. 3 P.1 e Art. 14 – Violazione del diritto a
libere elezioni, in congiunzione con il divieto di discriminazione, a causa
delle carenze del sistema di voto per le minoranze nazionali in Ungheria,
tali da incidere sulla segretezza del voto e sulla libertà di scelta degli
elettori e tali da precludere a un candidato delle minoranze nazionali la
possibilità di conquistare un seggio in Parlamento. Con riferimento alla
regola che impone al candidato di una minoranza nazionale di essere
appoggiato dagli elettori della stessa minoranza, la Corte sottolinea in
particolare l’impossibilità per il candidato di ottenere un seggio quando il
numero totale di elettori della stessa minoranza è inferiore alla soglia
elettorale preferenziale fissata dalla legge. La Corte censura poi la
possibilità per gli elettori di una minoranza nazionale di votare solo per le
rispettive liste di minoranza nazionale e non per le liste dei partiti
politici e rileva inoltre la possibilità che la scelta elettorale di un
elettore di una minoranza nazionale sia indirettamente rivelata a tutti.
Secondo la Corte il sistema, dunque, limita l’opportunità degli elettori
delle minoranze nazionali di migliorare la loro efficacia politica come
gruppo e minaccia di ridurre la diversità e la partecipazione delle minoranze
al processo politico. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 3 novembre 2022 (Sanchez-Sanchez
c. Regno Unito) Art. 3 – Mancata violazione del divieto di
trattamenti inumani o degradanti in conseguenza dell’estradizione di un
cittadino messicano dal Regno Unito agli Stati Uniti, per la mancanza di
prove che dimostrino un rischio reale di condanna all’ergastolo senza
condizionale del ricorrente. La Corte aggiorna la propria
giurisprudenza sull’estradizione, chiarendo come gli Stati contraenti non
possono essere ritenuti responsabili, ai sensi della Convenzione, per le
carenze del sistema di uno Stato terzo, se valutate alla luce dell’intero
standard stabilito nella sentenza Vinter
e Altri c. Regno Unito, trattandosi in quel caso di una decisione
riferita alla giurisdizione interna agli Stati contraenti, e non
all’estradizione in uno Stato terzo. La Corte supera la propria
precedente sentenza Trabelsi c. Belgio e chiarisce come, nell’ambito
di un’estradizione qual è quella sottoposta al suo giudizio, laddove il
ricorrente non è stato condannato ma deve ancora essere sottoposto a
giudizio, la disponibilità di garanzie procedurali per i "detenuti a
vita" nello Stato richiedente non è un prerequisito per il rispetto
dell’Art. 3 da parte dello Stato Contraente di invio. La Corte adatta un approccio
in due fasi (“adapted two-stage
approach”) sviluppato per i casi di estradizione,
consistente in 1)
Una prima fase in cui si deve valutare se il richiedente ha prodotto prove in
grado di dimostrare l’esistenza di motivi sostanziali per ritenere che, in
caso di condanna, vi sia un rischio reale di ergastolo senza condizionale. 2)
Una seconda fase in cui si deve valutare se, a partire dal momento della
condanna, esiste un meccanismo di revisione che consenta alle autorità
nazionali di prendere in considerazione i progressi del detenuto verso la
riabilitazione, o qualsiasi altro motivo di scarcerazione basato sul suo
comportamento o su altre circostanze personali rilevanti. Nel caso di specie il
ricorrente non ha fornito elementi tali da far ritenere di correre un rischio
reale, negli Stati Uniti, di subire una condanna obbligatoria all’ergastolo
senza condizionale. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 3 novembre 2022 (Mamaladze
c. Georgia) Art. 6 e Art. 35 –
Nell’ambito della condanna di un arciprete per la preparazione dell’omicidio
del segretario personale del Patriarca, la Corte non riscontra una violazione
del diritto a un equo processo nel modo in cui sono state ottenute e
utilizzate le prove. Vi è stata invece una
violazione del diritto alla pubblicità del processo, a causa della decisione
di svolgere sia il giudizio di primo grado che quello di appello a porte
chiuse, per via della non considerazione dell’impatto negativo della chiusura
totale sulla fiducia generale nella corretta amministrazione della giustizia
e della mancata considerazione dell’opportunità di misure meno restrittive,
senza che vi sia stato un adeguato bilanciamento. La Corte riscontra poi una
violazione della presunzione di innocenza a causa della combinazione di
dichiarazioni pubbliche da parte di funzionari pubblici e autorità
inquirenti, della diffusione del materiale del fascicolo sui media e
dell’applicazione non uniforme dell’obbligo di non divulgazione (“non-disclosure obligation”), consentendo al testimone principale di
formulare accuse pubbliche. In punto di ammissibilità ai
sensi dell’Art. 35 e in merito all’esaurimento delle vie di ricorso interne,
la Corte ritiene fondato, in astratto, il rilievo dello Stato sul mancato
esperimento da parte del ricorrente di un’azione civile di diffamazione, ma
ritiene che, nel caso di specie, non ci si possa aspettare che il ricorrente
intraprenda un’azione civile, in quanto la violazione della presunzione di
innocenza è legata alla violazione del principio di pubblicità. Nel caso di
specie, la presunzione di innocenza è cioè vista come una garanzia
procedurale nel contesto dello stesso processo penale, con conseguente
esclusione della necessità di esperire anche l’azione civile di diffamazione
prima di poter adire la Corte. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 3 novembre 2022 (Vegotex international S.A. c. Belgio) Art. 6 – Mancata violazione
del diritto a un equo processo nel caso del debito fiscale prescritto per
effetto retroattivo di una nuova giurisprudenza ma successivamente
ripristinato, a controversia ancora in corso, da una normativa retroattiva ma
prevedibile, che ha ripristinato la certezza del diritto. La Corte chiarisce la
propria posizione in ordine all’applicabilità in un caso fiscale dei principi
giurisprudenziali in materia di legislazione retroattiva che influisce sulla
determinazione giudiziaria di una controversia in cui lo Stato è parte. Al riguardo,
la Corte chiarisce che le garanzie dell’Art. 6 della Convenzione non si
applicano con tutta la loro forza alla materia fiscale, che esula dal
nocciolo duro del diritto penale. Il giudice sovranazionale fornisce poi dei
criteri per la valutazione del carattere imperativo delle pertinenti ragioni
di diritto qualificate come di interesse generale (“relevant
grounds of general interest”). La Corte statuisce che, nel
caso di specie, non vi è stata violazione del diritto di accesso al
tribunale, del principio del contraddittorio e del principio della parità
delle armi; la Corte rileva però una violazione del diritto all’equità del
processo a causa dell’eccessiva durata del procedimento, pari a più di
tredici anni. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 3 novembre 2022 (Loste c. Francia) Art. 13, Art. 3 e Art. 9. – Violazione del
diritto a un ricorso effettivo determinata dall’inefficacia dell’azione
risarcitoria, causata dall’eccessivo formalismo dei tribunali amministrativi
nazionali nell’applicazione delle norme sulla decadenza quadriennale dei
diritti fatti valere in giudizio e dalla mancata considerazione del fatto che
solo dopo la decadenza del termine la ricorrente aveva avuto pieno accesso ai
documenti atti a provare la responsabilità dell’amministrazione nei suoi
confronti. La Corte rileva inoltre una
violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti, sotto il profilo
degli obblighi positivi dello Stato, per l’aver le autorità nazionali omesso
di proteggere la ricorrente per dodici anni dai maltrattamenti subiti durante
il suo collocamento in una famiglia affidataria, con conseguente mancata
attuazione delle misure preventive previste dalla legge allo scopo
d’individuare il rischio di maltrattamenti del minore. La Corte rileva, da ultimo,
una violazione degli obblighi positivi collegati al diritto di libertà di
religione, per non aver le autorità nazionali adottato le misure necessarie
affinché la famiglia affidataria rispettasse la clausola di neutralità religiosa,
in base alla quale si era impegnata a rispettare le opinioni religiose della
bambina e della sua famiglia di origine musulmana, lasciando di conseguenza
che la minore fosse esposta al proselitismo dei coniugi affidatari, membri
dei Testimoni di Geova. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 3 novembre 2022 (Dahan c. Francia) Art. 6 – Mancata violazione del diritto a un
equo processo nel ricorso amministrativo (ricorso per "excès de pouvoir") che ha
portato il Consiglio di Stato francese a esercitare, nell’ambito di una piena
giurisdizione (“plénitude de juridiction”),
un controllo sufficientemente ampio sul procedimento disciplinare nei
confronti del ricorrente, l’ambasciatore Dahan. La Corte
ritiene che il Consiglio di Stato abbia condotto uno scrutinio completo,
discostandosi dalla propria precedente giurisprudenza ed esaminando anche la
proporzionalità della sanzione del prepensionamento obbligatorio inflitta al
ricorrente. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 18
ottobre 2022 (Fabbri e altri c. San Marino) Art. 6 – Violazione del
diritto di accesso a un tribunale a causa dell’impossibilità per i
ricorrenti, parti lese in un procedimento penale, di ottenere l’accertamento
delle loro pretese civili come previsto dalla legge, per la totale inattività
delle autorità giudiziarie, che ha portato alla prescrizione dell’azione
penale. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 13 ottobre 2022 (Bouton
c. Francia) Art. 10 – Violazione del diritto alla libertà di
espressione in conseguenza dell’irrogazione di una pena detentiva, sospesa,
per esibizione sessuale in relazione a un’esibizione di un’attivista del
gruppo “Femen” a torso nudo in una chiesa, volta a denunciare la posizione
della Chiesa cattolica sull’aborto, in quanto in materia di libertà di
espressione il margine di apprezzamento dello Stato è attenuato e vi è stata
nel caso di specie una ponderazione inadeguata degli interessi in gioco, non
conforme ai criteri stabiliti dalla Corte e con l’attribuzione di una pena
sproporzionata. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 11 ottobre 2022 (Beeler c. Svizzera) Art. 14 e Art. 8 –
Violazione del diritto al rispetto della vita famigliare in conseguenza del
trattamento discriminatorio di un vedovo, che si occupa a tempo pieno dei
figli, con la soppressione della sua pensione di reversibilità quando il
figlio minore ha raggiunto l’età adulta, mentre in situazioni analoghe le
vedove continuano a ricevere la pensione. La Corte chiarisce i criteri che
specificano o circoscrivono le prestazioni sociali che rientrano nell’ambito
dell’Art. 8, richiamando la decisione Konstantin Markin
c. Russia (Grande Camera), includendovi la prestazione in questione, in
quanto mira a promuovere la vita familiare e incide necessariamente sulle
modalità di organizzazione della vita familiare del ricorrente. Le norme
nazionali che disciplinano la pensione di reversibilità risultano basate su
considerazioni e ipotesi superate, dal momento che il ritorno al mercato del
lavoro è ugualmente difficile per entrambi i sessi all’età del ricorrente e
dopo diversi anni senza lavoro, mentre non c’è nessuna indicazione che la
cessazione della pensione abbia un impatto minore sul ricorrente rispetto a
una vedova in una situazione analoga. In questo caso resta dunque allo Stato
un margine di apprezzamento ristretto, in assenza di "ragioni molto
forti" o "particolarmente importanti e convincenti" che
giustifichino la differenza di trattamento in base al sesso. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 11 ottobre 2022 (Constantin-Lucian
Spînu c. Romania) Art. 9 – Mancata violazione del diritto alla
libertà di religione per il rifiuto specifico, a causa della pandemia da
Covid-19, di consentire a un detenuto di partecipare al culto nella sua
chiesa d’appartenenza all’esterno del carcere, considerati il carattere
imprevedibile e senza precedenti della crisi sanitaria e il conseguente ampio
margine di apprezzamento dello Stato nel farvi fronte, nonché gli sforzi
ragionevoli delle autorità nazionali per controbilanciare le restrizioni, con
considerazione da parte delle autorità penitenziarie della situazione
individuale del ricorrente e dell’evoluzione della crisi sanitaria. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 6 ottobre 2022 (Liu c. Polonia) Art. 3 e Art. 5 – Violazione
del divieto di tortura in conseguenza della proposta di estradizione del
ricorrente verso la Cina, dove egli correrebbe un rischio reale di
maltrattamenti durante la detenzione, come da lui stesso affermato senza che
le autorità nazionali esaminassero con la dovuta attenzione le allegazioni
credibili e coerenti di gravi abusi, equiparati a una situazione generale di
violenza nelle carceri cinesi, e dovendo in questo caso prevalere il
beneficio del dubbio concesso al richiedente protezione, specie di fronte ad
assicurazioni informali dalla Cina che offrono garanzie insufficienti. La
Corte rinviene inoltre una violazione del diritto alla libertà e alla
sicurezza della detenzione illegale dovuta a ritardi ingiustificati nel
procedimento. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 6 ottobre 2022 (Juszczyszyn c. Polonia) Art. 6, Art. 8 e Art. 18 –
Violazione del diritto a un equo processo per le gravi irregolarità nella
nomina dei giudici della Camera disciplinare della Corte Suprema polacca, di
recente istituzione, che ha sospeso un giudice dalle sue funzioni per l’aver
questi cercato di verificare l’indipendenza di un altro giudice nominato su
raccomandazione del Consiglio nazionale della magistratura (NCJ), da poco
riformato. Nel caso di specie, l’essenza stessa del diritto a un
"tribunale istituito dalla legge" è compromessa, in quanto sono
compromesse l’indipendenza e l’imparzialità della Camera disciplinare; la
Corte procede dunque all’applicazione dei criteri seguiti nel precedente Reczkowicz c. Polonia, alla luce del test
in tre fasi formulato in Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda
(Grande Camera). La
Corte ritiene vi sia stata anche una violazione del diritto alla vita privata
del ricorrente, per l’imprevedibilità della sua sospensione, avvenuta in
relazione all’emissione di una decisione giudiziaria e basata su
un’applicazione manifestamente irragionevole della legge, da parte di un
organo che non è "un tribunale istituito dalla legge". Vi è stata
dunque una restrizione ai diritti della Convenzione per scopi non autorizzati
dalla stessa, con violazione dell’Art. 18 da parte delle misure disciplinari
che hanno portato alla sospensione del ricorrente al fine di sanzionare e
dissuadere quest’ultimo dal verificare la legittimità della nomina di giudici
su raccomandazione dell’NCJ riformato, in un contesto di riforme successive
che hanno portato all’indebolimento dell’indipendenza giudiziaria e a misure
incompatibili con i principi fondamentali dell’indipendenza giudiziaria e
dello Stato di diritto, come statuito anche dalla CGUE e della Corte suprema
polacca. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 4 ottobre 2022 (Mortier c. Belgio) Art. 2 e Art. 8 – In un caso di eutanasia della
madre del ricorrente, che soffriva di depressione da circa quarant’anni, e
che ha compiuto la sua scelta in conformità alla legge che la autorizzava,
non si riscontra la violazione del diritto alla vita dal punto di vista
sostanziale e degli obblighi positivi dello Stato, in quanto il quadro
legislativo appare in grado di garantire in linea di principio il diritto
alla vita dei pazienti per quanto riguarda gli atti e la procedura che
precedono l’eutanasia, in particolare prevedendo delle garanzie supplementari
in materia di eutanasia per sofferenze psichiche che non comportano la morte
a breve termine. Si riscontra invece una violazione del diritto alla vita ex
Art. 2 dal punto di vista procedurale e degli obblighi positivi dello Stato,
per la mancanza di indipendenza della commissione che controlla a posteriori
tutte le eutanasie permettendo al medico che le ha eseguite di votare sulla
loro legalità e per la non conformità ai requisiti dell’Art. 2 della verifica
sulla sola base della parte anonima del documento di registrazione, allo
scopo di preservare la riservatezza. La Corte ritiene invece che
non configuri una violazione degli obblighi positivi dello Stato di
assicurare il diritto alla vita privata e famigliare il mancato
coinvolgimento del figlio da parte dei medici nel processo di eutanasia in
assenza della volontà della madre, in conformità con la legge statale e
stanti gli obblighi di riservatezza e mantenimento del segreto medico posti
dalla legislazione, in un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 4 ottobre 2022 (De Legé
c. Paesi Bassi) Art. 6 – Mancata violazione del diritto a un
equo processo nel caso dell’utilizzo di documenti bancari in possesso del
ricorrente, per la rideterminazione di un’ammenda fiscale, ottenuti con un
ordine giudiziario di divulgazione nei confronti del signor. De Legé, a pena
di sanzioni. La Corte ritiene che il caso in oggetto non rientri nell’ambito
del privilegio contro l'autoincriminazione, relativo in questo ambito alla
coercizione nel fornire documenti nel contesto del diritto finanziario. Il
Collegio rileva che le autorità erano a conoscenza di documenti preesistenti
che attestavano la detenzione di un conto bancario estero quando hanno
richiesto un ordine giudiziario di divulgazione e che il suddetto ordine
indicava specificamente i documenti da fornire. Inoltre, l’imposizione di
penali in caso di inosservanza dell'ordine giudiziario non equivale a un
trattamento in violazione dell’art. 3 |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 15 settembre 2022 (Rabczewska c. Polonia) Art. 10 – Violazione del
diritto alla libertà di espressione per la mancanza di motivazioni
sufficienti per la condanna e l’ammenda del ricorrente per aver questi offeso
i sentimenti religiosi altrui insultando pubblicamente la Bibbia, trattandosi
di dichiarazioni non equivalenti a discorsi di odio o ad aggressioni
ingiuriose e non minacciose per l’ordine pubblico, con conseguente
travalicamento del pur ampio margine di apprezzamento riservato allo Stato in
materia. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 14 settembre 2022 (H.F. e
altri c. Francia) In materia di competenza
degli Stati, sotto l’Art. 1 della Convenzione, la competenza è stata
stabilita per quanto riguarda la violazione del diritto di entrare nel
proprio Stato, in considerazione delle caratteristiche speciali relative alla
situazione nei campi di accoglienza, mentre non è stata stabilita per quanto
riguarda la denuncia di maltrattamenti subiti in prigionia. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 13 settembre 2022 (Timur Sharipov c. Russia) Art.
10 – Violazione del diritto alla libertà di espressione da parte delle
autorità nazionali che, in assenza di una motivazione pertinente e
sufficiente, allontanano un osservatore elettorale dal seggio elettorale, in
quanto la funzione di “cane da guardia pubblico” (“public watchdog”) esercitata dagli osservatori elettorali
richiede una tutela rafforzata del diritto di cui all’Art. 10 nei loro
confronti. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 8 settembre 2022 (Janson c. Lettonia) Art. 8 – Violazione del diritto
al rispetto del proprio domicilio per il mancato adempimento dell’obbligo
positivo di proteggere il ricorrente dal nuovo proprietario che è entrato
illegalmente e con la forza nella sua casa e ne ha impedito l’accesso, con
susseguente sfratto illegale da parte dello stesso ufficiale giudiziario e
con garanzie procedurali interne rese inoperanti a causa della loro mancata
osservanza da parte delle autorità. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 8 settembre 2022 (Drelon c. France) Art. 8 – Violazione del
diritto al rispetto della vita privata, con superamento del margine di
apprezzamento dello Stato, nel caso di una raccolta di dati relativi alle
pratiche sessuali di potenziali donatori di sangue, esclusi dalla donazione
sulla base di una legge che impone una controindicazione agli uomini che
hanno avuto rapporti sessuali con altri uomini. La Corte ritiene che
l’applicazione della normativa statale sia viziata da speculazioni non
poggianti su una base fattuale, bensì sul solo rifiuto dei ricorrenti di
rispondere alle domande sul proprio orientamento sessuale, oltre che
dall’eccessiva durata della conservazione dei dati da parte di un’istituzione
pubblica. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. II) 6 settembre 2022 (Ete c. Türkiye) Art.
10 – Violazione del diritto alla libertà di espressione della condanna penale
del ricorrente per propaganda a favore di un’organizzazione terroristica per
aver tagliato e distribuito una torta che celebrava il compleanno del leader
del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). Per la Corte si tratta di
atti che non devono essere percepiti come un appello all’uso della violenza,
alla resistenza armata o alla rivolta, né come un discorso di odio, con
conseguente assenza di un’esigenza sociale imperativa e mancanza di
proporzionalità della sanzione, che risulta quindi esorbitare da quanto possa
ritenersi necessario in una società democratica. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 30 agosto 2022 (Y.G. c.
Russia) Art. 8 – Violazione degli
obblighi positivi dello Stato nell’assicurare il diritto al rispetto della
vita privata per la mancanza di una protezione adeguata della riservatezza
dei dati sanitari del richiedente da parte delle autorità e la successiva
mancata indagine sulla loro divulgazione, compiuta attraverso una banca dati
poi venduta sul mercato nero. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 11 luglio 2022 (Kavala c.
Turchia) Art. 46, Art. 5 e Art. 18 –
Violazione dell’obbligo di esecuzione delle sentenze della Corte e
conseguente procedura di infrazione contro la Turchia per non aver rispettato
la decisione definitiva della Corte che richiedeva esplicitamente la
liberazione immediata del ricorrente, a fronte della continuazione della sua
detenzione per motivi insufficienti riguardanti esattamente lo stesso
contesto fattuale, con una mera riqualificazione degli stessi fatti incapace
di modificare la base delle conclusioni della sentenza definitiva in mancanza
di altre circostanze pertinenti e sufficienti, in violazione del diritto alla
libertà e alla sicurezza, considerato in sé e in combinazione con l’Art. 18
della Convezione. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. I) 7 luglio 2022 (Chocholáč c. Slovenia) Art. 8 – Violazione del
rispetto della vita privata del detenuto in conseguenza del divieto generale
e indiscriminato di possesso di materiale pornografico da parte dei detenuti,
divieto che non consente di valutare la proporzionalità in un caso individuale. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 5 luglio
2022 (Association of Civil Servants and Union for Collective Bargaining e altri c. Germania) Art. 11 – Mancata violazione
del diritto di costituire e aderire ai sindacati da parte della normativa che
renda inapplicabili i contratti collettivi tra loro contrastanti stipulati da
sindacati minoritari, entro la medesima “unità operativa” di azienda, in
quanto la restrizione, di portata limitata, ricade entro il margine di
apprezzamento dello Stato e non
pregiudica la libertà sindacale, laddove l’interferenza statale persegue il
rilevante obbiettivo di garantire il corretto funzionamento del sistema di
contrattazione collettiva, nell’interesse dei lavoratori e dei datori di
lavoro. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 23 giugno 2022 (Rouillan c. Francia) Art. 10 – Violazione della
libertà di espressione per la mancanza di proporzionalità della pena
detentiva inflitta a un ex terrorista per aver inneggiato agli autori degli
attentati di Parigi del 2015, in un’intervista poi trasmessa via radio e
Internet, in quanto la restrizione della libertà di espressione si sarebbe
verificata oltre il margine di apprezzamento dello Stato, tenuto conto che le
esternazioni pronunciate nell’ambito di un dibattito di interesse pubblico
possono essere sottoposte a restrizioni solo in casi eccezionali. Nel caso di
specie l’ingerenza nella libertà di espressione, pur rispondente in astratto
a un imperioso bisogno sociale, non è motivata in modo sufficiente da poter
ritenere che la sanzione in concreto inflitta sia proporzionata allo scopo
legittimo perseguito. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V ) 16 giugno 2022 (Goulandris e Vardinogianni
c. Grecia) Art. 4 P. 7 – Viola il
diritto a non essere giudicato o punito due volte la duplicazione dei
procedimenti verificatasi nel caso dell’irrogazione di un’ammenda
amministrativa avente natura penale e del successivo procedimento penale per
la costruzione di muri in violazione della licenza edilizia, in quanto i due
procedimenti non sono sufficientemente collegati nella sostanza e nel tempo
per essere ritenuti parti di un procedimento complessivo coerente e
proporzionato. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 9 giugno 2022 (Xavier
Lucas c. Francia) Art. 6 – Violazione del diritto a un equo
processo (diritto di accesso al giudice) in conseguenza della dichiarazione
di inammissibilità dell’atto introduttivo non trasmesso per via telematica,
in quanto l’eccessivo formalismo non tiene conto degli ostacoli pratici che
rendevano la piattaforma Internet inadatta alla presentazione del tipo di
ricorso in esame (un ricorso di annullamento di un lodo arbitrale). |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 31 maggio 2022 (Arnar Helgi Lárusson c. Islanda) Art. 8 e Art. 14 – Mancata
violazione del diritto al rispetto della vita privata e dell’obbligo di non
discriminazione, segnatamente dei connessi obblighi positivi in capo allo
Stato, nel caso di una persona in sedia a rotelle impossibilitata ad accedere
a due edifici pubblici locali, all’esito positivo della valutazione, da parte
della Corte, se lo Stato abbia apportato "adattamenti necessari e
appropriati", che non costituiscano un "onere sproporzionato o
indebito", in modo da accogliere e agevolare le persone con disabilità,
nei limiti delle disponibilità finanziarie concrete e secondo un ragionevole
ordine di priorità nella scelta degli edifici da adeguare. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 5 maggio 2022 (Vlahov c.
Croazia) Art. 11 – Violazione della libertà di
associazione per la condanna penale di un rappresentante sindacale, il quale
aveva rifiutato l’ammissione al sindacato di aspiranti membri, poi comunque
ammessi dopo la rimozione del ricorrente. La Corte qualifica la condanna avutasi
nel caso di specie come non necessaria in una società democratica e rileva
inoltre la mancanza di motivazione nelle decisioni dei tribunali nazionali. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. V) 28 aprile 2022 (Wang c.
Francia) Art.
6 – Violazione del diritto a un equo processo e dei diritti di difesa, a
seguito dell’audizione informale della ricorrente da parte delle forze
dell’ordine, non preceduta da espresso avviso del diritto al silenzio e del
diritto a essere assistita da un’interprete, a cui aveva fatto seguito
l’utilizzo delle dichiarazioni rese senza garanzie per confermare le
dichiarazioni rese successivamente davanti al giudice, dando luogo a una
violazione dell’Art. 6 determinata dalla necessità di considerare contestualmente
specifici elementi che, presi singolarmente, pur non avrebbero da soli
determinato una lesione del diritto all’equità del processo. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 7 aprile 2022 (Miklić c. Croazia) Art. 5 – Violazione
determinata dall’illegittimo prolungamento dell’internamento psichiatrico
obbligatorio del richiedente a seguito della sua condanna penale per reati
commessi in mancanza di capacità mentale, essendosi svolta la procedura di
valutazione dello stato mentale del richiedente in violazione del diritto
interno e non essendo basata su perizie mediche obiettive e recenti. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 5 aprile 2022 (NIT S.R.L.
c. Repubblica di Moldavia) Art.
10 e Art. 1 P. 1 – Riconoscimento della mancata violazione della libertà di
espressione, per la giustificatezza della revoca della licenza di
radiodiffusione di un canale televisivo dopo la ripetuta e grave violazione
dell’obbligo di legge di garantire l’equilibrio politico e il pluralismo nei
notiziari, con conseguente elaborazione di principi generali per l’equilibrio
tra pluralismo politico nei media e libertà editoriale, stante la necessità
di valutare in via combinata il pluralismo interno agli organi d’informazione
e quello esterno a essi. |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. III) 5 aprile 2022 (Teslenko e altri c. Russia) Art. 5 e 10 - Violazione del
divieto di arresti e detenzioni illegittime e violazione della libertà di
espressione, in conseguenza del mancato rispetto del diritto interno
nell’accompagnare i richiedenti alla stazione di polizia, nell’ambito di un
illecito amministrativo consistente nell’aver invitato gli elettori a non
votare per un determinato partito politico o ad astenersi dal voto, con
conseguente superamento del margine di apprezzamento nazionale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 31 marzo 2022 (N.B. et autres c. France) Art. 3 e 34 – Violazione del divieto di
trattamenti inumani e degradanti a causa del protrarsi per quattordici giorni
di una detenzione amministrativa in un centro inidoneo, allo scopo di
allontanare un bambino straniero di otto anni accompagnato dai suoi genitori,
con ingiustificata mancata esecuzione per sette giorni del provvedimento
provvisorio di cessazione della detenzione del minore. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 29 marzo 2022 (Nuh Uzun et autres c. Turquie) Art. 8 – Violazione determinata dalla registrazione ed inserimento della
corrispondenza privata dei detenuti nel sistema informatico della Rete
giudiziaria nazionale, misure disposte sulla base di istruzioni interne e non
pubblicate formulate dal Ministero della Giustizia e inidonee
pertanto a offrire una adeguata base legale ai sensi dell’art. 8 della
Convenzione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 24 marzo 2022 (C.E. et autres c. France) Art. 8 – Riconoscimento della non violazione degli obblighi positivi
relativi alla tutela della vita privata e familiare in conseguenza
dell’impossibilità di ottenere, mediante adozione o mediante atto notorio, il
pieno riconoscimento ufficiale di una relazione genitore-figlio tra un minore
e l’ex partner della sua madre biologica, valorizzandosi invece la garanzia,
da parte dello Stato convenuto, del rispetto effettivo della vita privata e
familiare dei ricorrenti, e dell’interesse superiore del minore, in virtù di
altre previsioni del diritto interno. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 24 marzo 2022 (Zayidov v. Azerbaijan - no. 2) Art. 10 e Art. 6 – Riconosciuta violazione
della libertà di espressione in conseguenza del sequestro e della distruzione
del manoscritto di un libro, scritto da un giornalista in detenzione, sul
fondamento di una base legale insufficientemente prevedibile e priva di
garanzie contro decisioni arbitrarie ‒ Riconosciuta iniquità del
procedimento per danni, per non aver i tribunali nazionali considerato la
necessità e le modalità della presenza del ricorrente alle udienze, per aver
essi irragionevole rifiutato di chiamare ulteriori testimoni, e per aver
adottato decisioni non adeguatamente motivate. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 24 marzo 2022 (Wikimedia Foundation, Inc.
v. Turkey) Art. 10 – Decisione di inammissibilità di un’istanza della Wikimedia
Foundation riguardante un ordine di blocco del suo sito web, a seguito di una
decisione della Corte costituzionale turca che aveva sostanzialmente
riconosciuto la violazione dell’articolo 10 della Convenzione e concesso una
riparazione adeguata, con conseguente perdita dello status di vittima del
ricorrente, il tutto con significative precisazioni sul rispettivo ruolo
della Corte costituzionale interna e della Corte europea in un contesto in
cui era stata riconosciuta la natura sistemica del problema. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 22 marzo 2022 (Filippovy v. Russia) Art. 2 (profilo sostanziale e procedurale)
– Riconosciuta inosservanza degli obblighi positivi relativi alla tutela del
diritto alla vita in ragione della mancata adozione di misure normative e
operative idonee a salvaguardare la vita del militare di leva, suicidatosi in
seguito a vessazioni da parte di compagni di leva, e in ragione del mancato
svolgimento di una indagine efficace sulla morte. Art. 3 (profilo sostanziale e procedurale) - Riconosciuta inosservanza
degli obblighi positivi relativi al divieto di trattamenti degradanti in
ragione della mancata protezione effettiva del militare di leva contro i
maltrattamenti subiti da altri militari di leva per un lungo periodo di
tempo, tali da causare un stato di costante ansia, e riconosciuta inefficacia
dell’indagine svolta, con mancata attribuzione di responsabilità ai livelli
gerarchici superiori dell’autorità, nel contesto generale delle pratiche
endemiche di nonnismo all’interno delle forze militari russe. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 22 marzo 2022 (Gvozdeva v. Russia) Art. 2 (profilo procedurale) – Riconosciuta
violazione degli obblighi positivi di tutela del diritto alla vita in ragione
del mancato svolgimento, a seguito del suicidio di un coscritto, di una
indagine inefficace sulla possibilità che vi fosse stato un incitamento al
suicidio da parte di altri militari, non essendosi chiarita tra l’altro
l’origine delle ferite trovate sul corpo del coscritto, non essendosi
inspiegabilmente proceduto all’interrogatorio di due testimoni nonostante le
istruzioni del tribunale nazionale in tal senso, ed essendo rimaste irrisolte
le discrepanze nelle dichiarazioni di altri testimoni. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 22 marzo 2022 (Y and Others v. Bulgaria) Art 2 (profilo sostanziale) – Inosservanza degli obblighi positivi di
tutela del diritto alla vita, essendosi riscontrata una mancata protezione,
da parte delle autorità, della vita di una donna uccisa dal marito,
nonostante le sue numerose denunce di violenza domestica per un periodo di 9
mesi, essendosi in particolare riscontrata l’inadeguatezza delle misure
preventive inadeguate, la mancata risposta immediata e la mancata valutazione
dei rischi in ogni occasione di denuncia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 15 marzo 2022 (Grzęda v. Poland) Art. 6 § 1 (civile) - Indipendenza della magistratura e necessità di
proteggere l’indipendenza di un consiglio giudiziario dai poteri esecutivo e
legislativo in modo da salvaguardare l’integrità del processo di nomina
giudiziaria - Necessità di garanzie procedurali simili a quelle previste nei
casi di licenziamento o rimozione dei giudici anche nei casi di rimozione dei
membri del consiglio giudiziario - Riforme polacche che hanno portato
all’indebolimento dell’indipendenza giudiziaria e dell’aderenza agli standard
dello Stato di diritto, con compromissione dell’essenza del diritto di
accesso a un giudice. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 15 marzo 2022 (OOO Memo v. Russia) Art. 10 – Violazione della libertà d’espressione in conseguenza di
un’azione civile per diffamazione nei confronti di un mezzo di comunicazione,
azione ritenuta priva di obiettivo legittimo e asseritamente volta a
proteggere la “reputazione” di un’autorità pubblica in quanto tale, con
considerazioni della Corte circa la differenza tra gli interessi degli organi
esecutivi titolari di poteri pubblici a mantenere una buona reputazione e
quelli delle persone fisiche o giuridiche che competono sul mercato, e segnatamente
sul rischio di ostacolare la libertà dei media e di ottenere un effetto di ingessamento attraverso la protezione degli organi
esecutivi dalle critiche dei media, in un contesto in cui gli individui
membri dell’organo in questione risultavano facilmente identificabili e
avrebbero avuto la possibilità di intentare eventualmente un’azione a proprio
nome. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 15 marzo 2022 (Communauté genevoise d’action syndicale
(CGAS) c. Suisse) Art. 11 – Riconosciuta violazione della libertà di riunione in
conseguenza del divieto generale di riunioni pubbliche per due mesi e mezzo
all’inizio della pandemia Covid-19, accompagnato da sanzioni penali e senza
controllo giudiziario di proporzionalità, laddove una misura così radicale
che incideva (anche) sull’attività dell’associazione ricorrente per un
periodo di tempo considerevole avrebbe richiesto una giustificazione solida e
un controllo giudiziario particolarmente serio, non posto
in essere dato il riscontrato mancato esame del merito dei ricorsi da parte
della Corte federale durante il confinamento generalizzato, il tutto senza
che si sia fatto ricorso all’art 15 da parte dello Stato per adottare misure
derogatorie. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 10 marzo 2022 (Shenturk
and Others v. Azerbaijan) Art. 3 (profilo procedurale) e Ar. 5 ‒ Illegittima detenzione dei
ricorrenti nel contesto di un’espulsione e di un trasferimento extra-legale
verso i loro paesi d’origine in violazione delle garanzie di diritto interno
e internazionale, con diniego di effettive garanzie di protezione contro il
respingimento arbitrario e mancata valutazione dei rischi cui sarebbero stati
così esposti i ricorrenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 8 marzo 2022 (Y.Y. and Y.Y. v. Russia) Art. 8 - Obblighi positivi in relazione al diritto al rispetto della vita
familiare - Mancata adozione da parte delle autorità, senza indebito ritardo,
di ogni ragionevole misura volta a far rispettare l’ordine di residenza del
minore presso la madre. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 8 marzo 2022 (Reyes Jimenez c. Espagne) Art. 8 - Violazione degli obblighi positivi relativi alla rispetto della
vita privata in conseguenza del rigetto ingiustificato da parte dei giudici
interni del ricorso contro il mancato rispetto dell’obbligo legale di
ottenere il consenso scritto ad una operazione chirurgica, con affermazione
da parte della Corte della necessità di rispettare le prescrizioni del
diritto interno in materia ancorché la Convenzione di per sé non stabilisca alcuna
forma particolare di rilascio del consenso. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 8 marzo 2022 (Ekrem Can and Others v.
Turkey) Art. 11 letto alla luce dell’art. 10 –
Riconosciuta violazione della libertà di riunione in conseguenza di una
detenzione preventiva e di pene detentive sproporzionatamente lunghe per la
partecipazione a una protesta non violenta in tribunale tale da disturbare
l’ordinata amministrazione della giustizia, con precisazioni circa
l’ampiezza, non illimitata, del margine di apprezzamento in materia. Art. 6 – Riconoscimento della complessiva iniquità del processo in
ragione, tra l’altro, del mancato esame da parte dei tribunali nazionali
delle condizioni relative alla presunta rinuncia dei ricorrenti al diritto a
un avvocato durante la detenzione da parte della polizia, dell’utilizzo di
prove raccolte in assenza di un avvocato e del mancato rispetto delle
necessarie garanzie procedurali. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 8 marzo 2022 (Tonkov c. Belgique) Art. 6 – Riconoscimento dell’iniquità del processo per l’essere stata la
condanna del ricorrente basata sul contenuto delle dichiarazioni sue e dei
suoi coaccusati rese nella fase iniziale delle indagini senza la presenza di
un avvocato, con precisazioni della Corte circa la portata delle restrizioni
al diritto di accesso a un avvocato derivanti dalla legge applicabile e circa
il modo di interpretare questa da parte dei giudici. |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 8 marzo 2022 (Sabani c. Belgique) Art. 8 - Violazione del domicilio e del diritto al rispetto alla vita
privata in conseguenza dell’ingresso della polizia nell’abitazione del
ricorrente, senza base legale né consenso - l’apertura volontaria della porta
alla polizia non potendo essere considerata come una rinuncia libera e
informata al diritto alla protezione del proprio domicilio – nell’ambito di
una verifica sull’esecuzione di un ordine di espulsione, con censura altresì
dell’utilizzo non necessario delle manette sulla ricorrente durante il suo
arresto in presenza della figlia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 3 marzo 2022 (Nikoghosyan
and Others v. Poland) Art. 5 – Riconosciuta violazione in conseguenza del collocamento
automatico di una famiglia di adulti e bambini richiedenti asilo in un stato di detenzione per sei
mesi in assenza di una valutazione approfondita e individualizzata della
situazione e dei bisogni particolari, con riconoscimento della necessità di
procedere con maggior rapidità e diligenza dato il coinvolgimento di minori. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 3 marzo 2022 (Shorazova v. Malta) Art. 1 Prot. 1 – Riconosciuta violazione
del diritto all’uso dei propri beni in ragione della mancanza di garanzie
procedurali per il lungo congelamento di tutti i beni del ricorrente a Malta
su richiesta delle autorità kazake, probabilmente per motivi di persecuzione
politica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 1 marzo 2022 (Kozan c. Turquie) Art. 10 – Riconosciuta violazione della
libertà di dare e ricevere informazioni in conseguenza di una sanzione
disciplinare inflitta a un magistrato per aver condiviso, nel suo gruppo
Facebook riservato ai suoi colleghi, un articolo di stampa che criticava il
Consiglio superiore dei giudici e dei procuratori e metteva in dubbio la sua
indipendenza dal potere politico, tale sanzione non rispondendo ad alcuna
necessità sociale impellente. Art. 13 - Riconosciuta mancanza di rimedi effettivi. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 1 marzo 2022 (I.V.Ț. v. Romania) Art. 8 – Riconosciuta violazione degli obblighi positivi di tutela del
rispetto della vita privata in un caso in cui, senza il consenso dei
genitori, si era effettuata un’intervista di un minore, successivamente
trasmessa in televisione, sulla morte accidentale di un compagno di scuola
durante una gita scolastica alla quale l’intervistato non aveva partecipato –
Riconoscimento della necessità di assolvere al dovere di informare il
pubblico proteggendo al contempo l’identità dei minori interessati, in particolare
considerando che, data la maggiore vulnerabilità di un bambino, la
divulgazione di informazioni sulla sua identità potrebbe mettere in pericolo
la sua dignità e il suo benessere più gravemente che nel caso degli adulti,
da ciò derivando la necessità di speciali garanzie giuridiche e di un
bilanciamento tra il diritto alla vita privata e la libertà di espressione
che sia conforme (come non è avvenuto nel caso di specie) ai criteri
stabiliti dalla giurisprudenza della Corte. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 24 febbraio 2022 (Association des familles des victimes
du JOOLA c. France) Art. 6 e Art. 13 - Decisione di inammissibilità di un ricorso presentato
da un’associazione di parenti e amici di persone decedute nell’affondamento
di un traghetto senegalese, o vittime sopravvissute all’incidente, nel quale
si lamentava di essere stati privati del diritto di accesso ad un tribunale a
causa del opposizione dell’immunità giurisdizionale degli Stati, che ha
portato all’interruzione del procedimento avviato dalle loro denunce penali
in Francia ‒ Riconoscimento preliminare da parte della Corte, alla
stregua della sua giurisprudenza costante, che la concessione dell’immunità
sovrana di uno Stato in un procedimento civile persegue l’obiettivo legittimo
di rispettare il diritto internazionale al fine di promuovere le buone
relazioni tra gli Stati attraverso il rispetto della sovranità di un altro
sovranità di un altro Stato ‒ Presa d’atto, con riferimento al caso di
specie, della considerazione dei tribunali francesi secondo cui le violazioni
delle norme internazionali di navigazione marittima, che sono state imputate
a personalità di alto livello del governo senegalese, derivavano
dall’esercizio da parte del Senegal della sua sovranità, e non da atti di
amministrazione privata, avendo in particolare la Corte di Cassazione
sottolineato che le condotte dei dirigenti senegalesi al momento del
naufragio, per quanto gravi potessero essere, non rientravano nelle eccezioni
al principio dell’immunità dei rappresentanti dello Stato su questioni
“sovrane” ‒ Assenza di discostamento dalle norme internazionali
attualmente accettate e di elementi di arbitrarietà o irragionevolezza
nell’interpretazione da parte dei giudici nazionali dei principi giuridici
applicabili o nel modo in cui sono stati applicati nel caso di specie. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 24 febbraio 2022 (Bonnet c. France) Art. 10 - Decisione di inammissibilità, per manifestamente infondatezza,
di un ricorso sollevato a seguito della condanna penale del ricorrente (al
pagamento di una pena pecuniaria di 10.000 euro) da parte dei tribunali
francesi per proferimento di un insulto pubblico di natura razziale contro un
individuo o gruppo a causa della loro origine o dell’appartenenza a una
determinata etnia, nazione, razza o religione, e per il reato di mettere in
dubbio l’esistenza di crimini contro l’umanità ‒ Esame e valutazione
approfondita dell’operato dei giudici nazionali, con significative
indicazioni su come questo debba essere condotto, soppesando il diritto alla
libertà di espressione, da un lato, e la protezione dei diritti degli altri,
dall’altro, sulla base di una motivazione adeguata e pertinente ‒
Conclusione che, anche supponendo che l’articolo 10 della Convenzione fosse
applicabile, l’interferenza con la libertà di espressione del ricorrente era
stata necessaria in una società democratica, risultando quindi il reclamo
manifestamente infondato. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 17 febbraio 2022 (Y v. Poland) Art. 8 – Non violazione del diritto al
rispetto della vita privata e familiare per il fatto che una persona
transgender non può ottenere la rimozione dal certificato di nascita del
riferimento al suo genere assegnato o la predisposizione un nuovo certificato
di nascita completo senza riferimento al cambiamento di sesso, laddove invece
il suo estratto breve e i nuovi documenti d’identità indicano solo il sesso
riassegnato - Mancata dimostrazione da parte del richiedente di conseguenze
negative sufficientemente gravi di tale impossibilità, anche in ragione della
rara necessità di utilizzare la copia completa del certificato di nascita,
non essendo il potenziale rischio di conseguenze negative di per sé in grado di rendere carente l’attuale
sistema nazionale, espressivo di un equo bilanciamento tra i diversi
interessi in gioco, rientrante nell’ambito del margine di apprezzamento
consentito non superato. Art. 14 (+ Art. 8) – Non riscontrata discriminazione, non trovandosi il
richiedente in una situazione analoga a quella dei bambini adottati che
abbiano ottenuto un nuovo certificato di nascita in caso di adozione
completa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 15 febbraio 2022 (Anatoliy Marinov v. Bulgaria) Art. 3 Prot. 1 – Violazione del diritto di voto in conseguenza della sua
privazione sproporzionata per il ricorrente a causa di un provvedimento di
tutela parziale basato sulla sua disabilità mentale senza un controllo
giudiziario individualizzato della capacità di voto – Inammissibilità di una
restrizione automatica e generale che colpisce tutti coloro che siano sotto
tutela parziale, indipendentemente dalle loro effettive facoltà - Mancato
bilanciamento da parte del legislatore degli interessi concorrenti e mancata
valutazione della proporzionalità della restrizione – Discutibilità di un
trattamento unitario, come una singola classe, delle persone con disabilità
intellettuali o mentali, la cui limitazione dei diritti richiede invece uno
scrutinio rigoroso. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 3 febbraio 2022 (Advance Pharma sp. z o.o v.
Poland) Art. 6 - Tribunale istituito per legge e indipendenza del potere
giudiziario – Riconoscimento di violazioni manifeste (anche del diritto
interno) e di una disfunzioni sistemica, a seguito della riforma legislativa,
nella nomina dei giudici della Camera civile della Corte suprema che ha
esaminato l’appello della società ricorrente - Mancanza di indipendenza del
Consiglio nazionale della magistratura dal legislatore e dall’esecutivo -
Nomina dei giudici della Camera da parte del presidente della Polonia, nonostante
la sospensione dell’attuazione della risoluzione applicabile in attesa del
controllo giurisdizionale, ed intervento del legislatore nel processo di
nomina con vanificazione degli effetti di tale controllo - Assenza di mezzi
di ricorso per contestare i difetti. |
|
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 3 febbraio 2022 (N.M. et autres c. France) Art. 1 Prot. 1 – Ritenuta violazione del diritto di proprietà in
conseguenza dell’applicazione retroattiva di una legge tale da determinare il
venire meno della possibilità di compensazione degli oneri derivanti
dall’handicap di un bambino non individuato come tale a causa di un errore
nella diagnosi prenatale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 25 gennaio 2022 (Yücel c. Turquie) Art. 5 ‒ Riconosciuta violazione
sotto plurimi profili ‒ Detenzione preventiva illegale di un giornalista
in assenza di ragionevoli sospetti di un reato (senza possibilità di
invocare, con riguardo al caso, deroghe ex Art. 15 ‒ Manifesta
insufficienza del risarcimento concesso e connessa manifesta ineffettività,
nel caso di specie, del ricorso individuale alla Corte costituzionale. Art. 10 – Riconosciuta violazione della libertà di espressione,
l’irregolarità della detenzione riverberandosi sulla (il)legalità
dell’interferenza con tale libertà. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 25 gennaio 2022 (Negovanović e
Altri c. Serbia) Art. 1 Prot. 12 ‒ Divieto di discriminazione (con emersione delle
differenze rispetto all’articolo 14) – Riconoscimento della natura
discriminatoria della negazione a giocatori di scacchi non vedenti dei premi
concessi a giocatori vedenti come riconoscimento sportivo nazionale per aver
vinto competizioni internazionali di alto livello – Precisazioni
sull’ampiezza (fortemente ridotta) del margine di apprezzamento nei casi in
cui si stabilisca un trattamento giuridico diverso per le persone con disabilità,
anche in relazione all’esistenza di standard previsti da plurime convezioni
internazionali sull’inclusività – Necessità che il “prestigio” di una
competizione non dipenda semplicemente dal fatto che vi partecipino persone
con o senza disabilità. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 20 gennaio 2022 (Edzgveradze c.
Georgia) Art. 2 (aspetto procedurale) – Diritto alla vita e portata dell’obbligo
delle autorità nazionali di condurre indagini penali effettive, con
riferimento a un caso di suicidio avvenuto il giorno dopo la sottoposizione a
un interrogatorio di polizia. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 18 gennaio 2022 (Lyubov Vasilyeva v. Russia) Art. 2 – Violazione dei relativi “obblighi positivi” per mancata adozione
di misure appropriate per proteggere la vita del figlio del ricorrente,
suicidatosi durante il servizio militare obbligatorio in un contesto di
pratiche di nonnismo, in mancanza di specifici meccanismi e garanzie, nel
quadro normativo nazionale, per proteggere le vittime e coloro che denunciano
pratiche di nonnismo, bullismo o altre forme di maltrattamento nelle forze
armate. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 18 gennaio 2022 (Atristain Gorosabel v. Spain) Art. 6 - Utilizzo nel processo delle dichiarazioni inizialmente rese da
un sospetto terrorista tenuto in isolamento e privato, senza ragioni
individualizzate, dell’accesso a un avvocato di propria scelta e anche, in
quella fase, della possibilità di comunicare privatamente con un avvocato
d’ufficio (pur presente durante l’interrogatorio), con conseguente
compromissione della complessiva equità del procedimento penale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 21 dicembre 2021 (Kuzminas v. Russia) Art. 8 – Violazione del domicilio e della vita privata in conseguenza di
una perquisizione illegale e ingiustificata dell’abitazione del ricorrente
effettuata utilizzando la “procedura d’urgenza” nell’ambito di un’indagine
penale per reati connessi al possesso di sostanze stupefacenti, con
precisazioni circa l’inadeguatezza del controllo giudiziario ex post. |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 16 dicembre 2021 (Women’s Initiatives
Supporting Group and Others v. Georgia) Art. 3 e Art. 11 (+ Art. 14) – Violazione degli obblighi positivi volti a
prevenire e reprimere la sottoposizione a trattamenti degradanti e le
violazioni della libertà di riunirsi pacificamente e del diritto a non essere
discriminati, in conseguenza della mancata adozione da parte dello Stato di
misure preventive e operative tali da proteggere i richiedenti dalla violenza
omofobica e/o transfobica e da garantire che la manifestazione LGBT
procedesse pacificamente, il tutto in assenza di un’indagine efficace sui
fatti verificatisi e in presenza, al contrario, di indicazioni ufficiali di
acquiescenza, connivenza e partecipazione attiva a comportamenti individuali
motivati dal pregiudizio. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 16 dicembre 2021 (Zaklan v. Croatia) Art. 1 Prot. 1 – Violazione del diritto al godimento pacifico dei beni in
conseguenza di una sospensione prolungata di un procedimento, nell’ambito
della successione degli Stati, tale da impedire al ricorrente di recuperare
il denaro temporaneamente confiscato dall’ex Repubblica socialista federale
di Iugoslavia ("RFI"), con imputabilità della violazione
alla Croazia, che si è fatta carico del procedimento dopo la dichiarazione di
indipendenza. |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 14 dicembre 2021 (Tunikova
and Others v. Russia) Art. 3 (sostanziale e procedurale) - Obblighi positivi - Mancata adozione
di misure adeguate per proteggere le vittime di violenza domestica e condurre
un’indagine efficace, a causa del persistente problema strutturale – Assenza
nel quadro giuridico nazionale di una definizione di "violenza
domestica", di adeguate disposizioni sostanziali e procedurali per
perseguire le sue varie forme, e di qualsiasi forma di ordini di protezione
‒ Impossibilità per le autorità, in ragione delle carenze del quadro
giuridico, di adottare una visione globale in presenza di un continuum di
violenza ed affrontarla il problema a livello sistemico. Art. 14 (+ Art. 3) - Effetti discriminatori sulle donne della perdurante
assenza di una legislazione volta a combattere la violenza domestica e di
qualsiasi misura di protezione Art. 46 - Sentenza pilota - Indicazione da parte della Corte di misure
generali dettagliate che comprendono tutti i settori dell’azione statale per
affrontare in modo globale la mancanza strutturale e discriminatoria di
protezione delle donne contro la violenza domestica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 14 dicembre 2021 (Mukhin v. Russia) Art. 10 - Libertà di espressione - Ingiustificata condanna del direttore
di un giornale e revoca dello status di mass-media del giornale stesso, con
conseguente divieto assoluto e permanente di distribuzione, sulla base delle
leggi anti-estremismo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 10 dicembre 2021 (Abdi Ibrahim v. Norvegia) Art. 8 letto alla luce dell’art. 9 - Rispetto della vita familiare -
Carenze nel processo decisionale che ha portato alla rottura dei legami
madre-figlio, in un contesto di diversità dei background culturali e
religiosi della madre e dei genitori adottivi - Insufficiente peso attribuito
all’interesse reciproco della madre e del bambino di mantenere i legami
attraverso il contatto e mancata considerazione dell’interesse della madre di
permettere al bambino di mantenere alcuni legami con le sue origini culturali
e religiose. |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 7 dicembre 2021 (Savran v. Denmark) Art. 3 e Art. 8 - Violazione del diritto al rispetto della vita privata
in conseguenza dell’adozione di un provvedimento di espulsione nei confronti
di un immigrato di lunga data affetto da schizofrenia, nonostante i progressi
dopo anni di cure obbligatorie, a causa di reati violenti, senza alcuna
considerazione per la mancanza di colpevolezza penale del ricorrente a causa
della malattia mentale, e in assenza di una adeguata considerazione e di un
bilanciamento da parte delle autorità degli interessi in gioco e di tutti i
fattori pertinenti. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 7 dicembre 2021 (Yefimov and Youth Human
Rights Group v. Russia) Art. 10 e Art. 11 - Violazione della libertà d’espressione e della
libertà di associazione in conseguenza della ingiustificata accusa di
incitamento all’odio e dell’inserimento nella lista dei terroristi ed
estremisti, nonché dello scioglimento dell’associazione di cui era fondatore
il ricorrente, per aver questi pubblicato una nota in cui si criticava la
Chiesa ortodossa russa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 28 novembre 2021 (Genov and Sarbinska v. Bulgariay) Art 10 - Violazione della libertà di espressione in conseguenza di una
ingiustificata condanna penale (per “hooliganismo”) per aver imbrattato con
della vernice spray un monumento legato al regime comunista (qualificato come
“criminale” da un Atto dell’Assemblea nazionale del 2000) nel contesto di una
protesta politica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 23 novembre 2021 (Turan and Others v.
Turkey) Art. 5 § 1 - Illegittima detenzione preventiva di giudici sospettati di
appartenere a un’organizzazione illegale in seguito a un tentativo di colpo
di stato, sulla base di un’estensione irragionevole del concetto di flagranza
di reato |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 8 novembre 2021 (Dolińska - Ficek and Ozimek v. Poland) Art. 6 (civile) - Violazioni manifeste nella procedura di nomina dei
giudici della Camera di revisione straordinaria e degli affari pubblici della
Corte suprema polacca, tali da minare la sua legittimità e compromettere il
nucleo essenziale del diritto a un “tribunale istituito dalla legge” - Applicazione
del test a tre fasi formulato in Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda
[GC] - Mancanza di indipendenza del Consiglio nazionale della magistratura
dal legislatore e dall’esecutivo - Nomina dei giudici della Camera da parte
del presidente della Polonia, nonostante la sospensione dell’attuazione della
pertinente risoluzione in pendenza di controllo giudiziario - Assenza di
adeguate procedure e rimedi disponibili. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 28 ottobre 2021 (Bancsók and László
Magyar (no.2) v. Hungary) Art 3 - divieto di trattamenti inumani o degradanti - violazione in un
caso in cui, a seguito di condanna all’ergastolo, si consenta di valutare la
possibilità di liberazione condizionata solo dopo aver scontato quarant’anni. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 26 ottobre 2021 (León Madrid c. Espagne) Art. 14 (+ Art. 8) – Principio di non discriminazione in base al sesso,
rispetto delle vita privata e attribuzione del cognome – Violazione
riscontrata nell’automatica precedenza del cognome del padre rispetto a
quello della madre nell’ordine dei cognomi del bambino, se i genitori non
sono d’accordo, senza possibilità di tener conto di circostanze particolari –
Non giustificabilità dell’applicazione automatica della legge, eccessivamente
rigida e discriminatoria nei confronti delle donne, senza che assuma rilevanza
nel caso di specie la possibilità di cambiare cognome nel corso della vita. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 19 ottobre 2021 (Vedat Şorli c. Turquie) Art. 10 – Riconosciuta violazione della libertà d’espressione per I’irrogazione di sanzioni penali
per vilipendio al Presidente della Repubblica (commesso mediante condivisione
di alcune caricature e commenti sarcastici su Facebook) in applicazione di
una norma speciale volta a tutelare l’interesse dello Stato a proteggere la
reputazione del suo leader. Art. 46 - Misure generali – Riconosciuta necessità di allineare la norma
in questione all’articolo 10 alla CEDU come forma appropriata di riparazione. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. III) 12 ottobre 2021 (J.C. et autres c. Belgique) Art. 6 § 1 (civile) - Diritto di accesso a un tribunale e immunità dalla giurisdizione
della Santa sede - Non violazione dell’art. 6§1 della Convenzione in
conseguenza del diniego di giurisdizione da parte del giudice interno con
riguardo ad azioni di responsabilità civile per abusi sessuali intentate
contro la Santa Sede, in virtù del riconoscimento a quest’ultima
dell’immunità dalla giurisdizione, con decisioni delle Corti interne ritenute
conformi ai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti, non
arbitrarie né manifestamente irragionevoli, e non sproporzionate, in presenza
tra l’altro della astratta possibilità di esaminare nel merito le domande dei
ricorrenti laddove dirette contro i funzionari della Chiesa cattolica belga. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 7 ottobre 2021 (Zambrano c. France) Decisione di irricevibilità, per diverse ragioni, di un ricorso in tema
di pass sanitario (green pass) e obbligo vaccinale, con argomentazioni di
rilievo sotto più profili. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 16 settembre 2021 (X v. Poland) Art. 14 e Art. 8 - Discriminazione - Vita familiare - Riconosciuta
violazione -Rifiuto di concedere alla ricorrente la piena potestà genitoriale
e la custodia del suo figlio minore unicamente o prevalentemente sul
fondamento di considerazioni relative al suo orientamento sessuale e del
rilievo decisivamente e discriminatoriamente
attribuito all’importanza del modello maschile. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 15 settembre 2021 (richiesta di parere consultivo presentata dal Comitato
per la Bioetica del Consiglio d’Europa) Non ammissione di una richiesta di parere consultivo presentata ai sensi
dell’articolo 29 della Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina
(cd. “Convenzione di Oviedo”), con innovative precisazioni sull’oggetto e i
limiti di tale competenza consultiva. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 14 settembre 2021 (Tuncer Bakirhan c. Turquie) Art 5 § 3 e art. 10 - Ragionevolezza della detenzione preventiva e
Libertà di espressione - Mancanza di motivi sufficienti e mancato rispetto
del principio di proporzionalità nel disporre e mantenere una misura di
detenzione preventiva nei confronti di un rappresentante eletto (un sindaco
esponente di un partito di opposizione) in attesa di giudizio, per circa due
anni e undici mesi, a causa delle sue attività politiche. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 2 settembre 2021 (Sanchez c. France) Articolo 10 – Assenza di violazione della libertà di espressione in un
caso di condanna penale, con pena proporzionata, di un candidato alle
elezioni a causa del non aver egli prontamente cancellato dichiarazioni
illecite di terzi (integranti il reato di provocazione all’odio o alla
violenza contro persone di fede musulmana) sulla bacheca del proprio account
Facebook pubblicamente accessibile, utilizzato durante la campagna elettorale
- Responsabilità del ricorrente in quanto titolare dell’account, distinta dai
terzi redattori (che sono stati parimenti condannati). |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 22 luglio 2021 (Reczkowicz v. Poland) Art. 6, par. 1 – Violazione dell’essenza del diritto a un “tribunale
costituto per legge” a causa di gravi irregolarità nella nomina dei giudici
della nuova Camera disciplinare della Corte suprema riconducibili all’assenza
di indipendenza del riformato Consiglio nazionale della magistratura rispetto
al potere legislativo ed esecutivo, il tutto in mancanza di un’analisi
completa, equilibrata e obiettiva delle questioni sottoposte alla Corte
costituzionale nella prospettiva della Convenzione ed in mancanza di rimedi
interni per contestare le carenze allegate. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 22 luglio 2021 (Gumenyuk and Others v.
Ukraine) Art. 6 e Art. 8 – Lesione dell’indipendenza del potere giudiziario,
interferenza illegale con l’esercizio delle funzioni giudiziarie dei
ricorrenti come giudici della Corte Suprema dell’Ucraina dopo la liquidazione
della stessa e la sua sostituzione con una nuova Corte, dalla quale essi
erano stati esclusi in violazione delle indicazioni di diverso tenore fornite
dalla Corte costituzionale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 8 luglio 2021 (D.A. and Others v. Poland) Art. 3, Art. 4 protocollo 4, Art. 13 e Art. 34 - Espulsioni collettive e
dinieghi di accesso alla procedura di asilo alla frontiera
polacco-bielorussa, con conseguente rischio di respingimenti a catena verso
la Siria e sottoposizioni a torture e trattamenti inumani e degradanti, nel
quadro di una più ampia politica di rifiuto d’ingresso e noncuranza verso
l’intenzione dei richiedenti di chiedere protezione internazionale, con
assenza di rimedi efficaci per presentare reclami alle autorità nazionali, e
ancora con ostacolo all’esercizio del diritto di ricorso ex art. 34 e mancato
rispetto del provvedimento provvisorio ex art. 39. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 6 luglio 2021 (Norman v. the United
Kingdom) Art 10 - Libertà d’informazione – Non violazione per azione penale e
condanna di un agente penitenziario per aver fornito informazioni sulla
prigione a un giornalista in cambio di denaro - Forte interesse pubblico
all’azione penale per il mantenimento dell’integrità, dell’efficacia e della
fiducia pubblica nel servizio penitenziario - Assenza di interesse pubblico
nella maggioranza delle informazioni divulgate e assenza di allegazioni volte
alla riconduzione della condotta a quella del “whistle-blower”
- Divulgazione del nome del ricorrente da parte del proprietario del giornale
non imputabile allo Stato convenuto, in assenza di qualsiasi coercizione da
parte della polizia. Art 7 - Nullum crimen sine lege - Sufficiente
prevedibilità dell’imputazione e della condanna per il reato di cattiva
condotta in pubblico ufficio . |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 25 maggio 2021 (Big Brother Watch and
Others c. The United Kingdom) Art. 8 - Vita privata - Conformità alla Convenzione di un regime di
sorveglianza segreta, compresa l’intercettazione di massa delle comunicazioni
e la condivisione dell’intelligence - Necessità di sviluppare la
giurisprudenza alla luce delle importanti differenze tra l’intercettazione
mirata e l’intercettazione di massa - Carenze fondamentali presenti nel
regime di intercettazione di massa. Art 10 - Libertà di espressione - Protezione insufficiente del materiale
giornalistico confidenziale nei regimi di sorveglianza elettronica. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 25 maggio 2021 (Centrum för rättvisa c. Suède) Art 8 - Privacy - Conformità alla convenzione di un regime di
sorveglianza segreta - Necessità di sviluppare la giurisprudenza alla luce
delle significative differenze tra intercettazioni mirate e intercettazioni
di massa. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 8 aprile 2021 (Vavřička
et autres c. République tchèque) Art. 8 e obblighi di vaccinazione - mancata violazione in caso di multa
al genitore ed esclusione dei bambini dalla scuola materna per il rifiuto di
rispettare l’obbligo di vaccinazione dei bambini, alla luce tra l’altro del
dovere di solidarietà verso i più vulnerabili, che richiede al resto della
popolazione di assumersi un rischio minimo con la vaccinazione, e della
coerenza dell’obbligo con l’interesse superiore dei bambini - Riconoscimento
della proporzionalità delle misure impugnate rispetto agli scopi legittimi
perseguiti e mancato superamento dell’ampio margine di apprezzamento statale. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 1 aprile 2021 (Sedletska v.
Ukraine) Art 10 - Libertà d’espressione e protezione delle fonti giornalistiche -
Interferenza con i diritti della ricorrente a causa di un accesso
giudizialmente autorizzato ai dati delle sue comunicazioni telefoniche mobili
non necessaria in una società democratica, gravemente sproporzionata e non
giustificata da una esigenza imperativa di interesse pubblico. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 16 febbraio 2021 (Hanan c. Allemagne) Art. 1 e 2 (aspetto procedurale) - Esistenza di un “nesso
giurisdizionale” tale da far scattare l’obbligo di indagare sulle morti di
civili causate da un attacco aereo ordinato durante una fase di ostilità
attiva di un conflitto armato extraterritoriale, giurisdizione esclusiva
dello Stato su gravi violazioni commesse dalle proprie truppe e obbligo di
indagare ai sensi del diritto internazionale umanitario (IHL) e del diritto
interno. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 16 febbraio 2021 (Budinova and Chaprazov v. Bulgaria) Violazione congiunta degli artt. 8 e 14 per mancata tutela contro affermazioni
discriminatorie rese pubblicamente da un politico nei confronti di una
minoranza etnica, con chiarimenti espliciti sui criteri per determinare se
una affermazione discriminatoria relativa ad un gruppo etnico abbia
"raggiunto il livello necessario" per costituire violazione dei
diritti di un singolo. |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 16 febbraio 2021 (V.C.L. and A.N. v. the
United Kingdom) Tratta di esseri umani e obblighi statali di protezione con particolare
riguardo all’ipotesi di incriminazione delle relative vittime (violazione
degli artt. 4 e 6). |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 2 febbraio 2021 (X et Autres c. Bulgarie) Obblighi positivi, procedurali e sostanziali, derivanti dall’art. 3 ed
abusi sessuali nei confronti dei minori (violazione dell’art. 3 sotto il
profilo procedurale). |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 20 aprile 2020 (Tête c.
Francia) Libertà di
espressione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 9 aprile 2019 Parere consultivo ex Prot. n. 16 in tema di maternità surrogata, su
domanda della Corte di Cassazione francese |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 20 marzo 2018 (Mehmet Hasan Altan c. Turchia) Condanna della Turchia per le misure adottate contro giornalisti a
seguito del tentato colpo di Stato |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 27 giugno 2017 (Charlie Gard and Others
V. United Kingdom) Sospensione delle cure
mediche |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 17 gennaio 2017 (Hutchinson C. Royaume Uni) Ergastolo |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 29 marzo 2016 (Bédat C. Suisse) Segreto istruttorio e libertà di stampa) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 19 gennaio 2016 (Görmüş e A. c.
Turchia) Libertà di stampa |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 15 ottobre 2015 (Perinçek c. Switzerland) Negazionismo |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 10 novembre 2015 (M’Bala M’Bala
c. Francia) Libertà di opinione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 5 giugno 2015 (Lambert. c. Francia) Legittimità dell’ordine d’interruzione delle cure tese al mantenimento
artificiale in vita |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. ex II) 10 marzo 2015 (Y.Y. c. Turchia) Diritto di cambiare sesso |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera 1 luglio
2014 (S.A.S. c. France) Divieto d’indossare il burqa integrale nello spazio pubblico; violazione
degli artt. 8 e 9 CEDU: insussistenza |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 27 maggio 2014 (Baka v. Hungary) Fine anticipata prevista in Costituzione del mandato del presidente della
Corte suprema ungherese; violazione dell’articolo 6 CEDU - diritto ad un
processo equo; violazione dell’art. 10 CEDU - libertà di espressione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (ex Sez. V) 12 giugno 2014 (Couderc et Hachette Filipacchi Associés c. France) Libertà di stampa e tutela della privacy |
Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 12 maggio 2014 (Chypre c. Turquie) "Gravi e continue" violazioni dei diritti commesse dalla
Turchia nei confronti dei greco-ciprioti della parte nord di Cipro |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 21 ottobre 2013 (Del Rio Prada c. Russia) Principio di legalità delle pene |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 14 marzo 2013 (Öcalan c. Turquie n. 2) Condizioni di detenzione in carcere |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 19 settembre 2013 (Von Hannover c. Allemagne
n. 3) Rispetto della vita privata |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 14 marzo 2013 (Eon c. France) Offesa al Presidente della Repubblica |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 19 febbraio 2013 (c.d. caso “Pirate Bay”) Violazione del copyright |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 19 febbraio 2013 (caso X e al.) Adozione della prole del partner omosessuale |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 15 gennaio 2013 (caso Eweida) Libertà di religione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 13 dicembre 2012 (caso De Souza Ribeiro) Immigrazione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 13 dicembre 2012 (caso El-Masri) Terrorismo |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 25 ottobre 2012 (caso Vistiņš et Perepjolkins) Diritto di proprietà |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 19 ottobre 2012 (caso Catan) Diritto all’istruzione |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 4 ottobre 2012 (caso Chabauty) Non discriminazione e diritto di proprietà |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 12 settembre 2012 (caso
Nada) Terrorismo |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. IV) 6 novembre 2012 (caso Ekoglasnost) Elezioni |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. II) 12 settembre 2012 (caso Savda) Obiezione di coscienza |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 28 giugno 2012 (caso Ressiot) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 8 giugno 2012 (caso Célice) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 8 giugno 2012 (caso
Cadène) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 15 marzo 2012 (caso Austin
et autres c. Rouyame Uni) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 3 novembre 2011 (caso S.H. e altri c. Austria) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 20 settembre 2011 (caso Oao Neftyanaya Kompaniya Yukos c.
Russia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. I) 1 aprile 2010 (caso S.H. et altri c. Austria) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 29 marzo 2010 (caso Medvedyev c.
Francia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 16 marzo 2010 (caso Oršuš et altri c.
Croazia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 16 marzo 2010 (caso Carson e
altri c. Regno Unito) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez. V) 28 ottobre 2009 (caso Si Amer
c. Francia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 22 dicembre 2009 (caso Sejdić e
Finci c. Bosnia Erzegovina) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
III) 21 giugno 2007 (caso Scanner de L’Ouest
Lyonnais e altri c. Francia) |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 10 aprile 2007 (caso Evans c. Regno Unito) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
IV) 27 novembre 2007 (caso Luczak c. Pologna) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 10 novembre 2005 (caso Leyla Sahin c. Turchia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera) 6 ottobre 2005 (caso Draon c. Francia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
IV) 25 ottobre 2005 (caso Niedzwiecki c. Germania) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
I) 27 maggio 2004 (caso Ogis-institut
Stanislas, Ogec St. Pie X e Blanche De Castille e altri c. Francia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo, (Sez. II) 20 febbraio 2003 (caso Forrer-Niedenthal
c. Germania) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo, (Grande Camera) 13 febbraio 2003 (caso Refah Partisi et
a. c Turchia c. Germania) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo, (Sez. II) 30 settembre 2003 (caso Koua Poirrez c.
France) |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Grande Camera) 11 luglio 2002 (caso Christine Goodwin c. Regno Unito) |
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Corte europea dei diritti
dell’uomo (Sez. IV) 29 aprile 2002 (caso Pretty
c. Regno Unito) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo
(Sez. III) 20 dicembre 2001 (caso P.S. c. Germania)
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Sez.
II) 22 giugno 2000 (caso Coëme
et a. c. Belgio) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo (Grande
Camera) 28 ottobre 1999 (caso Zielinski e altri
c. Francia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo, 23 ottobre
1997 (caso National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building
Society Et Yorkshire Building
Society C. Regn. Unito) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo 22 ottobre 1997 (caso Papageorgiou c. Grecia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo 9 dicembre 1994 (caso Raffineries Grecques Stran e Stratis Andreadis c. Grecia) |
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Corte europea dei diritti dell’uomo 2 marzo 1987 (caso Mathieu-Mohin et Clerfayt c. Belgio) |