Corte di Giustizia delle Comunità europee (Prima
Sezione), 1 febbraio 2007
C-266/05 P, Jose
Maria Sison – Consiglio dell’Unione europea
Nel procedimento C-266/05 P,
avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado
ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposto il
24 giugno 2005,
Jose Maria Sison,
residente in Utrecht (Paesi Bassi),
rappresentato dal sig. J. Fermon, avocat,
ricorrente,
procedimento in cui l’altra parte è:
Consiglio dell’Unione
europea,
rappresentato dal sig. M. Bauer e dalla
sig.ra E. Finnegan,
in qualità di agenti,
convenuto in primo grado,
composta dal sig. P. Jann, presidente di
sezione, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues, K. Schiemann
(relatore), M. Ilešič e E. Levits, giudici,
avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed
cancelliere: sig. R. Grass
vista
la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22
giugno 2006,
ha
pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso d’impugnazione, il sig. Sison chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale
di primo grado delle Comunità europee 26 aprile 2005, cause riunite T‑110/03,
T‑150/03 e T‑405/03, Sison/Consiglio
(Racc. pag. II‑1429; in prosieguo: la «sentenza impugnata»),
con cui sono stati respinti i ricorsi diretti all’annullamento di tre decisioni
del Consiglio dell’Unione europea 21 gennaio, 27 febbraio e 2 ottobre 2003, che
negano la consultazione di determinati documenti (in prosieguo,
rispettivamente: la «prima decisione di diniego», la «seconda decisione di
diniego» e la «terza decisione di diniego» e, collettivamente, le «decisioni di
diniego»).
Ambito normativo e fatti
Il contesto normativo
2 Il terzo, quarto, nono ed undicesimo ‘considerando’
del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001,
n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento
europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43),
sono così formulati:
«(3) (…)
Il presente regolamento consolida le iniziative già adottate dalle istituzioni
al fine di migliorare la trasparenza del processo decisionale.
(4) Il
presente regolamento mira a dare la massima attuazione [possibile] al diritto
di accesso del pubblico ai documenti e a definirne i principi generali e le
limitazioni a norma dell’articolo 255, paragrafo 2, del Trattato CE.
(...)
(9) Taluni
documenti dovrebbero ricevere un trattamento speciale a motivo del loro
contenuto particolarmente sensibile. (...)
(...)
(11) In
linea di principio, tutti i documenti delle istituzioni dovrebbero essere
accessibili al pubblico. Tuttavia, taluni interessi pubblici e privati
dovrebbero essere tutelati mediante eccezioni (...)».
3 L’art. 1, lett. a), del detto regolamento
stabilisce che quest’ultimo mira a «definire i principi, le condizioni e le
limitazioni, per motivi di interesse pubblico o privato, che disciplinano il
diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della
Commissione (…) sancito dall’articolo 255 del Trattato CE in modo tale da
garantire l’accesso più ampio possibile».
4 L’art. 2 del medesimo regolamento, intitolato
«Destinatari e campo di applicazione», stabilisce quanto segue:
«1. Qualsiasi
cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o
abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti
delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite
nel presente regolamento.
(...)
5. I
documenti sensibili quali definiti all’articolo 9, paragrafo 1, sono soggetti
ad un trattamento speciale ai sensi di tale articolo.
(...)».
5 L’art. 4 del regolamento n. 1049/2001,
intitolato «Eccezioni», prevede quanto segue:
«1. Le
istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi
pregiudizio alla tutela di quanto segue:
a) l’interesse
pubblico, in ordine:
– alla
sicurezza pubblica,
– alla
difesa e alle questioni militari,
– alle
relazioni internazionali,
– alla
politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato
membro;
(...)
2. Le
istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi
pregiudizio alla tutela di quanto segue:
– gli
interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà
intellettuale,
– le
procedure giurisdizionali e la consulenza legale,
– gli
obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,
a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente
alla divulgazione.
(…)
4. Per
quanto concerne i documenti di terzi, l’istituzione consulta il terzo al fine
di valutare se sia applicabile una delle eccezioni di cui ai paragrafi 1 o
5. Uno
Stato membro può chiedere all’istituzione di non comunicare a terzi un
documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo.
6. Se
solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle
eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate.
(…)».
6 L’art. 6, n. 1, del regolamento in
questione così prevede:
«Le
domande di accesso a un documento sono presentate in qualsiasi forma scritta
(...). Il richiedente non è tenuto a motivare la domanda».
7 L’art. 9 del medesimo regolamento dispone
quanto segue:
«1. Per documenti sensibili si intendono quei documenti
provenienti dalle istituzioni o dalle agenzie da loro istituite, da Stati
membri, paesi terzi o organismi internazionali, classificati come “CONFIDENTIEL”
in virtù delle disposizioni dell’istituzione interessata che proteggono
interessi essenziali dell’Unione europea o di uno o più Stati membri nei
settori di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), e in particolare, negli
ambiti della sicurezza pubblica, della difesa e delle questioni militari.
(…)
3. I
documenti sensibili sono iscritti nel registro o divulgati solo con il consenso
dell’originatore.
4. L’eventuale
decisione, da parte di un’istituzione, di rifiutare l’accesso a un documento
sensibile è motivata in modo tale da non pregiudicare gli interessi tutelati
all’articolo 4.
(…)».
8 Ai sensi dell’art. 11, n. 2, del
regolamento n. 1094/2001, è stabilito quanto segue:
«Per
ciascun documento il registro contiene un numero di riferimento (…), l’oggetto
e/o una breve descrizione del contenuto del documento (…). I riferimenti sono
indicati secondo modalità che non pregiudicano la tutela degli interessi di cui
all’articolo 4».
9 L’art. 12, nn. 1
e 2, del detto regolamento, intitolato «Accesso diretto sotto forma elettronica
o attraverso il registro», prevede che:
«1. Per
quanto possibile, le istituzioni rendono direttamente accessibili al pubblico i
documenti sotto forma elettronica o attraverso un registro, in conformità delle
disposizioni previste dall’istituzione in questione.
2. In
particolare, fatti salvi gli articoli 4 e 9, i documenti legislativi, vale a
dire i documenti redatti o ricevuti nel corso delle procedure per l’adozione di
atti giuridicamente vincolanti negli o per gli Stati membri, dovrebbero essere
resi direttamente accessibili».
I fatti all’origine della controversia
10 I fatti all’origine della controversia sono esposti
ai punti 2-8 della sentenza impugnata nella maniera seguente:
«2 Il
28 ottobre 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione
2002/848/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE)
n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate
persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga la
decisione 2002/460/CE (GU L 295, pag. 12). Questa decisione ha
inserito il ricorrente nell’elenco delle persone assoggettate al congelamento
dei capitali e di attività finanziarie istituito mediante detto regolamento (in
prosieguo: l’“elenco controverso”). Quest’elenco è stato aggiornato, in
particolare, mediante le decisioni del Consiglio 12 dicembre 2002, 2002/974/CE
(GU L 337, pag. 85), e 27 giugno 2003,
2003/480/CE (GU L 160, pag. 81), che hanno abrogato le
precedenti decisioni e che contengono un nuovo elenco. Il nome del ricorrente è
stato mantenuto ogni volta nel detto elenco.
3 Conformemente
al regolamento n. 1049/2001, il ricorrente ha chiesto, con lettera di
conferma datata 11 dicembre 2002, di poter consultare i documenti che hanno
indotto il Consiglio ad adottare la decisione 2002/848, nonché la comunicazione
del nome degli Stati che hanno fornito taluni documenti a tal riguardo. Con
lettera di conferma del 3 febbraio 2003, il ricorrente ha chiesto di poter
consultare tutti i nuovi documenti che hanno indotto il Consiglio ad adottare
la decisione 2002/974, che ha mantenuto il suo nome nell’elenco controverso, e
la comunicazione del nome degli Stati che hanno fornito taluni documenti a tal
riguardo. Con lettera di conferma datata 5 settembre 2003, il ricorrente ha
chiesto specificamente di poter consultare il resoconto del Comitato dei
rappresentanti permanenti (in prosieguo: il “Coreper”)
n. 11311/03 EXT 1 CRS/CRP, concernente la decisione 2003/480, nonché tutti
i documenti sottoposti al Consiglio prima dell’adozione della decisione
2003/480, che giustificano il suo inserimento e il suo mantenimento nell’elenco
controverso.
4 Il
Consiglio ha opposto un diniego di consultazione, anche solo parziale, nei
confronti di ciascuna di tali istanze, con (…), rispettivamente, [la prima, la
seconda e la terza decisione di diniego].
5 Per
quanto riguarda la prima e la seconda decisione di diniego, il Consiglio ha
rilevato che le informazioni che hanno condotto all’adozione delle decisioni
contenenti l’elenco controverso erano reperibili, rispettivamente, nei
resoconti sommari del Coreper 23 ottobre 2002
(13441/02 EXT 1 CRS/CRP 43) e 4 dicembre 2002 (15191/02 EXT 1 CRS/CRP 51),
classificati come “[CONFIDENTIEL] UE”.
6 Il
Consiglio ha negato la consultazione di questi resoconti facendo richiamo
all’art. 4, n. 1, lett. a), primo e terzo trattino, del
regolamento n. 1049/2001. Esso ha dichiarato, da un lato, che “la
divulgazione di [questi resoconti] nonché delle informazioni in possesso delle
autorità degli Stati membri che lottano contro il terrorismo consentirebbe alle
persone, gruppi ed enti oggetto di queste informazioni di nuocere alle
iniziative condotte da queste autorità e lederebbe gravemente l’interesse
pubblico per quanto riguarda la pubblica sicurezza”. Dall’altro, secondo il
Consiglio, la “divulgazione delle informazioni di cui trattasi lederebbe anche
la tutela dell’interesse pubblico per quanto riguarda le relazioni
internazionali, poiché le iniziative condotte nel quadro della lotta al
terrorismo coinvolg[evano]
anche autorità di Stati terzi”. Il Consiglio ha negato la consultazione
parziale di queste informazioni in quanto ad esse “integralmente si applicano le citate eccezioni”. Il Consiglio ha inoltre negato di
comunicare il nome degli Stati che hanno fornito informazioni rilevanti,
sottolineando che “[la]/[le] autorità font[e]/[i] delle informazioni in
oggetto, consultat[a]/[e] in osservanza
dell’art. 9, n. 3, del regolamento n. 1049/2001, si [è]/[sono] oppost[a]/[e] alla divulgazione dell’informazione
richiesta”.
7 Per
quanto concerne la terza decisione di diniego, il Consiglio ha dichiarato
anzitutto che la domanda del ricorrente riguardava lo stesso documento la cui
consultazione gli era stata negata con la prima decisione di diniego. Il
Consiglio ha confermato la sua prima decisione di diniego ed ha aggiunto che
doveva essere parimenti negata la consultazione del resoconto 13441/02 a motivo
dell’eccezione relativa alle procedure giurisdizionali (art. 4, n. 2,
secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001). Il Consiglio ha poi
ammesso di avere indicato per errore come rilevante il resoconto 11311/03,
relativo alla decisione 2003/480. A tal riguardo, esso ha esposto di non aver
ricevuto altre informazioni o documenti che giustifichino la revoca della
decisione 2002/848 nella parte concernente il ricorrente.
8 Il
ricorrente ha proposto un ricorso d’annullamento della decisione 2002/974,
iscritto a ruolo presso la cancelleria del Tribunale con il numero T-47/03».
Procedimento dinanzi
al Tribunale e sentenza impugnata
11 Il ricorrente ha proposto al Tribunale, in
successione, tre ricorsi per ottenere l’annullamento, rispettivamente, della
prima decisione di diniego (causa T‑110/03), della seconda decisione di
diniego (causa T‑150/03) e della terza decisione di diniego (causa T‑405/03).
Le tre cause in questione sono state riunite.
12 Il Tribunale ha respinto tali ricorsi con la
sentenza impugnata.
13 Come emerge dai punti 26, 34 e 35 della sentenza
impugnata, il ricorso nella causa T‑405/03, da una parte, è stato
dichiarato irricevibile, in quanto concernente il diniego meramente confermativo
di consultazione del resoconto 13441/02 e, dall’altra, infondato, in quanto
vertente su di un diniego di consultazione di altri documenti, poiché il
Tribunale ha giudicato a tale riguardo che l’inesistenza di siffatti documenti
era stata pienamente dimostrata dal Consiglio.
14 Il ricorso nella causa T‑150/03 è stato
respinto, in quanto il Tribunale, al punto 38 della sentenza impugnata, ha
concluso nel senso dell’inesistenza dei documenti richiesti dal ricorrente.
15 Relativamente alla causa T‑110/03, il
Tribunale, in via preliminare, ai punti 46 e 47 della sentenza impugnata, ha
dichiarato quanto segue:
«46 Per
quanto concerne la portata del controllo del Tribunale sulla legittimità di una
decisione di diniego, occorre notare che, nelle sentenze [19 luglio 1999, causa
T-14/98,] Hautala/Consiglio,
[Racc. pag. II-2489,] (punto 71), e [7 febbraio 2002, causa
T-211/00,] Kuijer/Consiglio,
[Racc. pag. II-485,] (punto 53), il Tribunale ha riconosciuto al
Consiglio un’ampia discrezionalità in relazione a decisioni di diniego che si
basino, in parte come nel caso di specie, sulla tutela dell’interesse pubblico
in materia di relazioni internazionali. Nella sentenza Kuijer/Consiglio,
[…] una siffatta discrezionalità è stata riconosciuta all’istituzione quando
quest’ultima motiva il suo diniego di consultazione facendo richiamo alla
tutela dell’interesse pubblico in generale. Di conseguenza, nelle materie
riguardanti le eccezioni obbligatorie alla consultazione da parte del pubblico
dei documenti di cui all’art. 4, n. 1, lett. a), del regolamento
n. 1049/2001, le istituzioni dispongono di un’ampia discrezionalità.
47 Di
conseguenza, il controllo esercitato dal Tribunale sulla legittimità delle
decisioni delle istituzioni che negano la consultazione di taluni documenti a
motivo delle eccezioni relative all’interesse pubblico di cui all’art. 4,
n. 1, lett. a), del regolamento n. 1049/2001 deve limitarsi alla
verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione,
dell’esattezza dei fatti materiali, nonché dell’assenza sia di un errore
manifesto nella valutazione dei medesimi, sia di uno sviamento di potere (v.,
per analogia, sentenze Hautala/Consiglio, […], punti
71 e 72, confermata a seguito di impugnazione, e Kuijer/Consiglio,
[…], punto 53)».
16 Statuendo sul motivo del ricorrente secondo cui il
diniego di consultazione dei documenti richiesti comporterebbe una violazione
del diritto ad un giusto processo, più precisamente delle garanzie di cui
all’art. 6, n. 3, della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre
1950 (in prosieguo: la «CEDU»), nonché una violazione del principio di
proporzionalità, il Tribunale, ai punti 50-55 della sentenza impugnata, ha
deciso quanto segue:
«50 Occorre
ricordare, da un lato, che, in forza dell’art. 2, n. 1, del
regolamento n. 1049/2001, titolare del diritto di consultare i documenti
delle istituzioni è “qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica
o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro”. Ne
discende che questo regolamento mira a garantire la consultazione di tutti i
documenti pubblici e non solo a consentire al richiedente la consultazione dei
documenti che lo riguardino.
51 Dall’altro,
le eccezioni alla consultazione dei documenti di cui all’art. 4,
n. 1, lett. a), del regolamento n. 1049/2001 sono formulate in
termini categorici. Ne discende che le istituzioni sono obbligate a negare la
consultazione dei documenti rientranti nell’ambito di queste eccezioni, qualora
sia provata la sussistenza delle circostanze indicate (v., per analogia,
sentenze del Tribunale 5 marzo 1997, causa T-105/95, WWF UK/Commissione,
Racc. pag. II-313, punto 58, e 13 settembre 2000, causa T-20/99, Denkavit Nederland/Commissione,
Racc. pag. II-3011, punto 39).
52 Di
conseguenza, l’interesse individuale che può invocare un soggetto che chieda la
consultazione di un documento che lo riguardi personalmente non può essere
preso in considerazione in sede di applicazione delle eccezioni obbligatorie di
cui all’art. 4, n. 1, lett. a), del regolamento
n. 1049/2001.
53 Il
ricorrente asserisce, in sostanza, che il Consiglio era obbligato a
consentirgli la consultazione dei documenti richiesti in quanto a lui necessari
ai fini della tutela del suo diritto a un giusto processo con riferimento alla
causa T-47/03.
54 Ebbene,
poiché il Consiglio ha invocato le eccezioni obbligatorie di cui
all’art. 4, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1049/2001
nella prima decisione di diniego, non si può ad esso rimproverare il fatto di
non aver preso in considerazione l’eventuale esigenza individuale del
ricorrente di disporre della documentazione richiesta.
55 Di
conseguenza, anche ad ipotizzare che questi documenti si rivelino necessari
alla difesa del ricorrente con riferimento alla causa T-47/03, questione che
concerne l’esame di quest’ultima, tale circostanza è irrilevante per valutare
la validità della prima decisione di diniego».
17 Per respingere il secondo motivo dedotto dal
ricorrente, relativo al fatto che la prima decisione di diniego avrebbe violato
l’obbligo di motivazione incombente alle istituzioni ai sensi
dell’art. 253 CE, il Tribunale si è basato sulle motivazioni
seguenti:
«60 Per
quanto concerne una domanda di consultazione di documenti, quando l’istituzione
di cui trattasi neghi una siffatta consultazione, essa deve dimostrare in ogni
caso concreto, in base alle informazioni di cui dispone, che ai documenti di
cui si chiede la consultazione si applichino effettivamente le eccezioni
elencate nel regolamento n. 1049/2001 (v., per analogia, sentenza della
Corte 11 gennaio 2000, cause riunite C-174/98 P e C-189/98 P, Paesi Bassi e van der Wal/Commissione,
Racc. pag. I-1, punto 24). Tuttavia, può essere impossibile indicare
le ragioni che giustifichino la riservatezza di ciascun documento, senza
divulgare il contenuto di quest’ultimo e, pertanto, privare l’eccezione della
sua finalità essenziale (v., per analogia, sentenza WWF UK/Commissione, […]
punto 65).
61 Alla
luce di questa giurisprudenza, spetta pertanto all’istituzione che ha negato la
consultazione di un documento fornire una motivazione che consenta di
comprendere e verificare, da un lato, se il documento richiesto rientri
effettivamente nell’ambito dell’eccezione invocata e, dall’altro, se l’esigenza
di tutela relativa a tale eccezione sia reale.
62 Nel
caso di specie, per quanto concerne il resoconto n. 13441/02, il Consiglio
ha indicato con chiarezza le eccezioni sulle quali esso basava il suo diniego,
invocando cumulativamente l’art. 4, n. 1, lett. a), primo e
terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Esso ha indicato il motivo
per cui queste eccezioni erano rilevanti in relazione ai documenti di cui
trattasi, facendo riferimento alla lotta al terrorismo e all’intervento di
Stati terzi. Inoltre, esso ha fornito una breve spiegazione relativa
all’esigenza di tutela invocata. Infatti, per quanto concerne la pubblica
sicurezza, esso ha spiegato che la comunicazione dei documenti potrebbe dare
alle persone oggetto di queste informazioni l’opportunità di nuocere alle
iniziative delle autorità pubbliche. Per quanto riguarda le relazioni
internazionali, esso ha accennato, in maniera succinta, al coinvolgimento di
Stati terzi nella lotta al terrorismo. La concisione di questa motivazione è
ammissibile in considerazione del fatto che la menzione di informazioni
supplementari, che facessero riferimento, in particolare, al contenuto dei
documenti indicati, avrebbe compromesso gli scopi
delle eccezioni invocate.
63 Per
quanto riguarda il diniego di consultazione parziale di questi documenti, il
Consiglio ha espressamente illustrato, da un lato, di aver preso in esame
questa possibilità e, dall’altro, la ragione per cui questa possibilità è stata
respinta, ossia che i documenti di cui trattasi erano integralmente soggetti
all’applicazione delle eccezioni invocate. Per le stesse ragioni già
illustrate, il Consiglio non poteva individuare con precisione le informazioni
contenute in questi documenti senza compromettere gli scopi delle eccezioni
invocate. Il fatto che questa motivazione appaia stereotipata non costituisce,
di per sé, una carenza di motivazione, dal momento che essa non ostacola né la
comprensione né la verifica del ragionamento svolto.
64 Per
quanto concerne il nome degli Stati che hanno fornito documenti rilevanti,
occorre notare che il Consiglio ha esso stesso segnalato l’esistenza di
documenti provenienti da Stati terzi nelle sue decisioni iniziali di diniego.
Da un lato, il Consiglio ha indicato l’eccezione invocata a tal riguardo, ossia
l’art. 9, n. 3, del regolamento n. 1049/2001. Dall’altro, esso
ha fornito i due criteri di applicazione di questa eccezione. In primo luogo,
esso ha implicitamente ma necessariamente ritenuto che i documenti di cui
trattasi fossero documenti di particolare delicatezza. Questo elemento appare
comprensibile e verificabile alla luce del contesto in cui esso si inserisce,
in particolare alla luce della classificazione come “[CONFIDENTIEL] UE” dei
documenti di cui trattasi. In secondo luogo, il Consiglio ha spiegato di avere
consultato le autorità interessate e di aver preso atto della loro opposizione
nei confronti di qualsiasi divulgazione della loro identità.
65 Malgrado
la relativa concisione della motivazione della prima decisione di diniego (due
pagine), il ricorrente è stato pienamente posto in condizione di comprendere le
ragioni dei dinieghi oppostigli e il Tribunale è stato messo in grado di
effettuare il suo controllo. Pertanto, il Consiglio ha correttamente motivato
le dette decisioni».
18 Con un terzo motivo, relativo alla violazione del
diritto di consultazione dei documenti, il ricorrente sosteneva la violazione
degli artt. 1, secondo comma, UE, 6, n. 1, UE e 255 CE, nonché
4, nn. 1, lett. a), e 6, unitamente al 9,
n. 3, del regolamento n. 1049/2001.
19 Pronunciandosi in merito alla prima parte del detto
terzo motivo, secondo cui, nell’adozione della prima decisione di diniego, il
Consiglio avrebbe, nel contempo, omesso di esaminare concretamente la questione
se la divulgazione delle informazioni richieste potesse nuocere all’interesse
pubblico, omesso di ponderare i suoi interessi e quelli del ricorrente e
violato il principio dell’interpretazione restrittiva delle eccezioni al
diritto di consultare i documenti, il Tribunale ha deciso, in particolare,
quanto segue ai punti 71-82 della sentenza impugnata:
«71 Occorre
ricordare, in via preliminare, che il Consiglio non era obbligato, con
riferimento alle eccezioni previste dall’art. 4, n. 1, lett. a),
del regolamento n. 1049/2001, a prendere in considerazione l’interesse
individuale del ricorrente ad ottenere i documenti richiesti (v. precedenti
punti 52 e 54).
(...)
74 Per
quanto concerne, in primo luogo, la tutela dell’interesse pubblico relativo
alla pubblica sicurezza, (…)
(…)
77 (…)
si deve ammettere che l’efficacia della lotta al terrorismo presuppone che le
informazioni in possesso delle autorità pubbliche concernenti persone o enti
sospetti di terrorismo siano mantenute segrete, affinché queste informazioni
conservino la loro rilevanza e consentano un’azione efficace. Di conseguenza,
la comunicazione al pubblico del documento richiesto avrebbe necessariamente
leso l’interesse pubblico relativo alla pubblica sicurezza. A tal riguardo, non
può essere accolta la distinzione proposta dal ricorrente tra le informazioni
di natura strategica e le informazioni che lo riguardino personalmente. Infatti,
qualsiasi informazione personale svelerebbe necessariamente taluni aspetti
strategici della lotta al terrorismo quali le fonti di informazione, la natura
di queste informazioni o il grado di sorveglianza delle persone sospette di
terrorismo.
78 Il
Consiglio non ha pertanto commesso un errore manifesto di valutazione negando
la consultazione del resoconto 13441/02 per ragioni di pubblica sicurezza.
79 Per
quanto concerne, in secondo luogo, la tutela dell’interesse pubblico relativo
alle relazioni internazionali, è evidente, in considerazione della decisione
2002/848 e del regolamento n. 2580/2001, che il suo oggetto, ossia la
lotta al terrorismo, si inserisce nel quadro di un’iniziativa internazionale
nata dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 28
settembre 2001, n. 1373 (2001). Nell’ambito di questa iniziativa globale,
gli Stati sono chiamati a collaborare. Ebbene, gli elementi concernenti questa
collaborazione internazionale compaiono molto probabilmente, se non addirittura
obbligatoriamente, nel documento richiesto. Ad ogni modo, il ricorrente non ha
negato che alcuni Stati terzi siano coinvolti nell’adozione della decisione
2002/848. Al contrario, egli ha chiesto di poter conoscere il nome di questi
Stati. Ne deriva che il documento richiesto rientra effettivamente nell’ambito
dell’eccezione relativa alle relazioni internazionali.
80 Questa
collaborazione internazionale in
materia di terrorismo presuppone un affidamento da parte degli Stati sulla
riservatezza adottata nei confronti delle informazioni da essi comunicate al
Consiglio. Pertanto, in considerazione della natura del documento richiesto, il
Consiglio ha potuto giustamente ritenere che la divulgazione di questo
documento potesse compromettere la posizione dell’Unione europea nel quadro
della collaborazione internazionale in materia di lotta al terrorismo.
81 A
tal riguardo, l’argomento del ricorrente – secondo il quale la semplice
circostanza che alcuni Stati terzi siano coinvolti nelle iniziative delle
istituzioni non giustificherebbe l’applicazione dell’eccezione di cui trattasi
– dev’essere respinta per le ragioni prima esposte.
Infatti, contrariamente a quanto presuppone quest’argomento, la collaborazione
di Stati terzi si inserisce in un contesto di particolare delicatezza, ossia la
lotta al terrorismo, che giustifica il fatto che questa collaborazione sia
mantenuta segreta. Inoltre, letta nel suo insieme, la decisione rivela che gli
Stati interessati si sono persino opposti alla divulgazione dei loro nomi.
82 Ne
discende che il Consiglio non ha commesso un errore manifesto di valutazione
ritenendo che la divulgazione del documento richiesto potesse ledere
l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali».
20 Pronunciandosi relativamente alla terza parte del
terzo motivo del ricorso, secondo cui un’interpretazione restrittiva della
«regola dell’autore» implicherebbe che il Consiglio indichi il nome degli Stati
che hanno presentato documenti relativi alla decisione 2002/848, nonché la
natura esatta di questi documenti, al fine di porre il ricorrente in condizione
di presentare una domanda di consultazione di questi documenti presso i loro
autori, il Tribunale, ai punti 91-99 della sentenza impugnata, ha deciso quanto
segue:
«91 Occorre
notare, in via preliminare, che l’argomento del ricorrente è essenzialmente
basato su una precedente giurisprudenza, concernente il codice di condotta 6
dicembre 1993, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio e
della Commissione (GU L 340, pag. 41; in prosieguo: il “codice
di condotta”), attuato mediante la decisione del Consiglio 20 dicembre 1993,
93/731/CE, relativa all’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio
(GU L 340, pag. 43), e mediante la decisione della Commissione 8
febbraio 1994, 94/90/CECA, CE, Euratom, sull’accesso
del pubblico ai documenti della Commissione (GU L 46, pag. 58).
92 In
forza di questo codice di condotta, quando il documento in possesso di
un’istituzione aveva come autore un terzo, la domanda di consultazione doveva
essere indirizzata direttamente a questa persona.
93 Viceversa,
in forza dell’art. 4, nn. 4 e 5, del
regolamento n. 1049/2001, spetta all’istituzione interessata consultare
essa stessa il terzo autore, a meno che non si imponga di per sé la risposta
positiva o negativa alla domanda di consultazione. Nel caso di Stati membri,
questi ultimi possono chiedere che venga richiesto il loro consenso.
94 La
regola dell’autore, qual era contenuta nel codice di condotta, ha subìto
pertanto un mutamento fondamentale con il regolamento n. 1049/2001. Ne
deriva che l’identità dell’autore assume un’importanza
nettamente inferiore rispetto al precedente regime.
95 Inoltre,
per i documenti di particolare delicatezza, l’art. 9, n. 3, del
regolamento n. 1049/2001 dispone che questi documenti “sono iscritti nel
registro o divulgati solo con il consenso dell’originatore”. Si deve pertanto
constatare che i documenti di particolare delicatezza godono di un regime di deroga
il cui scopo è evidentemente di garantire il segreto relativamente al loro
contenuto e persino alla loro esistenza.
96 Di
conseguenza, il Consiglio non aveva l’obbligo di divulgare i documenti di cui
trattasi, di cui sono autori alcuni Stati, relativi all’adozione della
decisione 2002/848, ivi compresa l’identità di questi autori, se e in quanto,
in primo luogo, questi documenti fossero documenti di particolare delicatezza
e, in secondo luogo, gli Stati loro autori ne avessero negato la comunicazione.
97 Ebbene,
si deve constatare che il ricorrente non contesta né il fondamento normativo
invocato dal Consiglio, ossia l’art. 9, n. 3, del regolamento
n. 1049/2001, che implica che i documenti di cui trattasi siano
considerati di particolare delicatezza, né il fatto che il Consiglio abbia
ottenuto un parere negativo da parte degli Stati autori dei documenti in
questione.
98 In
via ultronea, non c’è alcun dubbio che i documenti di
cui trattasi siano documenti di particolare delicatezza. (…)
Peraltro, in considerazione della presunzione di legalità di cui godono tutte
le dichiarazioni di un’istituzione, occorre notare che il ricorrente non ha
dedotto nessun indizio del fatto che la dichiarazione del Consiglio – secondo
la quale esso aveva ottenuto un parere negativo da parte degli Stati
interessati – sia errata.
99 Di
conseguenza, il Consiglio ha giustamente negato di divulgare i documenti di cui
trattasi, ivi compresa l’identità dei loro autori».
Sul ricorso contro
la pronuncia del Tribunale di primo grado
21 Nel suo ricorso d’impugnazione, a sostegno del quale
deduce cinque motivi, il ricorrente chiede alla Corte di annullare la sentenza
impugnata e di decidere essa stessa la controversia, accogliendo le conclusioni
presentate dal ricorrente medesimo in primo grado per l’annullamento delle
decisioni di diniego. Il ricorrente chiede altresì di condannare il Consiglio
alle spese.
22 Il Consiglio chiede alla Corte di respingere
l’impugnazione e condannare il ricorrente alle spese.
Sull’impugnazione in quanto vertente sulle
cause T‑150/03 e T‑405/03
23 In via preliminare occorre ricordare che, secondo
una costante giurisprudenza, dagli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello
Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, lett. c), del
regolamento di procedura della Corte risulta che un ricorso d’impugnazione deve
indicare in modo preciso gli elementi censurati della sentenza di cui si chiede
l’annullamento, nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di
tale domanda (sentenza 12 settembre 2006, causa C‑131/03 P, Reynolds
Tobacco e a./Commissione, Racc. pag. I‑7795,
punto 49, e giurisprudenza ivi citata).
24 Nel caso di specie, sebbene il ricorrente nell’atto
introduttivo chieda l’annullamento della sentenza impugnata, in quanto
quest’ultima decide in merito alle cause T‑110/03, T‑150/03 e T‑405/03,
si deve necessariamente rilevare che i cinque motivi dedotti a sostegno
dell’impugnazione si dirigono unicamente contro le motivazioni addotte dal
Tribunale per respingere il ricorso nella causa T‑110/03. Viceversa, i
motivi in questione non contengono alcuna censura delle motivazioni accolte dal
Tribunale per dichiarare il rigetto dei ricorsi nelle cause T‑150/03 e T‑405/03.
25 Alla luce di quanto sopra, il ricorso d’impugnazione
dev’essere dichiarato irricevibile relativamente alla
parte in cui chiede l’annullamento della sentenza impugnata, in quanto la detta
sentenza ha respinto i ricorsi nelle cause T‑150/03 e T‑405/03.
Sull’impugnazione in quanto vertente sulla
causa T‑110/03
Sul primo motivo, relativo alla violazione
degli artt. 220 CE, 225 CE e 230 CE, nonché dei diritti
della difesa, del diritto ad un giusto processo e del diritto ad una tutela
giurisdizionale effettiva
– Argomenti
del ricorrente
26 Con la prima parte del primo motivo il ricorrente
sostiene che, affermando, ai punti 46 e 47 della sentenza impugnata, che il
Consiglio possiede una discrezionalità illimitata per negare la consultazione
di documenti in base alle eccezioni relative all’interesse pubblico di cui
all’art. 4, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1049/2001, e
che il controllo giurisdizionale di tale discrezionalità si limita alla
verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione,
dell’esattezza dei fatti materiali nonché dell’assenza sia di un errore
manifesto nella valutazione dei medesimi sia di uno sviamento di potere, il
Tribunale ha indebitamente ristretto la portata del pieno controllo di
legittimità attribuitogli in forza dell’art. 230 CE. Peraltro,
l’art. 67, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale
autorizzerebbe quest’ultimo a basare il suo controllo sul contenuto del
documento la cui consultazione è stata negata, ciò che confermerebbe altresì
che il Tribunale è tenuto ad effettuare un pieno controllo di legittimità delle
decisioni delle istituzioni in materia di accesso del pubblico ai documenti di
queste ultime.
27 In subordine, il ricorrente sostiene che un tale
pieno controllo di legittimità sarebbe giustificato quantomeno riguardo alle
particolarità del caso di specie che, infatti, si distinguerebbe sotto tre
aspetti dalla controversia decisa con la citata sentenza Hautala/Consiglio,
alla quale fanno riferimento i punti 46 e 47 della sentenza impugnata. In primo
luogo, i documenti richiesti e la prima decisione di diniego rientrerebbero del
tutto nell’ambito del Trattato CE e non in quello della politica estera e di
sicurezza comune, definito al titolo V del Trattato UE. In secondo luogo, i
documenti in questione non sarebbero per uso interno, bensì sarebbero destinati
ad alimentare il processo legislativo e, di conseguenza, dovrebbero beneficiare
di una consultazione più ampia. In terzo luogo, il ricorrente vanterebbe un
legittimo interesse ad ottenere la consultazione dei documenti in questione,
che lo riguardano personalmente e che hanno portato al suo inserimento
nell’elenco controverso.
28 Dichiarando in merito, al punto 52 della sentenza
impugnata, che l’interesse individuale, che può invocare un soggetto che chieda
la consultazione di un documento che lo riguardi personalmente, non può essere
preso in considerazione in sede di applicazione delle eccezioni obbligatorie di
cui all’art. 4, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1049/2001,
il Tribunale avrebbe commesso due errori di diritto.
29 Da un lato, il Tribunale avrebbe omesso di
esercitare il suo controllo in relazione al principio generale di cui
all’art. 6, n. 3, lett. a), della CEDU, secondo cui «in
particolare, ogni accusato ha più specialmente diritto a (...) essere
informato, nel più breve tempo possibile (…) e in un modo dettagliato, della
natura e dei motivi dell’accusa mossa a suo carico», benché, tuttavia, il
ricorrente rientrasse nelle previsioni di tale disposizione in quanto inserito
nell’elenco controverso. Dall’altro, ignorando in questo modo l’interesse
individuale del ricorrente, il Tribunale avrebbe violato la norma in base alla
quale la decisione relativa ad una richiesta di consultazione dei documenti
delle istituzioni dev’essere presa al termine
dell’esame delle circostanze proprie ad ogni caso di specie.
30 Con la seconda parte del primo motivo, il ricorrente
fa valere che, astenendosi dal verificare la legittimità della prima decisione
di diniego alla luce dell’art. 6, n. 3, lett. a), della CEDU e
dal replicare ai suoi argomenti in merito, il Tribunale avrebbe violato i
diritti della difesa ed il principio generale che garantisce il diritto ad un
giusto processo.
31 Con la terza parte del primo motivo, il ricorrente
afferma che, limitando la portata del controllo di legittimità e non
accogliendo l’argomento relativo alla violazione del principio di cui al detto
art. 6, n. 3, lett. a), il Tribunale avrebbe altresì violato il
diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo che il ricorrente fa discendere
dall’art. 13 della CEDU.
– Giudizio
della Corte
32 Relativamente alla prima parte del primo motivo,
dalla giurisprudenza della Corte risulta che la portata del controllo di
legittimità spettante al giudice comunitario ai sensi
dell’art. 230 CE può variare in funzione degli ambiti considerati.
33 Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale
dell’osservanza del principio di proporzionalità,
34 Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il
Tribunale, in linea con la giurisprudenza ricordata in precedenza, al punto 46
della sentenza impugnata ha giustamente deciso che, relativamente alla portata
del controllo giurisdizionale sulla legittimità di una decisione del Consiglio
che negava la consultazione di documenti da parte del pubblico in base ad una
delle eccezioni relative all’interesse pubblico di cui all’art. 4, n. 1,
lett. a), del regolamento n. 1049/2001, occorre riconoscere alla
detta istituzione un’ampia discrezionalità per determinare se la divulgazione
di documenti relativi agli ambiti soggetti all’applicazione delle eccezioni in
questione possa arrecare pregiudizio all’interesse pubblico. Altrettanto
giustamente, al punto 47 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato
che il controllo di legittimità esercitato dal giudice comunitario su una
siffatta decisione deve limitarsi, quindi, alla verifica dell’osservanza delle
norme di procedura e di motivazione, dell’esattezza dei fatti materiali, nonché
dell’assenza sia di un errore manifesto nella valutazione dei medesimi sia di
uno sviamento di potere.
35 In primo luogo, si deve riconoscere che la natura
particolarmente delicata e basilare degli interessi tutelati dall’art. 4,
n. 1, lett. a), del regolamento n. 1049/2001, unita al carattere
obbligatorio del diniego di consultazione che, ai sensi della detta
disposizione, l’istituzione deve opporre qualora la divulgazione al pubblico di
un documento possa arrecare pregiudizio ai detti interessi, attribuisce alla
decisione che dev’essere così presa dall’istituzione
un carattere complesso e delicato, tale da richiedere un grado di cautela del
tutto particolare. Per una siffatta decisione è di conseguenza necessaria una
certa discrezionalità.
36 In secondo luogo, occorre rilevare che i criteri di
cui all’art. 4, n. 1, lett. a), del regolamento
n. 1049/2001 sono assai generali poiché, come risulta dal tenore della
detta disposizione, la consultazione dev’essere
infatti negata quando la divulgazione del documento in questione arrechi
«pregiudizio» alla tutela dell’«interesse pubblico», con particolare attenzione
alla «sicurezza pubblica» o alle «relazioni internazionali».
37 A tal riguardo, dall’esame dei lavori preparatori
del regolamento in questione risulta che sono state respinte diverse proposte,
dirette a stabilire con maggiore precisione l’ambito di applicazione delle
eccezioni relative all’interesse pubblico, di cui all’art. 4, n. 1,
lett. a), del detto regolamento, le quali avrebbero consentito, con tutta
probabilità, di aumentare in modo corrispondente le possibilità di controllo
giurisdizionale rispetto alla valutazione effettuata dall’istituzione.
38 Ciò vale, in particolare, per la precisazione che
compariva nella proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio
27 giugno 2000, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento
europeo, del Consiglio e della Commissione (GU C 177 E,
pag. 70), precisazione diretta a limitare il campo di applicazione delle
eccezioni in questione ai casi di «significativo pregiudizio» della tutela dei
detti interessi. Altrettanto vale relativamente al trentesimo emendamento alla
detta proposta, contenuto nel progetto di risoluzione legislativa inserito
nella relazione della commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la
giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo (A5-0318/2000), con cui
si suggeriva di riformulare l’art. 4 nel senso di negare l’accesso qualora
la divulgazione di un documento potesse arrecare un «significativo» pregiudizio
alla pubblica sicurezza o agli «interessi vitali» connessi alle relazioni
internazionali dell’Unione.
39 In terzo luogo, e come il Consiglio correttamente fa
valere, l’art. 67, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale
non è tale da rimettere in discussione la fondatezza dei principi enunciati ai
punti 46 e 47 della sentenza impugnata. Tale disposizione, infatti, contenuta nel
titolo secondo, capo III, sezione seconda, del detto regolamento, relativa ai
mezzi istruttori, si limita a prevedere, al terzo comma, che, «[q]uando un documento il cui accesso sia stato negato da
un’istituzione comunitaria è stato prodotto dinanzi al Tribunale nell’ambito di
un ricorso relativo alla legittimità di tale diniego, il documento in questione
non è comunicato alle altre parti». Orbene, lo scopo di una siffatta
disposizione è innanzi tutto salvaguardare gli effetti della decisione adottata
da un’istituzione, di non comunicare un documento finché il Tribunale non si
sia pronunciato sul merito, dal momento che una tale mancata comunicazione è
precisamente l’oggetto della controversia dinanzi a quest’ultimo. In compenso,
la norma procedurale in questione, sebbene preveda che sia eventualmente
possibile che il Tribunale prenda visione di documenti la cui consultazione sia
stata negata al pubblico, non ha rilevanza alcuna al fine di delimitare la
portata del controllo giurisdizionale attribuito al giudice comunitario in
forza del Trattato CE.
40 In quarto luogo, riguardo all’argomento in subordine
del ricorrente, relativo alle asserite particolarità del caso di specie
enumerate al punto 27 della presente sentenza, occorre rilevare che queste ultime
non possono influire minimamente sulla portata del controllo giurisdizionale
spettante al Tribunale nella fattispecie in esame.
41 Relativamente, in primo luogo, all’affermazione del
ricorrente secondo cui i documenti richiesti avrebbero contribuito, nel caso di
specie, all’adozione di atti legislativi, è sufficiente osservare che, anche
qualora la si ritenesse corretta, una siffatta asserzione non può avere
conseguenze sul fatto di decidere se la divulgazione di tali documenti possa
arrecare pregiudizio agli interessi tutelati dall’art. 4, n. 1,
lett. a), del regolamento n. 1049/2001 e nemmeno, quindi, sul fatto
di giudicare se la richiesta consultazione di documenti di tal genere debba
essere negata. In particolare, a tale riguardo occorre notare che
l’art. 12, n. 2, del regolamento in questione, pur prevedendo che i
documenti redatti o ricevuti nel corso delle procedure per l’adozione di atti
giuridicamente vincolanti negli o per gli Stati membri dovrebbero essere resi
direttamente consultabili, aggiunge tuttavia che ciò è possibile unicamente
fatti salvi gli artt. 4 e 9 del medesimo regolamento.
42 Riguardo, in secondo luogo, all’argomento che il ricorrente
intende ricavare dalla circostanza che i documenti richiesti e la prima
decisione di diniego rientrerebbero del tutto nell’ambito del Trattato CE e non
in quello della politica estera e di sicurezza comune, basti osservare che
siffatta circostanza non è riscontrabile nella fattispecie in esame. Come
sottolineato dal Consiglio, la decisione 2002/848, ad opera
della quale il ricorrente è stato inserito nell’elenco controverso, è infatti
strettamente connessa alla posizione comune del Consiglio 28 ottobre 2002,
2002/847/PESC, che aggiorna la posizione comune 2001/931/PESC relativa
all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo e che abroga
la posizione comune 2002/462/PESC (GU L 295, pag. 1).
43 Relativamente, in terzo luogo, all’interesse
specifico che avrebbe il ricorrente a conoscere i documenti la cui comunicazione
è stata richiesta, occorre sottolineare che, come correttamente osservato dal
Tribunale al punto 50 della sentenza impugnata, il regolamento
n. 1049/2001 si propone di fornire un diritto di accesso del pubblico in
generale ai documenti delle istituzioni e non di stabilire norme dirette a
tutelare l’interesse specifico alla consultazione di uno di questi che un
qualsiasi soggetto possa avere.
44 Ciò è quanto risulta in particolare dagli
artt. 2, n. 1, 6, n. 1, e 12, n. 1, del regolamento in
questione, nonché dal titolo e dal quarto e dall’undicesimo ‘considerando’ del
detto regolamento. La prima delle disposizioni citate garantisce, infatti, il
diritto di accesso senza distinzioni a qualsiasi cittadino dell’Unione ed a
qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno
Stato membro, mentre la seconda specifica in merito che il richiedente non è
tenuto a motivare la domanda. L’art. 12, n. 1, prevede che, per
quanto possibile, le istituzioni rendano «direttamente» accessibili al pubblico
i documenti sotto forma elettronica o attraverso un registro. Il titolo del
regolamento n. 1049/2001 nonché il quarto e undicesimo ‘considerando’ del
detto regolamento sottolineano altresì che il regolamento in questione mira a
rendere i documenti delle istituzioni accessibili al «pubblico».
45 L’esame dei lavori preparatori del regolamento
n. 1049/2001 mostra del resto che era stata valutata la possibilità di
ampliare la finalità di tale regolamento, prevedendo la considerazione di taluni
interessi specifici di cui una persona potrebbe avvalersi per ottenere la
consultazione di un determinato documento. Così, in particolare, il
trentunesimo emendamento previsto nella proposta legislativa contenuta nella
relazione della commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la
giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo prospettava
l’introduzione di un art. 4, n. 2 (nuovo), nella proposta della
Commissione citata al punto 38 della presente sentenza, secondo il quale «[n]el considerare l’interesse pubblico [a]lla
divulgazione del documento, l’istituzione deve anche tener conto dell’interesse
specifico di un [firmatario], ricorrente o altro beneficiario avente un
diritto, un interesse o un obbligo in una determinata questione». Analogamente,
il settimo emendamento proposto nel parere della commissione per le petizioni
del Parlamento europeo contenuto nella relazione in questione mirava ad
inserire un numero all’art. 1 della detta proposta della Commissione, al
fine di precisare che «[i]l firmatario, il denunciante
o qualsiasi altra persona, fisica o giuridica, di cui sia in gioco il diritto,
l’interesse o l’obbligo in una questione (la parte), ha altresì il diritto di
accedere a un documento che non è accessibile al pubblico, ma può incidere
sull’esame del suo caso, come descritto nel presente regolamento e nelle
disposizioni attuative approvate dalle istituzioni». Orbene, a tale riguardo è
giocoforza constatare che nessuna delle proposte così formulate è stata ripresa
nelle disposizioni del regolamento n. 1049/2001.
46 Peraltro, dal tenore dell’art. 4, n. 1,
lett. a), del detto regolamento risulta che, relativamente alle eccezioni
al diritto di consultazione di cui alla disposizione in questione, il diniego
dell’istituzione è obbligatorio quando la divulgazione al pubblico di un
documento è tale da arrecare pregiudizio agli interessi tutelati dalla detta
disposizione, senza dover ponderare in tal caso, a differenza di quanto
disposto, in particolare, dal n. 2 del medesimo articolo, gli obblighi
connessi alla protezione dei detti interessi con quelli correlati ad altri
interessi.
47 Da quanto precede risulta che, al punto 52 della
sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente deciso che l’interesse
individuale di un ricorrente a ricevere la comunicazione di documenti non può
essere preso in considerazione dall’istituzione chiamata a pronunciarsi sulla
questione se la divulgazione al pubblico dei detti documenti possa arrecare
pregiudizio agli interessi tutelati dall’art. 4, n. 1, lett. a),
del regolamento n. 1049/2001 e, in tal caso, a negare la consultazione
richiesta.
48 Anche qualora si ritenesse che il ricorrente abbia,
così come egli sostiene, il diritto di essere informato in modo dettagliato
della natura e dei motivi dell’accusa mossa a suo carico in quanto inserito
nell’elenco controverso, e che tale diritto comporti la consultazione di
documenti in possesso del Consiglio, basti osservare, quindi, che un siffatto
diritto non può trovare applicazione specifica, come giustamente rilevato dal
Tribunale ai punti 52-55 della sentenza impugnata, invocando le procedure di
pubblica consultazione dei documenti disposte dal regolamento
n. 1049/2001.
49 Alla luce di quanto precede, la prima parte del
primo motivo dev’essere dichiarata infondata.
50 Ciò vale anche con riferimento alla seconda parte
del primo motivo, relativa ad un’asserita violazione dei diritti della difesa,
in quanto il Tribunale non avrebbe replicato all’argomento del ricorrente
relativo alla violazione del diritto di essere informato in modo dettagliato
della natura e dei motivi dell’accusa mossa a suo carico. A tale riguardo,
infatti, è sufficiente rilevare che, come risulta da quanto precedentemente
esposto al punto 48 della presente sentenza, il detto argomento è stato già
vagliato e respinto dal Tribunale ai punti 52-55 della sentenza impugnata.
51 Con la terza parte del primo motivo, il ricorrente
fa valere una pretesa violazione del suo diritto ad una tutela giurisdizionale
effettiva avverso il pregiudizio arrecato al suo diritto di essere informato in
modo dettagliato della natura e dei motivi dell’accusa mossa a suo carico, in
quanto inserito nell’elenco controverso.
52 A tal proposito occorre tuttavia osservare che, come
risulta dal punto 48 della presente sentenza, un siffatto diritto ad essere
informato, qualora debba ritenersi dimostrato, non può trovare applicazione
specifica mediante le procedure di pubblica consultazione dei documenti,
disposte dal regolamento n. 1049/2001. Ne consegue che l’eventuale violazione
di tale diritto non può derivare da una decisione di diniego di consultazione
adottata in forza del regolamento in questione né, di conseguenza, sarebbe
fonte di una condanna in giudizio, in accoglimento di un ricorso di
annullamento contro siffatta decisione. Pertanto, la terza parte del primo
motivo dev’essere dichiarata altrettanto infondata.
53 Dall’insieme di quanto precede risulta che il primo
motivo dedotto dal ricorrente a sostegno della sua impugnazione è infondato in
tutte le sue tre parti e, pertanto, dev’essere
interamente respinto.
Sul secondo motivo, relativo alla violazione
del diritto d’accesso ai documenti a motivo di un’erronea interpretazione
dell’art. 4, n. 1, lett. a), primo e terzo trattino,
del regolamento n. 1049/2001 e di un’errata applicazione dell’art. 4,
n. 6
– Argomenti
del ricorrente
54 Con la prima parte del secondo motivo, il ricorrente
sostiene che il Tribunale ha erroneamente applicato l’eccezione fondata sulla
tutela dell’interesse pubblico relativamente alla sicurezza pubblica, di cui
all’art. 4, n. 1, lett. a), primo trattino, del regolamento
n. 1049/2001, così violando il suo diritto di consultazione dei documenti.
55 La disamina effettuata dal Tribunale ai punti 77-81
della sentenza impugnata, secondo la quale ogni informazione in possesso delle
autorità pubbliche concernenti persone sospette di terrorismo dev’essere mantenuta, per definizione, segreta, violerebbe
il principio dell’interpretazione restrittiva delle eccezioni ad una norma e
renderebbe totalmente inoperante il principio di trasparenza.
56 Con la seconda parte del secondo motivo, il
ricorrente asserisce che il Tribunale ha applicato altrettanto erroneamente
l’eccezione fondata sulla tutela dell’interesse pubblico relativamente alle
relazioni internazionali, di cui all’art. 4, n. 1, lett. a),
terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.
57 In primo luogo, l’interpretazione accolta in merito
dal Tribunale al punto 79 della sentenza impugnata violerebbe anch’essa il
principio dell’interpretazione restrittiva delle eccezioni.
58 In secondo luogo, partendo dall’errato presupposto
secondo cui i documenti in questione nella controversia proverrebbero da Stati
terzi mentre, invece, provengono da Stati membri, il Tribunale, ai punti 80 e
81 della sentenza impugnata, avrebbe interpretato scorrettamente la nozione di
«relazioni internazionali», applicandola ad informazioni comunicate al
Consiglio da taluni Stati membri, mentre la detta nozione concerne unicamente
le relazioni fra l’Unione e gli Stati terzi.
59 In terzo luogo, l’affermazione del Tribunale secondo
cui la mancata divulgazione dei documenti richiesti sarebbe giustificata dal
fatto che la cooperazione fra l’Unione e gli Stati terzi deve rimanere segreta
sarebbe errata, in quanto l’esistenza di una siffatta cooperazione con
60 Con la terza parte del secondo motivo, il ricorrente
sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto statuendo che il
Consiglio poteva legittimamente negare di comunicare l’identità degli Stati
terzi che avevano presentato documenti a tale istituzione, laddove la sua
richiesta e la prima decisione di diniego concernevano palesemente l’identità
di Stati membri. Ciò facendo, il Tribunale avrebbe violato l’art. 4,
n. 6, del regolamento n. 1049/2001 omettendo di verificare e di
sanzionare il diniego di consultazione parziale così opposto al ricorrente.
– Giudizio
della Corte
61 Come risulta dall’art. 1 del regolamento
n. 1049/2001, letto, in particolare, alla luce del quarto ‘considerando’
del medesimo regolamento, quest’ultimo mira a dare la massima attuazione
possibile al diritto di pubblica consultazione dei documenti detenuti dalle
istituzioni.
62 Tuttavia, dal regolamento in questione, in
particolare dall’undicesimo ‘considerando’ e dall’art. 4 del medesimo, che
prevede un regime di eccezioni in merito, risulta altresì che il diritto di
consultazione dei documenti è comunque sottoposto a determinate limitazioni
fondate su ragioni di interesse pubblico o privato.
63 Dato che derogano al principio del più ampio accesso
possibile del pubblico ai documenti, tali eccezioni, come correttamente
ricordato dal ricorrente, devono essere interpretate ed applicate in senso
restrittivo (v., in tal senso, sentenza Paesi Bassi e van
der Wal/Commissione, cit.,
punto 27).
64 A tale riguardo occorre ricordare tuttavia che, come
già risulta dal punto 34 della presente sentenza, siffatto principio di
interpretazione restrittiva non osta a che, in merito alle eccezioni relative
all’interesse pubblico di cui all’art. 4, n. 1, lett. a), del
regolamento n. 1049/2001, il Consiglio disponga di un’ampia
discrezionalità per determinare se la divulgazione al pubblico di un documento
possa arrecare pregiudizio agli interessi tutelati dalla disposizione in
questione. Per le ragioni esposte dalla Corte nell’ambito dell’esame del primo
motivo d’impugnazione, il controllo di legittimità esercitato dal Tribunale su
una decisione di diniego di consultazione di un documento, opposto dal
Consiglio in virtù di una delle dette eccezioni, deve limitarsi alla verifica
dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, dell’esattezza dei
fatti materiali, nonché dell’assenza sia di un errore manifesto nella
valutazione dei medesimi sia di uno sviamento di potere.
65 Alla luce di tali considerazioni preliminari,
relativamente alla prima parte del secondo motivo, occorre constatare che,
contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente e come giustamente fatto
valere dal Consiglio, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto ai
punti 77 e 78 della sentenza impugnata.
66 Il Tribunale, infatti, avendo illustrato al punto 77
della sentenza in questione che va senz’altro ammesso che documenti in possesso
delle autorità pubbliche, concernenti persone o enti sospetti di terrorismo e
appartenenti alla categoria di documenti sensibili [in prosieguo, anche: «di
particolare delicatezza»] di cui all’art. 9 del regolamento n. 1049/2001,
non debbano essere divulgati al pubblico affinché non pregiudichino l’efficacia
della lotta al terrorismo a livello operativo e quindi ledano la tutela della
pubblica sicurezza, ha da ciò correttamente concluso, al punto 78 della detta
sentenza, che il Consiglio non ha commesso un errore manifesto di valutazione
negando la consultazione dei documenti richiesti, ritenendo che la loro
divulgazione potesse ledere l’interesse pubblico in ordine alla sicurezza
pubblica.
67 Al contrario, in merito alla seconda parte del
secondo motivo, relativa all’errata applicazione dell’eccezione attinente alle
relazioni internazionali di cui all’art. 4, n. 1, lett. a),
terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, occorre immediatamente, e
senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti dedotti dal ricorrente
relativamente alla parte in questione del secondo motivo, ammettere che,
basando il suo ragionamento sulla circostanza che taluni documenti fossero
stati presentati al Consiglio da Stati terzi mentre, come peraltro ammesso dal
Consiglio, dal fascicolo risulta che siffatti documenti provenivano da Stati
membri, il Tribunale ha viziato la sua pronuncia, snaturando i fatti.
68 Risulta per di più lampante che lo snaturamento in
questione ha la conseguenza, nel caso di specie, di viziare in misura molto
ampia il ragionamento svolto ai punti 79-81 della sentenza impugnata, in base
al quale il Tribunale, al punto 82 della detta sentenza, ha concluso che il
Consiglio non aveva commesso un errore manifesto di valutazione ritenendo che
la divulgazione del documento richiesto potesse ledere l’interesse pubblico in
materia di relazioni internazionali.
69 Secondo una costante giurisprudenza, un siffatto
snaturamento dei fatti può essere dedotto nell’ambito di un ricorso
d’impugnazione e può determinare l’annullamento della sentenza affetta da tale
vizio.
70 Nel caso in esame, tuttavia, occorre rilevare che,
come risulta dai punti 65 e 66 della presente sentenza, il Tribunale ha
correttamente dichiarato che la prima decisione di diniego era validamente
fondata sull’eccezione relativa all’interesse pubblico in materia di sicurezza
pubblica, di cui all’art. 4, n. 1, lett. a), primo trattino, del
regolamento n. 1049/2001.
71 È quindi giocoforza constatare che, anche qualora il
Tribunale non avesse snaturato i fatti nella misura descritta al punto 67 della
presente sentenza e pur ipotizzando che, in siffatta circostanza, esso giudicasse
che il Consiglio si era erroneamente basato sull’eccezione relativa
all’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali, tale conclusione
non avrebbe potuto determinare l’annullamento della prima decisione di diniego
da parte del Tribunale, poiché la fondatezza di quest’ultima permane, infatti,
in riferimento all’eccezione relativa all’interesse pubblico in materia di
sicurezza pubblica.
72 Alla luce di quanto esposto in precedenza, occorre
rilevare che lo snaturamento dei fatti che vizia la sentenza impugnata non
incide sul dispositivo della detta sentenza, per cui non vi è ragione di
annullare quest’ultima per tale motivo [v., in questo senso, sentenza 1º giugno
2006, cause riunite C-442/03 P e C-471/03 P, P & O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de Vizcaya/Commissione,
Racc. pag. I-4845, punti 133 e 134].
73 Con la terza parte del secondo motivo, il ricorrente
deduce altresì lo snaturamento dei fatti operato dal Tribunale, confondendo
Stati terzi e Stati membri. Il ricorrente asserisce che, a causa di tale
confusione, il Tribunale avrebbe omesso di sanzionare il diniego di
consultazione parziale opposto dalla prima decisione di diniego relativamente
all’identità degli Stati che hanno presentato documenti al Consiglio.
74 In proposito basti osservare che, contrariamente a
quanto sostenuto dal ricorrente, la confusione in questione non ha
assolutamente influenzato il ragionamento che ha condotto il Tribunale a
decidere, al punto 99 della sentenza impugnata, che il Consiglio ha giustamente
negato di divulgare l’identità degli Stati autori dei documenti di cui
trattasi.
75 Come risulta dai punti 95-97 della detta sentenza,
il Tribunale ha infatti basato il suo ragionamento in merito sulla circostanza
che, come stabilito dall’art. 9, n. 3, del regolamento
n. 1049/2001, disposizione invocata dal Consiglio nella prima decisione di
diniego, documenti di particolare delicatezza possono essere divulgati solo con
il consenso dell’originatore [in prosieguo, anche: la «fonte» o l’«autorità da
cui promana il documento»], consenso che, nel caso di specie, mancava. Orbene,
come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 58 e 59 delle sue
conclusioni, il detto art. 9, n. 3, si applica nella medesima maniera
sia quando la fonte del documento è uno Stato membro sia quando è uno Stato
terzo.
76 Da quanto esposto in precedenza risulta che il
secondo motivo dedotto dal ricorrente a sostegno del suo ricorso d’impugnazione
è infondato in tutte le sue parti e, pertanto, dev’essere
interamente respinto.
Sul terzo motivo, relativo alla violazione
dell’obbligo di motivazione
– Argomenti
del ricorrente
77 Il ricorrente afferma, innanzi tutto, che, per
quanto concerne entrambe le eccezioni invocate dal Consiglio per giustificare
il diniego di consultazione dei documenti di cui trattasi, il Tribunale avrebbe
ingiustamente ritenuto soddisfacente, come emerge dai punti 62 e 65 della
sentenza impugnata, la motivazione eccessivamente concisa e stereotipata a tale
riguardo contenuta nella prima decisione di diniego, integrandola con una
motivazione da esso stesso proposta ed espressa ai punti 77, 80 e 81 della
sentenza in questione.
78 Per quanto concerne il diniego di consultazione
parziale, il Tribunale avrebbe ritenuto altrettanto soddisfacente una
motivazione formulata nelle forme di una clausola di stile, in violazione
dell’art. 253 CE, come risulterebbe dal punto 63 della sentenza impugnata.
79 Da ultimo, relativamente al diniego di divulgare
l’identità degli Stati che hanno comunicato le informazioni in questione, la
confusione operata dal Tribunale fra Stati membri e Stati terzi avrebbe avuto
come conseguenza una mancanza totale di controllo, da parte del Tribunale,
della motivazione secondo cui la divulgazione dell’identità degli Stati
interessati costituirebbe una minaccia per l’interesse pubblico per quanto
concerne la sicurezza pubblica e le relazioni internazionali. Tale mancanza di
controllo violerebbe sia l’art. 253 CE sia l’art. 230 CE.
– Giudizio
della Corte
80 Come risulta da una costante giurisprudenza, la
motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere
adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e
inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in
modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento
adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo.
L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in
funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto,
della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o
altre persone, che il detto atto riguardi direttamente e individualmente,
possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente
specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto
rilevanti, in quanto la questione di decidere se la motivazione di un
atto soddisfi le prescrizioni di cui all’art. 253 CE dev’essere
risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del
complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in
particolare, sentenza Interporc/Commissione, cit.,
punti 55 e giurisprudenza ivi citata).
81 Nel caso in esame, il Tribunale ha applicato correttamente
tali principi e non ha commesso un errore di diritto considerando che, per
quanto breve possa essere, relativamente al diniego di consultazione sia totale
sia parziale dei documenti la cui trasmissione era richiesta, la motivazione
della prima decisione di diniego è comunque appropriata in riferimento al
contesto della controversia, e sufficiente a permettere al ricorrente di
comprendere le ragioni del diniego di consultazione ed al Tribunale di
effettuare il controllo ad esso incombente.
82 Infatti, come correttamente dichiarato dal Tribunale
ai punti 62 e 63 della sentenza impugnata e come invocato dal Consiglio dinanzi
alla Corte, tale concisione è giustificata in special
modo dalla necessità di non arrecare pregiudizio agli interessi di particolare
delicatezza tutelati dalle eccezioni al diritto d’accesso di cui
all’art. 4, n. 1, lett. a), primo e terzo trattino, del
regolamento n. 1049/2001, rivelando informazioni che le dette eccezioni
mirano precisamente a salvaguardare.
83 La necessità per le istituzioni di astenersi dal
menzionare elementi che arrecherebbero così indirettamente pregiudizio agli
interessi che le eccezioni in questione mirano specificamente a proteggere è
sottolineata in particolare dagli artt. 9, n. 4, e 11, n. 2, del
regolamento n. 1049/2001. La prima delle dette disposizioni, infatti,
precisa che qualunque decisione, da parte di un’istituzione, di negare la
consultazione di un documento di particolare delicatezza è motivata in modo tale da non pregiudicare
gli interessi tutelati all’art. 4 del regolamento n. 1049/2001.
Quanto alla seconda delle disposizioni citate, essa prevede, in particolare,
che, quando un documento è oggetto di un riferimento nel registro di
un’istituzione, tale riferimento dev’essere indicato
secondo modalità che non pregiudichino la tutela degli interessi di cui al
detto art. 4.
84 La circostanza che, nell’ambito dell’esame del
merito della controversia, il Tribunale abbia menzionato elementi che non
risultano esplicitamente dalla motivazione della prima decisione di diniego,
fra cui compaiono quelli riportati ai punti 77, 80 e 81 della sentenza
impugnata ai quali fa riferimento il ricorrente, non è tale da inficiare la
valutazione precedente.
85 Riguardo alla motivazione addotta dal Consiglio nella prima
decisione di diniego per non comunicare l’identità degli Stati che hanno
trasmesso documenti all’istituzione in questione, occorre rilevare che la
confusione operata dal Tribunale fra Stati terzi e Stati membri non ha inciso
sul ragionamento svolto, ai punti 64 e 65 della sentenza impugnata, da tale
giudice per valutare se tale motivazione soddisfacesse le prescrizioni di cui
all’art. 253 CE, e per concludere che la detta disposizione non è
stata violata.
86 In merito a ciò, infatti, il Tribunale, al detto
punto
87 Da quanto precede risulta che il terzo motivo
dedotto dal ricorrente a sostegno del suo ricorso è infondato e, pertanto, dev’essere respinto.
Sul quarto motivo, relativo alla violazione
della presunzione d’innocenza e del diritto a un’effettiva tutela
giurisdizionale
– Argomenti
del ricorrente
88 Secondo il ricorrente, il Tribunale ha limitato
arbitrariamente la portata del suo ricorso e violato, in tal modo, la
presunzione d’innocenza.
89 Contrariamente a quanto asserito dal Tribunale ai
punti 50-56 della sentenza impugnata, la dichiarazione formulata in udienza dal
difensore del ricorrente, secondo la quale quest’ultimo chiedeva di consultare
unicamente i documenti che lo riguardavano, non consentirebbe assolutamente di
ritenere che siffatta richiesta di consultazione mirasse a ricevere tali
documenti in comunicazione solo per poter esercitare effettivamente i propri
diritti della difesa nell’ambito della causa pendente T-47/03.
90 Il ricorrente afferma che tale richiesta era diretta
ad ottenere la consultazione dei documenti sui quali si fondava la sua
inclusione nell’elenco controverso, sia per se stesso sia per il pubblico in
generale. Solamente una siffatta consultazione consentirebbe di porre rimedio
efficacemente alla violazione della presunzione d’innocenza di cui il
ricorrente sarebbe stato vittima a causa dell’inclusione in questione e della pubblicazione
del detto elenco, permettendo una replica ed una discussione pubbliche, sia in
termini generali sia per quanto riguarda gli elementi probatori asseritamente addebitati a suo carico.
91 Viceversa, l’eventuale consultazione da parte del ricorrente
dei detti documenti con riferimento alla causa T-47/03, di cui fa menzione il
Tribunale al punto 55 della sentenza impugnata, non gli assicurerebbe
l’effettiva tutela giurisdizionale prevista dall’art. 13 della CEDU a
favore di qualsiasi soggetto i cui diritti e le cui libertà garantiti da tale
Convenzione siano stati lesi.
– Giudizio
della Corte
92 Il quarto motivo dedotto dal ricorrente a sostegno
del suo ricorso consiste essenzialmente nel far valere una violazione della
presunzione d’innocenza a causa dell’inserimento nell’elenco controverso, reso
pubblico in un secondo tempo, e nell’affermare che siffatta violazione è tale
da giustificare la consultazione dei documenti richiesti, in quanto la
divulgazione dei detti documenti ed il dibattito pubblico in merito
costituirebbero il solo mezzo efficace al fine di porre rimedio alla violazione
in questione.
93 In proposito è giocoforza constatare che, sebbene
presentato come asseritamente diretto a censurare un
errore di valutazione del Tribunale relativo alla portata del ricorso, tale
motivo si risolve in realtà fondamentalmente in una contestazione della
legittimità della prima decisione di diniego, in quanto quest’ultima non ha
reso pubblici i documenti di cui trattasi e, pertanto, ha privato il ricorrente
del rimedio efficace cui poteva aspirare in ragione del fatto che la
presunzione d’innocenza, di cui deve poter beneficiare, sarebbe stata violata.
94 Orbene, non essendo stato dedotto a sostegno del
ricorso di annullamento proposto dinanzi al Tribunale avverso la decisione in
questione, tale motivo costituisce un motivo nuovo che amplia la portata della
controversia e che, pertanto, non può essere formulato per la prima volta in
sede d’impugnazione.
95 Infatti, consentire ad una parte di sollevare per la
prima volta dinanzi alla Corte un motivo che essa non abbia dedotto dinanzi al
Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui
competenza in materia d’impugnazioni è limitata, una controversia più ampia di
quella di cui sia stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione,
la competenza della Corte è limitata alla valutazione della soluzione di
diritto che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di
primo grado (v., in particolare, sentenze 1º giugno 1994, causa C‑136/92 P,
Commissione/Brazzelli Lualdi
e a., Racc. pag. I‑1981, punto 59; 30 marzo 2000, causa C‑266/97 P,
VBA/VGB e a., Racc. pag. I‑2135, punto 79; 29 aprile 2004,
cause riunite C‑456/01 P e C‑457/01 P, Henkel/UAMI,
Racc. pag. I‑5089, punto 50, nonché 21 settembre 2006, causa C‑167/04 P,
JCB Service/Commissione, Racc. pag. I‑8935, punto 114).
96 Di conseguenza, il quarto motivo dedotto dal
ricorrente a sostegno del suo ricorso dev’essere
dichiarato irricevibile.
Sul quinto motivo, relativo alla violazione
del diritto di consultazione dei documenti a causa di un’errata interpretazione
degli artt. 4, n. 5, e 9, n. 3, del regolamento
n. 1049/2001
– Argomenti
del ricorrente
97 Con la prima parte del quinto motivo, il ricorrente
afferma che il Tribunale ha commesso un errore di diritto ritenendo, ai punti
64 e 96 della sentenza impugnata, che gli artt. 4, n. 5, e 9,
n. 3, del regolamento n. 1049/2001 autorizzino il diniego di
comunicare non solo il contenuto di documenti provenienti da Stati membri
qualora questi ultimi non vi abbiano acconsentito, ma anche l’identità dei
detti Stati, laddove tale informazione non potrebbe essere qualificata
«documento» ai sensi delle disposizioni in questione. Il Tribunale, pertanto,
avrebbe così indebitamente ampliato la portata delle eccezioni stabilite dalle
dette norme.
98 Inoltre, impedendo quindi di identificare lo Stato
membro in possesso dei documenti di cui trattasi, l’interpretazione data dal Tribunale
delle dette disposizioni renderebbe praticamente privo di efficacia il diritto
dell’interessato di rivolgersi alle autorità nazionali per cercare di ottenere
la consultazione di tali documenti in applicazione del diritto nazionale o,
quantomeno, arrecherebbe al detto diritto un pregiudizio sproporzionato,
imponendo agli interessati di avviare procedure in tutti gli Stati che
potrebbero essere in possesso dei detti documenti.
99 Con la seconda parte del quinto motivo, il
ricorrente sostiene che il Tribunale non ha confutato il suo motivo, secondo
cui il Consiglio non ha spiegato in quale modo la divulgazione del nome degli
Stati membri interessati avrebbe potuto ledere l’interesse pubblico
relativamente alla pubblica sicurezza o alle relazioni internazionali.
– Giudizio
della Corte
100 Relativamente alla prima parte del quinto motivo,
occorre innanzi tutto osservare che, come risulta dai punti 97 e 98 della
sentenza impugnata, essa non è stata sollevata dinanzi al Tribunale, e quest’ultimo
ha ritenuto dimostrato, senza che ciò sia rimesso in discussione
dall’impugnazione, da un lato, che i documenti considerati dalla prima
decisione di diniego sono documenti di particolare delicatezza ai sensi delle
disposizioni dell’art. 9 del regolamento n. 1049/2001 e, dall’altro,
che il diniego di rivelare l’identità degli Stati da cui promanano tali
documenti è stato opposto in virtù del detto art. 9, n. 3, tenuto conto
del fatto che gli Stati interessati non avevano acconsentito alla divulgazione di
siffatta informazione.
101 Orbene, considerando la natura particolare dei
documenti di particolare delicatezza, l’art. 9, n. 3, del regolamento
n. 1049/2001 precisa che tali documenti sono iscritti nel registro o
divulgati solo con il consenso dell’autorità da cui promanano. Come
correttamente dichiarato dal Tribunale al punto 95 della sentenza impugnata,
dalle dette precisazioni emerge che l’autorità fonte di un documento di
particolare delicatezza ha la facoltà di opporsi alla divulgazione non solo del
contenuto di tale documento, ma anche dell’esistenza stessa di quest’ultimo.
102 Tale
autorità può esigere quindi la
segretezza relativamente all’esistenza stessa di un documento di particolare
delicatezza e, a tal proposito, come fa valere il Consiglio dinanzi alla Corte,
il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 96 della sentenza impugnata,
che l’autorità in questione ha anche la facoltà di opporsi alla divulgazione della
sua identità, qualora sia resa nota l’esistenza del documento.
103 Una siffatta conclusione, che dunque appare
necessaria alla luce del tenore dell’art. 9, n. 3, del regolamento
n. 1049/2001, si spiega tenendo conto della natura particolare dei documenti
di cui al detto art. 9, n. 1, documenti il cui contenuto estremamente
delicato, così come risulta dal nono ‘considerando’ del regolamento in
questione, giustifica che siano oggetto di un trattamento speciale. Di
conseguenza, tale conclusione non è da ritenersi sproporzionata per il fatto
che al richiedente sia stato opposto un siffatto diniego di consultare un
documento di particolare delicatezza ne può derivare un accrescimento della
difficoltà, se non addirittura l’impossibilità pratica, d’identificare lo Stato
da cui promana il documento in questione.
104 Poiché la valutazione in diritto e la constatazione
dei fatti così effettuate dal Tribunale, ai punti 95-97 della sentenza
impugnata, sono peraltro già sufficienti di per sé a sostenere la conclusione
cui è giunto tale giudice al punto 99 della detta sentenza, e cioè che il
Consiglio poteva legittimamente negare la divulgazione dell’identità degli
Stati interessati, non è necessario analizzare la censura relativa ad
un’erronea interpretazione dell’art. 4, n. 5, del regolamento
n. 1049/2001, dal momento che un siffatto esame, in ogni caso, non può
giungere a porre in dubbio la detta conclusione né, pertanto, il dispositivo
della sentenza impugnata.
105 Riguardo alla seconda parte del quinto motivo, occorre
rilevare che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, il suo
argomento, relativo al fatto che il Consiglio, ingiustamente, non avrebbe
spiegato in quale modo la divulgazione del nome degli Stati membri interessati
avrebbe potuto ledere l’interesse pubblico relativamente alla pubblica
sicurezza o alle relazioni internazionali, è già stato effettivamente vagliato
dal Tribunale.
106 In merito occorre infatti osservare che, ai punti 64
e 65 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, facendo
richiamo, nella prima decisione di diniego, all’art. 9, n. 3, del
regolamento n. 1049/2001, ciò che lasciava necessariamente intendere che i
documenti in questione erano documenti di particolare delicatezza, e riferendosi
all’opposizione degli Stati interessati alla divulgazione della loro identità,
il Consiglio aveva posto il ricorrente in condizione di comprendere le ragioni
della detta decisione e messo in grado il Tribunale di effettuare il suo
controllo su quest’ultima.
107 Al detto punto 64, il Tribunale ha sottolineato
espressamente, in particolare, che i due criteri di applicazione
dell’art. 9, n. 3, del regolamento n. 1049/2001 erano, da un
lato, il fatto che il documento in questione è un documento di particolare
delicatezza e, dall’altro, la circostanza che l’autorità da cui esso promana si
è opposta alla divulgazione dell’informazione richiesta. In tal modo, il
Tribunale ha lasciato comprendere in maniera implicita, ma nondimeno indubbia,
di ritenere che una tale opposizione fosse sufficiente a giustificare il
diniego di accesso all’informazione in questione opposto dal Consiglio, senza
che quest’ultimo fosse tenuto a valutare le ragioni di siffatta opposizione né,
di conseguenza, ad indicare se, e in cosa, la divulgazione di tale identità
avrebbe potuto ledere gli interessi tutelati dall’art. 4, n. 1,
lett. a), del regolamento in questione.
108 Dato che il quinto motivo dedotto dal ricorrente a
sostegno del suo ricorso non è fondato in alcuna delle sue due parti, esso dev’essere interamente respinto.
109 Dall’insieme di quanto precede risulta che i motivi
dedotti a sostegno del ricorso vanno dichiarati, uno, irricevibile, gli altri,
infondati; pertanto, il ricorso dev’essere respinto.
Sulle spese
110 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del
regolamento di procedura, applicabile al ricorso d’impugnazione ai sensi
dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata
alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto
domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere
condannato alle spese.
Per questi motivi,
1) Il
ricorso è respinto.
2) Il
sig. Sison è condannato alle spese.
(Seguono le firme)